ARAGONA (A. T., 37-38)
Regione della Spagna settentrionale, che comprende la conca del medio Ebro, una parte dei monti che limitano la conca stessa (Pirenei, Monti Iberici e Monti di Catalogna), e il bacino dell'alto Guadalaviar. Ha una superficie di 47.391 kmq. e una popolazione (1926) di 1.022.000 abitanti.
L'Aragona è un paese molto vario per rilievo, clima, vegetazione, insediamento umano, colture. Dalle più alte vette dei Pirenei superiori ai 3000 m., si scende al bassopiano dell'Ebro, elevato non più di 200-300 m. I Pirenei aragonesi costituiscono la parte più imponente del grande sistema; valli profonde, con pareti strapiombanti o ripidissime, cime coperte di neve, laghetti di origine glaciale (ibones), piccoli ghiacciai, folte foreste di conifere, rendono il paesaggio grandioso e di carattere veramente alpino. Il limite delle nevi permanenti varia dai 2800 ai 2900 m. La catena principale è fronteggiata, verso la conca dell'Ebro, da catene minori quasi parallele ad essa (Sierra de la Peña, Sierra de Guara, Sierra de Arbe ecc.), dalla morfologia meno aspra, anzi talvolta collinare. Il clima di questa regione montuosa è, nel complesso, rude, con inverni lunghi e rigorosi, con estati brevi e fresche. Le stagioni intermedie sono brevissime, e si può dire che quasi non si avvertono. Le piogge sono abbondanti, superiori ai 2000 mm. La scarsa popolazione (10-11 ab. per kmq.) si occupa soprattutto di allevamento (bovini, ovini, capre e muli), giovandosi degli estesi e pingui pascoli montani; si occupa anche dello sfruttamento dei boschi (legname, carbone). I cereali, legumi, ortaggi occupano piccole superficie nei fondovalle e sui pendii meno ripidi e più soleggiati.
La conca dell'Ebro comprende le pianure dette dell'Alta Aragona, le Riberas del Ebro, e la Tierra baja di Teruel. Le pianure dell'Alta Aragona sono comprese tra le sierre de la Peña, di Guara e di Arbe e la Sierra de Alcubierre, l'ultima delle catene che i Pirenei spingono verso l'Ebro. Queste pianure ricevono piogge scarse e sono solcate dal Cinca e dal suo affluente Alcanadre; hanno suolo fertilissimo, ma povero di acque, cosicché in alcune parti non è possibile - o per lo meno è aleatoria - qualsiasi coltivazione. Dove c'è acqua, peraltro, le coltivazioni sono ricchissime. Grandi opere irrigatorie si stanno costruendo per poter valorizzare tutto il paese. A N. di questo si stende la cosiddetta Hoya de Huesca, a ridosso della regione montuosa pirenaica, con clima caratterizzato da forti estremi di temperatura e piogge un po' superiori ai 500 mm. I Llanos de Violada, compresi tra la Hoya de Huesca e la Sierra de Alcubierre (alta poco più di 800 m., con buoni pascoli), sono molto aridi e quasi affatto privi di vegetazione.
La parte più bassa della valle dell'Ebro costituisce le cosiddette Riberas del Ebro, formate di terreni alluvionali fertilizzati dalle acque del fiume e dei canali che ne derivano. Huertas lussureggianti si susseguono quasi ininterrottamente, spiccando tra l'aridità delle regioni contermini. Sono molto coltivati cereali, ortaggi e frutta.
La Tierra baja di Teruel è costituita da una pianura ondulata e da alcune serie di groppe collinose, dal clima arido; il paesaggio vegetale che vi predomina, quindi, è la steppa, frequentata, durante i mesi invernali, dalle gregge transumanti della regione montuosa. Le coltivazioni occupano superficie ridottissime.
La parte più meridionale dell'Aragona è prevalentemente montuosa. In mezzo alle montagne (Sierra de Albarracín, Monti Universali, Sierra de la Virgen, Sierra de Cucalón ecc.) si stendono altipiani dal clima aspro, con piogge scarse e vegetazione stepposa. Teruel, a 900 m. s. m., ha minimi invernali perfino di −20°, massimi estivi di 40° e piogge inferiori ai 400 mm. annui. Le coltivazioni sono poco redditizie, quindi la scarsa popolazione (15 ab. per kmq.) si occupa soprattutto di allevamento e dello sfruttamento di alcuni giacimenti di ferro e di lignite. La zona morfologicamente più aspra di questa parte dell'Aragona sono i Monti Universali, importante nodo idrografico, da cui traggono origine il Tago, il Jucar, il Cabriel e il Guadalaviar.
