aritmetica
Dal contare al far di conto
Fin dai tempi più antichi, l'uomo ha sentito l'esigenza di contare gli oggetti che lo circondavano: per questo ha inventato i numeri. Ben presto, all'esigenza di contare si è affiancata quella di eseguire operazioni sui numeri. È nata così l'aritmetica, quella parte fondamentale della matematica che si occupa dello studio dei numeri e delle operazioni che si possono eseguire su di essi. Lo sviluppo dell'aritmetica ha seguito diverse tappe fondamentali, che hanno portato all'introduzione di nuovi numeri oltre ai numeri naturali usati per contare: i numeri interi relativi, i numeri razionali, i numeri reali
Il termine aritmetica deriva dalla parola greca arithmetikè, a sua volta formata a partire dai termini arithmòs ("numero") e tèchne ("tecnica"), e significa "arte dei numeri". L'aritmetica è, in effetti, l'arte di combinare i numeri in base a procedure diverse, chiamate operazioni. Si occupa delle operazioni elementari: addizione (+), sottrazione (−), moltiplicazione (×) e divisione ( : ), delle frazioni, delle estrazioni di radice e dei logaritmi.
I primi a servirsi della parola 'aritmetica' sono stati i discepoli di Pitagora. I pitagorici hanno stabilito la distinzione tra numeri pari e numeri dispari e hanno scoperto i numeri primi, cioè quelli divisibili solo per l'unità e per sé stessi. Verso il 300 a.C. Euclide, ha esposto queste e altre nozioni di aritmetica e geometria nella sua opera più famosa, gli Elementi. Nei secoli successivi si sono interessati all'aritmetica Archimede ed Eratostene, l'inventore del crivello, un metodo per trovare i numeri primi più piccoli di un intero assegnato.
Si chiamano numeri naturali i numeri interi positivi, cioè 1, 2, 3, 4, … I numeri naturali sono stati i primi a essere inventati, sulla spinta dell'esigenza di contare gli oggetti, e l'atto del contare, cioè di indicare il numero degli oggetti appartenenti a un determinato insieme, ha dato inizio alla matematica.
In aritmetica, un'operazione è un procedimento che permette di associare a due elementi un terzo elemento, il risultato dell'operazione. L'addizione, l'operazione fondamentale dell'aritmetica, è, in pratica, la prosecuzione dell'atto del contare. Supponiamo di avere un insieme di cinque pecore e un altro insieme di quattro pecore. Per sapere quante pecore abbiamo in tutto, cioè per eseguire l'addizione fra il numero delle pecore del primo insieme e quello delle pecore del secondo, basta proseguire la conta delle pecore, continuando a contare, dopo l'ultima pecora del primo insieme, quelle del secondo: si arriva a nove, il numero totale (cioè la somma) delle pecore. In simboli matematici, l'addizione cui abbiamo appena accennato si scrive 5+4=9. Se, anziché contare per prime le pecore del primo insieme, avessimo contato per prime le pecore del secondo insieme, saremmo giunti allo stesso risultato, eseguendo l'addizione 4+5=9. L'addizione, infatti, gode della proprietà commutativa: cambiando l'ordine dei numeri da sommare il risultato non cambia.
La continuità fra l'atto del contare e le operazioni aritmetiche è riflessa anche nel linguaggio naturale, in cui l'espressione far di conto indica proprio l'esecuzione delle operazioni aritmetiche.
Le operazioni basilari dell'aritmetica hanno tra loro legami molto stretti. La moltiplicazione, per esempio, è un'estensione dell'addizione. Moltiplicare 7×4 significa sommare 7 volte 4 o 4 volte 7: il risultato è 28 in entrambi i casi.
La sottrazione è l'operazione inversa rispetto all'addizione. Calcolare la differenza fra il numero 7 e il numero 4 significa trovare quel numero (3) che sommato a 4 dà 7:
7−4=3 e 3+4=7.
L'ultima operazione restante, la divisione, è l'inversa della moltiplicazione. Infatti, dividere il numero 8 per il numero 4 significa trovare quel numero (2) che moltiplicato per 4 dà 8.
Gli elementi che vanno sommati nell'addizione sono chiamati addendi e somma il risultato; nella moltiplicazione, gli elementi di partenza si chiamano fattori e il risultato prodotto. Nella sottrazione e nella divisione, i due elementi su cui si opera hanno nomi diversi: minuendo il primo e sottraendo il secondo, nella sottrazione (il risultato si chiama differenza), dividendo il primo e divisore il secondo, nella divisione (il risultato si chiama quoziente).
