SOMMARUGA, Angelo
– Nacque a Milano il 23 gennaio 1857 da Giovanni Battista, negoziante di legname, e da Rachele Piccioli.
Frequentò la scuola tecnica di Milano, dove si diplomò in ragioneria. Fin da studente mostrò spiccate propensioni per il giornalismo e l’editoria, pubblicando nell’anno scolastico 1873-74 un giornalino, Miscellanea, stampato dalla tipografia Gareffi di porta Romana.
Appena diplomato, non ancora diciottenne, si trasferì a Cagliari, dove si impiegò come contabile presso l’Amministrazione generale delle miniere. Durante i suoi brevi soggiorni a Milano frequentò gli ambienti della Scapigliatura e in particolare la redazione della Plebe, giornale di area repubblicano-radicale, in seguito organo del nascente socialismo italiano, fondato da Enrico Bignami a Lodi e poi trasferito nel capoluogo lombardo. Sommaruga strinse amicizia con alcuni dei suoi redattori, in particolare con Francesco Giarelli. Nonostante la giovane età, seppur dotato di «una statura da granatiere» (Giarelli, 1896, p. 277), seppe utilizzare la relativa disponibilità finanziaria che gli proveniva dalla famiglia per legare a sé con piccoli favori di natura economica pubblicisti e scrittori di quell’area politico-culturale. A muoverlo su quella strada era la passione per l’editoria e la ricerca di potenziali collaboratori della sua prossima attività in quel campo.
A Cagliari fondò la Farfalla, rivista quindicinale, che vide la luce il 27 febbraio 1876. Si presentava al pubblico «semplice, pulita, senza fregi e senza fronzoli» (p. 278), quasi del tutto priva di quelle novità grafiche che caratterizzeranno le riviste successive. I maggiori collaboratori della Farfalla furono, oltre Giarelli, autore della maggior parte degli articoli, Ottone Bacaredda, Felice Cameroni, Paolo Valera, Ferdinando Fontana, Cesario Testa, Domenico Milelli, Remigio Zena. Nel 1877 ritornò a Milano, portando con sé la rivista. Il primo numero milanese del 30 settembre uscì con una nuova testata che preannunciava lo stile liberty: un disegno di Tranquillo Cremona che raffigurava una graziosa fanciulla incastonato tra le prime due lettere del titolo.
La vita disordinata e dispendiosa di Sommaruga fu all’origine del fallimento della rivista, nonostante il coinvolgimento nella direzione e nel finanziamento del giovane letterato palermitano Enrico Onufrio, che vi aveva collaborato già nel periodo cagliaritano con un articolo sulla mafia. Anche il tentativo di affiancare alla Farfalla un’altra rivista, di carattere umoristico e scandalistico, il Brougham, che avrebbe dovuto richiamare un numero maggiore di lettori, si rivelò un insuccesso. Sommaruga fu costretto, così, a cedere la Farfalla (della seconda rivista non si ebbe più notizia) all’agenzia giornalistica Bignami, che ne era stata fino ad allora l’amministratrice.
Si trasferì, quindi, per alcuni mesi a Roma, dove entrò in contatto con gli ambienti del Fanfulla, firmando il 10 giugno 1878 con lo pseudonimo di Alegno (dall’iniziale del suo nome unita all’oggetto dell’attività commerciale di famiglia) l’articolo Tranquillo Cremona, una commemorazione del pittore lombardo morto quattro giorni prima, redatto, però, da Davide Besana (Besana, 1885a, p. 22). Questi aveva preceduto Sommaruga a Roma da Milano, dove era stato collaboratore del Gazzettino rosa, ma costretto a dare le dimissioni perché accusato dal direttore del giornale, Achille Bizzoni, di essere un confidente della polizia. Di pugno di Sommaruga furono, invece, le corrispondenze da Milano (seppure redatte a Roma) che apparvero dal 19 giugno al 21 luglio 1878. Tornato a Milano nella stessa estate, Sommaruga fondò la Rivista Paglierina, il cui programma, apparso su alcuni giornali della città lombarda, fu steso da Besana. Questa nuova rivista settimanale, che prese il titolo dalla carta chamois su cui era stampata, ebbe, come già il Brougham, vita breve. A decretarne la fine, oltre alle difficoltà finanziarie, fu l’accusa che venne rivolta a Sommaruga dagli ambienti giornalistici milanesi di servirsi della penna dell’inviso Besana.
