DE SENA, Antonio
Figlio di Giovanni cavaliere sardo di origine probabilmente senese, non si sa quando nacque. Fu cavaliere, coppiere, consigliere e camerlengo reale sotto Alfonso V il Magnanimo, sovrano della Corona d'Aragona e settimo re del "regnum Sardiniae et Corsicae". Per eredità paterna fu signore, oltre che di Sanluri nel Cagliaritano, di Laconi, Genoni, Nuragus, Nurallao in Parte Valenza, e di Decimo in Campidano.
L'8 luglio 1436 il suo territorio fu eretto in viscontea per volontà regia, ed egli divenne in tale modo il primo visconte di Sanluri. Dodici giorni dopo il re gli riconobbe anche l'acquisto delle "ville" campidanesi (da redimere) di Quartucciu, Pirri, San Vetrano, Fluminella (Flumini) e Cepola-Quarto. Secondo il Vico, ripreso dal Tola, lo stesso 20 luglio 1436 il D. comprò dal Fisco aragonese anche le "ville" di Ghilarza, Abbasanta e Aidomaggiore in Parte Guilcier. Sempre da quell'anno 1436 fu in contrasto coi Carroz conti di Quirra per le rendite feudali della città di Villa di Chiesa (odierna Iglesias) che, col castello di Salvaterra e tutto il territorio circostante, gli erano state concesse dal re il 25 giugno ma che gli erano state revocate il 18 ottobre dal viceré di Sardegna, Giacomo de Besora.
L'8 genn. 1437, da Castellammare di Stabia, Alfonso il Magnanimo confermò la revoca e sanzionò la delibera viceregia che per 5.000 fiorini d'oro d'Aragona assegnava il feudo a Eleonora Manrique, vedova di Berengario Carroz conte di Quirra, ed al figlio di lei Giacomo, riservando però alla Corona la facoltà di riscattarlo per la somma di 5.750 fiorini d'oro d'Aragona. La vertenza si chiuse il 28 nov. 1438 quando il sovrano, da Gaeta, ordinò a Giacomo de Besora di concedere dai propri diritti sull'esportazione del grano sardo 1.000 fiorini d'oro d'Aragona al D. in compenso dei suoi servigi ed in riparazione dei danni subiti col mancato acquisto di Villa di Chiesa.
Il D. fin'allora era stato fedele al re, e lo aveva seguito sul continente italiano durante l'ultima spedizione militare per la conquista del Napoletano. Non si sa se abbia partecipato - come tanti altri nobili e cavalieri dei territori della Corona d'Aragona - alla sfortunata battaglia di Ponza (5 ag. 1435), in cui fu fatto prigioniero Alfonso il Magnanimo; ma si sa che nel 1436, dopo la liberazione del sovrano e la ripresa della lotta contro i fautori e gli alleati di Renato d'Angiò, fu presente a Teano, alla testa di alcune schiere da lui stesso stipendiate. L'onere finanziario da lui sostenuto in questa occasione fu tale che nel 1440 fu costretto a vendere al marchese di Oristano, Antonio Cubello, le "ville" di Ghilarza, Abbasanta e Aidomaggiore. Prima del 12 dic. 1438 venne nominato a vita ammiraglio di Sardegna, titolo che pare gli sia stato revocato il 10 luglio 1439. Il 12 nov. 1444 ottenne dal re l'acquisto dei diritti sul sale della Lapola, il quartiere marinaro di Castel di Cagliari (odierna Cagliari), e il 10 sett. dell'anno dopo fu esonerato dal pagamento del leudemio per il riscatto di Quarto (attuale Quartu Sant'Elena) e di altri luoghi non specificati del Capo di Cagliari, anche se poi la "villa" fu venduta per debiti ai consiglieri di Castel di Cagliari. Il D. ricambiò queste grazie sovrane con servizi soprattutto di carattere militare nel quadro della politica volta all'acquisizione del Ducato di Milano avviata da quel sovrano nel periodo della Repubblica Ambrosiana successivo alla morte di Filippo Maria Visconti. Infatti, nel 1448 lo troviamo al comando di una galera armata per conto del re nell'assedio di Piombino.
Trascorse il resto della vita in Sardegna. Nel 1450-51 fu uno dei quattro rappresentanti eletti dal braccio militare del Parlamento, quando si trattò una vecchia questione sorta in appendice al Parlamento del 1421 che riguardava il donativo straordinario di 10.000 ducati imposto da Alfonso il Magnanimo ai feudatari isolani nel 1444, e la facoltà - negata dal viceré - di riunirsi a richiesta, indipendentemente dai bracci ecclesiastico e reale. Nel 1453 il D. vendette a Pietro Gioffré la "villa" di Genoni. Il 4 luglio 1455 ottenne ancora dal re il privilegio, per sé e per la propria famiglia, di pernottare in Castel di Cagliari, privilegio riservato solo ai Catalano-Aragonesi. Fu, questo, forse uno degli ultimi favori concessigli da quel sovrano.
