Anoressia
L'anoressia è un comportamento caratterizzato dalla perdita parziale, o più spesso totale dell'appetito, che può essere conseguente a un evento traumatico o tossico (anoressie reattive), a malattie organiche legate a difficoltà meccanico-funzionali ad alimentarsi, ad atteggiamenti schizofrenici o malinconici che inducono al rifiuto del cibo, a malattie endocrine, oppure a una malattia psicogena intimamente connessa a disturbi sul piano affettivo. In quest'ultimo caso si è soliti parlare di anoressia primaria, e in particolare di anoressia nervosa: più che di perdita dell'appetito, si tratta di un rifiuto ad alimentarsi, che può protrarsi nel tempo e condurre, nonostante l'apparente comportamento normale e vivace del paziente, a gravi forme di denutrizione e, in alcuni casi, alla morte. Questa patologia del comportamento alimentare è oggi particolarmente frequente nelle giovani donne ed è in apparente aumento. Alcuni modelli culturali possono rappresentare dei fattori di rischio, o comunque delle concause. È stato anche ipotizzato un rapporto tra anoressia e pratica sportiva, ma non sembra che quest'ultima possa causare di per sé la condizione, mentre è possibile che vi si accompagni. Frequente è la comorbilità con gli stati depressivi, con sindromi schizofreniche atipiche e con le cosiddette 'ipocondrie di bellezza', a marcato condizionamento culturale.
di Lucio Pinkus
Fra le anoressie primarie riveste senz'altro un significato preponderante l'anoressia nervosa o mentale, che attualmente si tende a considerare come un'entità nosografica a sé stante, nell'ambito delle psicosi endogene. L'anoressia mentale è caratterizzata da un costante rifiuto ad alimentarsi e non da un rifiuto o ripugnanza nei confronti del cibo in quanto tale, che anzi sovente è vissuto dai soggetti anoressici come interessante e piacevole. È l'atto del nutrirsi che per l'anoressico è carico di significati angoscianti e minacciosi, tale da indurlo a uno stato di iponutrizione cronica globale e persino alla cachessia (v.).
Secondo H. Bruch (1988), l'anoressia nervosa si può riconoscere per tre segni particolari, di cui i primi due sono direttamente connessi con il corpo: a) un disturbo nella percezione dell'immagine del proprio corpo, che può assumere anche modalità deliranti e che spiega perché chi soffre di anoressia nervosa non è preoccupato - anzi sembra distaccato o talora gratificato - anche quando la diminuzione di peso assume proporzioni vistose; b) un disturbo nei processi percettivo-cognitivi che riguardano gli stimoli provenienti dal corpo e danno luogo a fenomeni di negazione compensatoria, come per es. l'iperattività, anche quando è evidente l'esaurimento di energia fisica; c) un senso di impotenza, quasi di paralisi, che si collega con il terrore di perdere il controllo delle spinte istintuali orali e quindi di essere travolti dall'impulso incontrollato e incontrollabile ad assumere cibo (bulimia).
Dal punto di vista psicodinamico, all'origine di questi processi vi è una forte situazione conflittuale, dovuta a una figura materna o a una famiglia iperprotettiva che non riesce a favorire lo sviluppo autonomo dei figli. In queste situazioni, seppure inconsciamente, si attribuisce un valore simbolico troppo elevato all'atto del nutrirsi e si usa il rapporto con il cibo come ricatto affettivo.
L'anoressia nervosa si manifesta prevalentemente nelle giovani anziché nei ragazzi, con un rapporto di circa 15 a 1. La fascia d'età più colpita va dai 12 ai 24 anni.