Nei mesi successivi Sommaruga, su sollecitazione della sua famiglia, si trasferì nuovamente in Sardegna, dove fu assunto come contabile dall’impresa di coltivazione mineraria di Masua. Qualche mese prima, nel giugno del 1880, aveva contattato Giosue Carducci, conosciuto personalmente in un breve soggiorno a Bologna, proponendosi come suo editore nella prospettata fondazione di una casa editrice a Roma. Anche grazie ai buoni uffici di Luigi Lodi, il poeta maremmano diede la sua disponibilità. Nell’aprile del 1881, lasciata la Sardegna, Sommaruga si trasferì definitivamente a Roma, dove fondò, insieme alla casa editrice, una nuova rivista quindicinale, Cronaca bizantina.
Il titolo, suggerito dal condirettore della rivista Cesario Testa (Papiliunculus), si ispirava agli ultimi due versi dell’epodo carducciano Per Vincenzo Caldesi (1871), posti come epigrafe della rivista stessa: «Impronta Italia domandava Roma, / Bisanzio essi le han dato». Versi che suggerivano un programma battagliero sotto il profilo letterario e politico. Il disegno della testata era di Vespasiano Bignami, e, a partire dal numero del 16 giugno 1883, di Giovanni Aristide Sartorio.
Il primo numero uscì il 15 giugno 1881. Rispetto alle riviste letterarie del tempo la Bizantina presentava alcune novità grafiche accattivanti: dal colore della copertina ai disegni che sovrastavano gli articoli, alle sciarade, e soprattutto alla réclame di prodotti di ogni genere, che faceva coincidere una rivista letteraria e la casa editrice di riferimento con una grande agenzia pubblicitaria. La redazione si stabilì inizialmente a palazzo Ruspoli in via dei Due Macelli, poi, a partire dall’estate del 1883, si trasferì a palazzo Sciarra, in una sede più appropriata che disponeva anche di una biblioteca. Tra i collaboratori della rivista, annunciati nel primo numero, spiccavano i nomi di Carducci, Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao, Edoardo Scarfoglio, Giulio Salvadori, Luigi Lodi, Giovanni Alfredo Cesareo, Ugo Fleres, Luigi Capuana, Gaetano Carlo Chelli, Giovanni Verga, Ferdinando Petruccelli della Gattina, insieme alla maggior parte di coloro che avevano partecipato alle prime avventure editoriali di Sommaruga e altri ancora al loro debutto. Tra questi ultimi, Contessa Lara, al secolo Eva Giovanna Antonietta (Evelina) Cattermole Mancini, un vero e proprio scoop dell’editore milanese per la singolare vicenda che ne contraddistinse la vita. L’ospite principe della rivista fu, però, Carducci, sia con le sue poesie sia con le sue prose, una delle quali – Eterno femminino regale (ricordo della visita dei sovrani d’Italia a Bologna nel 1878), apparso nel numero del 1° gennaio 1882 – decretò il primo successo di pubblico a livello nazionale della Bizantina.
L’abilità imprenditoriale di Sommaruga, la sua capacità di attrarre il lettore con scritti anche di carattere morboso e a sfondo erotico (come la rubrica Le etere di Petruccelli della Gattina), che si alternavano però a componimenti letterari d’indubbio pregio, si manifestò anche nella gestione dell’omonima casa editrice. Sommaruga seppe solleticare l’interesse del pubblico con edizioni contraddistinte dalla vis polemica o dall’acceso erotismo, come le raccolte di scritti di Carducci, Confessioni e battaglie (1882), e quella di poesie di D’Annunzio, Intermezzo di rime (1884); ma anche con opere originali di scrittori dalla diversa sensibilità culturale e ideologica, come la biografia di Charles Darwin del positivista Michele Lessona, o gli scritti del moderato Ruggiero Bonghi o quelli del gesuita Carlo Curci.