Come conseguenza delle diversissime condizioni morfologiche e climatiche tra le varie parti dell'Aragona, la popolazione risulta in essa molto inegualmente distribuita. La densità media per l'intera regione è di 21,5 ab. per kmq.; delle tre provincie che essa comprende, la più popolata è quella di Saragozza (29,4 ab. per kmq.). Le provincie di Teruel e di Huesca hanno rispettivamente 17,3 e 16,7 ab. per kmq., addensati soprattutto nelle Riberas del Ebro.
L'Aragona è un paese prevalentemente agricolo, con ricca produzione di cereali, vino, olio di oliva, frutta e ortaggi. Vi è poi qualche industria agricola (fabbricazione di vini, olî, zucchero, conserve vegetali ecc.) e, nella provincia di Teruel, vi sono alcune industrie minerarie. Molto importante è l'allevamento, soprattutto di ovini (2,5 milioni di capi). La città più importante dell'Aragona è Saragozza (152.000 ab. nel 1926), sull'Ebro, centro industriale notevole e piazza commerciale di prim'ordine. Piccole città sono gli altri due capoluoghi di provincia, Huesca (14.000 ab.) e Teruel (12.000).
Bibl.: R. Beltrón y Rázpide, Las gargantas y barrancos del Alto Aragón, in Rev. de Geogr. Colonial y Mercantil, III; L. Briet, A lo largo del río Ara, in Bol. R. Soc. Geogr. Madrid, XLVII, XLIX e LII; id., En el Alto Aragón, in Rev. de Geogr. Colonial y Mercantil, III; id., Bellezas del Alto Aragón, Huesca 1913; A. Oetli, Pirineos aragoneses: el Monte Perdido, in Peñalara, 1915; R. Torres Campos, Un viaje al Pirineo, in Bol. R. Soc. Geogr. Madrid, XXVI; L. M. Echeverría, Geografía de Espana, Barcellona 1928, voll. 3 (cfr. vol. III, pp. 7-29). Alcuni studî geologici sulle provincie aragonesi sono stati pubblicati nel Boletín Com. Mapa Geológico, dal 1873 in poi.
Storia. - Fino all'unione dell'Aragona con la contea di Barcellona. - Dopo la conquista della penisola iberica, benché gli eserciti musulmani giungessero a calcare suolo francese, non per ciò essi dominarono in tutta la regione pirenaica. Sembra certo che la parte più alta dei Pirenei centrali non fu loro sottomessa, almeno in maniera permanente. I limiti probabili della conquista araba da questa parte (tralasciando la regione cantabrica e l'estremo orientale della penisola) furono, secondo l'arabista Codera, Alquézar e Roda rispettivamente nel Sobrarbe e nel Ribagorza (NE. dell'Aragona attuale), ed Ager nel Pallars (NO. della Catalogna). In questi paesi vi furono dei nuclei primitivi di resistenza contro l'invasore, i quali operarono secondo una linea parallela, sebbene più tarda, per quanto noi ne sappiamo, alla riconquista che mosse dalla parte delle Asturie. Uno di questi nuclei è l'Aragona, la cui storia più antica è ancora poco conosciuta. Nonostante che la critica moderna abbia rifiutato definitivamente leggende e genealogie di principi, prive di ogni fondamento storico, restano ancora molte lacune e punti oscuri. Secondo Ximénez de Embún, che più di ogni altro ha recato luce sulla questione, nell'epoca in cui la famiglia dei Benicasi musulmani, di origine visigotica, lotta contro l'emiro di Cordova per dichiararsene indipendente (sec. IX), un condottiero cristiano, Aznar, prende la città di Jaca con il suo territorio e fonda la contea di Aragona. I destini di questo piccolo stato, che prende il nome dal fiumicello omonimo (NO. dell'Aragona), sono intimamente congiunti con quelli del regno di Navarra, anch'esso fondato di recente. Intercedono fra essi legami matrimoniali; è comune la difesa contro l'islamismo. Quali fossero i primi successori di Aznar I, non è ancora ben determinato. Solamente sembra certo che, alla morte d'un Galindo Aznárez (I o II?), la figlia di lui, Endregoto Galíndez, recò in dote la contea al marito García Sánchez di Navarra (925-970). Così uniti, i due