Abstract
Le controversie nascenti dagli investimenti diretti privati esteri possono manifestarsi tra Stati (lo Stato ospite dell’investimento e lo Stato di cittadinanza dell’investitore) per effetto dell’esercizio della protezione diplomatica, oppure tra un privato investitore e lo Stato ospite. Nel nostro tempo, la fattispecie più frequente è quella della risoluzione diretta delle controversie tra imprese straniere e Stati in materia di investimenti diretti esteri tramite arbitrato internazionale. Il principale meccanismo arbitrale è quello regolato tramite la Convenzione di Washington del 18 marzo 1965 che ha istituito l’ICSID, il Centro internazionale per la soluzione delle controversie in materia di investimenti. Per essere sottoposta a tale tipo di arbitrato o conciliazione, la controversia deve essere giuridica, deve riguardare un “investimento” di un privato – anche una piccola o media impresa - che abbia la nazionalità di uno Stato parte della Convenzione di Washington, e deve esistere nei confronti di un altro Stato parte, lo Stato ove l’investimento è stato realizzato. Il lodo arbitrale che ne risulta non è un lodo straniero, come accade nell’arbitrato commerciale internazionale (pure utilizzabile in tale categoria di controversie), bensì è un lodo internazionale la cui particolare forza obbligatoria deriva dalla Convenzione di Washington e che, a differenza di un lodo straniero, non può essere impugnato dinanzi ad un giudice nazionale.
Nel diritto internazionale tradizionale la materia degli investimenti esteri si trovava assorbita in quella più generale del trattamento dello straniero in diritto internazionale pubblico e pertanto le eventuali controversie si risolvevano sul piano interstatuale (v. Investimenti - dir. int.). A tale risultato si può arrivare ancor oggi tramite l’istituto della protezione diplomatica con cui uno Stato può agire a tutela di un proprio cittadino i cui diritti siano stati lesi dal comportamento illecito, commissivo od omissivo, di uno Stato estero. Condizione necessaria per l’esercizio della protezione diplomatica resta quella del previo esaurimento dei ricorsi interni nello Stato ospite. In base a tale istituto, l’investitore i cui diritti siano stati lesi dallo Stato ospite deve agire di fronte ai giudici nazionali di quest’ultimo e fino a quando i rimedi interni non siano stati esperiti non è possibile per lo Stato di origine esercitare la protezione diplomatica del proprio cittadino.
Nel nostro tempo, ciò si verifica assai raramente e la fattispecie più frequente è invece quella della risoluzione arbitrale diretta delle controversie tra imprese straniere e Stati in materia di investimenti diretti esteri (v. anche Arbitrato internazionale [dir. int. priv]).
L’arbitrato, infatti, «è un processo privato, volto ad una giustizia alternativa rispetto a quella di cognizione somministrata dal giudice statuale. Ha per oggetto controversie su posizioni e pretese giuridiche; si svolge innanzi ad un privato – l’arbitro – con la partecipazione dei litiganti in contradditorio; mette capo ad una disposizione, il lodo dell’arbitro vincolante tra le parti» (Fazzalari, E., Arbitrato nel diritto processuale civile, in Dig. civ., Aggiornamento, I, Torino, 2000, 81; v. anche Arbitrato rituale. Convenzione arbitrale e arbitri). Ed infatti, anche nel contesto degli investimenti diretti esteri, l’arbitrato garantisce giudicanti di varia estrazione che risultano, in the eyes of the parties, certamente più affidabili di giudici aventi la stessa nazionalità di una delle parti, in particolare quelli che risultano espressione dello Stato ospite. Al riguardo, basti ricordare il brocardo nemo iudex in re sua. Infine, va sottolineata la “depoliticizzazione” della controversia che si ottiene proprio attraverso un arbitrato tra lo Stato ed il privato straniero superando così, in radice, la soluzione classica della gestione diplomatica ed interstatuale di tale tipo di controversie.
A partire dal secondo dopoguerra, si è sviluppato un ampio dibattito circa la tutela degli investimenti privati nei Paesi in via di sviluppo, con particolare riferimento al settore della ricerca mineraria e petrolifera.
