Archita di Taranto
Matematico e filosofo (n. a Taranto intorno al 430 a.C.). Esponente della scuola pitagorica, figlio di Mnesagora o Estieo, fu per sette volte stratego, mostrando senno e prudenza; e sembra non sia mai stato vinto. Della sua opera non restano che frammenti. Attraverso Cicerone (De senectute, 39), si ricava l’immagine di un uomo austero, che visse secondo le rigide prescrizioni pitagoriche. Morì forse nella seconda metà del 4° sec. naufragando sulle rive dell’Apulia, ma l’identificazione con l’A. di cui parla Orazio nelle Odi (I, 28) non è certa. Fu celebrato anche come fondatore della meccanica scientifica; gli si attribuisce, fra l’altro, l’invenzione della vite, della puleggia e di una colomba meccanica capace di volare. Studiò le proporzioni e le progressioni, distinguendo, forse per primo, la progressione aritmetica da quella geometrica. Studiò una curva per la soluzione del problema della duplicazione del cubo, importante anche perché pare sia la prima curva sghemba studiata in geometria. Delle molte opere non restano che frammenti. Come teorico musicale contribuì, con gli altri pitagorici, probabilmente edotti del fenomeno della risonanza, all’enunciazione di regole per la composizione delle scale in dati intervalli; a lui spetta, tra l’altro, il calcolo della quinta come somma di un intervallo di 5/4 e di uno di 6/5 (cioè di due terze, una maggiore e una minore).