DONGHI, Antonio
Nacque a Roma il 16 marzo 1897 da Ersilia De Santis, romana, e da Lorenzo, un commerciante di stoffe originario di Lecco. Dopo l'infanzia trascorsa in collegio si iscrisse al r. istituto di belle arti di Roma, frequentando i corsi comuni e i corsi superiori di decorazione fino alla licenza conseguita nel 1916. Nello stesso anno, iniziato il servizio militare, venne inviato in Francia, al seguito della 15ª compagnia ferrovieri.
Terminata la guerra, si dedicò allo studio della pittura nei musei di Firenze e Venezia, interessandosi soprattutto al XVII e XVIII secolo. La prima partecipazione a una mostra si colloca nel 1922 quando il D. presentò un'opera alla XV Esposizione della Società amatori e cultori di belle arti di Roma. Il quadro, dal titolo Via del Lavatore (olio su tela, coll. priv.: cfr. catal., 1985, p. 100), raffigura il luogo dove si trovava il suo primo studio, a due passi dalla fontana di Trevi. Nel 1924 le prime mostre personali, nella galleria Stuard di via Veneto e alla casa d'arte Bragaglia, resero nota la sua pittura a un pubblico più vasto: molto ammirate le sue doti di accuratezza e di metodo, il tono vagamente metafisico delle figure, la visione incantata di una Roma vicina a quella descritta dal Belli.
Tutti i giudizi critici (ibid., pp. 103.109) apparsi a margine delle due mostre evidenziano poi la sua mancanza di "intellettualismo", contrapponendolo in questo senso a pittori come C. E. Oppo, A. Funi, F. Casorati. La presunta "ingenuità" del D. rimarrà un punto fermo in tutte le successive valutazioni critiche, che hanno di conseguenza travisato in parte la reale portata del suo lavoro: infatti, a ben guardare, già a questa data egli appare pienamente inserito nel clima di riflessione e di analisi che oggi si definisce "ritorno all'ordine" e i suoi punti di riferimento vanno cercati nella cultura, di respiro europeo, promossa dal gruppo di "Valori plastici", quindi nella riscoperta di Piero della Francesca, Masaccio, Paolo Uccello, nella metafisica di G. De Chirico, nelle proposte di Seurat e Rousseau. Non vanno poi dimenticati i pittori che a Roma operavano nella sua stessa direzione, meditativa e "purista" e cioè (per fare solo alcuni nomi) V. Guidi, C. Socrate, F. Trombadori, R. Francalancia.
Una riprova di questo inserimento nel dibattito internazionale ci viene da alcuni importanti riscontri: nel 1925 il D. venne incluso da Franz Roli tra i rappresentanti del "realismo magico" nel suo libro Nach-Expressionismus magischer Realismus; Probleme der neusten europäischen Malerei, Leipzig 1925. Inoltre nel 1926 espose dieci quadri alla Exhibition of modern Italian art, organizzata dal ministero della Pubblica Istruzione e itinerante nei musei di New York, Boston, Washington, Chicago, San Francisco. Una personale a New York (The New Gallery, 1927) e la conquista della "first honorable mention" con il quadro Carnevale (recentemente ritrovato in una collezione privata di New York, ora in collezione privata in Italia: cfr. Realismo magico [catal.], 1988, pp. 246-249) alla XXVI International Exhibition of paintings, al Carnegie Institute di Pittsburg (1927), confermarono e forse superarono il successo già riscosso in patria.
All'inizio della sua carriera il D. fu appoggiato e assistito da amici e collezionisti, come il musicista A. Casella e il critico U. Ojetti, che seppero capire il valore della sua pittura al di là del suo carattere schivo, scettico e pigramente romano che lo portò a privilegiare il lavoro e la solitudine evitando gli usuali viaggi. L'unico soggiorno all'estero (a parte gli anni di guerra) si colloca nel 1928, quando il D., a Parigi per sedici giorni, ebbe modo di trovare la capitale francese "ridicola e provinciale come l'ultima città di provincia", ammirandone non i boulevards eleganti o i grandi musei, ma semmai la folla variegata del luna park e le collezioni orientali del Musée Guimet (cfr. Il Tevere, 1933).