popoli continuarono sotto lo scettro dei re di Navarra fino alla morte del gran re Sancio III Garcés, detto il Maggiore (1000-1035), il monarca più potente della Spagna nella sua epoca, poiché regnò anche sopra la contea di Castiglia e i territorî di Sobrarbe e Ribagorza, cioè sino alle frontiere della Catalogna. I suoi dominî vennero divisi alla sua morte tra i suoi figli: e l'Aragona, con il titolo di regno, toccò a Ramiro, figlio bastardo (1035-1063). Sotto il suo primo re lo stato aragonese, ancora di piccole dimensioni, comprendeva i corsi superiori dei fiumi Aragona, Gállego, Ara e Cinca, avendo per limite meridionale la Sierra de Guara. Il tentativo di Ramiro d'impadronirsi con le armi della Navarra, durante l'assenza del fratello, non riuscì; invece egli poté annettere il Sobrarbe e il Ribagorza, per la morte del fratello Gonzalo, al quale quei territorî appartenevano per eredità del padre. Al di là di essi, non estese molto i suoi territorî: anzi fu sconfitto ed ucciso dai Mori, all'assedio di Graus. Sotto il figlio e successore, Sancio Ramírez (1063-1094), i limiti del regno si estendono verso il S. mediante la conquista di Barbastro (1065) e di Monzón (1089). Durante questo periodo, alla morte del re di Navarra Sancio IV, si riuniscono la Navarra e l'Aragona. L'opera della riconquista è continuata dal figlio di Sancio Ramírez, Pietro I (1094-1104), conquistatore di Alcáraz (1096) e di Barbastro (1101); e specialmente sotto Alfonso I il Battagliero (1104-1134), fratello di Pietro. Benché il matrimonio di Alfonso con la regina di Castiglia non producesse, a vantaggio della Spagna cristiana, gli effetti sperati, a causa della disunione tra i coniugi e tra i sudditi rispettivi, tuttavia la sua tempra di prode guerriero fece sì che lo stato aragonese si estendesse considerevolmente a danno dei musulmani. L'ardita spedizione (1125-1126) attraverso tutta la Spagna musulmana fino a Granata, prova lo spirito bellico della piccola Aragona, e la decadenza del potere musulmano.
Con Ramiro II (1134-1137), fratello di Alfonso, uomo inetto al governo, la Navarra si stacca nuovamente dall'Aragona; ma si prepara in cambio un nuovo avvenire a quest'ultimo stato, mediante il matrimonio di Petronilla, ereditiera di Ramiro, con il conte di Barcellona Raimondo Berengario IV (1137), il quale, oltre ad espellere completamente i Mori dalla Catalogna e svolgere una politica d'espansione al di là dei Pirenei, assicura le frontiere meridionali dell'Aragona. Raimondo Berengario IV non s'intitola ancora re, bensì "principe" e "dominatore" dell'Aragona. L'unione del governo in una sola persona avviene sotto il regno del successore, Alfonso II d'Aragona (v.).
Se pochi, relativamente, e sovente oscuri sono i dati che abbiamo circa i progressi della riconquista nell'Aragona, in quei primi tempi, ancora più sconosciuta ci è la organizzazione sociale e politica della regione. La base sociale è, come in generale negli altri stati spagnoli, la distinzione per classi. Da una parte vi sono i servi, le cui condizioni vanno, con la guerra e con il ripopolamento del territorio, migliorando lentamente. Dall'altra parte, la nobiltà, che ebbe vera preponderanza, formata dai seniores (o proceres, barones, optimates), ai quali sottostavano gl'infanzones e, più tardi, i caballeros. Honores si chiamavano le rendite e i possedimenti concessi dal monarca con carattere alienabile ai seniores, oppure da questi agl'infanzones, per i servigi prestati in guerra. Con ciò si stabiliva una certa dipendenza feudale. Pari alla nobiltà, per influenza economica e per prerogative, erano il clero regolare e il secolare, cui il re e i privati facevano grandi concessioni di terre: il che portava seco l'autorità giurisdizionale sugli abitanti.