In tale contesto, tramite la Convenzione di Washington del 18 marzo 1965 (d’ora in avanti Convenzione ICSID), conclusa sotto gli auspici della Banca mondiale, venne istituito il Centro internazionale per il regolamento delle controversie in materia di investimenti (International Center for Settlement of Investment Disputes - ICSID) al fine precipuo di risolvere le controversie tra Stati e privati stranieri. Hanno firmato la Convenzione ICSID 162 Paesi, e ben 153 tra di essi (all’11 gennaio 2018) hanno depositato lo strumento di ratifica diventandone membri effettivi. L’Italia ha ratificato la Convenzione ICSID tramite la l. 10.5.1970, n. 1093 e, a seguito del deposito della ratifica, la Convenzione è entrata in vigore per l’Italia il 28 aprile 1971.
Il Centro ha sede presso la Banca mondiale (BIRS/IBRD) a Washington ed è retto da un Consiglio d’amministrazione, presieduto dal Presidente della Banca Mondiale e composto dai rappresentanti di ogni Stato membro con un segretariato (artt. 4-8). Il Segretario generale, eletto dal Consiglio a maggioranza dei due terzi dei componenti, è il legale rappresentante del Centro di cui è a capo dell’apparato amministrativo. Detta funzione comprende, in primis, quella di decidere quali controversie rientrano nella competenza del Centro e poi di amministrare i procedimenti arbitrali che si svolgono sotto l’egida dell’ICSID assolvendo a funzioni di cancelleria con competenza ad autenticare i lodi ed a fornire copie autentiche dei medesimi (artt. 9-16).
Spetta al Consiglio di amministrazione l’emanazione del regolamento di arbitrato e di altre regole del Centro. Scopo dell’ICSID è, inter alia, proprio quello di incoraggiare – sia pure in modo indiretto – gli investimenti privati all’estero attraverso la predisposizione di meccanismi internazionali a carattere conciliativo-arbitrale in grado di risolvere effettivamente le controversie tra Stati e privati stranieri in subiecta materia. In breve, affinché la Convenzione ICSID si applichi ad un caso di specie, occorre puntualmente verificare che essa sia in vigore tra lo Stato ospite e quello di cittadinanza o nazionalità dell’investitore privato al momento in cui si invoca. Si tratta di questioni che si possono agevolmente risolvere con riferimento al diritto internazionale dei trattati. La Convenzione ICSID entra in vigore rispetto a ciascuna Parte contraente solo trenta giorni dopo il deposito dello strumento di ratifica presso la Banca mondiale (art. 73). Viceversa, la denuncia della Convenzione prende effetto 6 mesi dopo la ricezione di tale atto unilaterale da parte della Banca mondiale (art. 71). Così, ad esempio, la Bolivia, il Venezuela e l’Ecuador hanno denunciato detta Convenzione e oggi non ne sono più Parti contraenti.
«Nessuno Stato contraente», enuncia l’art. 27 della Convenzione ICSID, «accorderà protezione diplomatica o avanzerà pretese internazionali in relazione ad una controversia che uno dei suoi nazionali ed un altro Stato contraente hanno consentito di sottoporre o abbiano sottoposto ad arbitrato nel quadro della presente Convenzione, salvo il caso in cui tale altro Stato contraente non si conformi e non abbia dato esecuzione alla sentenza arbitrale resa in tale controversia».
Lo Stato destinatario dell’investimento e lo straniero si confrontano direttamente nel procedimento arbitrale internazionale, un procedimento amministrato da un organismo internazionale, l’ICSID, che si caratterizza per la sua completa autonomia ed autosufficienza rispetto a qualsiasi ordinamento giuridico nazionale, incluso quello della sede dell’arbitrato.
L’art. 26 della Convenzione ICSID prevede che: «[i]l consenso delle Parti all’arbitrato, previsto dalla presente Convenzione, salvo indicazione contraria, è considerato come consenso a tale arbitrato ad esclusione di qualsiasi altro mezzo di tutela. Uno Stato contraente può richiedere l’esaurimento dei ricorsi amministrativi o giudiziari interni quale condizione del suo consenso all’arbitrato previsto dalla presente Convenzione».
Non si richiede, però, un completo esaurimento dei mezzi di ricorso interni al pari di quanto avviene, seppure con diverse modalità, dinanzi ad altri tribunali internazionali.
