APOLLONIA
(gr. 'Απολλωνία; lat. Apolonia)
Città dell'Albania, oggi in rovina, a N del golfo di Valona, nelle vicinanze del villaggio di Pojani. La colonia, fondata nel 588 a.C. dai Corinzi sulla costa adriatica, divenne in età antica una delle più importanti città portuali e metropoli culturali della penisola balcanica occidentale, ma in seguito all'insabbiamento del golfo dovette cedere, già a partire dal sec. 4°, la sua supremazia a Valona e Durazzo (Dyrrachium). Menzionata ancora nel sec. 6° da Stefano di Bisanzio e da Ierocle come fiorente città commerciale e sede vescovile, non sopravvisse alle distruzioni causate dalle invasioni degli Slavi e degli Avari nel tardo sec. 6° e nel 7° e venne abbandonata nel corso del pieno Medioevo; nella parte sudorientale dell'antico centro cittadino sorse un monastero, che dopo la seconda guerra mondiale è stato trasformato in museo.Il monastero, consacrato alla Dormizione della Vergine, noto anche come Monastero della Panaghia di A. (albanese Shën Mërisë së Apollonisë; gr. Παναγία τῆϚ 'ΑπολλωνίαϚ), si erge come un compatto quadrilatero, la cui forma irregolare è dovuta all'utilizzazione di una parte delle antiche mura della città. A esse si congiunge a S il nuovo campanile, eretto dopo la prima guerra mondiale sulle fondamenta della torre difensiva medievale (pýrgos). La parte destinata ad abitazione, più volte modificata e completata solo in tempi recenti, si articola in due ali a due piani (situate nella parte settentrionale e in quella occidentale del complesso monastico, disposte ad angolo retto), che si aprono su una corte con gallerie ad arcate e scale esterne. Fra queste si trova, nell'ala ovest, il refettorio (trápeza): un ambiente a sala con nicchie per i cantori sui lati est e ovest, poligonali all'esterno, e un'abside nel muro meridionale. Gli affreschi, di notevole importanza, sono riferibili al ristrettissimo ambito della scuola pittorica di corte del re Milutin (vi sono rappresentati, tra altri soggetti, Elia nel deserto, il Miracolo di Cana e scene della Passione); datati fra il 1315 e il 1320 (Buschhausen, Buschhausen, 1976), essi costituiscono la più antica testimonianza pervenuta di decorazione ad affresco di un refettorio nell'arte bizantina o di influsso bizantino.Al centro della corte interna si trova il katholikón: un edificio a croce con cupola che presenta nella parte inferiore un accurato reimpiego di conci provenienti dall'antico teatro; la parte superiore, con la cupola e le volte a botte, è in mattoni intonacati all'esterno e all'interno. Il katholikón ha un naós quasi quadrato, la cupola su pennacchi, con alto tamburo, è sostenuta da quattro colonne; la parte orientale, con abside poligonale all'esterno e sýnthronon, è ampliata da una campata aggiuntiva e da un ambiente quadrato a N (skeuophylákion); al piccolo esonartece si collega una galleria ad arcate aperta verso O, con colonne e pilastri alternati, che sorregge una parete campanaria; gli ingressi sud e nord sono forniti di portici, al lato settentrionale è annessa una cappella. Della decorazione si conservano alcuni frammenti di affreschi, corrispondenti a un secondo strato pittorico, nel nartece (una serie di ritratti tra cui quello del fondatore, 1281-1282 ca., con l'imperatore Michele VIII, la moglie Teodora, suo figlio, l'imperatore Andronico II, e suo nipote Michele IX, nonché altri personaggi in parte non identificati) e nel naós (di età postbizantina, come l'iconostasi risalente in parte al sec. 19°), nonché importanti pezzi scultorei (capitelli con decorazioni zoomorfe e antropomorfe e un rilievo rappresentante un'aquila nella facciata meridionale).Nell'area del monastero e nel katholikón non sono stati finora intrapresi scavi e le limitate esplorazioni all'interno della chiesa (Meksi, 1982) non hanno permesso di scoprire resti di edifici più antichi, per cui non può trovare conferma la supposizione che il monastero sia stato edificato sulle fondamenta di un antico ninfeo o della chiesa metropolitana paleocristiana. Analogamente la mancanza di fonti scritte porta a diverse ipotesi sulla fondazione del monastero e sulla costruzione dell'intero complesso monastico, che è stato evidentemente edificato in più fasi, piuttosto distanti l'una dall'altra. Maggiormente controversa è la datazione della chiesa che, nelle sue varie fasi, va dal sec. 8° (Kahn 1961; Picard, 1962) al 18° (Puzanova, 1961). Ugualmente molto discussa è l'origine dei committenti e delle maestranze, fra cui si sono voluti vedere anche Benedettini normanni (Buschhausen, Buschhausen 1976). Unico fatto certo è che solo in seguito la chiesa, in una fase più tarda, forse coeva all'edificazione di alcuni edifici monastici, fu modificata in chiesa conventuale e provvista di esonartece. La sua funzione originaria doveva essere quella di chiesa vescovile metropolitana, come attesta la presenza del sýnthronon e del santuario ampliato, nonché la mancanza delle nicchie per cantori, indispensabili dal sec. 11° nelle chiese monastiche ortodosse, e dell'esonartece, ugualmente necessario per lo svolgimento dell'ufficio divino secondo i riti monastici. La chiesa dovette subire una parziale distruzione, in seguito alla quale, probabilmente nella seconda metà del sec. 11° o all'inizio del 12°, ciò che era rimasto di essa fu rielaborato e utilizzato nell'ambito del monastero, fondato in quest'epoca, a cui può essere datata la costruzione della cupola e di gran parte delle volte. Considerata la sua forma originaria, la prima chiesa dovrebbe essere sorta non più tardi della fine del sec. 9° o degli inizi del 10° e fu probabilmente eretta come cattedrale della metropoli di Glaviniza, con la cui creazione, all'inizio dell'ultimo terzo del sec. 9°, venne soppresso il vescovado di Valona. Solo molto tempo dopo la soppressione della metropoli di Glaviniza, nella seconda metà del sec. 11° o all'inizio del 12°, la chiesa venne ricostruita; probabilmente alla fine del sec. 13° fu creata la galleria occidentale, mentre la parete campanaria risale al 1778 (Meksi, 1982).