Largamente favoriti da donazioni e lasciti erano anche i due novelli ordini dell'Ospedale e del Tempio, efficaci cooperatori nell'azione della riconquista. Basti ricordare che Alfonso il Battagliero li nominò eredi dei suoi stati (e sia pure che la nomina non avesse effettuazione pratica). Politicamente tutti i poteri erano concentrati nella persona del monarca, e la regalità dovette avere le stesse prerogative e gli stessi attributi dell'epoca visigotica, vigendo ancora le stesse leggi: tra gli attributi era quello di coniare moneta, come fece Sancio il Maggiore. Da elettiva, com'era in origine, la monarchia diviene ereditaria con carattere patrimoniale, come dimostra, p. es., l'accennata ultima volontà del Battagliero. Come embrione delle Cortes, eravi la Curia, che funzionava come tribunale di amministrazione locale, come tribunale reale, come riunione dei grandi e dei prelati con il re per consigliarlo, consentire alle decisioni regie, approvare i principali atti di governo, ecc. Le Cortes proptiamente dette, nelle quali interveniva l'elemento popolare, cioè i rappresentanti delle città, non si sa quando cominciassero: forse, stando a ciò che riferisce lo Zurita, si riunirono per la prima volta a Huesca l'anno 1162. Abbiamo detto che sussisteva la legislazione visigotica, cioè il Forum Iudicum; ma sia per l'influsso dei costumi e delle consuetudini, sia per le necessità della riconquista, vennero create nuove leggi, rappresentate principalmente dalle concessioni di privilegi e statuti municipali largite dai sovrani, specialmente da Pietro I, Alfonso I e dal conte Raimondo Berengario. Caratteristiche dell'ordinamento municipale dell'Aragona furono le comunidades, costituite da città (Calatayud e Daroca e, nel periodo seguente, anche Teruel) con un certo numero di paesi, cioè le loro aldeas: le quali comunidades furono create a scopo strettamente militare, per le necessità della guerra e del ripopolamento dei territorî conquistati ai musulmani. Esse dipendevano direttamente dal re ed erano esenti da ogni signoria feudale. Circa la cultura nell'Aragona in quelle epoche di lotte e di ricostituzione, sono rari i dati che possiamo addurre. Può dirsi che tutta la scienza fosse rinchiusa nei monasteri, tra i quali il più insigne era quello di S. Juan de la Peña; si può tuttavia rammentare il libro, tanto conosciuto nel Medioevo, Disciplina clericalis, dell'ebreo convertito Pedro Alfonso, nato a Huesca nel 1062. La superiore cultura degli Arabi molto influì sopra quella dei popoli cristiani, quindi anche sull'Aragona; tanto più per i continui contatti e le relazioni tra i due popoli. Basti ricordare che alcuni re, quali Pietro I, firmano in arabo.
L'Aragona in seno alla confederazione catalano-aragonese. - Unite sotto lo scettro della casa di Barcellona, la Catalogna e l'Aragona conservano ciascuna la propria organizzazione, la propria lingua e le tradizioni proprie. Esse formano, con gli altri territorî che vanno annettendo (Valenza, Maiorca, ecc.), la confederazione catalano-aragonese, generalmente conosciuta sotto il nome generico di Aragona; i suoi sovrani adoperarono dapprima il titolo di re, solo come superiore a quello di conte. È d'uopo tenerlo ben presente, ad evitare errori assai comuni. Perciò seguiamo, come più scientifica, la tendenza di alcuni storici di usare il nome di quella confederazione per indicare l'insieme di tutti gli stati della corona e di chiamarne i sovrani conti-re di Catalogna-Aragona. La loro casa era catalana per linea maschile; ed essi particolarmente lo erano per la lingua, i costumi, i sentimenti, come fa notare il più insigne degli storici aragonesi, Zurita. Usiamo inoltre la nomenclatura catalana nel parlare dei re, perché questa essi usarono sempre, come indicano i vecchi documenti e questa, ab antiquo, serve di base alla classificazione dei fondi dell'archivio della corona d'Aragona, che è l'archivio centrale della confederazione. L'unione dei due stati fece sì, dunque, che il nome di Aragona sostituisse spesso, nella storia, quello di Catalogna. Eppure, ciò che diede maggior fama alla confederazione fu la politica di espansione mediterranea, essenzialmente catalana e dei popoli marittimi della stessa lingua. L'Aragona, da piccolo stato di scarsa vita internazionale (nonostante i suoi rapporti di carattere feudale con potenti famiglie d'oltre i Pirenei), passa a rappresentare nominalmente un gran popolo mediterraneo, in relazione costante con i grandi stati, l'Impero, la Francia, l'Inghilterra, le repubbliche italiane, la Santa Sede, ecc. Ognuno dei due stati aveva un sistema politico prodotto da un'evoluzione storica differente, e parlava un linguaggio diverso. Governati quindi da una sola persona, che necessariamente risentiva l'influsso delle proprie tradizioni familiari, si capisce come nascessero urti frequenti tra gli Aragonesi e i Catalani, tra uno spirito e l'altro, come ci rivelano i documenti e ci riferiscono le antiche cronache, sovente con aneddoti assai caratteristici. Presto cessò anche di sussistere la solidarietà contro i musulmani, poiché la riconquista da parte dell'Aragona ebbe termine nei primi tempi della Confederazione. Inoltre, l'Aragona non poteva ricavare grande vantaggio dalle costose imprese nel Mediterraneo, che invece interessavano i paesi catalani: pur apportando il suo sforzo a qualcuna di queste imprese marittime e partecipando a quella di Valenza, per assicurare le frontiere occidentali della Catalogna, messe in pericolo dall'avidità dei re di Castiglia. L'unione della Catalogna e dell'Aragona rese tuttavia possibile, con l'andar del tempo, il compromesso di Caspe, e, in seguito, la formazione dello stato spagnolo. Passiamo ora in breve rassegna le principali vicende comuni ai due stati confederati, o quelle in cui interviene l'Aragona propriamente detta (per il resto, v. catalogna, maiorca, valenza, ecc.).