Contrariamente all'addizione, la sottrazione, se ci si limita a usare i numeri naturali, non sempre è possibile. Dati due numeri naturali, è sempre possibile calcolarne la somma, ma nel caso che il minuendo sia minore del sottraendo, la sottrazione non si può eseguire. Per esempio, non è possibile calcolare la differenza fra 4 e 7, presi nell'ordine. Non esiste alcun numero naturale tale che, sommato a 7, dia 4; viceversa, esiste il risultato della sottrazione che ha per minuendo il numero 7 e per sottraendo il numero 4. Da ciò si deduce che la sottrazione non gode della proprietà commutativa: non è vero che, scambiando di posto i due elementi della sottrazione, il risultato non cambia, anzi, in uno dei due casi, il risultato non esiste proprio. Questo fatto è indicato, implicitamente, dai diversi nomi che sono stati dati ai due elementi di partenza della sottrazione. Mentre entrambi gli elementi dell'addizione si chiamano addendi e sono interscambiabili, i due elementi della sottrazione hanno nomi diversi (minuendo e sottraendo) e non sono interscambiabili.
Per far sì che anche la sottrazione fosse sempre eseguibile, i matematici hanno inventato i numeri interi relativi, aggiungendo ai numeri naturali (interi positivi) lo zero e i numeri negativi. Questo è di grande utilità perché spesso, anche nella vita di tutti i giorni, capita di dover sottrarre a un certo numero un numero più grande. Per esempio, se, durante la notte, in una località già piuttosto fredda, la temperatura diminuisce, scendendo di 5 gradi rispetto ai 2 gradi del giorno, il termometro indicherà una temperatura di −3 gradi, ossia di 3 gradi sottozero. In termini aritmetici si scrive
2−5=−3.
I numeri (interi) relativi sono, quindi … −5, −4, −3, −2, −1, 0, +1, +2, +3, +4, +5, …
Nell'insieme dei numeri interi relativi, la sottrazione esiste sempre, ossia, dati due numeri relativi, la loro differenza è ancora un numero relativo. Ma nemmeno questi numeri bastano per soddisfare tutte le esigenze della matematica. Se ci si limita a operare con i numeri interi relativi, la divisione non sempre è possibile. Dati due numeri interi relativi, è sempre possibile calcolarne il prodotto, mentre nel caso che il dividendo non sia divisibile per il divisore (un numero è divisibile per un altro se esiste un terzo numero che moltiplicato per il secondo dà come risultato il primo), la divisione non si può eseguire. Per esempio, non è possibile calcolare il quoziente fra 10 e 4: non esiste alcun numero intero relativo che, moltiplicato per 4, dia 10.
Sempre in analogia con la sottrazione eseguita nell'insieme dei numeri
naturali, anche nel caso della
divisione eseguita nell'insieme dei numeri relativi l'operazione non gode della proprietà commutativa. Anche in questo caso, notiamo che il mancato godimento della proprietà commutativa è riflesso nel fatto che i due elementi della divisione (come quelli della sottrazione e contrariamente a quelli dell'addizione e della moltiplicazione) hanno nomi diversi: dividendo e divisore.
Per far sì che la divisione fosse sempre possibile, i matematici, quindi, hanno dovuto ampliare ancora l'insieme dei numeri con cui aveva a che fare l'aritmetica: si è passati così dai numeri interi (relativi) ai numeri razionali.
Si chiama frazione una coppia ordinata di interi relativi: il primo si chiama numeratore, il secondo denominatore. Il numeratore indica il numero di parti che si prendono in considerazione, il denominatore indica quali parti vengono considerate (terzi, quarti, decimi e così via).
Considerando una frazione come il quoziente di due numeri interi relativi, si può anche dire che il numeratore è il dividendo e il denominatore è il divisore.
Si dicono equivalenti due frazioni ottenibili l'una dall'altra moltiplicandone o dividendone per uno stesso numero numeratore e denominatore. La frazione 4/7 e la frazione 20/35 sono equivalenti: la seconda si ottiene dalla prima moltiplicandone il numeratore e il denominatore per 5. Frazioni equivalenti fra loro rappresentano uno stesso rapporto; a questo rapporto si dà il nome di numero razionale (l'aggettivo razionale deriva dalla parola latina ratio, che significa, appunto, "rapporto").
Nell'insieme dei numeri razionali, la divisione esiste sempre, ossia, dati due numeri razionali, il risultato della loro divisione è ancora un numero razionale, ma non è possibile sommare fra loro frazioni che abbiano denominatori diversi, per esempio 2/3 e 3/4. Per poterlo fare dobbiamo trasformarle in frazioni equivalenti con lo stesso denominatore: 8/12 e 9/12. Allora si può scrivere: 8/12+9/12=17/12. Il numero 12 è il minimo comune multiplo di 3 e 4, cioè il più piccolo numero divisibile sia per 3 sia per 4.
