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Angio, Ludovico di, vescovo di Tolosa

di Enzo Petrucci - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Angiò, Ludovico di, vescovo di Tolosa

Enzo Petrucci

, Secondogenito di Carlo II e di Maria d'Ungheria, nacque nel febbraio del 1274 probabilmente a Brignoles, in Provenza, dove ricevette la sua prima formazione.

Dato in ostaggio nel 1288, insieme ai fratelli, al re Alfonso di Aragona in cambio della liberazione del padre Carlo II, rimase in Catalogna sette anni. Qui subì l'influsso decisivo dei francescani Francesco Brun e Pietro Scarrier, suoi precettori. Certo per loro consiglio, L. e i suoi fratelli chiesero a Pietro di Giovanni Olivi, con una lettera, di venire a visitarli e a confortarli; l'Olivi rispose con una lettera di alta tensione spirituale.

La vocazione al sacerdozio nacque in L. proprio negli anni della sua prigionia, e, appena eletto papa Celestino V (5 luglio 1294), richiese al pontefice l'autorizzazione a prendere gli ordini minori, che poi ricevette dalle mani del suo confessore Francesco Brun. A Carlo II, che nell'ottobre di quell'anno era presso il pontefice, non dovette dispiacere la decisione del figlio (il primogenito Carlo Martello era ancora in vita), e anzi brigò per ottenere a L. il vescovato di Lione, allora vacante. E infatti Celestino V, con bolla del 7 ottobre 1294, conferiva al giovane ostaggio l'amministrazione di quella diocesi, nonostante si trovasse ancora nello stato laicale. Ma tale nomina fu poi annullata da Bonifacio VIII, quando nell'aprile del 1295 revocò le disposizioni di Celestino V.

Liberato il 31 ottobre di quello stesso anno, L. ricevette a Roma, a Natale, l'ordine del suddiaconato dalle mani di Bonifacio VIII. Tornato finalmente a Napoli ai primi del 1296, rinunciò ai diritti di primogenitura e di successione al trono, che sei mesi prima, per la morte di Carlo Martello (agosto 1295), potevano essere passati a lui come secondogenito. Dopo qualche mese, il 19 maggio, fu ordinato sacerdote da Filippo, arcivescovo di Napoli.

Subito dopo la sua liberazione dalla prigionia, L., giunto a Montpellier, aveva chiesto invano di entrare nell'Ordine dei Frati Minori. Ma quando nel dicembre 1296 Bonifacio VIII lo volle nominare vescovo di Tolosa, L., dopo aver tentato di declinare la nomina, si decise ad accettarla a condizione di poter entrare prima nell'ordine francescano. Così il 24 dicembre, col permesso del papa, pronunciò in segreto, all'insaputa del padre, i voti religiosi, e il 30 ricevette la consacrazione episcopale. Solo il 5 febbraio 1297, dopo aver celebrato la messa nella chiesa dell'Aracoeli, vestì pubblicamente l'abito francescano tra la sorpresa e l'irritazione di Carlo II. Raggiunse la sua sede vescovile di Tolosa nel mese di maggio, ma già nel giugno ne ripartì per recarsi in Catalogna a interporre i suoi buoni uffici al fine di ristabilire la pace tra Giacomo II d'Aragona, suo cognato, e il conte di Foix. Al ritorno raggiunse il padre a Brignoles, dove si ammalò e morì il 19 agosto 1297. Fu sepolto nella chiesa francescana di Marsiglia e vent'anni dopo, nel 1317, fu canonizzato da Giovanni XXII.

La caratterizzazione più interessante della biografia spirituale di L. è il suo francescanesimo, che praticò nelle forme dell'usus pauperis, anche da vescovo, secondo l'insegnamento dell'Olivi, che egli apprese alla scuola di Pietro Scarrier e dalla consuetudine con francescani come Guglielmo di Cornillon e Raimondo Gauffredi, entrambi fedeli seguaci dell'Olivi ed esponenti degli Spirituali di Provenza. Dell'indirizzo ‛ spirituale ' di L. è significativa inoltre l'assenza ufficiale dell'Ordine da tutti i momenti della sua causa di canonizzazione.

Dai dati esterni e interni della biografia di L. sembra risultare evidente che nell'osservazione conclusiva del corollario e di tutto il discorso di Carlo Martello sulle disposizioni naturali (Ma voi torcete a la religïone / tal che fia nato a cignersi la spada, / e fate re di tal ch'è da sermone, Pd VIII 145-147), non vi possa essere, come oggi comunemente s'intende, una precisa allusione al santo vescovo di Tolosa. Del resto se già Benvenuto, l'Ottimo e, sulla loro scia, i commentatori moderni hanno visto che il riferimento al ‛ re da sermone ' può ben adattarsi a Roberto d'A., nessuno degli antichi aveva ipotizzato che D. avesse potuto pensare a L. come a tal che fia nato a cignersi la spada. Fu lo Scartazzini, forse per suggestione delle chiose Vernon, il primo a scorgere in quei versi un'allusione a L., e dopo di lui tutti i commentatori l'hanno ricordata, sia pure in forma ipotetica; ma essa non sembra poter essere accolta, anche per un'altra considerazione. Lo Scartazzini non avvertì che, con la contrapposizione di L. e di Roberto, aveva attribuito a D. una visione giuridica della successione a Carlo II, che non era propriamente quella del poeta. D., infatti, fu dell'avviso che, secondo il diritto feudale, la successione al trono del re di Sicilia spettasse, dopo la morte di Carlo Martello, al primogenito di questo, Caroberto, l'unico erede legittimo per linea di maggiorasco (cfr. Pd IX 1-3 Da poi che Carlo tuo, bella Clemenza, / m'ebbe chiarito, mi narrò li 'nganni / che ricever dovea la sua semenza). Solo così si può spiegare perché D. giudicasse illegittima e fraudolenta la successione di Roberto. In questo giudizio non si sa come si possa ravvisare - a meno di non ammettere una vistosa contraddizione nel discorso di Carlo Martello - un diritto legittimo di L., che nella linea di maggiorasco non precedeva ma seguiva, anch'egli, come Roberto, il nipote; né come si possa supporre, nel pensiero del poeta, un'azione di Roberto e di Carlo II per ‛ torcere alla religione ' L., allo scopo di togliergli un diritto che in definitiva, per D., non aveva.

Bibl. - Le fonti principali per la biografia e la spiritualità di L., come il processo di canonizzazione, bolle pontificie e altri documenti, nonché la Vita di anonimo, ma attribuita a Giovanni d'Orta, e le altre biografie di L. sono pubblicate con un importante studio introduttivo (XVII-LXIX) in Analecta Franciscana, VII (1951); si veda inoltre: Acta Sanctorum Augusti, III, Venezia 1752, 775-822; Bibl. Hagiogr. Lat., 750-751, nn. 5054-5057; M.R. Toynbee, Louis of Toulouse and the Process of Canonisation in the fourteenth Century, Manchester 1929; M.H. Laurent, Le culle de S. Louis d'Anjou à Marseille au XIV siècle, Roma 1954; E. Pàsztor, Per la storia di san Ludovico d'A. (1274-1297), ibid. 1955; R. Manselli, Spirituali e Beghini in Provenza, ibid. 1959, 86 ss.; E. Pàsztor, in Bibliotheca Sanctorum, VIII, ibid. 1967, 300-307.

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