Sotto Alfonso I (II; 1162-1196), che, seguendo la tradizione catalana, poté annettere alla corona territorî ultrapirenaici tra cui la contea di Provenza, l'Aragona rimane, può dirsi, libera dai musulmani. Alfonso popola la città di Teruel (1171) e crea la sua comunidad (1176). Le armi aragonesi contribuiscono alla riconquista castigliana, durante questo regno e sotto quello del figlio e successore Pietro I (II) il Cattolico (1196-1213), quando si stringe, dopo fissati i limiti fra i due paesi (1204), l'alleanza dei re di Castiglia, Navarra ed Aragona, vittoriosa alle Navas de Tolosa (1212). L'atto di sottomissione e di vassallaggio del re alla Santa Sede disgusta fortemente la nobiltà aragonese; e il malcontento, accresciuto dall'imposizione d'una tassa speciale detta del monedaje, unisce i nobili, Saragozza ed altre città in lega per la difesa della loro libertà. La morte di Pietro, nella battaglia di Muret, segna l'inizio di una grande anarchia che dura per tutto il periodo della fanciullezza del re Giacomo I il Conquistatore (1213-1276).
Grande disordine, allora, per la divisione dei nobili aragonesi in due partiti. Contro di essi il re deve lottare con molta energia durante alcuni anni, pur subendo umiliazioni di ogni sorta, come quella di vedersi prigioniero dei ricoshomes. Ma nel 1227, egli può finalmente sottomettere i suoi nemici, tra i quali lo zio Ferdinando, abate di Montearagón, capo dell'opposizione feudale aragonese. Pacificati i suoi stati, Giacomo I intraprende le sue conquiste: quella di Maiorca (1229), in cui l'Aragona non interviene come stato; e quella di Valenza (1238), nella quale ultima invece intervengono, con i Catalani, gli Aragonesi, benché a volte con una certa riluttanza, vinta dall'energia del monarca. Nella ripartizione del regno di Maiorca, gli Aragonesi ricevono le terre poste alla loro frontiera, ove portano la propria lingua e i proprî costumi. Negli ultimi anni della sua vita, così ricca di fatti gloriosi per la confederazione, il Conquistatore ha nuovi dissensi con la nobiltà aragonese, alla quale, nelle Cortes d'Egea (1265), deve riconoscere alcuni privilegi. Gravi sono anche le divergenze tra il re Pietro II (III) il Grande (1276-1285) e la nobiltà organizzata in lega (Unión). L'imposizione di tributi, necessarî al re per la guerra contro la Francia, quando questa si preparava a invadere la Catalogna, solleva contro di lui molti nobili signori, specie aragonesi, ai quali Pietro si vede costretto a concedere, nelle Cortes di Saragozza (1283), il cosiddetto Privilegio general, riconferma dei privilegi e costumi antichi dell'Aragona. Concessioni anche più importanti vengono fatte nel 1285, quando il re riconosce la validità della Unión. Sotto Alfonso II (III; 1285-1291), la nobiltà aragonese, attaccata ai suoi privilegi, non cede nella lotta contro il potere reale. Quando Alfonso comunica all'Unión di essersi ritenuto il regno di Maiorca a detrimento dei diritti del suo re Giacomo, i nobili protestano per il fatto che egli usa il titolo di re, egli che non ha giurato i privilegi dell'Aragona e non è stato incoronato a Saragozza, giusta la consuetudine dei conti-re. Levatasi in armi l'Unión, nella quale figuravano alcuni infanti e l'arcivescovo di Saragozza, invade Valenza, costringendo così il monarca a fare nuove concessioni: tra l'altro, impegnarsi a non procedere contro nessun membro dell'Unión, senza la sentenza del justicia de Aragón e a riunire Cortes annuali nella capitale aragonese, per la nomina del regio consiglio (1288-89). Mai la corona era scesa ad una più umiliante situazione! Ma molti privilegi non furono osservati.
