VALENTE, Antonio.
– Nacque a Sora il 14 luglio 1894 da Vincenzo, ingegnere, e dalla marchesa Cecilia Franchi.
Nel 1912 s’iscrisse alla Scuola d’applicazione per ingegneri di Roma, che abbandonò dopo due anni per frequentare la Scuola superiore di architettura. Partecipò alla prima guerra mondiale con il grado di tenente presso il 13° reggimento artiglieria, riportando una grave ferita nel 1915 sul Col di Lana. Gli interessi per la scenografia teatrale, già manifestati all’inizio degli anni Dieci, vennero sviluppati al suo rientro a Roma nel 1917, grazie ai contatti con i conterranei Carlo Ludovico e Anton Giulio Bragaglia, il quale ultimo nel 1919 gli affidò l’allestimento del dramma Per fare l’alba di Pier Maria Rosso di San Secondo.
Tra il 1919 e il 1923 Valente soggiornò a Parigi, Berlino e Londra, dove entrò in contatto con le avanguardie artistiche europee, frequentando nella capitale francese scenografi e registi, come Gordon Craig, Léon Bakst, Firmin Gérmier, Raymond Bernard e soprattutto Jacques Copeau, per il quale disegnò bozzetti di scene e costumi per pièces d’avanguardia rappresentate al teatro du Vieux-Colombier. A Parigi partecipò alla XIII Exposition des artistes décorateurs (1920) ed entrò nella cerchia di intellettuali italiani quali Corrado Alvaro, Massimo Campigli e Alberto Savinio. Altrettanto denso e produttivo fu il soggiorno a Berlino: vi conobbe László Moholy-Nagy, partecipò all’esposizione della galleria Der Sturm (1922), e sviluppò nuove esperienze sulle scenografie costruite e non solo dipinte, seguendo le istanze costruttiviste sovietiche. Il lungo soggiorno all’estero segnò in maniera decisiva l’attività di Valente al rientro in Italia nel 1923, sia nel campo delle scenografie teatrali e poi cinematografiche, sia nella successiva attività di progettista di architettura, sviluppata dopo la laurea (1927).
Nel corso degli anni Venti mise in scena spettacoli al teatro degli Indipendenti di Roma, collaborò costantemente con la compagnia di Tatiana Pavlova e fondò una compagnia di balletti italo-russi al teatro La Fenice di Venezia. Enrico Prampolini lo invitò nel 1924 alla I Mostra internazionale di arte teatrale a Vienna e l’anno successivo all’Esposizione d’arte futurista a Torino, dove i lavori di Valente, il cui orientamento stilistico era connotato da un personale approccio alla luminotecnica e al plasticismo scenico, figurarono accanto alle opere di Gerardo Dottori, Fillia, Virgilio Marchi, Ivo Pannaggi, Tato. Nel 1926 partecipò all’International theatre exposition di New York, coordinata da Frederick Kiesler.
Le invenzioni luminotecniche, gli attenti studi sull’edificio teatrale maturati nella tesi di laurea, l’oramai decennale esperienza di scenotecnica, le innovative proposte per palcoscenici mobili (circolare tripartito e a slittamento bipartito), alla fine degli anni Venti costituirono per Valente il trampolino di lancio per una densa attività durante il fascismo, svolta principalmente per l’Opera nazionale dopolavoro (OND) e a fianco di Giovacchino Forzano, amico personale di Benito Mussolini. Al fine di ottenere una generalizzazione della partecipazione popolare agli spettacoli, l’OND affidò a Valente sia il progetto di un ‘teatro tipo del dopolavoro’, consistente in una sala per 450 spettatori con palcoscenico girevole e galleria a cupola apribile, sia il progetto del ‘Carro di Tespi’, episodio rilevante della cultura italiana tra le due guerre. Le originali strutture itineranti trasportabili in camion, progettate da Valente nel 1928 e subito approvate da Augusto Turati, segretario del Partito nazionale fascista, prevedevano allestimenti componibili e di dimensioni flessibili, nelle varianti per spettacoli lirici o di prosa, con continui aggiornamenti e affinamenti da parte del progettista già nella prima tournée dell’estate del 1929, che toccò trentacinque Paesi per sessantasette rappresentazioni. La struttura a capriate ripiegabili e palcoscenico girevole, nella versione per vaste platee, prevedeva un adattamento della cupola Fortuny alla forma ellissoidale, per garantire una maggiore profondità prospettica mediante un sistema di proiezioni in movimento sulla superficie convessa.
