BABOCCIO, Antonio
Nacque a Piperno (Priverno) nel Lazio, nel 1351circa. Non si hanno notizie riguardanti la sua attività di scultore prima del 1407,anno in cui egli portò a compimento e datò il portale maggiore della cattedrale di Napoli, nel quale reimpiegò elementi più antichi, come i leoni stilofori provenienti dalla distrutta tomba di Carlo Martello, che era stata eseguita da allievi di Nicola Pisano (tra i quali, probabilmente, Lapo), e la Madonna con il Bambino di Tino di Camaino. Nel 1412eseguì il sepolcro della regina Margherita di Durazzo, nella cattedrale di Salerno, con la collaborazione di Alessio di Vico, al quale sono riferibili le Virtù che sorreggono il sarcofago; poco dopo scolpì il sepolcro di Antonio Penna, nella chiesa di S. Chiara in Napoli, certo anteriore al 1414perché l'iscrizione dedicatoria qualifica ancora il committente Onofrio Penna come segretario del re Ladislao di Durazzo, morto appunto in quell'anno; nel 1415 il B. eseguì il portale della cappella di S. Giovanni dei Pappacoda e infine nel 1421 il sepolcro dell'ammiraglio Ludovico Aldomorisco in S. Lorenzo Maggiore: firmando quest'opera, il B. si dichiara "pictor et in omnibus lapidibus atq. metallorum (sic) scultor " ed in età di settant'anni.
La formazione del B. e la sua attività durante il lunghissimo periodo anteriore alla sua andata a Napoli - ove dovette dunque giungere già più che cinquantenne - si possono ricostruire soltanto per probabili indizi. A parte un ipotetico primo tirocinio negli "studia artium" delle abbazie cisterciensi di Casamari e di Fossanova, presso Priverno, ove si esercitavano maestranze di lapicidi e di intagliatori poi attive nel basso Lazio, il B. dovette educarsi sugli esempi della scultura "internazionale" presenti nei centri dell'Italia settentrionale. Le parti autografe del portale della cattedrale napoletana presentano infatti caratteri stilistici talmente affini a quelli della scultura lombarda coeva (e, in qualche caso, come nelle figure dell'Annunciazione e della Incoronazione della Vergine nel timpano, perfino analogie iconografiche con opere di Giovannino de' Grassi e di Hans von Fernach) da rendere del tutto attendibile la congettura che il B. sia stato tra le maestranze attive nel cantiere del duomo milanese, come peraltro lascia intendere un passo del D'Onofri, canonico della cattedrale di Napoli, il quale può aver dedotto la notizia da documenti ora irreperibili: "per aver uno scoltor'egregio nell'arte e sollecito nell'opera fu il B. chiamato da Milano e ben regalato acciocché lavorasse la Porta maggiore della nostra Cattedrale " (R P. D'Onofri, Succinte notizie intorno alla facciata della chiesa cattedrale...,Napoli 1789, p. 41).
Prima di giungere a Napoli il B. fu però certamente a Messina, ove il portale di quel duomo (iniziato nel 1404;cfr. A. Venturi, Storia dell'arte ital., VI, pp.63 s.), sia nell'impianto architettonico sia particolarmente nelle sculture del timpano ha probanti riscontri con quello di Napoli, pur se altre parti di gusto più arcaico hanno portato il Bottari a mettere in dubbio un intervento diretto del nostro scultore (cfr. S. Bottari, Il duomo di Messina,Messina 1929, pp. 21 ss.).
Sul sostrato di cultura gotico-lombarda, a Napoli il B. immise successivamente elementi di più aggiornato orientamento verso la scultura fiamminga e borgognona, con effetti di robustezza plastica e di accentuazione quasi espressionistica nel fastoso portale di S. Giovanni dei Pappacoda, ov'è un'animazione chiaroscurale affatto inedita rispetto al precedente portale; ed elementi di gusto transalpino si palesano, anche meglio determinati, sulle fronti dei sepolcri di Margherita di Durazzo e di L. Aldomorisco, nelle quali le scene rappresentate, per il modulo compositivo non meno che per le particolarità iconografiche, sembrano desunte da miniature francesi del primo Quattrocento.
Evidentemente a Napoli (dove, peraltro, giungevano pure gli echi della nota attività in Abruzzo ed a Montecassino di scultori tedeschi, fiamminghi e francesi) il B. dovette aver conoscenza di opere di pittura e di oreficeria "internazionali", presenti nelle raccolte della corte durazzesca: ed il rapporto proprio con l'oreficeria è sì stretto che lo Schlosser tentò addirittura di identificare nel B. il mitico Gusmin ricordato da L. Ghiberti (cfr. von Schlosser, Lorenzo Ghibertis Denkwürdigkeiten,in Kunstgeschichtliche Jahrb., IV[1910], pp. 145 ss.).
Le opere prima ricordate, le quali sono tutte firmate ad eccezione dei portali, ci consentono di attribuire con certezza al B. anche il sepolcro di Agnese e Clemenza d'Angiò in S. Chiara, che per l'affinità con le prime sculture eseguite a Napoli è databile tra il 1407e il 1412,nonché una fronte di sarcofago proveniente da una tomba scomposta, già nella basilica del Carmine, pure a Napoli, ed ora murata ad una delle pareti del chiostro contiguo a quella chiesa: opera questa che invece si collega strettamente - nello stile non meno che nella ideazione della scena raffigurante il defunto attorniato da santi e da familiari - ai sepolcri di Margherita di Durazzo e di L. Aldomorisco, e che pertanto è riferibile agli anni che vanno dal 1415 al 1420.
L'opera del B., pure nell'accezione di forme rudi ed enfatiche, colme di complicate cadenze ornamentali, mostra dunque una singolare corrispondenza con i portati della scultura tardo-gotica internazionale e lo sviluppo stilistico che in essa si ravvisa, localizzato nel breve periodo documentato dalle opere superstiti, offre indizi di grande interesse sugli elementi operanti nella cultura figurativa napoletana dei primi decenni del Quattrocento: sì che, al di là delle intrinseche qualità artistiche, essa vale a denotare i caratteri di uno dei momenti più vivi dell'arte napoletana del primo Rinascimento.
Bibl.: T. Valle, La città nova di Piperno, Napoli 1646, II, p. 307; B. De Dominici, Le vite dei pittori, scultori ed architetti... napoletani [Napoli 1742-1745], Napoli 1840, I, pp. 247 ss.; S. Fraschetti, I sarcofagi dei reali angioini in Santa Chiara di Napoli, in L'Arte,I(1898), pp. 385 ss.; A. Venturi, Storia dell'Arte Italiana, VI, Milano 1908, pp. 63 ss.; R. Filangieri di Candida, La scultura in Napoli nei primi albori del Rinascimento,in Napoli Nobilissima,n. s., I (1920), pp. 65 ss.; A. De Rinaldis, Forme tipiche della architettura napoletana nella prima metà del '400, in Bollett. d'arte, XXVII (1924), pp. 11 s.; O.Ferrari, Per la conoscenza della scultura del primo Quattrocento a Napoli, ibid., XXXIX(1954), pp. 11 ss.;M. G. Rimini, A. B. da Piperno,in Siculorum Gymnasium,XII, 1(1959),pp. 1 ss.;U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p.301; Encicl. Ital., V, p.775.