La frequenza, secondo i più recenti dati epidemiologici, tende ad aumentare. Le ragazze provengono spesso da famiglie di condizione sociale medio-alta e sono, nella maggior parte dei casi, studentesse di scuola secondaria.Per le ragazze, il momento in cui il fenomeno inizia e al tempo stesso attraversa la sua fase cruciale coincide con la pubertà, allorché si deve affrontare il cambiamento del vissuto corporeo da corpo-infantile a corpo-adulto (v. adolescenza). Il rifiuto di nutrirsi sostiene l'illusione di un corpo infantile e la difesa da tutto ciò che è connesso al corpo-adulto: la sessualità, l'identificazione con i modelli femminili tradizionali, l'accettazione del proprio corpo ormai cresciuto e simile al corpo della madre, rispetto alla quale l'anoressica nutre sentimenti di ostilità e aspira a una sua autonomia.Un'attenzione particolare va dedicata alle ragazze che, seguendo i modelli culturali dominanti, tendono a enfatizzare l'importanza della magrezza in chiave estetica e che sono a rischio di anoressia mentale: in tal senso diete fortemente restrittive e un ossessivo esercizio fisico possono diventare la via per raggiungere l'obiettivo di una perdita di peso non fisiologica. Va infatti ricordato che tra i sintomi clinici dell'anoressia nervosa spesso si riscontra proprio la pratica di uno strenuo esercizio fisico.
Questa componente si esprime attraverso un'attività fisica piuttosto consistente svolta giornalmente in forma quasi 'rituale', per disperdere calorie e perdere peso. Evidentemente una dinamica di questo tipo si innesca solo in ragazze che hanno già una base conflittuale del proprio vissuto corporeo o della propria immagine di sé.
di Giovanni Caldarone e Michelangelo Giampietro
Uno degli ambiti in cui il fenomeno dell'anoressia nervosa è stato maggiormente studiato è lo sport. Se si considera nel suo insieme la massa dei praticanti attività fisica e sportiva, appare evidente che l'incidenza di disordini alimentari quali l'anoressia è piuttosto elevata, ma sostanzialmente sovrapponibile a quella che si riscontra nella popolazione generale. Al contrario, la casistica relativa agli atleti di elevato impegno agonistico è caratterizzata da un'incidenza molto bassa di anoressia.
Significativo, in tal senso, è il dato dell'Istituto di scienza dello sport del CONI di Roma, che nel corso di tutta la sua attività, dal 1968 a oggi, ha registrato solo pochissimi casi di anoressia nervosa fra tutti gli atleti italiani di elevato livello.
La maggioranza delle ricerche scientifiche sul tema anoressia e sport fa riferimento alla popolazione comune che pratica sport nelle scuole secondarie, nelle università, nelle associazioni e in altre strutture. Poiché negli studi condotti l'incidenza dei disordini alimentari risulta sensibile, alcuni autori hanno ipotizzato che la pratica sportiva possa contribuire al loro sviluppo. I comportamenti alimentari patologici più frequentemente osservati nella popolazione sportiva vanno dall'ansia per il peso a una preoccupazione esagerata e bizzarra per il cibo, al vomito autoindotto, alla pratica di diete estremamente restrittive, all'uso di farmaci anoressizzanti, diuretici (già compresi nell'elenco delle sostanze doping) e lassativi.
Le donne sono motivate a perdere peso da fattori soprattutto estetici, mentre gli uomini lo sono principalmente per migliorare la loro prestazione sportiva.
Tuttavia, i comportamenti alimentari scorretti non sono necessariamente sinonimo di anoressia nervosa, patologia psichiatrica inquadrabile solo sulla base di un protocollo diagnostico estremamente complesso. Se è innegabile che in determinate discipline sportive, dove la prestazione ottimale è legata a uno standard di peso corporeo particolarmente basso, alcune atlete rischiano di sviluppare disordini del comportamento alimentare, derivati dall'ansia per il peso e per l'immagine corporea, e mostrano una condotta di tipo anoressico durante l'allenamento, è altrettanto evidente che tali ansie e condotte si risolvono quasi sempre non appena termina la stagione atletica, benché non si possa escludere che alcuni soggetti mantengano una certa vulnerabilità rispetto a possibili disordini alimentari.
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