BARATTI, Antonio
Nacque da Domenico a Belluno (non già a Firenze, come suppongono il Nagler, il Meyer, il Le Blanc, e altri) il 7 genn. 1724. Entrato subito nello Stabilimento calcografico veneziano di Giuseppe Wagner, vi ebbe in un periodo successivo come compagni di lavoro Fabio Berardi e Francesco Bartolozzi.
Non manifestò come loro ambizioni stilistiche, ma fu un tecnico dei più provetti ed ingegnosi, si da poter dare consigli ed aiuti ai molti che gliene chiedevano, non tanto sul modo di manovrare il bulino, quanto sul modo di predisporne il letto, com'era uso di quasi tutti gl'incisori di riproduzione del tempo, per mezzo dell'acquaforte. Nessuno sapeva preparare come lui le vernici e governare le morsure; e se è vero che, con tutto ciò, non riuscì mai a dare alle sue stampe la trasparenza luminosa e la grazia del Berardi e del Bartolozzi, è anche vero che senza il suo intervento alcune delle lastre meglio riuscite di Pietro Monaco, di Teodoro Viero, di Vincenzo Giaconi, alcune delle realizzazioni facsimilari di un Alessandri, di uno Scattaglia, di uno Zancon, e delle imitazioni rembrandtesche di Pietro Antonio Novelli non avrebbero visto la luce.
Pur avendo un suo proprio laboratorio, nel quale era coadiuvato dalla moglie, Valentina Monaco, intagliatrice di caratteri, e dai suoi tre figli, Domenico, Tommaso e Pietro, nonché, in un secondo tempo, da due diligentissimi allievi, Giuseppe Daniotto e Antonio Dandi, e da un professionista sovente disoccupato corre Giuliano Zuliani, il B. seguitò a lavorare tutta la vita anche per altri editori-calcografi, quali lo stesso suo vecchio maestro Wagner (per il quale incise tra l'altro il frontespizio e 5 stazioni della Via Crucis del 1779), l'amico Viero, la Calcografia Magna, in Venezia, i Remondini di Bassano, i Vallardi di Milano, ecc. p. impossibile dire quanti rami il B. abbia inciso: Luigi Alpago-Novello, che esegui le più serie indagini sulla vita e le opere degli incisori bellunesi, gli riconosce non meno di 140 stampe sciolte, comprendenti immagini sacre (dal Veronese, dal Vanni, da Guido Reni, dal Piazzetta, da F. A. Novelli, ecc.), solennità e cerimonie locali (da, disegnatori d'occasione), soggetti popolareschi (specialmente dal Giaccoboni e dal Moraldi), carte geografiche e vedute di località le più disparate (da modelli vari), oltre a numerosi ritratti di personaggi trapassati e viventi e più di 2000 illustrazioni per libri, da Omero a Goldoni, da Milton a Pietro Giannone, sempre su disegni altrui, meno che nel ritratto dell'abate Casti, preposto al Poema Tartaro, sotto il quale si legge: "A. B.ti inv. et del.".
Comunque, pur dovendo giudicare severamente le 121 incisioni eseguite dal B. per il Dizionario mitologico del Declaustre, nella edizione italiana del Ferrarin del 1755-58, e le 997 incise per l'edizione livornese dell'Encyclopédie del 1770-79, ed altre imprese del genere, sarebbe ingiusto asserire che egli fu solo un mestierante. A parte la sensibilità, congiunta all'abifità, dimostrata nell'incidere talune stampe d'occasione, come quelle del 1769, ordinategli dal Bodoni per le nozze in Parma dell'infante don Ferdinando con l'arciduchessa Maria Amalia, e quelle del 1782 per i festeggiamenti in Venezia dei conti del Nord (lo zarevic Paolo e sua moglie), due delle quali con effetti d'illuminazione notturna degni di stare a paro con le migliori "machine da fuoco" romane di Giuseppe Vasi, occorre tener conto della parte che ebbe, quasi giorno per giomo, nel movimento generale della cultura italiana del tempo. Il nome del B. è legato all'attività dei più intreprendenti editori-librai della seconda metà del Settecento, non solo a Venezia, ma in tutta l'Italia settentrionale e anche a Roma e a Parigi. In omaggio alla sua città natale e su istanza di Simone Tis, incise anche l'antiporta di una Gerusalemme Liberata "in lengua rustega belunes", con il ritratto del Tasso e la veduta della piazza del Duomo, del palazzo dei Rettori e della Caminada di Belluno.