L’attività editoriale a Roma di Sommaruga non si limitò alla sola Bizantina. Nel dicembre 1882 affiancò Ferdinando Martini nella proprietà e direzione della Domenica letteraria, che l’anno successivo passò interamente nelle sue mani. Nel marzo 1884 rilevò il Messaggero illustrato con l’intento di assicurarsi un giornale scandalistico, come in una certa misura fu anche la Bizantina con i suoi articoli allusivi alla vita privata di esponenti dell’alta società romana. Tuttavia, mirava a una pubblicazione di maggiore tiratura e risonanza: un organo di pressione verso gli ambienti politici e finanziari romani e nazionali ancor più efficace di quanto non fosse la Bizantina. Decisivo, in questo senso, fu l’incontro con Pietro Sbarbaro, pubblicista e professore di filosofia del diritto dell’Università di Parma, destituito nel 1882 per gravi intemperanze nei confronti del ministro della Pubblica Istruzione Guido Baccelli. Sbarbaro aveva pubblicato presso la casa editrice Sommaruga alcuni suoi libri di carattere politico-scandalistico, tra cui Regina o Repubblica?, quello «a cui arrise il maggior successo di vendita» (Cronaca bizantina, 1941, p. 64). Nacque così l’idea di fondare un giornale ad hoc e affidarne la direzione allo stesso Sbarbaro. Il primo numero di questo giornale bisettimanale, Le Forche caudine, uscì il 15 giugno 1884. Fin dal suo debutto si contraddistinse per i duri attacchi ai maggiori esponenti della Destra e della Sinistra trasformiste, da Marco Minghetti ad Agostino Depretis, presidente del Consiglio, a Pasquale Stanislao Mancini, più volte ministro, e allo stesso Baccelli. Le Forche caudine ebbero un certo successo di pubblico con una tiratura attestata intorno alle cinquantamila copie. In seguito all’apparizione di una serie di articoli, la maggior parte dei quali usciti dalla penna di Besana, che denunciavano le gravi irregolarità del mondo bancario e gli interessi personali di ministri e deputati riguardo alle convenzioni ferroviarie allora in discussione al Parlamento, il periodico diretto da Sbarbaro destò l’attenzione del ministero dell’Interno, che fino allora aveva sovvenzionato Sommaruga per tenerlo a freno. Il fine della nuova pubblicazione, cui dava sostegno la stessa Bizantina, non era quello di moralizzare la vita pubblica della nazione, come si sosteneva nell’editoriale del primo numero, bensì quello di costituire nelle mani del suo editore un’arma di ricatto da spendere nei confronti delle stesse personalità chiamate in causa negli articoli.
In seguito alla denuncia di Augusto Pierantoni, parlamentare, docente di diritto internazionale dell’Università di Roma e genero del ministro Mancini, particolarmente preso di mira da Sbarbaro, il tribunale civile e correzionale di Roma condannò in primo e secondo grado a otto mesi di prigione lo stesso Sbarbaro, il quale il 21 novembre 1884, al momento del suo arresto, riuscì a dileguarsi. Ciò non distolse Le Forche caudine, guidato di fatto da Sommaruga (nominalmente la direzione passò a Vincenzo Maccaluso e, dopo le dimissioni di questi, a Torquato Foschini), con l’ausilio del contumace Sbarbaro (finché non fu arrestato il 30 dicembre 1884) e di Besana, dal continuare la polemica, benché lo stesso Sommaruga avesse offerto il giornale alla questura di Roma per la somma di 65.000 lire. La stessa questura avviò un’indagine a carico di Sommaruga, mentre il tribunale correzionale di Roma raccolse inizialmente le deposizioni di Scarfoglio e di D’Annunzio (rispettivamente il 19 e il 20 gennaio 1885) a carico dell’editore. Per sopraggiunti contrasti professionali e soprattutto per non compromettere la loro carriera letteraria, questi ultimi intesero prendere le distanze da Sommaruga, con la conseguente apertura da parte del tribunale di un procedimento penale nei confronti di quest’ultimo. Alle prime deposizioni dei due scrittori abruzzesi si aggiunsero quelle di altre personalità del mondo della finanza, dell’alta società romana e della cultura chiamate in causa dagli articoli della Bizantina e delle Forche caudine. Sommaruga – che intanto aveva fondato una nuova rivista, il Nabab, diretto da Enrico Pancrazi, il cui primo numero uscì il 21 dicembre 1884 – si era compromesso, oltre che per la responsabilità, quale editore, degli articoli minatori, anche per la sua ingerenza nelle trattative tra alcuni artisti che avevano partecipato alle Esposizioni nazionali e lo Stato per l’acquisto delle loro opere. Arrestato il 18 febbraio 1885, Sommaruga fu condannato in primo grado il 18 settembre 1885 a sei anni di prigione, ridotti poi in appello il 22 dicembre successivo a cinque anni e sei mesi. Si trattò di una condanna severa, benché la maggior parte dei testimoni a carico non confermassero, et pour cause, le accuse di ricatto nei loro confronti denunciate in istruttoria. In attesa del pronunciamento della Cassazione, Sommaruga ottenne la libertà provvisoria e ne approfittò per fuggire dall’Italia, dopo aver liquidato i suoi giornali e ceduto la Bizantina al principe Maffeo Sciarra, suo ex locatore. A favorirne la fuga all’estero furono probabilmente le stesse autorità, intenzionate a mettere la sordina ai clamori della vicenda, da cui il governo uscì compromesso in particolare nella persona del segretario generale della Pubblica Istruzione Martini, costretto a dimettersi alcuni mesi dopo in seguito alla chiamata in correità di Sommaruga in relazione all’acquisto di opere d’arte da parte dello Stato.
