Eusebio, santo
Il suo episcopato fu molto breve, solo di alcuni mesi, nell'anno 308, quando a Roma era imperatore Massenzio; altri pensano invece che l'anno fosse il 309 oppure il 310. Il Catalogo Liberiano dice: "Eusebius mense IIII die XVI, a XIII kalendas Maii usque in diem XVI kalendas Septembris" (Chronica minora [saec. IV, V, VI, VII], in M.G.H., Auctores antiquissimi, IX, 1-2, a cura di Th. Mommsen, 1892: 1, p. 76), pertanto dal 18 aprile fino al 17 agosto di un anno non precisato. Egli sarebbe succeduto a Marcello dopo una vacanza della sede di tre mesi e otto giorni, e non di venti giorni come vuole il Liber pontificalis.
Ma il periodo indicato dal Catalogo Liberiano, che segna con precisione l'inizio e la fine dell'episcopato (18 aprile e 17 agosto), non corrisponde a quattro mesi e sedici giorni, e pertanto deve esserci un errore nell'indicazione del periodo; l'errore diventa più evidente dato che tutti i calendari antichi, concordemente, pongono il suo dies natalis al 26 settembre. Il continuatore del Chronicon di Eusebio di Cesarea fino al 325, scrive che "a Roma viene eletto Eusebio, il ventinovesimo vescovo, che dura sei mesi" (P.G., XIX, col. 583). E. viene indicato quale successore di Marcellino: viene quindi omesso il nome di papa Marcello. Nell'edizione della stessa cronaca (a cura di R. Helm, Berlin 1956 [Die Griechischen Christlichen Schriftsteller. Eusebius Werke, VII], p. 228) e in quella di Prospero di Aquitania (Chronica minora, IX, 2, p. 447), invece, si parla di sette mesi: qui il numero "IIII" si è trasformato in "VII" (questi testi non indicano il numero dei giorni). Mentre è certamente inesatta la notizia del Liber pontificalis (I, p. 167), che attribuisce al pontificato una durata di sei anni, un mese e tre giorni. La Depositio episcoporum del 336 circa (Chronica minora, IX, 1, p. 70) così come il Martyrologium Hieronymianum (p. 527; J.-P. Kirsch, pp. 104-05) collocano la commemorazione di E. al 26 settembre nel cimitero di Callisto ("Romae via Appia in cimiterio Calesti depositio sancti Eusebii episcopi" così dice il Martyrologium Hieronymianum). Anche il Martyrologium Romanum e tutti i calendari antichi considerano tale giorno come quello della morte, il dies natalis (cfr. Martyrologium Romanum, p. 417; Acta Sanctorum [...], Septembris, VII, p. 265). Tuttavia il Martyrologium Hieronymianum, non quello romano, ripete la commemorazione anche al 2 ottobre e all'8 dicembre. Anche se il Martyrologium Hieronymianum (p. 537), per il 2 ottobre, considera questo come il dies natalis, altre testimonianze invece lo danno come quello della sepoltura. Infatti il Liber pontificalis, nelle sue varie edizioni, colloca al 2 ottobre la sua sepoltura nel cimitero di Callisto: "sepultus est in cymiterio Calisti via Appia VI nonis octobris" (Le Liber pontificalis, I, p. 167; cfr. Martyrologium Hieronymianum, p. 527 n. 1). L'8 dicembre potrebbe invece trattarsi di uno scambio di nome con papa Eutichiano, che la Depositio colloca in questo giorno; il Martyrologium Hieronymianum sposta invece Eutichiano al 7 e all'8 riporta di nuovo Eusebio.