Altro nodo importante è il suo rapporto con il "Novecento italiano": nel 1929 il D. partecipó alla Il Mostra del movimento, a Milano (accanto ad altri artisti attivi a Roma come R. Francalancia, G. Ceracchini, F. Trombadori, F. Di Cocco), e nel 1930 alla Mostra del Novecento italiano organizzata da M. Sarfatti a Buenos Aires. In entrambi i casi si trattò di partecipazioni limitate nel numero delle opere come pure nell'impegno. Segno di un certo distacco dalle componenti più monumentali e retoriche del movimento.
Tra le mostre di questi anni ricordiamo anche la partecipazione alle varie edizioni della Biennale di Venezia (1926, '28, '30, '32), alla mostra Italienische Maler (Zurigo, Kunsthaus, 1927), alla prima Mostra del Sindacato laziale fascista degli artisti (1929) e alla prima Quadriennale di Roma (1931): qui il D. espose tre opere in una sala che, oltre ai già ricordati G. Ceracchini e F. Di Cocco, annoverava tre nuovi protagonisti delle vicende artistiche romane: M. Mafai, Scipione e A. Ziveri.
Nel 1932 D. Sabatello ospitò nella sua galleria da poco inaugurata a Roma una vasta personale del D.: circa quaranta le opere esposte, comprendenti sia i grandi quadri di figura, pensati per le esposizioni pubbliche, sia le piccole nature morte e i paesaggi destinati al mercato, secondo un metodo di lavoro che il D. manterrà per tutto l'arco della sua attività. Lo stesso anno partecipò alla III Mostra del Sindacato fascista belle arti del Lazio e l'anno successivo alla Primavera fiorentina.
Nel 1935 alla seconda Quadriennale di Roma il D. espose un nutrito gruppo di opere, presentandole in catalogo con un breve scritto (una delle rarissime dichiarazioni su se stesso).
Nel 1936 il D. ottenne l'incarico di figura disegnata presso la r. accademia di belle arti e liceo artistico di Roma. Da questo momento si divise tra l'insegnamento e la pittura sviluppando soprattutto il tema del paesaggio italiano, indagato e studiato dal vero in frequenti viaggi.
Sono in gran parte paesaggi le opere esposte tra il 1938 (Roma, Galleria Jandolo) e il 1940 (Milano, Galleria Gian Ferrari), ma non vanno dimenticati alcuni quadri che tornano sui suoi temi preferiti: saltimbanchi, cantanti e attricette da avanspettacolo, e poi "attori inconsapevoli" come cacciatori, pescatori, fanciulle in vacanza, giovani amanti, e perfino un attore d'eccezione come Ilduce, ritratto su un bianco cavallo in un quadro (disperso) eseguito per il premio Sanremo del 1937, la cui figura apparve stranamente "meschina e infelice" (Torriano, 1938).
Un riconoscimento alla sua professionalità il D. lo ebbe nel 1939, quando l'Istituto centrale del restauro gli affidò il settore tecniche pittoriche. Un premio gli venne poi conferito nel 1941 dalla R. Accademia d'Italia con riferimento a tutta la sua attività.
La prima monografia uscì nel 1942 presso Hoepli, con una breve e illuminante introduzione di L. Sinisgalli (vi si legge tra l'altro: "I suoi quadri, le sue figure, sono lì a un passo dalla cartolina, come certa bella poesia che solo di pochi numeri si stacca dal disco, dalla canzonetta"). La partecipazione alla quarta Quadriennale (1943) e la personale alla galleria La Finestra di Roma (1945) rivelano i sintomi di un cambiamento di linguaggio che si farà sempre più evidente: l'eccessivo calligrafismo nei particolari, gli accostamenti di colori acidi e smaltati, la ripresa "bloccata" fino all'assurdo sbilanciano in molti quadri il delicato equilibrio tra realtà e magia, tra esattezza e astrazione che aveva sostenuto ininterrottamente la sua poetica per tanti anni. In questa seconda fase (che potremmo estendere dal 1950 circa fino alla morte) il D. ottenne i suoi risultati migliori nei rari ritratti e tratti e in quadri come l'Autostrada del Sole (1961 circa; Roma, coll. del Banco di Roma), in cui si rifiuta programmaticamente di suggerire la minima profondità o senso di movimento.