D’altra parte, una clausola di elezione del foro competente all’interno di un contratto tra Stati e privati stranieri può vanificare l’effetto della precitata norma di cui all’art. 26. Ci possono poi essere dei trattati che prevedono una cd. clausola fork in the road, ossia electa una via non datur recursus ad alteram. Per effetto di tale clausola, spetta all’investitore privato l’esercizio dell’opzione tra i giudici nazionali dello Stato ospite oppure l’arbitrato internazionale. Una volta esercitata tale opzione, però, la scelta diviene definitiva.
Altri trattati prevedono che, prima di poter iniziare l’arbitrato, l’investitore privato debba iniziare il contenzioso dinanzi ai giudici dello Stato ospite per un dato periodo (di solito 18 mesi). Nonostante tale condizione restrittiva, si è comunque riusciti ad iniziare direttamente l’arbitrato avvalendosi della clausola della Nazione più favorita, una soluzione che, oggi, appare ridimensionata dalla Risoluzione di Tokyo dell’Institut de Droit International del 2013.
Tre sono le forme fondamentali in cui si ha manifestazione del consenso all’arbitrato ICSID.
In primo luogo, il ricorso all’arbitrato ICSID può fondarsi su apposite clausole arbitrali contenute in contratti tra Stati e privati stranieri, ossia contratti, anche di sviluppo economico, i quali prevedono che, in caso di controversia relativa all’esecuzione ed interpretazione del contratto, l’investitore possa fare ricorso al Centro. Si può dire che, fino alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso, si trattava della fattispecie più frequente ma poi la giurisprudenza ha ammesso che l’accordo arbitrale possa perfezionarsi in fasi successive, non più solo in un unico strumento.
Così, a partire dal 1992 – e si tratta della seconda tipologia di fattispecie – si è arrivati ad ammettere che un investitore privato possa iniziare un procedimento arbitrale ICSID direttamente contro uno Stato straniero basando la propria richiesta di arbitrato su un trattato bilaterale di investimento (BIT). Una delle clausole tipiche dei BITs è infatti quella che disciplina la soluzione delle controversie, non solo – e com’è ovvio – tra gli Stati parti del trattato, ma soprattutto tra l’investitore e lo Stato ospite.
Perciò, a partire dalla celebre pronuncia nel caso AAPL c. Sri Lanka (27.6.1990, in ILM, 1991, 577) gli arbitri hanno ricavato il consenso dello Stato convenuto nel procedimento arbitrale non più solo da una clausola compromissoria preesistente alla controversia o da un compromesso, bensì direttamente dalle norme interstatali di un BIT. A siffatta conclusione si è pervenuti considerando che la specifica richiesta di arbitrato dell’investitore (privato) appare di per sé idonea ad integrare un’accettazione della proposta di arbitrato, di carattere generale e permanente, contenuta nel trattato bilaterale di investimento stipulato tra lo Stato ospite, con il quale è insorta controversia, e lo Stato di appartenenza dell’investitore medesimo. In altre parole, l’espressione del consenso all’arbitrato internazionale non deve più essere contemporaneamente e contestualmente manifestata dall’investitore e dallo Stato ospite ma può verificarsi in forma “disgiunta”, ossia in momenti diversi e tramite atti diversi seppure convergenti. Pertanto, l’inizio del procedimento arbitrale ICSID da parte dell’investitore straniero costituisce accettazione della proposta di arbitrato manifestata dallo Stato al momento dell’entrata in vigore del BIT; poco importa se ciò è avvenuto anni prima e tale offerta di arbitrato è rivolta ad incertam personam.
Infine, il terzo e diverso metodo consiste nel provare il consenso dello Stato ospite attraverso la propria legislazione nazionale (ad esempio, la normativa nazionale in materia di investimenti diretti esteri). In tal caso, anche qui l’inizio del procedimento arbitrale da parte dell’investitore privato costituisce “accettazione” della proposta generale di arbitrato a suo tempo formulata, in via unilaterale, dallo Stato ospite attraverso detta legislazione.
Per quanto concerne le materie arbitrabili, in linea generale vi rientrano le classiche questioni in materia di espropriazioni e di determinazione del relativo indennizzo; per cui esiste anche un’apposita disciplina di diritto consuetudinario. Al riguardo, l’art. 25 della Convenzione ICSID detta i limiti della competenza arbitrale data la genericità della nozione di investimento.
