DE FANTIS, Antonio
Nacque a Treviso, tra il 1460 e il 1470, da Cipriano detto Fantino e da Caterina de Benedetti, veneziana. Di Venezia era pure originaria la famiglia paterna, trapiantata alla fine del '300 a Treviso, di cui poco altro sappiamo se non che uno zio del D., Pietro, svolgeva l'ufficio di notaio.
I primi studi del D. si svolsero probabilmente nella città natale: potrebbe avervi frequentato la scuola di lettere greche e latine del Rolandello, per perfezionare poi la sua formazione alla scuola di filosofia dove insegnavano, in concorrenza tra loro, un lettore scotista e uno tomista.
Trasferitosi allo Studio di Padova, il D. divenne ben presto allievo di Antonio Trombetta, frate minore e "Metaphisicae professor", che spiccava nell'ambiente padovano per l'orientamento scotista caratteristico del suo Ordine.
Da questo sodalizio scaturì la prima breve opera del D. (Sententia Antonii De Fantis circa formalitates), che comparve unitamente all'Insigne formalitatum opus de mente Doctoris Subtilis edita dal Trombetta nel 1493. Si tratta di un breve opuscolo sul sistema delle distinzioni formali di Scoto che si chiude con tre lettere indirizzate ai due protettori del D. - lo stesso Trombetta e il patrizio veneziano Marino Giorgio. - e al discepolo Francesco Morosini.
Divenuto professore dello Studio il D. dedicò ancora al Morosini la sua prima opera importante: lo Speculum rationale, del 1504.
La vicenda della dedica non è senza interesse. Il Morosini, prima di accettarla, scrisse ad alcuni dei professori padovani più in vista, chiedendo loro di attestare pubblicamente il valore dello Speculum. Le risposte che ne seguirono - a firma del Trombetta, di Girolamo Monopolitano, Maurizio Ibernico, Gabriele Zerbo e, degna di nota, di Pietro Pomponazzi - furono tutte largamente elogiative e si trovano in appendice al trattato assieme a una epistola di ringraziamento dell'autore.
L'interesse che nel lettore moderno puo suscitare lo Speculum è forse minore, trattandosi di un'opera che affronta, come rileva il Nardi, "i più astrusi aspetti della dialettica di Aristotele e di Averroè". Il testo, organizzato secondo la forma tradizionale della quaestio, è suddiviso in tre articuli: nel primo sono enunciati i fondamenti della logica scotiana; il secondo prende in esame le obiezioni mosse alle tesi del primo, mentre il terzo si incarica, canonicamente, di scioglierle e di ribadirne i principi.
Lo Speculum conobbe comunque una discreta fortuna. Nel 1512 il priore generale dei serviti, Angelo d'Arezzo, dispose che in tutti gli Studi dell'Ordine lo si adottasse come testo basilare. Forse anche in seguito a questa circostanza si è ritenuto che il D. insegnasse per un certo periodo nelle loro scuole. Non si tratta del solo equivoco in cui i biografi sono caduti: il D. è incluso dal Wadding nei ranghi dell'Ordine minorita; altri lo ricordano come mago (per i suoi interessi astrologici) o addirittura come medico di Carlo V.
In realtà il D. si mantenne sempre laico e continuò a dedicarsi all'approfondimento dell'opera di Scoto. Nel 1515 uscì una sua edizione delle Quaestiones quodlibetales e l'anno successivo pubblicò una vasta sinossi di tutto il sistema scotiano: la Tabula generalis ac mare magnum Scoticae subtilitatis, che per volume e impegno compilativo è da considerarsi la sua opera maggiore.
Nello stesso 1516 moriva la madre che lasciava erede universale la sorella del D., Girolama, poiché egli era ritenuto "huomo dottissimo e integerrimo - come si legge nel testamento - di tali cose non curante e non bisognoso di tali beni senza de' quali poteva vivere largamente". Qualche tempo dopo, in effetti, il D. lasciava Padova per trasferirsi a Venezia, dove visse stabilmente, fino alla morte in una casa dell'amico Giorgio Venier presso Rialto. In questo periodo il D. si recò anche a Lione. dove, dopo aver insegnato nello Studio, fu chiamato nel 1517 a leggere nella prima scuola straordinaria di filosofia.