Fra le edizioni d'importanza nazionale ed internazionale cui il B. prese parte come incisore, ricorderemo prima d'ogni altra quella delle Opere di Carlo Goldoni in 17 volumi, dati in luce dal Pasquali a Venezia fra il 1760 e il 1764, con 79 tavole disegnate da P. A. Novelli. Questi, legatosi subito al B. di fraterna amicizia, gli stette sempre a fianco, e molto gli diede come disegnatore, non poco ne ebbe come incisore dilettante. Del Novelli sono anche i disegni delle Quattro eleganti Egloghe rusticali pubblicate nel 1760 dal Colombani, di cui tre incisi dal B. ed uno dal Bartolozzi. Del Novelli sono altresì le 30 vignette del Ricciardetto di Lucca dei 1766, le 28 delle Opere di Pietro Metastasio, edite dallo Zatta nel 1781-82, tutte incise dal B., ed altre opere ed opericciuole varie. L'Alpago-Novello ritiene che anche le illustrazioni delle Avventure di Telemaco di Fénelon, edite dal Curti in Venezia, sebbene non firmate, siano state tutte disegnate dal Novelli ed incise dal Baratti. Per quanto aiuto potessero dargli la moglie Valentina, fino a quando gli morì (30 ag. 1779), e i figli e gli awevi, la sua fu dunque una fatica colossale. Il Moschini dice che era costretto a lavorare tanto perché "assai gli costavano i fighuoli"; ma ciò, se vale per i primi anni, non vale per il rimanente della vita, che fu uno degli esempi più cospicui di dedizione al lavoro e di capacità produttiva.
Morì a Venezia il 28 luglio 1787.
Mentre il B. lavorava per l'edizione labronica dell'Enciclopedia francese, sua moglie intagliava per la stessa opera, con gran maestria, numerose tavole di caratteri antichi e moderni, nostrani e forestieri. Dei tre figli invece il Moschini dice che, "sebbene pieni d'ingegno, non ne diedero verun frutto condegno"; ma dice pure che il primo, Domenico, "valente nell'architettura", aveva il compito, nel laboratorio di famiglia, di "riem. pire i campi de' compiuti lavori". Il secondo, Tommaso incise 5 tavole dell'Orlando Furioso edito nel 1772 dallo Zatta ed alcune altre poche stampe di soggetto religioso e popolaresco, oltre ad una Veduta di Trieste disegnata da G. Pollecing e data in luce nel 1801. A quell'epoca, dunque, Tommaso, che avrebbe poi terminato "miseramente i suoi giorni in uno spedale", viveva ancora. Abilissimo, come suo padre, nel preparare le lastre all'acquaforte, le faceva poi completare da altri a bulino, non essendo egli molto pratico. Del terzo, Pietro, Si sa che fu "il solo de' tre fratelli che sapesse condurre a fine un intaglio". Figure, insonuna, tutt'e tre, di secondo piano. Padre, madre e figli si firmavano sempre, "Baratti", e non Baratta, come dicono, senza fondamento, alcuni scrittori.
Fonti e Bibl.: G. Moschini, Dell'incis. in Venezia [da ms. del sec. XVIII-XIX, Venezia 1924, pp. 120-123 e passim;G. Campori, Gli artisti ital. e stranieri negli Stati estensi, Modena 1855, pp. 31, 495; L. Alpago-Novello, Gliincisori bellunesi, in Atti del R. Ist. veneto di scienze, lettere e arti,XCIX, 2 (1939-40), pp. 573-601, 602 (per Valentina); R. Pallucchini, Mostra degli incisori veneti del Settecento (catal.), Venezia 1941, pp. 56 s.; L'opera del genio italiano all'estero, A.Petrucci, Gli incisori dal sec. XV al sec. XIX, Roma 1958, p. 131; Id., Una manina dimenticata, in Il Messaggero,Roma, 12 maggio 1962; K. H. Heinecken, Dict. des artistes dont nous avons des estampes, II, Leipzig 1788, p. 112; G. K. Nagler, Neues allgem. Künstlerlexikon, I, München 1835, p. 256; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, I, Paris 1854, p. 112; J. Meyer, Allgemeiney Künstlerlexikon, II, Leipzig 1878, p. 690; U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, II, p. 455.