Del regno glorioso di Giacomo II (1291-1327), più tranquillo all'interno che non quello degli antecessori, dobbiamo ricordare la partecipazione di alcuni aragonesi all'epica spedizione della compagnia catalana in Oriente, dove si stabiliva, durante quasi un secolo, un nuovo stato catalano: i ducati di Atene e di Neopatria, prima annessi alla corona di Sicilia e poi alla corona di Catalogna-Aragona (1377). Così pure, l'Aragona presta aiuto ad Alfonso III (IV; 1327-1335), nelle guerre per la conquista e per la pacificazione, mai conseguite, della Sardegna. Con l'astuto Pietro III (IV) il Cerimonioso (1335-1387), re che ora diremmo catalanista, si rinnovano le lotte tra la corona e la nobiltà aragonese. Già ai principî del suo governo, trovandosi il re nel Rossiglione (1344), alcuni nobili suscitarono guerre che lo Zurita giudica ingiuste, a detrimento dell'autorità regia. Più tardi (1347), nuova sollevazione per avere il re spogliato suo fratello Giacomo della dignità di procuratore generale a favore di sua figlia Costanza, alla quale dava il titolo di successore non avendo figliuoli maschi (contrariamente agli statuti della corona aragonese). L'infante Giacomo convoca a Saragozza buona parte della nobiltà e la maggioranza dei paesi e delle città dell'Aragona; e l'Unión rinasce poderosa, secondata da un'altra Unión valenziana. Così, nonostante l'aiuto della Catalogna, il re si vede costretto a confermare il Privilegio concesso da Alfonso II (III), nelle Cortes di Saragozza (1347), promettendo di allontanare i Catalani dal suo consiglio. Di ritorno nella Catalogna, muove con un esercito contro gli Unionisti aragonesi e li sconfigge nella battaglia di Epila (1348): dopo di che l'Unión viene abolita. A Pietro III spetta il vanto di aver creato a Huesca il primo studio generale del regno di Aragona.
Sotto gli ultimi re della casa di Barcellona, Giovanni I (1387-1396) e Martino l'Umano (1396-1410), l'Aragona segue le sorti della Catalogna e degli altri stati della corona. La morte senza successione di Martino porta seco grandi perturbamenti, per le gare fra i seguaci dei diversi pretendenti, specie fra quelli del conte Giacomo d'Urgell e di Ferdinando d'Antequera. Ciascuno dei tre stati peninsulari della Corona convoca un parlamento. Contro quello dell'Aragona, riunito a Calatayud (1411), si mettono i pochi partigiani del conte. Poco dopo, l'arcivescovo di Saragozza è assassinato da Antonio de Luna, il più accanito aderente di Giacomo, e la situazione generale si complica, fino alla conclusi9ne del compromesso di Caspe (1412, v.), a cui partecipano tre rappresentanti per ciascun regno, e in cui viene eletto, a maggioranza, Ferdinando d'Antequera. Comincia così la dinastia castigliana. Per Ferdinando erano stati i voti dei compromissori aragonesi, e la sua designazione è molto ben accetta in Aragona; ma meno accetta è a Valenza, e pochissimo nella Catalogna, dove egli svolge gran parte della sua attività politica (1412-16) e dove urta contro lo spirito del popolo. Lo stesso può dirsi di Alfonso IV (V d'Aragona e I di Napoli; 1416-1458), il cui governo segna l'ultimo periodo di gloria della confederazione catalano-aragonese, sebbene appartenga anche, e in ultimo soprattutto, alla storia d'Italia. Il regno di Giovanni II (1458-1471), odiato dai Catalani, contro i quali egli sostiene una lotta accanita, ha una grande importanza per l'avvenire dell'Aragona e di tutta la Spagna, in seguito al matrimonio dell'infante Ferdinando con Isabella di Castiglia (1469), i futuri re cattolici, sotto i quali, benché l'unione delle corone sia puramente personale, di fatto si compie l'unità della Spagna.
L'organizzazione interna del regno. - In Aragona, il re, derivando direttamente da Dio la sua autorità, aveva teoricamente, può dirsi, tutti i poteri, benché, nell'ordine pratico, essi fossero più o meno estesi, più o meno effettivi, a seconda delle vicende della lotta secolare sostenuta contro la nobiltà. Alla quale ultima Pietro il Cerimonioso diede il colpo mortale. Nella persona del re si concentrava tutta l'amministrazione dello stato, che pertanto si confondeva con quella della casa reale. Interessanti, sotto questo aspetto, sono le diverse "ordinanze della real casa", promulgate dai conti-re, da Pietro il Grande a Pietro il Cerimonioso; e specialmente interessanti quelle di Pietro il Cerimonioso, le quali, come dice lo Schwarz, non hanno pari in nessun altro gran paese latino di quel tempo. Secondo