DEL BALZO, Angliberto (Ingilberto)
Nacque in data imprecisata, nel secondo quarto del secolo XV, secondogenito di Francesco, duca di Andria, e di Sancia di Chiaramonte, che era sorella della regina Isabella, moglie di Ferdinando I d'Aragona, re di Napoli. Ricevette nel 1463 in dote dalla moglie, Maria Conquesta Orsini Del Balzo - figlia naturale di Giovanni Antonio, principe di Taranto, secondo il Litta, ma di Gabriele Orsini, secondo il Volpicella -, le contee di Ugento e di Castro, con il titolo, e molte altre terre ad esse pertinenti. Ricevette invece dal padre Noja e Triggiano nel 1471 e Galatola, Carpignano e Galatina dal fratello Pirro.
Purtroppo la biografia del D. non ci fornisce notizie utili ad indicare l'attività, ma soltanto ad elencare, per quanto è possibile, i suoi possedimenti. Evidentemente si dedicò ad amministrare i suoi beni immobili e ad accumularne, come si vedrà, di mobili. Ebbe il titolo, probabilmente onorifico, di consigliere regio, con il quale è qualificato nel 1476 e nel 1484. Il 17 luglio comperò la terra di Nardò, su cui ebbe il titolo di duca, ma durante il secondo periodo della guerra di Ferrara, la città fu occupata dai Veneziani e quando, dopo la pace di Bagnolo (7 ag. 1484), essa fu recuperata dagli Aragonesi, non gli fu riconsegnata; il principe Federico vi inviò, nel marzo 1485, 500 guastatori perché fosse smantellata. Il 18 marzo ne presero possesso i Leccesi, a cui l'aveva donata re Ferdinando. Il riacquisto da parte del D. della città di Nardò fu una delle condizioni che i baroni sottoposero al re, e questi accettò, con il patto di Miglionico (settembre 1485).
In questo episodio l'atteggiamento del D. fu molto contraddittorio, poiché prima si lamentò con i baroni, i quali sembravano non mostrare molta considerazione per lui, sollecitandone maggior confidenza, e poi - come si apprese dal processo cui fu sottoposto il D. due anni più tardi - rivelò al re che costoro non erano addivenuti all'accordo con sincerità d'animo, ma al solo scopo di guadagnare tempo, in modo che il papa li sovvenisse con aiuti di uomini e di denari. Ciò avrebbe dovuto renderlo degno della riconoscenza del re. Non fu così, poiché il D., cui era stata da Federico d'Aragona restituita la città di Nardò, fu arrestato nel luglio del 1487 insieme con il figlio Giovanni Paolo, conte di Noja e il fratello maggiore Pirro, principe di Altamura. Sottoposto a processo, il D. ammise i contatti con i baroni prima del patto di Miglionico, sostenendo però di averli avuti appunto allo scopo di tenere informato il re e il principe di Calabria dei propositi di quelli che potevano già allora considerarsi congiurati. Inoltre egli affermò di essersi recato nel maggio 1487 a Napoli, convocatovi dal fratello, che voleva fuggire a Roma, e di essersi impegnato a tenersi pronto, una volta tornato nelle sue terre, a seguire le direttive di Giovanni Caracciolo e di Barnaba Sanseverino. Il D. aveva avuto delle esitazioni, ma il principe di Altamura gli aveva illustrato come a Roma i baroni avrebbero trovato l'appoggio di Genova, di Venezia e della Francia e avrebbero potuto così ad un segnale provocare di nuovo la rivolta nel Regno. Il D., convinto da queste argomentazioni ed anche per compiacere il fratello, aveva accettato.
Il ruolo svolto dal D. fra i baroni ribelli fu certamente secondario, tanto che il suo nome nell'inquisizione cui fu sottoposto - "coniurationum, conspirationum et unionum et lige ac machinationum" contro il re insieme con parecchi altri imputati, oltre ai già nominati congiunti - figura quasi soltanto nella sua deposizione dell'11 luglio 1487. Bisogna dunque credere che egli fu compromesso dalla più accentuata attività cospiratoria del fratello e forse dall'attrattiva che esercitarono le sue ricchezze sull'avidità del re. Da Castelnuovo, dove fu rinchiuso, egli non uscì più, né, anche se si fecero varie ipotesi, si sa quando fu messo a morte. Dei suoi beni confiscati, Triggiano e la contea di Noja furono concessi nel 1489 a Marino Brancaccio, che ne prese possesso il 19 genn. 1490; il 17 maggio 1497 Belisario Acquaviva, conte di Conversano, acquistò Nardò e il figlio superstite, Raimondo, recuperò alcuni feudi, confermati nel 1507 da Ferdinando il Cattolico.
Un inventario, conservato nella Biblioteca nazionale di Parigi e pubblicato parte nel 1901 e parte nel 1969, ci testimonia l'elenco dei beni mobili che furono sequestrati al Del Balzo. Oltre a documenti relativi alla famiglia e ai feudi, esso registra una quantità imponente di oggetti, utensili domestici, vestiti, stoffe e gioielli, come anelli, fermagli, cinte, collane, legati in metalli preziosi, ornati di diamanti, perle, zaffiri, smeraldi, rubini ed altre pietre preziose. Elenca, inoltre, un centinaio di codici e pochi incunaboli, che costituivano la biblioteca del Del Balzo. L'analisi dei testi in essa contenuti mostra la caratteristica varietà di interessi tipica dei signori dell'epoca. C'erano infatti molti classici in volgare, testi devozionali e biblici; erano inoltre presenti testi poetici (Petrarca), musicali, tecnici (mascalcia) e geografici. Sulla base di questo inventario diciassette manoscritti della Nazionale di Parigi sono stati identificati come appartenenti alla biblioteca del Del Balzo.
Fonti e Bibl.: C. Porzio, La congiura de' baroni…, a cura di S. D'Aloe, Napoli 1859, pp. 38, 77, 192, CXCIX, CCII, CCVII, CCXVII-CCXXI; Regis Ferdinandi primi instructionum liber..., a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, ad Indicem (con l'indicazione di ulter. fonti e bibliografia); Regesto della Cancelleria aragonese di Napoli, a cura di J. Mazzoleni, Napoli 1951, pp. 38, 42, 51 s., 91; E. Pontieri, La "guerra dei baroni" napoletani …, in dispacci della diplomazia fiorentina, in Arch. stor. per le prov. napol., s. 3, IX (1970), pp. 232, 240; S. Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651, p. 245; L. Delisle, Le cabinet des manuscrits..., I, Paris 1868, p. 230; Id., Notes sur les anciennes impressions des classiques latins..., in Mélanges Graux, Paris 1884, pp. 248, 254 s., 257, 265, 285; H. Omont, La bibliothèque d'A. D. ..., in Bibl. de l'Ecole des chartes, LXII (1901), pp. 241-50; G. Paladino, Un episodio della congiura dei baroni…, in Arch. stor. per le prov. napol., n. s., IV (1918), pp. 55, 58 ss.; T. De Marinis, La biblioteca napoletana dei re d'Aragona. Supplemento, I, Verona 1969, pp. 10, 27, 145, 161-86; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Orsini, tav. XII.