Bibl.:
Fonti. - Stephani Byzantini Ethnicorum quae supersunt, a cura di A. Meineke, Berlin 1849, pp. 105, 214; Le synekdèmos [synekdemus] d'Hiéroklès et l'opuscule géographique de Georges de Chypre, a cura di E. Honigmann, Bruxelles 1939, pp. 19-30.
Letteratura critica. - H. Holland, Travels to the Ionian Isles, Albania, Thessalia, Macedonia... during the years 1812 and 1813, I, London 1815, p. 413; W. M. Leake, Travels in Northern Greece, I, London 1835 (rist. anast. Amsterdam 1967), pp. 368-379; A.D. Alexudis, ΣύντομοϚ ἱξτοϱιϰὴ πεϱιγϱαϕὴ τῆϚ ἱεϱαᾶϚ μετϱοπολεώϚ Βελεγϱάδων [Compendio della storia della metropoli di Belgrado], Kerkyla 1868, pp. 76-78; id., ΣύντομοϚ ἱξτοϱιϰὴ πεϱιγϱαϕὴ τῆϚ 'ΑπολλωνίαϚ, πόλεωϚ παλαίτοτε τῆϚ ΝέαϚ 'Ηπείϱου [Compendio della storia di A., l'antica città del Nuovo Epiro], Konstantinupolis 1896; B. Pace, Frustuli illirici, Annuario della R. Scuola Archeologica di Atene e delle Missioni italiane in Oriente 3, 1916-1920, pp. 286-290; E. Buschbeck, Vorläufiger Bericht über die Balkanexpedition im Sommer 1916, MZKomm, s. III, 16, 1918, pp. 1-13; C. Praschniker, Muzakhia und Malakastra, Archäologische Untersuchungen in Mittelalbanien, Jahreshefte des Österreichischen Archäologischen Institutes (Beiblatt) 21-22, 1922-1924, pp. 6-223: 105-126; V. Puzanova, Manastiri ''Shën-Mëria e Apollonisë'' në Pojan [Il monastero di S. Maria in A. presso Pojan], Buletin i Universitetit Shtetëror të Tiranës, Seria Shkencat Shoqërore 3, 1961, pp. 147-154; A. Kahn, Apollonia, City of Statues, Archaeology 14, 1961, pp. 161-165: 162; C. Picard, Anciennes et nouvelles fouilles archéologiques en Albanie: Apollonie d'Illyrie, RArch, 1962, 2, pp. 209-217: 214; A. Ducellier, Observations sur quelques monuments de l'Albanie, ivi, 1965, 2, pp. 153-207: 117-182; V. Puzanova, D. Damo, Nekotorie pamjatniki monumental'noj zĭvopisi 13-14 vekov v Albanii [Documenti della pittura monumentale dei secc. 13° e 14° in Albania], Studia Albanica 2, 1965, pp. 150-163: 154-159; T. Popa, Saktësime rreth datimit të Kishës së manastirit të Apollonisë [A proposito dell'epoca di costruzione della chiesa e del monastero di A. e del suo donatore], Studime historike 21, 1967, 1, pp. 137-146; D.I. Pallas, s.v. Epiros, in RbK, II, 1971, coll. 207-334: 317-319; A. Meksi, Arkitektura dhe datami i kishës së manastirit të Apollonisë [La chiesa del monastero di A., la sua architettura e il problema della sua datazione], Monumentet, 1971, 1, pp. 103-117; id., Dy ndërtime të tipit trekonkësh [Due costruzioni del tipo triabsidato], ivi, 1974, 7-8, pp. 229-246: 234-237, tavv. IV-VI; id., Mbi disa probleme të kishës së manastirit të Apollonisë [A proposito di alcuni problemi relativi alla chiesa del monastero di A.], ivi, 1976, 12, pp. 233-236; H. Nallbani, Të dhëna të reja rreth pikturës së kishës së manastirit të Apollonisë [A proposito di alcuni nuovi dati sulla pittura murale della chiesa del monastero di A.], ivi, 1976, 11, pp. 97-106; H. Buschhausen, H. Buschhausen, Die Marienkirche von Apollonia in Albanien, Byzantinern, Normannen und Serben im Kampf um die Via Egnatia (Byzantina Vindobonensia, 8), Wien 1976 (rec.: A. Meksi, Monumentet, 1982, 23, pp. 141-168).A. Tschilingirov