APOLLONIA di Cirenaica ('Απολλωνία; Apollonia negli scrittori latini, Appollonia nella Tabula Peutingeriana, 8, 5; già Marsa Susa; A. T., 113-114)
Porto della Cirenaica e scalo marittimo per accedere a Cirene, da cui dista in linea retta 13 km. verso NE.
Nell'antichità, Apollonia era una delle città della Pentapoli (Tolomeo, 4, 4; Plinio, 5, 31). Fino al sec. IV a. C. era il porto di Cirene, senza altra speciale denominazione, onde non è nominata né dallo Pseudo Scylax (Geogr. gr. min., I, pp. 83, 138), né da Diodoro e da Arriano, nei passi che a quel porto si riferiscono.
Ebbe il nome di Apollonia nel sec. IV a. C., con ogni probabilità dal dio fondatore e più venerato di Cirene, e tale denominazione, pur dimostrando il permanere della sua unione con quella città, prova il suo aumentato sviluppo specialmente per le accresciute relazioni commerciali con la Grecia e con gli altri paesi dell'Oriente ellenico. Quel nome aveva certo ancora nell'età degli Antonini, perché in una iscrizione di Atene di quell'età (Corpus Inscriptionum Graec., III, 534) i suoi cittadini sono chiamati 'Απολλωνιᾶται οἱ κατὰ κυρήνην.
Nel basso impero e nell'età bizantina assunse importanza particolare perché in essa venne trasferita la sede del governo della Libya Superior, non essendo più Cirene sufficientemente difesa dalle incursioni dei Berberi, come si rileva da alcuni passi di Sinesio; e in quel tempo assunse il nome di Sozusa (Σώζουδα) che forse aveva volgarmente anche prima, derivato dall'appellativo di una divinità. Nel Synecdemus di Ieracle è menzionata come una delle sedi vescovili.
La località riprese un certo sviluppo allorché nel 1897 il governo turco vi accolse dei profughi cretesi, erigendo per loro delle abitazioni, provvedendola di acqua potabile e concedendo da coltivare terreni che la gente del luogo appartenente alla tribù degli Haasa cercò di contendere loro violentemente. Dopo l'occupazione italiana il suo incremento fu maggiore: sorsero nuove costruzioni pubbliche e private, una moschea, l'unica di tutto il territorio di Cirene, e vi furono istituiti una beledia (municipio), uffici pubblici, (posta, telegrafo, dogana, scuola, ecc.). Oggi la piccola cittadina ripristinata nel suo antico e classico nome conta oltre 700 abitanti dei quali 300 Cretesi e 30 Ebrei ed è dopo Bengasi e Derna il centro costiero più importante della colonia, favorita dalla ridente posizione e dal contorno verdeggiante di ubertose coltivazioni. Il piccolo porto capace di una conveniente trasformazione è toccato quindicinalmente dai piroscafi che fanno il servizio di cabotaggio tra Bengasi e Derna. Una buona rotabile di 18 km. di sviluppo la congiunge a Cirene.
Le rovine della città antica si presentano oggi in condizioni assai più misere di quanto fossero quando i Beechey (1828) e i comandanti Smith e Porcher (1860) ne delinearono la pianta e il Barth (1861) le visitò. Negli ultimi anni prima dell'occupazione italiana (primavera del 1913) essa divenne una cava di pietre per la costruzione delle modeste case di Candiotti colà deportati. Sono ancora ben riconoscibili la cinta delle mura con avanzi delle torri, il teatro, la cui cavea era addossata all'estremità orientale delle mura stesse e la scena sulla spiaggia; un acquedotto di età romana, costituito di parallelepipedi di pietra disposti in fila, con un canaletto rivestito di cocciopisto, e quasi in mezzo della città un masso di roccia viva, avanzo di latomia, ridotto ad altare (βωμός) di Kallikrateia, probabilmente una ninfa. Il monumento più insigne è la basilica cristiana a tre navi con 22 colonne di marmo ora rialzate, musaici policromi nell'abside e un interessante battistero. Questa basilica del sec. V-VI d. C. fu costruita sulle rovine di un tempio pagano, non si sa a quale divinità consacrato; ed è pur certo che le colonne, neppure tutte eguali di altezza e dimensioni, appartenevano a edifici anteriori pagani.
Bibl.: Pacho, Relation d'un voyage dans la Marmarique, la Cyrenaïque ecc., Parigi 1827-28, p. 1620; Beechey, Proceedings of the expedition to explore northern coast of Africa, Londra 1928, pp. 494 e 516; Hamilton, Wanderings in North Africa, Londra 1856, p. 79 seg.; Barth, Wanderungen durch die Künstenländer der Mittelmeers, Berlino 1849, p. 453 seg.; Müller, Numismatique de l'Ancienne Afrique, I, p. 453 seg.; Naud de Champlouis, Notice sur la carte de l'Afrique, Parigi 1684, p. 11; Marquardt, Organisation de l'Empire Romain, Parigi 1890, II, p. 434; Ghislanzoni, in Notiziario archeologico del Ministero delle Colonie, I, p. 155 segg.; Ferri, in Aegyptus, IV (1923), p. 174; id., Contributo di Cirene alla storia della religione greca, 1923, p. 21, tav. VIII; Piotsmann, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, 117, n. 28; Robinson, Catalogue of the Greek coins of Cyrenaica, p. cxcviii seg.