Ad esempio, nell’accordo bilaterale tra Italia e Marocco, del 18 luglio 1990, si ha, all’art. 1, par. 1, lett. a) e b), che: «[p]er ‘investimento’ si intende, indipendentemente dalla forma giuridica prescelta e dall’ordinamento giuridico di riferimento, ogni bene investito, prima o dopo l'entrata in vigore del presente Accordo, da persone fisiche o giuridiche, compreso il Governo di una Parte contraente, nel territorio dell’altra Parte Contraente, in conformità delle leggi e dei regolamenti di quest’ultima. In tale contesto di carattere generale il termine ‘investimento’ include principalmente ma non esclusivamente: - a. diritti di proprietà su beni mobili ed immobili, nonché ogni altro diritto di proprietà come ipoteche, privilegi pegni usufrutti legati all’investimento; - b. azioni, obbligazioni, quote di partecipazione ed ogni altro titolo di credito nonché titoli pubblici in genere».
Infatti, il dato che caratterizza il nostro tempo è lo sviluppo degli oltre tremila accordi internazionali in materia di investimento ciascuno dei quali specifica l’investimento meritevole di tutela e prevede specifici standard di trattamento dell’investitore privato. Esistono anche alcuni trattati multilaterali in materia come per esempio il Chapter 11 del North American Free Trade Agreement (NAFTA) del 1992 ed il Trattato sulla Carta dell’energia (art. 26) pur se non è più in vigore per l’Italia. Occorre poi aggiungere le norme sugli investimenti diretti esteri (IDE) previste dai vari accordi di libero scambio (FTA) inclusi quelli conclusi dall’Unione europea (v. Investimenti - dir. int.).
Al riguardo, la giurisprudenza arbitrale ha delineato una sempre più marcata distinzione tra le azioni basate sul trattato (Treaty claims) e quelle basate sul contratto con lo Stato ospite (Contract claims). Tali problematiche emergono quando un investimento viene realizzato tramite un contratto tra un investitore privato straniero e lo Stato ospite, pur essendo in vigore un BIT che, appunto, già tutela gli investimenti in via generale ed astratta. L’incoerenza fra i due strumenti (il contratto ed il trattato) può portare così ad una situazione in cui, mentre il contratto contiene una clausola di designazione del foro competente, il trattato prevede l’arbitrato ICSID. Allo stato attuale della giurisprudenza, gli arbitri ICSID hanno limitato la propria giurisdizione ai soli Treaty claims. Ma esistono fattispecie più complesse. Alcuni trattati, infatti, contengono delle cd. clausole ombrello (cd. umbrella clause) il cui effetto è quello di sussumere le materie dedotte in contratto nel trattato internazionale. Qui, dunque, la giurisdizione arbitrale ICSID si espande per abbracciare la disciplina del trattamento dell’investitore straniero prevista dal contratto pur se differente da quella indicata nel trattato.
La Convenzione ICSID si applica, secondo quanto previsto all’art. 25, alle controversie «di natura giuridica», tra uno Stato contraente (o ente pubblico od organismo dipendente dallo Stato stesso, che esso indica al Centro) e un soggetto (persona fisica o giuridica) di un altro Stato contraente, le quali siano in relazione diretta con un investimento e che le parti abbiano consentito per iscritto di sottoporre al Centro. Qui, dunque, il legame di cittadinanza per le persone fisiche o di nazionalità per le persone giuridiche diviene esiziale.
Così, ad esempio, sempre nel BIT tra l’Italia e il Marocco, all’art. 1, par. 2, si prevede che : «[p]er ‘investitore’ si intende una Persona fisica o giuridica di una Parte Contraente che abbia effettuato, effettui o abbia assunto obbligazione di effettuare investimenti nel territorio dell’altra Parte Contraente. - a) per ‘persona fisica’ si intende, per ciascuna Parte Contraente, una persona fisica che ne abbia per legge la cittadinanza. - b) per ‘persona giuridica’ si intende, con riferimento a ciascuna Parte Contraente, qualsiasi entità avente sede nel territorio di una di esse e da quest'ultima riconosciuta secondo la sua legislazione. Il termine ‘persona giuridica’ comprende in particolare Istituti pubblici, società di persone o di capitali, fondazioni associazioni e questo indipendentemente dal fatto che la responsabilità sia limitata o meno».