Nel 1930 Valente si aggiudicò il concorso per un Teatro drammatico di Stato da ubicarsi a Roma nel quartiere di Castro Pretorio, non realizzato, con giuria presenziata da Marcello Piacentini e dai vertici dell’OND. Il successo dei Carri di Tespi e i riconoscimenti che ne derivarono, come la nomina a cavaliere d’Italia nel 1932, aprirono la strada alle sue opere capitali, susseguitesi nel corso degli anni Trenta.
Nel 1932, insieme ad Adalberto Libera, Valente progettò il Sacrario dei martiri nella Mostra della rivoluzione fascista, la cui documentazione nell’archivio personale lascia trasparire uno stretto contatto con Dino Alfieri e probabilmente un diretto coinvolgimento di Valente stesso nell’allestimento dell’intera mostra, ospitata al palazzo delle Esposizioni in via Nazionale a Roma. Ubicata alla fine del percorso espositivo, la sala si configurava come uno spazio cilindrico senza bucature, scandito da sei fasce di anelli in metallo traforato con la ripetitiva scritta «Presente!» e dominato al centro da un piedistallo rosso su cui si elevava una croce metallica alta sette metri, in un insieme di alta suggestione retorica per l’attento dosaggio dell’illuminazione e degli effetti sonori.
D’incerta definizione l’effettivo ruolo di Valente nel padiglione italiano all’Esposizione internazionale di Chicago nel 1933, progetto che egli divise con Libera e Mario De Renzi, e che, rispetto alla versione presentata in sede di concorso, ed elaborata con Ernesto Bruno Lapadula, non vide realizzata la futuristica torre a fasci littori, solcata da un arco traslucido con elementi illuminati.
Nel 1933 avvenne il primo contatto tra Valente e l’industria cinematografica, sempre attraverso Forzano, che nel decennio successivo gli affidò tutte le scenografie delle sue opere filmiche, a iniziare da Camicia nera, primo concreto tentativo del fascismo di usare il cinema a fini di propaganda. Valente fu autore di ventisette scenografie e arredamenti cinematografici, tra i quali spicca la collaborazione con Joseph Losey in Imbarco a mezzanotte, girato nel 1951.
A metà degli anni Trenta iniziarono per Valente le prime realizzazioni architettoniche non provvisorie con la serie di progetti di sale e stabilimenti cinematografici, tipologie dove egli traspose le sue sviluppate conoscenze scenotecniche e illuminotecniche aggiornate con le ricerche sulle nuove tecnologie. Cominciò a produrre anche una serie di scritti teorici e pedagogici, sempre intrisi, come i suoi progetti, di una modernità rivolta al progresso della nuova industria, ma temperata da richiami classici.
Su iniziativa di Forzano e con il contributo economico di Edoardo Agnelli, nel 1933 a Tirrenia ebbe inizio la costruzione degli stabilimenti cinematografici Pisorno, anticipatori dell’operazione Cinecittà. Valente predispose il progetto generale della prima città del cinema in Italia, ultimata nel 1934, puntando alla razionalizzazione della produzione attraverso l’adozione di nuove tecnologie costruttive. I tre teatri di posa, di diverse forme e dimensioni, vennero attrezzati con ponti-luce reticolari appesi alla soffittatura, per un veloce scorrimento delle apparecchiature luministiche mediante meccanismi cinetici elettrificati, mentre le sale tecniche accessorie (proiezione, sincronizzazione, montaggio, sviluppo e stampa) permettevano la produzione completa dell’opera filmica.
L’innovativa esperienza della Pisorno valse a Valente l’incarico della progettazione del Centro sperimentale di cinematografia in via Tuscolana a Roma, commissionatogli da Luigi Chiarini nel giugno del 1934, che vide coinvolti Pietro Aschieri e, solo nella prima fase, Giuseppe Capponi. I lavori iniziarono nel 1937 e si protrassero sino al 1939, quando la scuola era già attiva, per essere inaugurata ufficialmente il 16 gennaio 1940 alla presenza di Mussolini.
Sviluppato su un terreno in pendenza, il complesso è connotato da nude e regolari volumetrie rivestite in travertino e mattoni romani. Due cortili porticati posti in sequenza sull’asse centrale distribuiscono locali di rappresentanza, uffici, aule, laboratori, sale tecniche e servizi accessori per il palcoscenico, mentre nella zona posteriore, di carattere funzionale, ai due teatri di posa previsti inizialmente si preferì, seguendo il consiglio di Alessandro Blasetti, «un grande unico teatro efficiente per qualsiasi produzione a carattere industriale, ove fossero immessi anche gli allievi» (A. Valente, La costruzione del Centro, in Bianco e Nero, XXI (1960), 12, p. 72), con soluzioni costruttive analoghe alla Pisorno.