Se già l'orientamento filosofico del D. indicava una spiccata sensibilità religiosa, questa dovette accrescersi notevolmente dopo la morte della madre e ancor più qualche anno più tardi, nel 1521, allorché la sorella decise di farsi monaca. là sua la silloge religiosa (comprendente tra gli altri testi mistici e profetici come le Visioni della beata Matilde, il Vangelo di Nicodemo, la Visione di Isaia, e il Vaticinio della Sibilla Eritrea) stampata a Venezia nel 1522 e che il D. dedicò a un'altra monaca di illustre famiglia: Diodata Della Rovere di Montefeltro.
Un altro libro, uscito l'anno precedente e di cui il D. aveva curato l'edizione, è l'opera dell'astrologo arabo Alchabitius (o Abdelazis) Praeclarum summi in astrorum scientia Principis Alcabitii opus, che testimonia di come anche egli risentisse dell'interesse generale dell'epoca verso la astrologia.
Nel 1530 apparve la sua ultima edizione di un'opera di Scoto: Super tertium sententiarum ab infinitis mendis absolutum et ab eximio doctore Antonio De Fantis restitutum.
Una grave malattia aveva indotto il D. a fare testamento nel 1524. In esso si designavano come eredi universali i padri del monastero dei lateranesi dei Ss. Quaranta di Treviso, i quali dovevano poi versare 175 ducati alla sorella Girolama, 25 alla scuola di S. Maria del duomo di Treviso e 40 a Giorgio Venier a titolo di affitto per la casa veneziana.
La data della morte è da fissarsi nei primi mesi del 1533 a Venezia.
Nel luglio di quell'anno, infatti, era già in corso la lite tra la sorella e i padri lateranesi che rifiutavano di adempiere il legato in suo favore. Ai lateranesi erano andati anche tutti i codici greci, latini, ebraici e caldei che all'epoca del testamento erano conservati "in quondani monasterio Sancti Stephani Venetiaruin" rimasto distrutto da un incendio nel 1529; non sappiamo, però, se e quanti di quei manoscritti poterono essere salvati.
Opere: Sententia Antonii De Fantis circa formalitates, s. l. 1493; Clarissimum liberalium artium et medicine doctoris Antortii De Fantis Tarvisirti Speculum ratiottale, Venetiis 1504; Tabula generalis ac mare magnum Scoticae sukilitatis octo sectionibus universam Doctoris Subtilis peritiam complectens miro artificio elaborata ab excellentissimo doctore Antonio De Fantis Tarvisino primario eius inventore ac Scoticae disciplinae illustratore, Venetiis 1516.
Bibl.: B. Burchelati Commentariorum memorabilium multiplicis historiae Tarvisinae, Tarvisii 1616, p. 409; G. A. Fabricii Bibliotheca Latina mediae et infimae Latinitatis, Hamburgi 1734, p. 328; G. Bonifaccio, Istoria di Trivigi, Venezia 1744, pp. 525 s.; L. Wadding, Scriptores Ordinum minorum, Romae 1906, p. 26; A. Serena, Un imigne scotista trevigiano allo Studio di Padova, in Monografle stor. sullo Studio di Padova, Venezia 1922, pp. 271-92; Id., Notizie della vita di A. D., in Atti del R. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, XCVI (1936-37), 2, pp. 299-321; L. Thorndike, A History of magic and experimental science, VI, New York 1941, p. 471; B. Nardi, Saggi sulla cultura veneta del Quattro e Cinquecento, a cura di P. Mazzatinti, Padova 1971, p. 88; E. Garin, Storia della filosofia italiana, Torino 1978, I, passim.