anglicanesimo
Una Chiesa nata da un re
Il termine anglicanesimo fa riferimento alla dottrina e alle istituzioni della Chiesa nazionale inglese e di tutte le altre Chiese della comunione anglicana sparse nel mondo: in Scozia, in Galles, in Irlanda, negli Stati Uniti, in Australia, in Asia. Queste Chiese, dotate ciascuna di un proprio governo, fanno capo alla diocesi di Canterbury, vicino a Londra
Il centro dell'anglicanesimo è l'Inghilterra. La Chiesa anglicana, infatti, è nata nel Cinquecento per volontà della corona inglese ed è a essa strettamente legata, tanto che l'arcivescovo di Canterbury ha il compito di incoronare il re e che lo Stato nomina i vescovi, scelti nel seno della Chiesa. Al di fuori della Gran Bretagna, invece, le Chiese anglicane sono completamente indipendenti dallo Stato. L'arcivescovo di Canterbury è il capo spirituale di tutto l'anglicanesimo e per questo ogni dieci anni tutti i vescovi anglicani si riuniscono a Londra, nella località di Lambeth, per discutere dei problemi comuni. Verso la fine del 20° secolo le componenti della Comunione anglicana nel mondo comprendevano oltre settantacinque milioni di fedeli.
Il fondatore della Chiesa anglicana non è stato un riformatore religioso ma un monarca, Enrico VIII Tudor (che regnò dal 1509 al 1547). Questi, mosso da motivi personali e dinastici (il papa Clemente VII aveva rifiutato di annullare il suo matrimonio con Caterina d'Aragona, la quale non gli aveva dato figli maschi), nel 1533 affermò l'autonomia della Chiesa d'Inghilterra da Roma, provocando la propria scomunica da parte del papa. Enrico reagì facendo varare dal parlamento inglese l'Atto di supremazia (1534), che sanciva l'indipendenza da Roma della Chiesa nazionale di cui veniva proclamato capo il sovrano. A quest'ultimo venivano attribuiti il potere di intervenire nella disciplina interna e quello di scomunicare e di reprimere le eventuali eresie. I cattolici che si ribellarono furono duramente repressi e gli ordini monastici furono soppressi, con confisca dei beni di loro appartenenza.
La riforma di Enrico VIII ‒ che prima della rottura con la Chiesa di Roma si era dimostrato un cattolico quanto mai zelante ‒ non si unì alla grande riforma protestante iniziata in Germania da Martin Lutero nel 1517: questa aveva avuto le sue origini anzitutto in motivi religiosi e teologici mentre le motivazioni del re erano state in primo luogo politiche, determinate cioè dalla volontà di avere nel proprio paese una Chiesa interamente sottoposta all'autorità della monarchia inglese. Sicché la Chiesa d'Inghilterra, pur separandosi da Roma, continuava a conservare i fondamenti liturgici e dogmatici del cattolicesimo. Enrico combatté ogni influenza del luteranesimo sulla Chiesa che aveva fondato.
Edoardo VI modificò la linea del padre Enrico VIII: durante il suo regno (1547-53) infatti, con il Libro delle preghiere comuni del 1549 e gli articoli di fede da lui fatti approvare, le influenze protestanti si fecero sentire notevolmente. Gli unici sacramenti riconosciuti furono il battesimo e l'eucaristia, mentre fu autorizzato il matrimonio dei preti e venne respinto il culto delle immagini. Successivamente Elisabetta I (salita al trono nel 1558), preoccupata per i conflitti interni che la questione religiosa aveva scatenato nel paese, decise in nome dell'unità nazionale di conferire all'anglicanesimo un indirizzo intermedio tra cattolicesimo e protestantesimo.
L'anglicanesimo ha continuato a subire una progressiva evoluzione, che ha infine trovato un punto di stabilità verso la fine del 19° secolo. Nel suo seno si sono costituite tre correnti fondamentali: la 'Chiesa alta', in cui si fanno più nettamente sentire i rapporti con il cattolicesimo; la 'Chiesa bassa', più vicina al protestantesimo; e la 'Chiesa larga', aperta al più ampio confronto tra i diversi indirizzi. Le Chiese anglicane, alcune delle quali hanno introdotto il sacerdozio femminile, sono oggi fortemente impegnate nel movimento ecumenico, orientato verso il colloquio tra le Chiese cristiane.