Del resto è facile rintracciare le origini di questo nuovo atteggiamento verso la pittura e la realtà nella vicenda biografica. Solitario per carattere e per scelta, il D. divenne nei suoi ultimi anni anche più chiuso in se stesso, lontano dalle tematiche emergenti nel dibattito artistico, afflitto da disturbi nervosi e dall'indebolirsi della vista, ossessionato dalla paura delle tasse, ridotto dalla critica (anche da quella amichevole) alla macchietta un po' patetica del buon pittore romano amante dei ristoranti e delle foglioline dipinte in punta di pennello.
Morì a Roma il 16 luglio 1963.
Fonti e Bibl.: R. Mucci, La luna nel pozzo: la mostra di D., in IlNuovoPaese, Roma, 11 dic. 1924; C. Tridenti, Mostre romane, in IlGiornale d'Italia, 17 dic. 1924; V. Paladini, La pittura di A. D., in Il Tevere, 10 genn. 1925; R. Papini, Appunti e notizie: A. D., in IlMondo, 9 genn. 1925; A. Neppi, Artisti del nuovo tempo. A. D., pittore di caratteri, in La Stirpe, VI (1928), pp. 545-548; R. Longhi, Un pittore di valori, in L'Italia letteraria, 7 apr. 1929; C. E. Oppo, Pitture di A. D., in La Tribuna, 28 dic. 1932; A. Francini, Mostre romane, A. D. alla Galleria Sabatello, in IlLavoro fascista, 28 dic. 1932; F. Trombadori, A. D., in Gente nostra, 2-8 genn. 1933; A. D., Ca c'est Paris, in IlTevere, 27 genn. 1933; E. Quajotto, Il pittore A. D., in Rass. dell'istruzione artistica, IV (1933), pp. 146-149; A. D., in IlQuadriennale d'arte nazionale (catal.), Roma 1935, p. 72-75; A. Lancellotti, Ceracchini e D., in Roma, 14 febbr. 1935; P. Torriano, Premi San Remo di pittura e scultura, in L'Illustr. italiana, 20 febb. 1938, p. 238; L. Bartofini, A. D., in Domus, novembre 1940, n. 155, p. 65; A. Peyrot, Ho visitato lo studio di D., in Il Piccolo, 2 ott. 1941; E. Francia, Pittura religiosa di A. D., in L'Osservatore romano, 15-16 dic. 1941; L. Sinisgalli, A. D., Milano 1942 (con ampia bibl.); A. Mezio, Il pittore in vacanza, in Il Mondo, 4 sett. 1962; L. De Libero, A. D. dipingeva per fare pulizia, in Paese sera, 4 dic. 1963; F. Bellonzi, A. D. (catal., Galleria La Nuova Pesa), Roma 1963; M. Venturoli, A. D. novecentista romano, in Capitolium, XXXIX (1964), I, pp. 38 ss.; L. Trucchi, D. alla Sylvia, in Momento sera, 3 nov. 1968; L. Sinisgalli, Il fisco uccise il pittore calligrafo, in IlTempo, 23 nov. 1968; G. Sangiorgi-J. Recupero, A. D. (catal., Ente premi Roma), Roma 1971 (con antologia della critica e bibl.); F. Alinovi, in La Metafisica gli anni Venti (catal.), I, Bologna 1980, pp. 357-360; A. Trombadori, A. D., (catal., Galleria dell'Oca), Roma 1983; S. Zatti, in IlNovecento italiano 1923-1933 (catal., Milano, palazzo della Permanente), Milano 1983, pp. 309 ss.; A. Trombadori-M. Fagiolo-V. Rivosecchi, A. D. (catal. della mostra, Roma, palazzo Braschi), Roma 1985 (con regesto e ampio repertorio iconografico); F. D'Amico, A. D., in La Repubblica (Roma), 3 marzo 1985; V. Sgarbi, A. D., in FMR (Milano), marzo 1985; Le banche e l'arte (catal.), Roma 1985, pp. 49, 86 (ill.); M. Fagiolo dell'Arco, Scuola romana..., Roma 1986, ad Indicem; Id. - V. Rivosecchi, Realismo magico (catalogo della mostra, Verona, galleria dello Scudo, poi Milano, Palazzo reale), Milano 1988, pp. 246-249; M. Fagiolo dell'Arco-A. Rivosecchi, A. D., Torino 1990 (con catal. generale); H. Vollmer, Künstlerlexikon des zwanzigsten Jahrhunderts, I, p. 583.