ZATTA, Antonio
ZATTA, Antonio. – Nacque a Venezia nel 1722, figlio di Giacomo e discendente da una famiglia attiva nell’arte della stampa veneziana dal 1656. Il primo esponente era stato Alessandro, collocato in quell’anno tra i «poveri» dell’arte. Egli stesso e i successori avevano portato avanti un’attività di scarso rilievo.
Il giovane Zatta si avviò al mestiere in una stagione di forti conflitti tra i librai veneziani causati dalla concorrenza effettuata dai Remondini dotati di ampi stabilimenti in Terraferma. Nel 1752 tentò di passare a Rovereto per esercitare la professione, venendo bloccato dalle autorità veneziane. Ma già l’anno successivo intraprese, assieme a Giambattista Albrizzi, l’ambizioso programma di edizione delle opere di Gregorio Nazianzeno in due volumi in folio. Risalgono probabilmente a quell’epoca le relazioni con Amedeo Svajer (Schweyer), ricco mercante di Norimberga residente a Venezia, punto di contatto tra la cultura germanica e quella italiana, tramite anche l’accademia degli Agiati di Rovereto. Fu Svajer, infatti, a promuovere finanziariamente le prime rilevanti attività di Zatta, il quale raggiunse presto una discreta agiatezza; nel 1759 era definito «stampatore giovane che da quattro anni si è distinto fra gli altri stampatori col produrre voluminose opere greche e latine per suo conto come il celebre Dante [...], Santi Padri, i Concili con bel carattere e buona correzione» (Ferrara, Biblioteca Ariostea, Coll. Antonelli, 686/3, cc. non numerate). Fu avviata allora un’intensissima attività editoriale segnata da titoli di ottima qualità e buon successo di vendite, contraddistinta tra l’altro da un’organica collaborazione con i maggiori illustratori del tempo, che rimase sempre la cifra specifica della produzione di Zatta. Si segnalano, in questa stagione, opere di Gasparo Gozzi, Francesco Algarotti, Carlo Goldoni, le anonime (ma in realtà di Amedeo Svajer) Memorie per servire alla vita di Federico II, re di Prussia, le Rime di Francesco Petrarca e i quattro volumi delle opere di Dante Alighieri, anche questi abbelliti da antiporte e vignette calcografiche, particolarmente lodati da Giuseppe Baretti, per il quale Zatta «quoiqu’il ne sache pas seulement signer son nom, a pourtant assez entendu ses intérêts pour nous donner [.z.] une autre édition de Dante [...] fort bien imprimée et décorée de très belles estampes» (Baretti, 1777, p. 142). In questo contesto è da segnalare la vignetta di Marco Giampiccoli nella prima pagina del Giudizio degli antichi poeti sopra la moderna censura di Dante di Gasparo Gozzi (1758), che parrebbe raffigurare lo stesso Zatta sullo sfondo della stamperia.
Nel 1758 avviò la collaborazione con il teologo lucchese Giandomenico Mansi per la nuova impegnativa edizione dei concili di Philippe Labbé (Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, 1759-98, in trentuno volumi, i primi tredici usciti con falso luogo di edizione di Firenze, ma stampati a Venezia). Fu Mansi ad accompagnare in almeno due occasioni Zatta a Roma e a porlo in contatto con i gesuiti. Nel 1759 assieme presentarono al papa Clemente XIII Rezzonico il primo volume dei Concili e due anni dopo vi ritornarono entrando in relazione con il generale dei Gesuiti Lorenzo Ricci, con svariati cardinali ed esponenti della famiglia del papa regnante, con i quali una certa familiarità doveva essere preesistente, tenendo conto anche della stretta contiguità tra la sede della stamperia al traghetto di S. Barnaba e il palazzo sul Canal Grande da poco acquistato dai Rezzonico. L’inaugurazione da parte di Zatta, al ritorno a Venezia, di una nuova libreria in Merceria all’insegna di S. Luigi Gonzaga alimentò la voce che l’apertura fosse sostenuta finanziariamente dai Gesuiti. In quegli stessi anni Zatta aveva stretto forti accordi con Francesco Antonio Zaccaria, bibliotecario del duca di Modena e polemista gesuita tra i più agguerriti, per il quale pubblicò gli Annali letterari d’Italia (1762-64, con falso luogo di stampa di Modena), un’opera di rilievo nel dibattito letterario e religioso del tempo. Ma nel 1762 il tentativo del letterato gesuita di porre completamente Zatta sotto il proprio controllo inducendolo a trasferirsi a Modena non andò in porto.