esse (1344), i quattro grandi dignitarî dell'amministrazione centrale, ai quali sono soggetti tutti gl'impiegati della corte, sono: il maggiordomo, vero direttore della casa reale; il camerlengo, al quale spetta la guardia e il servizio personale del re; il cancelliere, capo della cancelleria e del regio consiglio; il mestre racional, supremo amministratore del regio patrimonio e di tutte le entrate ed uscite. Riguardo al maggiordomo, prima delle ordinanze di Pietro III ve n'era uno per la Catalogna e un altro per l'Aragona. Nel 1344, s'unificò tale carica, benché ogni stato, Catalogna, Aragona, Valenza (con Maiorca), avesse un nobile maggiordomo, col diritto d'esercizio, quando la corte risiedeva nei rispettivi paesi. Ma si trattava, in realtà, di carica onorifica. Il regio consiglio, oltre che spprema autorità di governo, era il più alto tribunale di giustizia, che aveva come organo speciale per l'amministrazione di essa, la R. Audiencia. Ciò rispetto alla confederazione in generale: poiché l'Aragona propriamente detta ebbe, dal sec. XII, un magistrato speciale, il justicia. Le attribuzioni di questo non sono abbastanza conosciute: sappiamo però che non era giudice, e si limitava solo a promulgare le sentenze dettate dalla curia reale, sebbene, a volte, in casi concreti, giudicasse anche, ma unicamente per delegazione speciale. Con l'andar del tempo, e durante le lotte contro i re, i nobili ebbero grande interesse a rafforzarne l'autorità. Così, p. es., nelle cortes d'Egea (1265), il justicia fu convertito in una specie d'intermediario tra i nobili e il re; sotto Alfonso il Liberale, l'Unión obbliga il monarca a non procedere contro nessun capo unionista senza previa sentenza del justicia e senza approvazione delle cortes. E se Giacomo II restrinse alquanto le sue attribuzioni, Pietro III, al principio della lotta con la nobiltà aragonese, dovette riconoscere, come diritto dell'Unión, quello di deporre il monarca nel caso che questi condannasse senza sentenza del justicia. Distrutta l'Unión, svanisce il significato politico del justicia, che però acquista grande importanza dal punto di vista strettamente giuridico. Ormai egli è l'interprete dei fueros, tenendo con ciò nelle sue mani la legislazione del paese, ed è, ad istanza di parte, giudice dei contrafueros. I suoi poteri sempre più si ampliano.
La legislazione propria dell'Aragoria fu compilata, sotto Giacomo I, da Vitale di Canyelles, vescovo di Huesca; e risentì, obbedendo a una tendenza propria di tutta la legislazione europea, l'influenza del diritto giustinianeo, che il vescovo di Huesca aveva studiato in Bologna. A quella compilazione, approvata nelle cortes di Huesca del 1247, si aggiunsero in seguito i privilegi dell'Unión (1283 e 1287) ed altri fueros, elaborati in diverse cortes. I costumi giuridici (observancias) furono compilati, al tempo di Giacomo II, dal justicia Jimén Pérez de Salanova, indi da un altro justicia, Martin Diaz de Aux, sotto Alfonso il Magnanimo. Ciascuno degli stati della corona di Aragona aveva le sue proprie cortes, corts; ma vi erano, oltre queste cortes speciali, le cortes generali di tutta la confederazione le quali tuttavia legiferavano per ogni stato separatamente. Esse si solevano riunire in una città centrale: generalmente a Monzón, sulla frontiera catalano-aragonese. Il discorso della corona si pronunziava in catalano e la risposta in aragonese. La deputazione aragonese, come la catalana, la valenziana, ecc., era una commissione nominata dalle cortes e incaricata di vegliare sull'adempimento delle leggi e sul buon impiego dei fondi pubblici. Si chiamarono parlamenti le cortes celebrate in mancanza del re o di uno dei "bracci", p. es. i parlamenti funzionanti durante l'interregno dopo la morte del re Martino. Riguardo ai municipî, quelli del Nord, ove predominava un'oligarchia borghese, che generalmente si schierava a favore dei nobili e contro il re, si distinguevano nettamente da quelli del Sud, di carattere più democratico.
L'Aragona fu il più povero degli stati della corona, pur avendo un certo sviluppo agricolo in alcune delle sue regioni, ed esportando in Catalogna e nelle Fiandre principalmente olio, grano, riso, vino, zafferano, ecc. Le sue principali industrie furono la pecuaria, la concia delle pelli e la fabbricazione di tessuti di lana. Vi fu anche una certa attività commerciale, poiché conosciamo i nomi di mercanti aragonesi nelle Fiandre, in Italia e nel Nord dell'Africa.
