APOSTOLICITÀ
. Questo termine (da apostolo) indica genericamente appartenenza o derivazione dagli apostoli; ma, secondo l'uso e la nozione propria del linguaggio ecclesiastico, è precisamente una delle note essenziali della vera Chiesa fondata da Gesù Cristo; cioè distintivo e contrassegno proprio, che la contraddistingue da tutte le altre chiese o sette, chiamate del pari cristiane. Essa viene perciò definita dai teologi "la successione continua dagli apostoli nel governo della Chiesa". E si dice nel governo, non già solo nella dottrina e nell'ordine sacro, perché dev'essere successione visibile, facile a verificarsi e incontrastabile, affinché riesca una "nota" o contrassegno manifesto, sì da discernere la vera Chiesa dalle false, le quali pure vantino identità di dottrina e di ordine sacro con gli apostoli.
È una proprietà della vera Chiesa, perché questa fu dal Cristo costituita con una gerarchia permanente per governarla mediante la trasmissione della potestà medesima degli apostoli nei loro successori in una serie non mai interrotta che la rannodi allo stesso Cristo. Questa successione gerarchica è un fatto esteriore che si può accertare per la via dell'esperienza o della storia, come si accerta la continuazione e l'ininterrotta successione di un governo o di un ordinamento politico o giuridico della società umana. Con tale successione si ha una prima giustificazione del titolo per cui una comunità di cristiani può dirsi appartenente alla vera Chiesa di Gesù Cristo: poiché dalla testimonianza concorde della Scrittura e dei Padri si ha che l'unica Chiesa fondata dal Cristo dev'essere apostolica nel senso già spiegato; essendo gli apostoli i primi "testimonî preordinati da Dio" (Atti, X, 41), e costituiti dal Cristo "fondamento" della sua Chiesa (Efesini, II, 20) come suoi "inviati" speciali e continuatori della sua divina missione (Giovanni, XX, 21). A questo argomento si appella, illustrandolo con termini e concetti del diritto romano, Tertulliano nel De praescriptione haereticorum; prima di lui, in un testo celebre, S. Ireneo (Adv. haer., III, 3, 2),
La storia poi ci dimostra che tra tutte le chiese cristiane l'unica veramente apostolica, cioè governata sempre dai legittimi successori degli apostoli, è la Chiesa romana: argomento principe, la successione storica, non mai interrotta, dei pontefici romani da S. Pietro, principe degli apostoli. Il che si conferma anche dalla denominazione antichissima attribuita alla sede romana, di sede apostolica per eccellenza, come quella in cui si manteneva l'autorità di Pietro apostolo, e alla quale si riportavano perciò le cause maggiori della Chiesa, gli appelli degli altri vescovi e anche le decisioni dei concilî. Questa denominazione fu usata anche in oriente, come, ad esempio, nella lettera di Teodoreto a S. Leone Magno, ed è confermata dalla lettera sinodica del sesto concilio ecumenico (III Costantinopolitano, del 680) al papa Agatone, il quale vi è chiamato "vescovo della prima sede della Chiesa universale". Un'altra conferma viene dal fatto evidente che una simile successione degli apostoli, cioè la prerogativa dell'apostolicità, non appare in nessun'altra comunione cristiana, separata dalla sede romana; né alcun'altra, per verità, osa attribuirsela fuori della chiesa di Roma. Così l'apostolicità, essendo una cosa stessa con la verità della Chiesa, e non trovandosi in nessun'altra che nella chiesa romana, riesce una nota o un contrassegno infallibile della verità di questa stessa chiesa, cioè del fatto storico che essa è l'unica vera Chiesa fondata da Gesù Cristo.
Dai protestanti, invece, l'apostolicità (o la "successione apostolica") s'intende in senso più vago, cioè che il ministero cristiano è stato istituito direttamente dal Cristo: "la teoria è che il Cristo, avendo fondato una società in primo luogo visibile e storica, diede a questa società unità e coesione riconoscibili, perpetuando la sua testimonianza collettiva in un clero continuo e dotato di autorità" (J. G. Simpson, in Hastings, Encyclopaedia of Religion and Ethics, I, p. 633). Le obiezioni contro questa interpretazione, mosse da parte cattolica, appaiono da quanto s'è detto.
Bibl.: F.-V. Bainvel, in Dict. de Théol. cathol., I, ii, s. v.; Y. De la Brière, art. Église (question des notes), in Dict. apolog. de la foi catholique, Parigi 1911; i trattati raccolti in Migne, Démonstration évangeliques, XVII e XVIII, Parigi 1848; L. Billot, De Ecclesia, Prato 1910; S. V. Groot, Summa apologetica de Ecclesia catholica, Ratisbona 1900; Segna, De Ecclesiae Christi constitutione et regimine, Roma 1900; G. Ballerini, Apologia pei giovani studenti, ecc., IV (La Chiesa), Firenze 1916; P. Batiffol, L'Église naissante et le catholicisme, Parigi 1909. Per le fonti, v. M. J. Rouet de Journel, Enchiridium patristicum, Friburgo in B. 1911; H. Denzinger e Bannwart, Enchiridium symbolorum, ecc., Friburgo in B. 1928.