L’impegno in questo campo di Zatta fu per alcuni anni appariscente. L’espulsione dei Gesuiti dal Portogallo nel 1759 aveva animato una vivacissima pubblicistica in tutta Europa e Venezia fu tra i centri editoriali più attivi, con molti librai e tipografi impegnati nella campagna. Ma se coloro che pubblicarono contro la Compagnia furono molti, la difesa di essa fu caratterizzata essenzialmente dagli scritti che uscirono dai torchi di Zatta, che dal febbraio del 1760 diede alla luce le Lettere dell’abate N.N. milanese ad un prelato romano, anonime ma opera di Zaccaria, inserite nel primo dei diciotto tomi della Raccolta di apologie edite ed inedite della dottrina e condotta de’ padri gesuiti (1760-61, «per Gino Bottagriffi» ma edita da Zatta). Il successo di questi scritti animò la discussione e Zatta divenne uno dei principali bersagli della satira antigesuita. Così scriveva Tommaso Antonio Contin in un opuscolo di ampia circolazione: «Ah caro Signor Antonio non sapete il proverbio sutor ne ultra crepidam, ma voi la volete far da teologo, né vi accorgete che vi godono i buoni padroni nel servirsi del vostro nome per istampare le loro insolenze» (Contin, 1761, p. 15).
In quegli anni l’impegno filogesuita di Zatta cadde spesso sotto l’attenzione delle autorità veneziane. Nel novembre del 1760 gli inquisitori di Stato, venuti a conoscenza che aveva in stampa osservazioni critiche circa la condotta del governo portoghese, gli imposero la consegna del manoscritto. Nel giugno del 1764, il censore Jacopo Rebellini fu estromesso dall’incarico per avergli licenziato una Lettera pastorale dell’arcivescovo di Parigi in favore dei gesuiti, ritenuta lesiva della potestà secolare.
Nel prosieguo degli anni Sessanta Zatta allentò il rapporto con i Gesuiti. Prese quindi a sperimentare altre vie per rafforzare le proprie attività, divenendo uno degli editori italiani più vitali e dinamici. Potenziò la struttura commerciale e le relazioni con i principali librai italiani, servendosi delle più avanzate pratiche commerciali. Pubblicò regolarmente i cataloghi dei propri assortimenti, frequentò le fiere e pubblicizzò sulle principali gazzette le iniziative in cantiere, proponendole con la tecnica dell’associazione che limitava l’esposizione finanziaria e tendeva a fidelizzare il pubblico. Allestì nel contempo un’efficiente calcografia che divenne uno degli elementi di forza della sua produzione, per la quale si avvalse della collaborazione con tutti i principali disegnatori e incisori operanti all’epoca a Venezia. Negli anni Novanta si dotò, infine, di una fonderia di caratteri per fornire la tipografia dei materiali di cui aveva bisogno. Nell’occasione redasse uno scritto in cui esternò le proprie idee circa la «perfezione della stampa», dando prova di originale competenza negli aspetti materiali dell’arte tipografica (Saggi dei caratteri, vignette e fregi della nuova fonderia di Antonio Zatta, Venezia 1794).