Il numero delle cause sottoposte all’ICSID è aumentato notevolmente negli ultimi anni. «Ogni procedimento arbitrale», così dispone l’art.44 della Convenzione ICSID, «è condotto in conformità con le disposizioni della presente sezione e, salvo diverso accordo tra le parti, col Regolamento di arbitrato in vigore alla data in cui esse hanno convenuto il ricorso all’arbitrato. Il Tribunale risolve ogni questione procedurale non prevista dalla presente sezione o dal Regolamento di arbitrato o da qualsiasi regola concordata tra le parti».
Per iniziare un procedimento arbitrale ICSID occorre registrare la domanda di arbitrato presso il Segretariato del Centro il quale ne invia copia all’altra parte (art. 36). Il Segretario generale avvia la procedura amministrativa effettuando un esame preliminare circa la ricevibilità della domanda di arbitrato, verificando che non sia manifestamente fuori dall’ambito di competenza del Centro (art. 36, par. 3). Le parti nominano gli arbitri – normalmente tre – in base al regolamento arbitrale ICSID – e di diversa nazionalità (artt. 37-40) scegliendoli nella lista di quelli proposti da ciascuno Stato membro ICSID oppure al di fuori da tale lista. In caso di inerzia nella designazione, provvede il Presidente del Consiglio di amministrazione dell’ICSID (che è ex officio il Presidente della Banca mondiale) (art. 38).
La sede dell’arbitrato è fissata, ai sensi dell’art. 62 della Convenzione ICSID, presso la sede del Centro, ossia a Washington salva la diversa volontà delle parti di svolgere i procedimenti di conciliazione e di arbitrato «nella sede della Corte permanente d’arbitrato o di qualsiasi altra istituzione appropriata, pubblica o privata, con cui il Centro abbia concluso accordi a questo scopo; oppure - b. in qualsiasi altro luogo approvato dalla Commissione o dal Tribunale dopo aver consultato il Segretario generale» (art. 63).
Una volta costituito il tribunale arbitrale, ha inizio il procedimento vero e proprio con la trasmissione del fascicolo al tribunale; lo scambio di memorie, documenti, le dichiarazioni testimoniali (witness statements), le consulenze tecniche (expert reports); le udienze ed il lodo (art. 31 ss. del Regolamento di arbitrato ICSID). Qualora vi fossero delle eccezioni circa la giurisdizione arbitrale il procedimento potrà articolarsi in due fasi, con diversi provvedimenti decisori, solo ed eventualmente l’ultimo dei quali sarà sul merito. Nel 2006, per ottemperare alle richieste della cd. “società civile” e fare fronte alle critiche, è stata introdotta la regola di cui all’art. 37, par. 2, del Regolamento di arbitrato ICSID volta a disciplinare il ruolo del cd. amicus curiae. Del pari, nel 2013, sono state adottate le UNCITRAL Rules on Transparency in Treaty-Based Investor-State Arbitration.
Al termine del procedimento il lodo, deciso a maggioranza, viene redatto per iscritto, è ampiamente motivato ed è firmato dagli arbitri. È dunque possibile la produzione di un’opinione dissenziente (dissenting opinion) da parte dell’arbitro dissenziente. Il Centro pubblica i lodi arbitrali previo consenso delle parti (art. 48) e fino ad oggi quasi tutti i lodi sono stati pubblicati, suscitando altre e diverse critiche sulla coerenza della “giurisprudenza” che si è sviluppata. Il fallimento del TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) e le ulteriori critiche provocate dai meccanismi arbitrali di tali accordi hanno indotto l’Unione europea ad elaborare un progetto di corte permanente (Investment Court System) sul modello dell’Organo d’appello dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC/WTO), da impiegare negli accordi commerciali.
Va infine osservato che l’art. 64 della Convenzione ICSID e i lavori preparatori indicano che un eventuale arbitrato tra Stati non deve interferire con l’arbitrato tra Stati e privati stranieri.
