Eraclio, antipapa
L'unica testimonianza su E. si trova in un epigramma di papa Damaso, in onore di papa Eusebio, (P.L., VI, col. 27A; Inscriptiones Christianae urbis Romae. Nova series, IV, a cura di G.B. de Rossi-A. Ferrua, In Civitate Vaticana 1964, nr. 9515; Inscriptiones latinae christianae veteres, a cura di E. Diehl, I, Berolini 1961², nr. 963, p. 177; Epigrammata Damasiana, nrr. 18, 18¹, 18²), che lo fece incidere da Furio Dionisio Filocalo.
Di questo epigramma sono stati rinvenuti solo dei frammenti, poiché la lapide fu rotta al momento delle devastazioni barbariche; ne fu fatta una rozza copia lapidea, sul cui retro c'è un'iscrizione di dedica a Caracalla del 214, e venne collocata nello stesso cubicolo. G.B. de Rossi pensa che la copia sia stata fatta al tempo di papa Vigilio, mentre A. Ferrua la colloca negli anni 592-593; tuttavia il testo intero fu trascritto e conservato nelle sillogi. L'iscrizione originale si trovava nella cripta dei papi, nel cubicolo di Eusebio nella catacomba di Callisto. La lapide attuale, nel cubicolo di Eusebio, è la copia posteriore ricomposta con i frammenti trovati sul posto dal de Rossi. Con l'aiuto dell'iscrizione, di solo otto versi, si può ricostruire parzialmente la situazione creatasi a Roma dopo l'esilio e la morte di papa Marcello. Questo papa fu esiliato dal tyrannus Massenzio (Epigrammata Damasiana, nr. 40), perché nella comunità romana c'erano forti dissensi, e dopo il suo esilio essa continuò ad essere divisa in fazioni contrapposte.
Dopo alcuni mesi dalla morte di Marcello viene eletto Eusebio (forse nell'anno 308, forse nel 309 o negli anni ancora successivi), a cui si contrappone, per la disciplina penitenziale, Eraclio. Scrive Damaso: "Heraclius vetuit lapsos peccata dolere" (ibid., nr. 18, v. 1), cioè capeggiava la fazione di quelli che avevano apostatato durante la persecuzione di Diocleziano ed ora, tornata la pace esterna, volevano una immediata riconciliazione per essere pienamente reintegrati nella comunione ecclesiale senza una adeguata penitenza. Essi dovevano essere assai numerosi, sia da quanto si sa per altre città in circostanze simili, sia perché furono in grado di creare una cruenta opposizione nel seno della comunità romana. Eusebio, l'eletto, invece adottava la prassi tradizionale, che esigeva un periodo penitenziale, a cui seguiva l'atto della riconciliazione liturgica da parte del vescovo. La divisione in due fazioni doveva essere molto forte: "La comunità si divide in partiti con la crescita del furore: ribellione, uccisioni, guerra civile, disordini" (ibid., nr. 18). I disordini furono molto gravi e provocarono l'intervento dell'imperatore Massenzio, che condannò all'esilio sia Eusebio che Eraclio. Eusebio venne inviato a Siracusa, in Sicilia, dove morì nello stesso anno. In ogni caso l'intervento di Massenzio non fu un gesto di persecuzione nei riguardi dei cristiani, ma volle essere un atto di pacificazione pubblica ed ecclesiale nella città di Roma. Con l'esilio si perde ogni traccia di Eraclio. Nessun accenno di Damaso fa pensare che E. sia stato un antipapa, ma potrebbe essere stato solo un presbitero oppure un diacono influente della comunità romana, e quindi in condizione di essere il capo dell'opposizione.
fonti e bibliografia
Le Liber pontificalis, a cura di L. Duchesne, I, Paris 1886, pp. 164-67.
Epigrammata Damasiana, a cura di A. Ferrua, Città del Vaticano 1942, pp. 129-34 (Eusebio), p. 181 (Marcello).
G.B. de Rossi, La Roma sotterranea cristiana, II, Roma 1867, pp. 201-08.
I. Carini, I Lapsi e la deportazione in Sicilia di papa Eusebio, ivi 1886.
J. Zeiller, in Storia della Chiesa, a cura di A. Fliche-V. Martin, II, Torino 1972³, p. 655.
Dictionnaire de théologie catholique, V, 1, Paris 1913, s.v., col. 1525.
Catholicisme, V, ivi 1962, s.v., col. 631.
P.-Th. Camelot, Heraclius de Rome, in D.H.G.E., XXIII, coll. 1347-48.
Cfr. s.v. Eusebio, santo.