La struttura messa in piedi da Zatta fu così in grado di mantenere a lungo elevati standard qualitativi e quantitativi, e si dimostrò in grado di realizzare progetti di grandi opere in più volumi anche contemporaneamente, corredate da originali e complessi apparati iconografici, per i quali chiese privilegi specifici. Nel 1773 Zatta propose alle autorità veneziane di acquistare gli edifici della Compagnia di Gesù appena soppressa per sistemarvi le sue attività, offrendo in cambio, oltre a una cospicua somma, la fornitura gratuita alle scuole veneziane di primo livello dei libri necessari per un ventennio. La proposta non fu accolta, ma il dinamismo di Zatta non venne meno. Pur rinunciando a ingrandire la tipografia – che dispose per tutto il periodo di quattro o cinque torchi tipografici e di una ventina di dipendenti – riuscì a garantirsi una sostenuta capacità produttiva rivolgendosi, ove necessario, ad altri tipografi e controllando da vicino la qualità.
La diversificazione della produzione iniziò mentre era ancora stretto il rapporto con i gesuiti. Nel 1763-64 pubblicò e diffuse la Frusta letteraria di Giuseppe Baretti, con il quale tuttavia entro presto in conflitto ricevendone a conclusione del rapporto una serie di contumelie tipiche dello stile dello scrittore. Intanto, mentre manteneva la produzione consueta dei torchi veneziani costituita da opere rivolte al mercato degli ecclesiastici (come la traduzione della Storia ecclesiastica di Antoine Godeau, 1761-1782, in 12 voll.), si cimentò in altri ambiti. Significativo fu quello medico, caratterizzato da edizioni prevalentemente in lingua italiana e dai tratti divulgativi, in molti casi tradotte dal francese e dall’inglese. Iniziò con il Dizionario compendioso di sanità di Giovanni Pietro Fusanacci (1769-70, ristampato più volte) e proseguì con le opere di chirurgia di Angelo Nannini, dell’inglese Samuel Sharp, con i trattati di Daniel Langhans, di Antonio Lizzari, di Philippe Fermin e di Samuel Tissot.
Combinando efficacemente la tipografia alla calcografia mise in lavorazione complesse operazioni editoriali in altri campi di buon successo commerciale. Dal 1773 al 1782 pubblicò i trentaquattro volumi della Nuova geografia di Anton Friedrich Büsching, affiancati poi dai quattro volumi dell’Atlante novissimo, illustrato ed accresciuto (1779-1785), costituito da duecentoquaranta mappe relative a ogni parte del globo e ritenuto una delle opere cartografiche più significative del periodo. Parti dell’Atlante, soprattutto quelle relative a zone interessate dalle trasformazioni politiche in atto, uscirono anche separatamente, come avvenne per le mappe dell’America Settentrionale (Le colonie unite dell’America settentr.le) che costituiscono la versione italiana della celebre mappa realizzata da John Mitchell nel 1755.
L’interesse per la geografia andò assieme a quello per l’attualità politica. Tra il 1778 e il 1780 pubblicò la traduzione della Storia dell’America Settentrionale di Guillaume-Thomas-François Raynal, nel 1794-95 i Viaggi intorno al mondo di James Cook; dal 1788 iniziò a pubblicare con falso luogo di Lugano il Prospetto degli affari attuali dell’Europa ideato dal giornalista Domenico Caminer, periodica sintesi delle vicende politiche corredata da ritratti dei potenti e rappresentazioni cartografiche. L’impresa andò avanti sino al 1801, giungendo al 41° volume.
Altro campo in cui l’azione di Zatta si distinse fu quello della storia naturale, dominato dalla traduzione della imponente Storia naturale di Georges-Louis Leclerc, conte di Buffon (1782-1791, in 59 voll.).
In un contesto di sensibile attenzione alle grandi opere europee non poteva mancare il tentativo di pubblicare l’Encyclopédie in traduzione italiana. Nel 1774 Zatta ottenne un primo privilegio per la versione di Lucca, completata dalle aggiunte in corso di stampa nell’edizione livornese, che iniziò a pubblicizzare sulle gazzette. Il progetto si arenò, ma il proposito riemerse nel 1782 in coincidenza con l’uscita in Francia dei primi tomi della Méthodique. Nel 1792 ottenne un nuovo privilegio, ma anche questa volta l’edizione non andò in porto per la lentezza con cui procedeva l’edizione francese e per l’intenzione di metterne in commercio una versione italiana che richiedeva la conclusione dell’opera per predisporre un nuovo ordine alfabetico.