A differenza di quanto avviene nell’arbitrato commerciale internazionale ove l’arbitro ha comunque una lex arbitri statale di riferimento, l’arbitro ICSID non ne possiede alcuna essendo il procedimento arbitrale ICSID completamente internazionalizzato. Circa l’individuazione della legge applicabile al merito della controversia, l’art. 42 della Convenzione ICSID così dispone: «1. Il Tribunale si pronuncia sulla controversia conformemente alle norme di diritto convenute tra le parti. In difetto di accordo tra le parti, il Tribunale applica la legge dello Stato Contraente parte nella controversia – ivi comprese le norme relative ai conflitti di legge – come pure i principi di diritto internazionale in materia. / 2. Il Tribunale non può rifiutarsi di giudicare eccependo il silenzio o l’oscurità della legge. / 3. Le disposizioni dei precedenti paragrafi non pregiudicano la facoltà del Tribunale, se le parti sono d’accordo in tal senso, di statuire ex aequo et bono».
Al riguardo, come si è indicato poc’anzi, la volontà delle parti può essere manifestata nel contratto, se si ha un contratto tra uno Stato e un privato straniero; in un compromesso arbitrale o, ancora, nel trattato internazionale applicabile a cui il contratto rinvia. Per quanto riguarda l’oggetto della scelta della legge applicabile, la locuzione «norme di diritto» («rules of law» nel testo ufficiale) lascia alle parti la più ampia latitudine. Pertanto, possono fare riferimento al diritto di uno Stato dato, sia a regole non appartenenti ad alcun ordinamento statale (ad es., i Principi Unidroit sui contratti commerciali internazionali e gli usi del commercio internazionale; v. l’art. 6 della Risoluzione dell’Istituto di Diritto internazionale di Santiago di Compostela del 1989).
Viene ammessa anche la fattispecie della scelta implicita pur se in circostanze eccezionali e solo quando è inequivoca.
In caso, invece, di assenza di scelta del diritto applicabile al merito, occorre fare riferimento alla legge nazionale dello Stato ospite «ivi compresi» i principi di diritto internazionale in materia, la cui funzione può essere “integrativa” del diritto nazionale applicabile, oppure – e qui le polemiche si fanno aspre – “correttiva”. In tale ultimo caso, si ammette che se una data soluzione nazionale risulta manifestamente incompatibile con una norma internazionale applicabile (ad es. quella di un BIT), quest’ultima deve prevalere per il principio di superiorità del diritto internazionale sul diritto interno. Si tratta, com’è noto, di standard internazionali che prevedono il trattamento giusto ed equo, la piena protezione e sicurezza; la tutela contro il trattamento arbitrario e discriminatorio da parte dello Stato ospite; il trattamento nazionale e quello della Nazione più favorita (v. Investimenti - dir. int.). Le parti poi possono anche chiedere agli arbitri di decidere secondo equità ma qui occorre una manifestazione espressa ed inequivoca della loro comune volontà.
Una volta pronunciato dagli arbitri, il lodo ICSID viene trasmesso alle parti a cura del Segretariato. Per ottenere il riconoscimento e l’esecuzione di un lodo ICSID, occorre presentare copia del lodo, certificata conforme dal Segretario generale del Centro, al tribunale competente dello Stato in cui si richiede l’exequatur. L’esecuzione avviene secondo le norme nazionali del giudice richiesto e, a tale fine, va precisato che l’adozione di un qualsiasi procedimento che non si limitasse alla verifica dell’autenticità del titolo esecutivo è da considerare contrario alla Convenzione ICSID. Infatti, la Convenzione ICSID obbliga tutti gli Stati nei confronti dei quali è in vigore, a riconoscere e a dare esecuzione ai lodi arbitrali ICSID, come se si trattasse di decisioni definitive dei propri giudici nazionali e prescindendo da qualunque controllo di merito. Gli artt. 53-55 della Convenzione ICSID dispongono il carattere autonomo ed obbligatorio dei lodi non solo tra le parti, ma anche tra gli Stati contraenti. In altre parole, il lodo ICSID non è mai un “lodo straniero” (ai sensi, ad es. della Convenzione di New York del 10 giugno 1958 e della Convenzione di Ginevra del 21 aprile 1961), poiché la sua forza obbligatoria deriva dalla Convenzione ICSID. Ne risulta un rafforzamento della tutela dell’investitore privato in ipotesi di mancata esecuzione spontanea del lodo, aumentando così la fiducia degli investitori rispetto all’efficacia di tale meccanismo e dunque, incentivandoli a realizzare investimenti transnazionali di medio-lungo periodo soggetti ad importanti rischi politici e commerciali. Resta fermo però, in base all’art. 55 della Convenzione, che non viene modificata la materia dell’immunità degli Stati esteri sicché l’eventuale eccezione di immunità resta variamente configurata nello spazio e nel tempo.