Un'altra incertezza riguarda l'anno del suo breve pontificato. La ricostruzione cronologica di Th. Mommsen, che esclude un papa di nome Marcello, per questi anni prevede l'elezione di E. al 310 oppure nei primi mesi del 311, e indica quindi una lunga vacanza della Sede romana che sarebbe iniziata il 23 agosto del 303, anno della deposizione e non della morte di papa Marcellino. Secondo il Liber pontificalis e il Catalogo Liberiano papa Marcello sarebbe morto nel 309: "usque post consulatum X et septimum [309]" (Chronica minora, IX, 1, p. 76). T.D. Barnes (pp. 38, 304) pone la morte di papa Marcello al 16 gennaio del 308, in quanto le date consolari con questi nomi sono un'aggiunta posteriore espressa secondo la forma costantiniana, e colloca l'elezione di E. dopo la partenza dell'imperatore Massimiano Erculio da Roma, cioè il 18 aprile del 308. T.D. Barnes non esclude tuttavia la data del 309 o quella del 310, seguendo E. Schwartz e L. Duchesne. Si deve tenere conto nella discussione di un altro argomento per ipotizzare come anno il 308. Secondo le fonti citate, il 18 aprile è il giorno della ordinazione episcopale di Eusebio. Quel giorno cade di domenica, e siccome solo di domenica avvenivano le ordinazioni, l'anno adatto può essere solo il 308, mentre il 18 aprile del 309 era un lunedì dopo Pasqua e quello del 310 era un martedì. Anche H. Lietzmann (Petrus und Paulus in Rom, Berlin 1927², pp. 8 ss.) accetta la data del 308. La questione rimane aperta. Il Liber pontificalis dice che E. era di origine greca, nato da padre medico; questa notizia, dato il nome orientale, potrebbe essere vera, ma le altre informazioni fornite sono tutte di elaborazione posteriore, e totalmente false. Infatti egli viene collocato al tempo dell'imperatore Costante (la prima edizione aveva invece il nome di Costantino e non parla del rinvenimento della croce), "quando è stata ritrovata la croce del nostro Signore Gesù Cristo il 3 maggio e fu battezzato Giuda, detto anche Ciriaco". L'autore qui attinge da un testo leggendario allora in circolazione (cfr. Le Liber pontificalis, I, pp. XIX, LX; III, p. 56). La principale fonte sicura resta un epigramma che papa Damaso fece incidere da Furio Dionisio Filocalo sulla sua tomba (Inscriptiones Christianae urbis Romae. Nova series, IV, a cura di G.B. de Rossi-A. Ferrua, In Civitate Vaticana 1964, nr. 9515; Inscriptiones latinae christianae veteres, I-III, a cura di E. Diehl, Dublin-Zürich 1970³, nr. 963; Epigrammata Damasiana, nrr. 18; 18¹; 18²; L. Reekmans, p. 699). Della lapide originale in marmo bianco, distrutta dai Goti o dai Vandali, si conservano solo numerosi frammenti. Ma fu fatta una copia tardiva, imprecisa nel latino, su una lastra, nel cui retro c'è una iscrizione di Asinius Sabinianus di dedica a Caracalla del 214: G.B. de Rossi pensa che sia stata fatta al tempo di papa Vigilio, A. Ferrua invece la colloca in periodo posteriore, al tempo di Gregorio Magno. Seguendo, sulla traccia dei frammenti e della copia posteriore, tale epigramma, composto di solo otto versi, si può parzialmente ricostruire la situazione caotica ed estremamente tesa a Roma al tempo della elezione e del pontificato di E.; sicuramente continua, dopo l'esilio e la morte di papa Marcello, quel clima di lotta cruenta tra le due parti in cui si era divisa la comunità romana. L'esilio e la morte di questo pontefice non riportano la pace, ma la comunità continua ad essere divisa anche durante l'episcopato del suo successore, perché permangono i medesimi problemi. Sicuramente con molta difficoltà, come era normale in questi casi, viene eletto dalla maggioranza Eusebio. L'opposizione è guidata da un certo Eraclio: "Heraclius vetuit lapsos peccata dolere" (Epigrammata Damasiana, nr. 18, v. 1). Ecco una traduzione dell'epigramma damasiano (ibid.; Inscriptiones latinae, nr. 963): "Eraclio impedì ai lapsi [cioè quelli che avevano in qualche modo apostatato nella persecuzione] di piangere i peccati, Eusebio invece insegnò che i miserabili devono piangere i propri crimini; la comunità si divide in partiti con la crescita del furore: ribellione, uccisioni, guerra civile, disordini. Immediatamente tutti e due furono esiliati dalla crudeltà del tiranno, e la guida che cercava di conservare i patti della pace, gioiosamente soffrì l'esilio per il Signore; lasciò il mondo e la vita nel suolo di Sicilia". Damaso nelle iscrizioni in onore di Marcello e di E. collega l'intervento del tiranno (Massenzio) non ad una persecuzione ma ad agitazioni causate dai lapsi, che vogliono essere reintegrati. L'iscrizione è importante, perché dà brevi notizie sicure su E., le quali illuminano la situazione creatasi nella comunità cristiana di Roma dopo la persecuzione di Diocleziano. Tornata la pace con Massenzio, i lapsi volevano essere riammessi subito alla comunione ecclesiale. E. esige, secondo la prassi, come aveva fatto il suo predecessore Marcello, una adeguata penitenza ("Eusebius miseros docuit sua crimina flere"); il suo atteggiamento suscita immediatamente una fortissima opposizione, capeggiata da un certo Eraclio (v. Eraclio, antipapa). Tra le due fazioni, appena