APOLLODORO di Atene ('Απολλόδωρος ὁ 'Αϑηναῖος)
Fiorì attorno al 150 a. C., quale celebratissimo allievo di Aristarco e uno dei più versatili filologi greci. Alla varietà dei suoi interessi avran contribuito gli studî filosofici compiuti sotto lo stoico Diogene di Seleucia, il discepolo di Crisippo; difficilmente sotto Panezio, che fu anche lui allievo di Diogene (Münzel, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2855 seg.). Ma l'impronta della sua produzione è prettamente alessandrina, se anche all'influsso della stoicizzante scuola di Pergamo egli non rimase estraneo, e al re Attalo II di Pergamo (159-138 a. C.) dedicò i Χρονικά, una delle sue opere più vaste e fortunate. La quale poggiava sulle Χρονογραϕίαι d'Eratostene di Cirene, con cui la scienza cronologica era nata; era composta in trimetri giambici e in quattro libri, muoveva, al pari della Cronografia di Eratostene, dall'eccidio di Troia (a. 1184-83), fatto per lui e per il suo modello storicamente accertato, e abbracciava più d'un millennio fino al 144-43 in un'appendice di mano estranea, più probabilmente che in una seconda edizione di A. stesso, il lavoro si ampliava poi fino almeno all'anno 120 (E. Schwartz, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2858 seg.). Storia civile, letteraria e filosofica era compresa in questa cronografia che procedeva per sincronismi (F. Jacoby, in Philol. Unters., XVI, 1902, p. 38 segg.): nelle tabelle cronologiche l'acmé della vita umana si fissava sulle orme dei Pitagorei ai 40 anni di età, e di ciò abbiamo larghi indizî in Suida (E. Rohde, in Rhein. Mus., XXXIII, 1878, p. 161 segg. = Kleine Schriften, I, p. 114 segg.). Facilità di forma e ulteriore sviluppo di contenuto fecero presto eclissare il capolavoro eratostenico; e direttamente o indirettamente A. rimase poi nel mondo antico fonte principalissima di cognizioni cronologiche, ed ebbe ampliamenti e subì falsificazioni (K. Wachsmuth, Einleitung in das Studium der alten Geschichte, p. 127 segg.; Jacoby, loc. cit., p. 19 segg.). Una novità assoluta nel campo degli studî costituì lo scritto Περὶ ϑεῶν in 24 libri, scientifica trattazione di storia religiosa e di mitologia, che probabilmente cominciava dall'affrontare il problema del sorgere della religione greca in genere e del culto e dei caratteri divini, per poi fermarsi ai singoli dei. E i criterî ivi seguiti eran certo più vicini ad Aristarco che agli Stoici: si partiva per es. volentieri dai poeti e dalla loro esegesi, massime dagli epiteti divini di Omero, e da essi si veniva a spiegare l'essenza della divinità. Assai è rimasto di materia apollodorea nella letteratura mitologica posteriore e in filosofi particolarmente neoplatonici (C. Reinhardt, De Graecorum theologia, Berlino 1910, con la letteratura ivi citata). Anche in un libro di Etimologie A. si atteneva a criterî alessandrini, non già alle capricciose arbitrarietà dei sistemi stoici (Varr., De lingua lat., VI, 2). Ugual norma seguì, naturalmente, nei 12 libri Περὶ νεῶν o Περὶ νεῶν καταλόγου, un vasto commento al Catalogo omerico delle navi, di carattere periegetico-antiquario, che si riallacciava in via diretta alla esegesi poetica di Aristarco, senza per altro aderire, sulla falsariga di lui, così sistematicamente alla parola del testo letterario. La rigida disciplina di Aristarco si accoppiava in tale opera all'afflato largo di Eratostene; onde riuscì l'opera più compiuta del genere nel mondo greco, e lo stoicizzante Strabone, nei capitoli sulla geografia omerica (l. VIII-X), non poté che basarsi su una costruzione che pur s'ispirava a principî nettamente contrarî alla scuola filologica stoica (Niese, in Rhein. Mus., XXXII, 1877, p. 267 seg.; Schwartz, loc. cit., p. 2863 segg.). Ricco e buon materiale trovava A. nella periegesi della Troade di Demetrio di Skepsis, ma lo utilizzava personalmente e lo rifondeva nel più severo spirito critico degli Alessandrini. Di discussa autenticità è uno scritto di pretta natura geografica, a giudicare dal titolo Γῆς περὶοδος (Strabone) o Περὶ γῆς (Stefano Biz.), e in forma metrica. Lavori filologici erano i commenti a Sofrone e ad Epicarmo, con la recensione critica almeno di Epicarmo che, alla maniera alessandrina, per fini pratici divideva in τόμοι, dieci di numero (Wilamowitz, Einleitung in die griechische Tragödie, Berlino 1921, p. 150), e un libro sulle etère attiche.
Bibl.: Notizie biografiche in Suida e nel Periplo dello Pseudo-Scimno. Sui limiti cronologici dei Χρονικά, lo Pseudo-Scimno, v. 22 segg., ed E. Diels, in Rhein. Mus., XXXI (1876), p. 1 segg. La raccolta dei frammenti è ancora molto incompiuta; si veda, oltre il già citato, C. Müller, Fragm. Histor. Graec., I, 1898, p. xxxviii segg.; IV, p. 649 seg.; F. Jacoby, Apollodors Chronik (Philologische Untersuchungen, XVI), Berlino 1902; L. Pareti, Intorno al Περὶ γῆς di Apollodoro, in Atti della R. Acc. delle sc. di Torino, XLV (1909-10) e Christ e Schmid, Gesch. griech. Lit., II, ii, p. 395 segg. La cosiddetta Biblioteca di Apollodoro è una compilazione mitografica di periodo più tardo, probabilmente del sec. I d. C. Edizione principe di B. Aegius, Roma 1555; quindi G. Heyne, Gottinga 1782-1803; A. Westermann, Mytographi Gr.; R. Wagner, Myth. Gr., I, Lipsia 1894. Lavoro fondamentale, K. Robert, De Apollodori bibliotheca, Berlino 1873. Due utili compendî della Biblioteca possediamo nel Vatic. 950, sec. XIV (ed. Wagner, Lipsia 1891) e nei Fragmenta Sabbaitica (ed. Papadopulos Kerameus, in Rhein. Mus., XLVI, 1891, p. 161 segg.).