L'Aragona dopo l'unità politica spagnola. - Unite le corone di Aragona e di Castiglia, ciascuna conservò la propria autonomia, ma si procedette rapidamente verso un'unificazione giuridica e sociale sempre più stretta, dato il carattere centralizzatore della monarchia spagnola, le nuove necessità dei tempi e i crescenti contatti tra i popoli tutti della Spagna. Le cortes aragonesi, già sotto Ferdinando il Cattolico, si adunano più raramente e non sono se non un'ombra di quello che erano state nel Medioevo, rimanendo quasi senza efficacia sulla vita del paese. Filippo II dà un colpo mortale alle libertà aragonesi, mandando a morte il justicia Juan de Lanusa (1591), per punire gli Aragonesi sollevatisi a favore di Antonio Pérez, segretario del sovrano caduto in disgrazia. Più tardi, avendo l'Aragona, nella guerra di successione, preso partito per l'arciduca Carlo - del pari che gli altri regni della corona di Aragona - i suoi fueros sono aboliti per opera di Filippo V (1707). Così sparisce definitivamente la sua autonomia, che del resto era, ormai, più apparente che reale. Il suo diritto pubblico speciale è unificato con quello della Castiglia. Nella Spagna unificata, l'Aragona apportò il suo spirito nobile e franco, la sua tenacia nelle imprese, l'amore per la libertà che, fuso con l'amore alla patria spagnola, si manifestò vivacissimo nella guerra dell'indipendenza, immortalandosi nell'assedio famoso di Saragozza (1809).
Fonti: Principalissima tra le cronache è l'opera di J. Zurita, Anales de la Corona de Aragón, Saragozza 1562-1580 (vanno dal 711 al 1510). Tra le fonti documentarie, monumentale la raccolta di H. Finke, Acta Aragonensia, voll. 3, Berlino-Lipsia 1908-1923 (per il periodo di Giacomo II, 1291-1327). Importantissime le ricerche di P. F. Kehr, Papsturkunden in Spanien. Vorarbeiten zur Hispania pontificia, II, Navarra und Aragon, voll. 2 (I, Archivberichte; II, Urkunden u. Regesten), in Abhandl. d. Gesellschaft d. Wissenschaften zu Göttingen, n. s., XXII, Berlino 1928. Il primo volume è ricchissimo di notizie storiche e di indicazioni bibl. su varî paesi dell'Aragona; il secondo, contiene documenti dal 1071 al 1216. Inoltre v. la Colección de documentos para el estudio de la historia de Aragón, Saragozza, dal 1904, voll. 12. V. anche la Revista de Aragón, Saragozza, dal 1900 al 1905.
Per le altre, v. B. Sánchez Alonso, Fuentes de la historia española e hispanoamericana, 2ª ed., Madid 1927, n. 1695 segg., a cui pure si rinvia per la bibliografia particolareggiata.
Bibl.: Opere di carattere generale: V. De Lafuente, Estudios críticos sobre la historia y el derecho de Aragón, Madrid 1884-86, voll. 3; A. Ballesteros, Historia de España y su influencia en la historia universal, II-IV, Barcellona 1920-27; F. Valls Taberner e F. Soldevila, Historia de Catalunya, II, Barcellona 1922; R. Altamira, Historia de la civilización española, Madrid 1928. Su questioni e momenti particolari: T. Ximénez de Embún, Ensayo histórico acerca los orígenes de Aragón y Navarra, Saragozza 1878; M. Danvila y Collado, Las libertades de Aragón, Madrid 1881; B. Oliver, La nación y la realeza en los Estados de la Corona de Aragón, Madrid 1884; V. Balaguer, Las instituciones y reyes de Aragón, Mdarid 1896; J. Ribera Tarragó, Orígenes del Justicia de Aragón, Saragozza 1897; A. Jiménez Soler, Organización política de Aragón en los siglos XIV y XV, Saragozza 1895; id., El poder judicial en Aragón, in Memorias de la R. Academia de Buenas Letras de Barcelona, VIII (1901), pp. 32-114; A. Jiménez Soler, La Corona de Aragón y Granada (Historia de las relaciones entre ambos reinos), in Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, III e IV (1905-1908); C. Miralles de Imperial, Relaciones diplomáticas de Mallorca y Arágon con el África septentrional durante la Edad Media, Barcellona 1904; F. Baer, Die Juden im christlichen Spanien, I, Urkunden u. Regesten, i, Aragonien u. Navarra, Berlino 1929; K. Schwartz, Aragonische Hofordnungen im 13. und 14. Jahrhundert, Berlino 1914; L. Kluepfel, Verwaltungsgeschichte des Königreichs Aragon zu Ende des 13. Jahrh., pubblicato da E. Rohde, Berlino 1915; A. Bonilla y San Martín, El derecho Aragonés en el siglo XIII, in Acta y memorias del Congreso de Historia de la Corona de Aragón, I (1922), p. 173 segg.; P. F. Kehr, Das Papsttum und das Reich von Aragonien im XI. und XII. Jahrh., in Abhandl. der Preuss. Akademie der Wissensch., Phil-hist. Klasse, Berlino 1928. Importante pure sulle origini: M. Serrano y Sans, Noticias y documentos históricos del contado de Ribagorza hasta la muerte de Sancho Garcés III, Madrid 1912.