Nel 1458 Alfonso moriva e gli succedeva il fratello Giovanni II (il senza fede), colui che dal 1460 al 1472 fece precipitare la confederazione in una delle più brutte guerre civili della sua storia. Il D. - compreso coi figli Giovanni e Pietro nel perdono regio generale del 30 marzo 1460 - si schierò dalla parte dei realisti contro i nazionalisti della Generalità di Barcellona che si erano dati in mano a governanti stranieri. Il 26 dic. 1462 chiese e ottenne un salvacondotto per andare con 20 uomini a cavallo contro il primo di questi, Enrico IV di Castiglia; ma non sappiamo se poi sia effettivamente passato nella penisola iberica.
Le notizie ulteriori che abbiamo di lui per gli anni immediatamente successivi riguardano liti giudiziarie per ragioni d'interesse in Sardegna: nel 1463, con la nuora Marchesa de Besora, vedova del figlio Pietro, per il possesso della fertile regione di Trexenta; nel 1467, con il viceré Nicolò Carroz d'Arborea il quale gli fece occupare da due ufficiali la chiesa di S. Sofia forse in territorio di Laconi.
Nello stesso 1467, il 15 maggio, il D. venne nominato grande conestabile di Sardegna, ed il 16 giugno ebbe il "mero imperio" della "villa" di Ducessa (non localizzata) e delle "ville dirute" di Lacuneddu (Ussana), Sisterra (Ussana), Tradori (Donori) in Parte Olla.
Quando nel 1470 scoppiò la grande rivolta baronale di Leonardo Alagón per la successione al marchesato di Oristano, il 14 aprile il D. partecipò alla battaglia campale di Uras contro i Sardi oristanesi che credevano di poter far rivivere, al grido di "Arborea, Arborea!", le glorie dell'antico giudicato, scomparso ormai da cinquant'anni. Nel corso dello scontro venne ferito gravemente e morì di lì a poco.
Il vincitore, Leonardo Alagón, gli diede onorata sepoltura nella chiesa di S. Francesco di Oristano. Il 5 luglio 1473 la vedova del D., Caterina Gomir, figlia di Petruccio, riottenne la totale giurisdizione e il "mero e misto imperio" sulla "villa" di Quarto. Caterina, che il D. aveva sposato in un anno a noi ignoto, gli aveva dato i figli maschi: Giovanni, che fu il suo successore nel viscontado; Pietro e, forse, Antonio, premorti al padre; e le femmine: Antonia, andata poi sposa a Francesco d'Erill; Isabella, che fu moglie di Serafino de Muntanyans; e, forse, la Caterina che fu consorte del viceré Esimino Pérez Escrivá de Romani.
Fonti e Bibl.: Barcellona, Archivo de la Corona de Aragón, Canc., regg. 2616, f. 50; 2631, f. 37; 2632, f. 173v; 2635, f. 72; 2636, f. 12v; 2639, f. 32v; 2763, ff. 104v, 124; 2765, ff. 16, 36; 3397, f. 181; 3398, f. 48v; 3400, ff. 72, 73v, 81v; 3401, ff. 1v, 5v, 8v; 3464, f. 12; G. F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois libri quatuor, a cura di A. Cibrario, Torino 1835, pp. 348, 365, 393; Codex diplomaticus Sardiniae, a cura di P. Tola, in Monum. hist. patriae, XII, Augustae Taurinoruin 1868, p. 14, n. 7; M. Pinna, Archivio comunale d'Iglesias, Cagliari-Sassari 1898, p. 104; A. Boscolo, I Parlamenti di Alfonso il Magnanimo, Milano 1953, pp. 12 ss.; J. Mateu Ibars, Los virreyes de Cerdeña, I, Padova 1964, p. 116; A. Terrosu Asole, L'insediamento umano medioevale e i centri abbandonati tra il sec. XIV ed il sec. XVII, Suppl. …, Roma 1974; F. C. Casula, Giudicati e curatorie, in Atlante della Sardegna, Roma 1980, II, tav. 39; Id., Profilo storico della Sardegna catalano-aragonese, Cagliari 1982, p. 120; Genealogie medioevali di Sardegna, Sassari 1983, p.406 e tav. XXXIV, 20; P. Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, III, Torino 1938, p. 161.