Altro campo in cui la produzione di Zatta si distinse fu quello letterario, caratterizzato da raccolte complessive di grandi autori del passato e contemporanei. Tra il 1780 e il 1782 pubblicò in otto volumi le opere di Saverio Bettinelli; tra il 1781 e il 1783 in sedici volumi le opere di Pietro Metastasio (ristampate in seguito con aggiunte nel 1782, 1785 e 1792); tra il 1788 e il 1793 in trentaquattro volumi le Opere teatrali di Carlo Goldoni. Di grande rilevanza fu il Parnaso italiano, ovvero raccolta de’ poeti classici italiani d’ogni età e di ogni metro (1784-1791), antologia in cinquantasei volumi della poesia italiana curata dall’ex gesuita Andrea Rubbi, seguito dai quaranta volumi del Parnaso de’ poeti classici d’ogni nazione, rimasto interrotto, che avrebbe dovuto fornire un quadro completo della poesia antica e moderna tradotta in lingua italiana.
Dal 1783 al 1788 affiancò alle consuete attività editoriali una «Calcografia filarmonica» con il proposito di entrare nel mercato delle edizioni musicali. Il 1° ottobre 1783 pubblicò un annuncio in cui manifestava l’intenzione di supplire alla notoria mancanza di tipografie musicali in Italia.
Pubblicò e smerciò in questi anni partiture di musiche prevalentemente strumentali e pezzi d’opera di compositori italiani e stranieri (tra di essi Joseph Haydn, Luigi Boccherini, Domenico Cimarosa, Giuseppe Sarti, Alessio Prati, ma anche l’Opera V di Arcangelo Corelli), in parte ristampe non autorizzate di edizioni tedesche o viennesi e in parte a spese dell’editore. Nel 1786 propose anche una collezione di fascicoli ad uscita settimanale che riscosse cinquecento associazioni. Nel 1788 tuttavia smise la produzione, poiché probabilmente i risultati commerciali non avevano corrisposto alle attese. Proseguì tuttavia la commercializzazione di opere musicali di altri editori italiani e stranieri.
Degno di nota fu anche l’impegno di Zatta all’interno dell’arte della stampa veneziana, mentre vivace era la discussione sui privilegi di stampa e sulle frequenti contraffazioni che minavano la solidità delle principali stamperie. Mentre buona parte dei vecchi grandi tipografi tendeva ad arroccarsi a difesa del tradizionale sistema dei privilegi, chiedendone un’estensione temporale indefinita, la posizione di Zatta fu sempre più vicina a quella espressa in termini più aggressivi dai Remondini, mirante invece a porre seri limiti alla durata. In tale contesto, nella veste di priore pro tempore dell’arte, mise a punto un elaborato Catalogo generale o sia raccolta di tutti li libri attualmente in commercio che sono stati stampati in Venezia ed in tutto lo stato dalli librari e stampatori sì veneti che della Terra Ferma e la nota di tutti quelli che sono poi stati abbandonati, imponente repertorio, ordinato per nome di libraio o tipografo e diviso in due volumi, che forniva informazione pubblica circa i privilegi in corso e le date di scadenza.