Nel Centro sperimentale Valente tenne la cattedra di scenografia e scenotecnica fino al 1968; tra i suoi primi allievi fu Luigi Zampa.
L’attività nell’edilizia legata alla cinematografia, dagli studi alle sale di proiezione, connotò la carriera professionale di Valente fino agli anni Sessanta. A Roma, dopo aver realizzato i teatri di posa Elica Film, poi De Paolis (1939-42), egli diede i disegni per la zona industriale cinematografica sulla via Tuscolana (1940-41, non realizzata) e per la ristrutturazione dei teatri SAFA al Palatino (1945-48). A Bucarest realizzò il complesso cinematografico di Stato (1941).
Nel dopoguerra fece parte della Commissione consultiva per l’apertura di nuove sale cinematografiche e, tra il 1945 e il 1960, redasse numerosi progetti per architetture dello spettacolo in Italia e all’estero; tra questi il cinema Bologna in via Stamira a Roma (1946); il teatro Massimo a Lecce (1947-53), con cupola apribile; il teatro Nazionale a Istanbul (1947).
Dal 1945 Valente dedicò buona parte della professione alla realizzazione di ville e complessi turistici a San Felice Circeo, aprendo le porte al turismo nella località pontina, dove già nel 1937 aveva realizzato per sé la prima pioneristica villa a Quarto Caldo, adagiata «tra gli alberi, abbracciandoli e ospitandoli anche nel suo interno in un poetico universale accordo», come scriveva in calce al progetto (M. Del Favero Valente, Curriculum di Antonio Valente, dattiloscritto, 1979, p. 5). Oltre alle cinquantanove ville documentate al Circeo, Valente progettò il villaggio turistico Punta Rossa (1950-68), l’albergo Maga Circe (1960-64), le scuole comunali, il tabacchificio, edifici per spettacoli, negozi e ristoranti. Tra il 1962 e il 1972 diede progetti per ville e complessi turistici in altre parti d’Italia (Velletri, Fiuggi, Terminillo, Fregene, Tirrenia, Loreto, Licata, Tor San Lorenzo) e all’estero (Uruguay, Turchia, Bahamas). La sua ultima, densissima attività, gradualmente allontanatasi dall’effimero, riguardò le diverse branche del progetto di architettura: dal piano di ricostruzione di Veroli (a partire dal 1945) alla chiesa di S. Francesco a Tirrenia (1952), dal calzificio del Mezzogiorno a Latina (1952-53) ai restauri della basilica romana di S. Andrea delle Fratte (1970).
Tra i suoi numerosi scritti si ricordano: L’apparatore, in Il teatro filodrammatico, a cura dell’Opera nazionale dopolavoro, Roma 1929, pp. 179-254; I cine-teatri di posa e la scenotecnica cinematografica, in Architettura, XXII (1943), pp. 124-135; Scenotecnica del cinema, in Enciclopedia dello spettacolo, VIII, Roma 1961, pp. 1617-1622.
Morì a Roma il 30 giugno 1975.
Sposato con Maddalena Del Favero, la coppia non ebbe figli.
Fonti e Bibl.: Per una ricostruzione capillare dell’attività si rimanda all’archivio di Valente (oltre 400 progetti) ben custodito fino al 1999 dalla moglie Maddalena Del Favero, ora conservato a Roma, Archivio centrale dello Stato (inv. 48/288).
A. V., Roma 1977; P. Gardellini, A. V. e il costume di scena, in Bianco e Nero, XXXIX (1978), 5-6, pp. 86-111; M. Verdone, A. V. architetto e scenografo, in Strenna dei Romanisti, 1978, pp. 463-469; A. V. (catal.), Roma 1978; G. Sprovieri, Testimone di A. V., in Teatro contemporaneo, I (1982), 2, pp. 39-57; G. Isgrò, A. V. architetto scenografo e la cultura materiale del teatro in Italia fra le due guerre, Palermo 1988; A. V. a cento anni dalla nascita (1894-1994), a cura di G. Armillotta, in Metodo, VII (1994), 12, monografico; A. V. Cinema architettura arti figurative, a cura di A. Baldi - L. Cardone, in Bianco e Nero, LXVI (2005), 553, pp. 5-44; A. V. Il cinema e la costruzione dell’artificio, a cura di L. Cardone - L. Cuccu, Pisa 2005; L. Cardone, A. V. architetto e scenografo, in Storia del cinema italiano, VI, 1940-1944, a cura di E.G. Laura, Venezia 2010, pp. 345-354; A. V. Archiscenotecnicopittorcinecostumistartista (catal.), a cura di L. Collarile - G. Muratore, Roma 2010 (con bibliografia ed elenco degli scritti di Valente).