APPELLO (III, p. 729)
Appello penale (p. 733). - L'istituto dell'appello è stato conservato nel vigente codice di procedura penale, con la interessante e opportuna innovazione, però, del cosiddetto "appello incidentale del pubblico ministero susseguente all'appello dell'imputato". Questo istituto dell'appello incidentale è stato voluto dal legislatore allo scopo di attenuare il rigore della regola della incondizionata possibilità della reformatio in peius accolta nel progetto preliminare. L'appello incidentale del Pubblico Ministero presso il giudice ad quem è disciplinato nell'ultima parte dell'art. 515 e può essere proposto quando l'appello è stato proposto dal solo imputato, entro otto giorni dalla relativa comunicazione. Esso mantiene efficacia nonostante la successiva rinuncia dell'imputato alla propria impugnazione, e per esso è ammessa la reformatio in peius. Anche l'appello del pubblico ministero è vincolato al principio "tantum devolutum quantum appellatum", nel senso che la cognizione del giudice di appello è limitata ai punti della decisione ai quali si riferiscono i proposti motivi (art. 515, 1° comma; v. invece: art. 480 cod. penale abrogato). Il giudice a quo e il giudice ad quem con ordinanza, soggetta a ricorso per Cassazione, dichiareranno inammissibile l'appello nei casi previsti dagli articoli 207 e 209; il giudice ad quem dichiarerà l'inammissibilità anche nel caso in cui resulti mancante un interesse alla impugnazione. Non possiamo, infine, trascurare un rilievo: che cioè, a parer nostro, è da ritenersi che siano appellabili le sentenze del tribunale per i minorenni pronunciate per i reati di competenza della Corte di assise (questione molto controversa; si confronti in proposito la nota di Vannini nella Rivista di diritto penitenziario, XIV, 1936, n. 5).