Morì il 16 febbraio 1804. I figli Giacomo e Giovanni, associati dal 1783 nell’impresa, non furono in grado di portare avanti la stamperia chiusa poco dopo la morte del padre. Il primo ebbe qualche notorietà come incisore, il secondo fu molto attivo nel 1797 al tempo della Municipalità democratica e detenne, attorno al 1808, un gabinetto di lettura.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Venezia, Arti, bb. 163, 164, 178; Riformatori dello Studio di Padova, f. 359 (vi si conserva il secondo volume del Catalogo generale o sia raccolta di tutti li libri attualmente in commercio); Azpeitia, Archivio Historico del Santuario di Loyola, Fondo Zaccaria; Roma, Archivum Romanun Societatis Jesu, Ven. 29; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, It., cl. X, cod. 36 (6529), contenente lettere di Ludovico Rezzonico a Zatta; Ferrara, Biblioteca Ariostea, Coll. Antonelli, 686/3. Cataloghi degli assortimenti di Zatta (1761, 1763, 1765, 1768, 1774, 1770, 1780, 1787, 1791, 1798) e prospetti associativi sono conservati in diverse biblioteche europee.
T.A. Contin, Lettera del magnifico signor A. Z., Firenze [ma Lugano] 1761; G. Baretti, Discours sur Shakespeare et sur Monsieur de Voltaire, Londres-Paris 1777, p. 142; Il genio letterario d’Europa, X (1794), pp. 108-111; L. Piccioni, Studi e ricerche intorno a G. Baretti, Livorno 1899, pp. 287, 321, 323, 327, 454; A. Pilot, Per la biografia di G. Z., in Nuovo archivio veneto, XXXI (1916), pp. 271 s.; G. Morazzoni, Il libro illustrato veneziano del Settecento, Milano 1943, ad ind.; F. Haskell, Mecenati e pittori. Studio sui rapporti tra arte e società italiana nell’età barocca, Milano 1966, pp. 515-517; F. Venturi, Settecento riformatore. La chiesa e la repubblica dentro i loro limiti, Torino 1976, ad ind.; Da Carlevarijs ai Tiepolo: incisori veneti e friulani del Settecento, a cura di D. Succi, Venezia 1983, ad ind.; O. Mischiati, Indici, cataloghi e avvisi degli editori e librai musicali italiani dal 1591 al 1798, Firenze 1984, pp. 63 s., 425-459; B.M. Antolini, Editori, copisti, commercio della musica in Italia, 1770-1800, in Studi musicali, XVIII (1989), pp. 273-375; M. Infelise, L’editoria veneziana nel ’700, Milano 1989, ad ind.; Id., Gesuiti e giurisdizionalisti nella pubblicistica veneziana di metà ’700, in I Gesuiti e Venezia: momenti e problemi di storia veneziana della Compagnia di Gesù, a cura di M. Zanardi, Padova-Venezia 1994, pp. 663-686; M. Girardi, Musica strumentale e fortuna degli autori classici nell’editoria veneziana fra Settecento e Ottocento, in Rassegna veneta di studi musicali, XIII-XIV (1997-98), pp. 479-526; B.M. Antolini, Z., A., in Dizionario degli editori musicali italiani, 1750-1930, a cura di B.M. Antolini, Pisa 2000, pp. 367-369; A. Scannapieco, Scrittorio, scena, torchio. Per una mappa della produzione goldoniana. in Problemi di Critica Goldoniana, VII (2000), pp. 25-242; A. Giacomello - F. Nodari, Le Rime del Petrarca: un’edizione illustrata del Settecento (Venezia, A. Z., 1756), Passariano-Trieste-Gorizia 2003; G. Gozzi, Col più devoto ossequio: interventi sull’editoria (1762-1780), a cura di M. Infelise - F. Soldini, Venezia 2003, pp. 72-74; Editori italiani dell’Ottocento. Repertorio, II, Milano 2004, p. 1164; False date. Repertorio delle licenze di stampa veneziane, a cura di P. Bravetti - O. Granzotto, Firenze 2008, ad ind.; G. Filagrana, La corrispondenza fra Amadeo Svajer e Giuseppe Valeriano Vannetti (1756-1764), in Navigare nei mari dell’umano sapere: biblioteche e circolazione libraria nel Trentino e nell’Italia del XVIII secolo, a cura di G. Petrella, Trento 2008, pp. 183-198.