Čechov, Anton Pavlovič
Da medico di provincia a grande scrittore
Di origini umili e provinciali, Anton Čechov divenne col tempo lo scrittore più amato della Russia. Le sue opere teatrali e le centinaia di racconti sono una vera e propria enciclopedia dell'animo umano
I personaggi della letteratura russa dell'Ottocento erano sempre stati figure ben determinate: il proprietario terriero, il militare, il burocrate, il contadino; essi rappresentavano una struttura sociale ancora piuttosto semplice, di tipo feudale. Ma sotto la patina di una società conservatrice e monarchica, la Russia di fine secolo era in fermento: nascevano nuove figure sociali, la gente viaggiava da un capo all'altro del paese, si fondavano ospedali, fabbriche, scuole. Ed ecco che qualcuno trova il modo di rappresentare questo mondo nuovo. È Anton Čechov, un modesto studente di medicina nato a Taganrog nel 1860 ed emigrato a Mosca dal Sud con la numerosa famiglia dopo il fallimento del padre commerciante. A Mosca, mentre studia, inizia anche a pubblicare brevi racconti comici. Il successo gli permette di dedicarsi completamente all'attività letteraria. Conserva però un vivo interesse per la medicina, che esercita solo saltuariamente e per beneficenza.
All'inizio i lavori di Čechov sono stringati e umoristici. L'effetto comico non deriva da un evento straordinario, ma da un qualche semplice equivoco: ora il protagonista non sa comportarsi nel modo giusto, ora i personaggi non riescono a capirsi. In una società che diventa sempre più complicata le persone faticano a orientarsi e a parlare lo stesso linguaggio, finendo così per fare figure ridicole.
Ben presto all'umorismo si aggiunge una vena di tristezza: azioni apparentemente ridicole, assurde o addirittura criminali sono in realtà dovute all'ignoranza e alla miseria di chi le compie. Naturalmente i più indifesi sono i bambini.
Gli eroi preferiti di Čechov sono proprio i bambini pieni di voglia di conoscere e di istintiva simpatia per le persone che incontrano; spesso però la loro fiducia viene tradita dagli adulti, come nel caso di Alëša del racconto Miserie della vita: "Egli tremava, singhiozzava, piangeva; per la prima volta nella vita s'era imbattuto faccia a faccia così brutalmente nella menzogna; in precedenza non sapeva che a questo mondo, oltre le pere dolci, i pasticcini e gli orologi cari, esistono anche molte altre cose per le quali non c'è nome nel linguaggio infantile".
Nel 1890 Čechov visita la lontana Isola di Sachalin, nell'Oceano Pacifico, usata dal governo zarista come immenso campo di detenzione; denuncerà poi in un libro le inumane condizioni di vita dei galeotti e soprattutto dei loro bambini.
Nell'ultimo decennio della sua vita scrive opere teatrali (Il gabbiano, Lo zio Vanja, Le tre sorelle, Il giardino dei ciliegi) e racconti più lunghi, in cui i personaggi finiscono immancabilmente con il constatare il fallimento dei propri ideali e delle proprie aspirazioni: la fede nella scienza, nel progresso, nell'arte, nell'amore terreno, nel successo o nel denaro. Simbolo di tale condizione umana è il gabbiano dell'omonimo dramma, ucciso senza un perché, per semplice noia, da un cacciatore. Nel racconto Il reparto n. 6 la società è rappresentata da un manicomio che a poco a poco risucchia anche i sani.
All'inizio del nuovo secolo, Čechov è ormai lo scrittore più famoso del paese insieme a Tolstoj, ma fin dal 1899 è costretto dalla tubercolosi a risiedere al Sud, in Crimea, solo con la madre, lontano dagli amici e dalla moglie Ol'ga Knipper. Quando muore nel 1904 è pianto da tutta la Russia: fino all'ultimo la sua simpatia era andata agli indifesi e agli umili, a coloro che non pretendono di dominare gli altri e di cambiare il mondo a proprio vantaggio.
"Non si può saper tutto, il perché e il come", medita un vecchio contadino in uno dei suoi ultimi e più commoventi racconti, Nella conca: "All'uccello sono assegnate non quattro ali, ma due, perché anche con due è capace di volare; così anche l'uomo è stabilito che non sappia tutto, ma solo una metà o un quarto. Quanto ha bisogno di sapere per vivere, tanto egli sa".