dopo la elezione del nuovo vescovo, scoppiano risse di tale gravità da turbare l'ordine pubblico, per cui interviene l'imperatore Massenzio che manda in esilio Eraclio, non si sa dove, ed E., in Sicilia, a Siracusa. I lapsi sono quelli che scatenano tali risse, perché sono essi che vogliono essere riammessi alla comunione ecclesiale, mentre gli altri si oppongono alla riammissione di questi senza un'adeguata penitenza in rapporto alla gravità del peccato di apostasia. Il loro numero doveva essere considerevole, per avere una tale forza di pressione. E., esiliato da Massenzio, muore subito a Siracusa; di Eraclio si perde memoria. In ogni caso il successore non viene eletto subito, ma due o tre anni dopo. Questo può significare che la situazione di contrasto era continuata. Anche in questa occasione, come era avvenuto con papa Marcello, l'esilio e la morte di Eraclio e di E. non riportano tranquillità nella Chiesa romana, perché per tre anni circa non si potrà procedere alla elezione del successore (cioè di papa Milziade), la quale avverrà solo il 2 luglio del 311. Infatti, siccome non ci sono impedimenti esterni, in quanto Massenzio si mostra favorevole ai cristiani, soltanto le divisioni interne impediscono la elezione. E. viene dunque deportato a Siracusa, dove muore; Damaso gli dà la qualifica di vescovo e martire, ma non viene detto o ricordato martire né dalla Depositio martyrum del catalogo del 354, né dal Liber pontificalis, né da altri calendari antichi (P. Styger, pp. 111-15; il Martyrologium Romanum scrive: "Romae sancti Eusebii papae", senza altra qualifica, p. 417). Se gli antichi calendari sono tutti concordi nel porre la sua commemorazione al 26 settembre, nessuno però lo considera martire. Basandosi sulla iscrizione damasiana, solo la Notitia ecclesiarum lo ritiene tale, scrivendo che "Eusebius papa et martir longe [lontano cioè dalla cripta dei papi Zefirino e Cornelio] in antro requiescit" (Codice topografico, p. 88). Forse subito, anche se non si sa l'anno, il corpo di E. viene riportato a Roma e seppellito nel cimitero di Callisto, in una cripta particolare, per collocarlo in luogo sicuro. La legge romana non permetteva lo spostamento di resti dei defunti; per ogni traslazione era necessario il permesso dell'autorità (cfr. Plinio, ep. 10, 68-69, a cura di L. Lenaz, Milano 1994, pp. 1090-94). Se la traslazione del corpo è avvenuta prima della vittoria di Costantino, allora è stato Massenzio a permetterla.
Nella catacomba di Callisto una scala collega con l'esterno quasi direttamente la cripta di E., che è di fronte a quella di papa Caio. La cripta contiene tre arcosolia: quello di destra per chi entra (arcosolio C) doveva contenere i resti di E. ed in esso era collocata la iscrizione damasiana (Inscriptiones Christianae urbis Romae, nr. 9515; Epigrammata Damasiana, nr. 18). La sua tomba era meta di pellegrinaggi, per questo aveva ricevuto una sistemazione monumentale da parte di Damaso nella seconda metà del IV secolo. Decorazioni importanti ornavano la cripta di papa E.; del mosaico restano tracce sullo stucco (cfr. G.B. de Rossi, II, tav. VIII; L. Reekmans, pp. 700 s.). Nella stessa stanza era seppellito un vescovo africano, Ottato di Vesceter, della Mauretania Sitifense, i cui resti furono portati a Roma nel momento della persecuzione di Genserico nel 439 (cfr. Inscriptiones Christianae urbis Romae, nr. 9517; A. Mandouze, Prosopographie chrétienne du Bas-Empire, Paris 1982, p. 801 n. 4). La stanza più grande, destinata ad accogliere i pellegrini, non sembra anteriore a Damaso, che ha promosso l'aspetto monumentale della tomba di papa Caio. O. Panciroli (I tesori nascosti dell'alma città di Roma, Roma 1600) scrive che nella chiesa di S. Sebastiano, connessa al cimitero di Callisto, sono venerati solo E. ed Eutichiano, nonostante che molti papi fossero seppelliti nel medesimo cimitero. Fonti spagnole dell'inizio del Seicento asseriscono invece che il suo corpo fu portato in Spagna "apud Montem Voelium in Carpentia", mentre fonti romane continuano a dire che il suo corpo era ancora venerato in S. Sebastiano e in S. Lorenzo in Panisperna (cfr. Acta Sanctorum [...], Septembris, VII, p. 271; C.B. Piazza, Emerologio sacro di Roma cristiana e gentile, II, Roma 1690, p. 194; I. Daniele, p. 248). Vengono attribuite ad E. tre lettere decretali (in P.L., VII, coll. 1101-14), evidentemente spurie, che tuttavia sono molto interessanti per la disciplina ecclesiastica e il diritto canonico. In particolare la prima (ibid., coll. 1101-04), indirizzata ai vescovi della Gallia, stabilisce che gli eretici che ritornano alla Chiesa devono ricevere solo l'imposizione della mano del vescovo. Questo stesso principio viene ripetuto anche nella epistola terza (ibid., coll. 1109-14). Inoltre la prima lettera ordina che i laici non possono accusare i sacerdotes. Ancora a E. vengono attribuiti cinque decreti, reperibili nelle collezioni canoniche (ibid., VI, coll. 27-30).
La sua memoria liturgica, in un primo tempo festeggiata il 26 settembre, è stata spostata al 17 agosto.
fonti e bibliografia
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