Sommaruga si rifugiò in Argentina, dove a Buenos Aires rilevò il giornale La Patria italiana, fondato nel 1876 da Basilio Cittadini e dove insieme all’attività di editore svolse anche quella di mercante d’arte di pittori italiani conosciuti nelle precedenti esperienze. Mantenne i rapporti epistolari con Carducci, il quale non credette mai alla sua colpevolezza e gli mostrò finché visse il suo affetto legato al rimpianto dei tempi passati alla Bizantina. In Argentina, per circostanze poco note, Sommaruga subì nel 1893 un inaspettato tracollo finanziario. Dopo un periodo trascorso in Cile, si trasferì definitivamente in Francia, dove si dedicò esclusivamente all’attività di mercante d’arte. Rilevò, infatti, da Paul Durand-Ruel, l’antico scopritore degli impressionisti, diverse opere invendute di pittori italiani, come Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi, rilanciandole sul mercato d’arte italiano e facendole acquistare dalle più importanti collezioni private lombarde e dai principali musei della penisola. Conobbe nei suoi viaggi a Milano, dove si poté recare appena caduta in prescrizione la sua condanna, l’editore Arnoldo Mondadori, il quale nel 1941 ne pubblicò le memorie, che presero il titolo dalla rivista che gli diede maggior fama e che furono, a loro modo, una sincera testimonianza della propria attività di editore.
Morì a Milano 15 novembre dello stesso 1941 in seguito a una caduta dalle scale dell’albergo dove soggiornava.
Scritti e discorsi. Oltre a quelli citati si segnalano: Giudicatemi, Firenze 1885 (resoconto del processo a carico di Sommaruga apparso sulla Tribuna e su altri giornali con aggiunta di ulteriori documenti e articoli di giornale); Cronaca bizantina [1881-1885]. Note e ricordi, Milano 1941.
Fonti e Bibl.: Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, Fondo G. Carducci, cart. CVI, 22 (lettere di Sommaruga a Carducci); Milano, Biblioteca di via del Senato, Fondo Angelo Sommaruga (su cui si rimanda a La Scapigliatura e A. S. Dalla bohème milanese alla Roma bizantina. Catalogo del Fondo A. S. della Biblioteca di via Senato, a cura di A.-P. Quinsac - G. Farinelli - M. Noja, Milano 2009). Sulla vita e l’attività pubblicistica: D. Besana, S. occulto e S. palese, Roma 1885a; Id., Difesa di Giuda. Appendice al S. occulto e S. palese, Roma 1885b; F. Giarelli, Vent’anni di giornalismo italiano. 1868-1888, Codogno 1896, passim; E. Scarfoglio, Ventisette anni dopo (1910), in Id., Il libro di Don Chisciotte, a cura di C.A. Madrignani, Napoli 1990, pp. 319-327; C.M. Fiorentino, A. S. (1857-1941). Un editore milanese tra modernità e scandali, Firenze 2014. Sulle riviste di Sommaruga: A. Baldini, Stonature di cinquant’anni fa. La Farfalla petroliera, in Nuova Antologia, 16 giugno 1931, pp. 503-508; M. Borgese, La contessa Lara. Una vita di passione e di poesia nell’Ottocento romano, Milano 1936, pp. 107 s. e 117 s.; C. Trasselli, Le Forche Caudine (Pietro Sbarbaro e A. S.) 1884-1885, Roma 1945; G. Squarciapino, Roma bizantina. Società e letteratura ai tempi di A. S., presentazione di P.P. Trompeo, Torino 1950; A. Chemello, La Farfalla di A. S. Storia e indici, Roma 1977; C.A. Madrignani, «La Domenica Letteraria» di F. Martini e di A. Sommaruga, Roma 1978; Roma bizantina, a cura di E. Ghidetti, con una nota di M. Falzone Del Barbaro, Milano 1979; M.G. Balducci, Estetismo ribelle. La «Farfalla» di A. S., Pisa 1991; «Cronaca Bizantina» (1881-1886). Indici, a cura di C. Moreni, introduzione di G. Oliva, Roma 1997; L. Cantatore, Carducci ai Due Macelli. Il carteggio con A. S., in Carducci a Roma, a cura di L. Cantatore - L. Lanzetta - F. Roscetti, Roma 2001, pp. 281-301.