Infine, va sottolineato che l’eventuale sospensione dell’esecuzione di un lodo ICSID, la sua revisione ed il suo annullamento, non possono essere richieste al giudice nazionale ad quem bensì, esclusivamente, al Centro. L’art. 52 della Convenzione ICSID indica, tassativamente, i motivi di annullamento del lodo: a) il vizio nella costituzione del Tribunale; b) il manifesto eccesso di potere da parte del Tribunale; c) la corruzione di un membro del Tribunale; d) l’inosservanza grave di una regola di procedura fondamentale; e) il difetto di motivazione della sentenza.
La decisione relativa all’annullamento di un lodo ICSID spetta ad un Comitato ad hoc di tre membri nominati dal Presidente del Centro. Non si tratta di un meccanismo di appello ma solo di un peculiare meccanismo di revisione e di annullamento del lodo.
Le eventuali controversie nascenti dall’interpretazione ed applicazione della Convenzione ICSID possono essere sottoposte dagli Stati contraenti alla Corte internazionale di giustizia, mediante ricorso unilaterale (art. 64).
Il 27 settembre 1978, il Consiglio di amministrazione dell’ICSID ha adottato le Additional Facility Rules che hanno ampliato le competenze del Centro rispetto a controversie non direttamente derivanti da operazioni di investimento oppure a controversie in cui lo Stato destinatario o quello di cui l’investitore è cittadino non siano membri dell’ICSID. Del pari, si è regolato un procedimento di inchiesta finalizzato al mero accertamento dei fatti (fact finding procedure). È essenziale notare, tuttavia, che ai procedimenti istituiti in base alle Additional Facility Rules non si applicano le vantaggiose norme della Convenzione ICSID in materia di exequatur dei lodi, sicché l’eventuale esecuzione viene affidata alla disciplina arbitrale in vigore nel foro del giudice richiesto (ad es. se ivi è in vigore, alla Convenzione di New York del 1958).
Pur essendo l’arbitrato ICSID il principale procedimento o comunque il più specializzato meccanismo per la soluzione delle controversie in materia di investimenti diretti esteri, non si tratta dell’unica forma di arbitrato possibile. In modo emblematico, la Corte permanente di arbitrato ha varato appositi regolamenti arbitrali (PCA Arbitration Rules 2012) ove si prevede l’amministrazione di contenziosi tra Stati, tra due Parti ove una soltanto tra esse è un ente statale, tra Stati ed organizzazioni internazionali nonché tra queste ultime e soggetti privati.
Altri arbitrati transnazionali tra Stati e privati stranieri vengono amministrati da enti privati come la International Chamber of Commerce (ICC), la London Court of International Arbitration e l’Arbitration Institute della Stockholm Chamber of Commerce.
Infine, come spesso è avvenuto in passato, le parti possono accordarsi per un arbitrato ad hoc e dunque nell’accordo arbitrale si «riservano di determinare in tutto o in parte, la composizione del collegio, le regole di procedura che quest’ultimo sarà tenuto ad osservare, la sede ed ogni altra caratteristica del procedimento» (Bernini, G., L’arbitrato. Diritto interno, Convenzioni internazionali, Bologna, 1993, 124). In tal caso, le parti spesso decidono di riferirsi al Regolamento arbitrale UNCITRAL .
In questi casi, che esulano dall’applicazione della Convenzione ICSID, va sottolineato che si tratta di procedimenti assimilabili a quelli tra privati rientranti nella disciplina generale dell’arbitrato commerciale internazionale (v. Arbitrato internazionale - dir. int. priv.) con ciò che ne consegue in materia di eseguibilità transnazionale del lodo arbitrale e sul regime delle impugnazioni.
Fonti normative
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