Con le operazioni di base dell'aritmetica si possono definire nuove procedure che si basano sulla loro ripetizione. Abbiamo visto che una somma di tanti addendi uguali si può 'abbreviare' scrivendola sotto forma di prodotto; viceversa, un prodotto può essere concepito come una somma di addendi tutti uguali fra loro.
Analogamente, un prodotto di tanti fattori uguali si può abbreviare indicando il fattore che viene ripetutamente moltiplicato per sé stesso e il numero di volte che la moltiplicazione va eseguita. Si dà luogo così a un'operazione chiamata elevamento a potenza, i cui elementi di partenza si chiamano, rispettivamente, base ed esponente, e il risultato potenza. Esempio: 3×3×3×3=34=81. In questo esempio, 3 è la base, 4 l'esponente e 81 la potenza. La scrittura simbolica 34 si legge 'tre alla quarta'.
Se l'esponente è 2, anziché 'alla seconda', si può dire 'al quadrato'; se l'esponente è 3, anziché 'alla terza', si può dire 'al cubo': questo perché l'elevamento alla seconda corrisponde al calcolo dell'area di un quadrato di lato pari alla base della potenza e l'elevamento alla terza corrisponde al calcolo del volume di un cubo di lato pari alla base della potenza.
L'operazione di elevamento a potenza risponde all'esigenza di trovare il risultato del prodotto di un certo numero (base) per sé stesso un certo numero di volte (esponente). Prendiamo un caso molto semplice (dove 10 è la base, 2 l'esponente e 100 la potenza): 10×10=102=100.
A questa operazione corrispondono due operazioni inverse: l'estrazione di radice e la ricerca del logaritmo. Nel nostro caso, l'estrazione di radice consiste nel trovare il numero, 10, che, elevato alla seconda (al quadrato), dà come risultato 100:
√100=10.
La ricerca del logaritmo consiste nel trovare quel numero, 2, che, posto come esponente di 10, dà come risultato 100. Insomma, l'estrazione di radice corrisponde a trovare la base della potenza, la ricerca del logaritmo a trovare l'esponente della potenza.
L'estrazione di radice non è sempre possibile nell'insieme dei numeri razionali: se ne accorsero per primi i pitagorici, quando cercarono di calcolare (col famoso teorema di Pitagora) la misura della diagonale di un quadrato di lato 1. Per la precisione, i pitagorici si accorsero, e riuscirono a dimostrare rigorosamente, che la radice quadrata di 2 (√2) non è un numero razionale, cioè non si può scrivere in forma di frazione, ovvero come rapporto di due numeri interi. Per rendere sempre possibile l'estrazione di radice di un numero (positivo), i matematici furono quindi costretti ad ampliare ancora l'insieme dei numeri razionali, aggiungendovi i cosiddetti numeri irrazionali: l'insieme dei numeri razionali e dei numeri irrazionali costituisce l'insieme dei numeri reali.
I numeri primi sono ancor oggi uno degli argomenti più studiati dell'aritmetica, e interessano anche chi si occupa di trasmissione di informazioni riservate. Attraverso procedure molto complicate, infatti, si possono usare i numeri primi per scrivere in codice messaggi segreti, in modo che possano essere capiti soltanto da chi possiede la chiave di decifrazione.
Carl Friedrich Gauss, matematico tedesco dell'Ottocento, è stato uno dei più grandi geni di tutti i tempi e ha dimostrato le sue eccezionali capacità fin da scolaro. Quando l'insegnante di matematica gli chiese di sommare i numeri naturali fino a 100, Gauss trovò una soluzione davvero ingegnosa per arrivare al risultato. Si accorse che sommando 1 a 100 si ottiene 101, ma anche sommando 2 a 99 si arriva a 101 e così proseguendo con 3 e 98. Sommando i numeri che hanno una posizione corrispondente da destra e da sinistra sulla scala dei numeri si ottiene un risultato fisso: 101. Procedendo in questo modo, si ricavano cinquanta coppie. Gauss capì che si otteneva lo stesso risultato, 5050, sia sommando uno per uno i numeri naturali fino a cento sia sommando 101 per cinquanta volte o, il che è lo stesso, moltiplicando 101 per 50.
Supponiamo di voler trovare tutti i numeri primi minori di 25. Per ottenere questo risultato, cancelleremo dalla successione dei numeri naturali minori di 25 tutti i numeri che non sono primi. Cominciamo da 1: 1 è un numero primo (quindi non lo cancelliamo). 2 è un numero primo (è l'unico numero primo pari, essendo divisibile soltanto per 1 e per sé stesso). A questo punto, cancelliamo tutti i multipli di 2 minori di 25: 4, 6, 8, 10, 12, 14, 16, 18, 20, 22, 24. 3 è un numero primo. Cancelliamo, ora, tutti i multipli di 3 minori di 25 che non abbiamo ancora cancellato: 9, 15 21. Il numero 4 lo abbiamo già cancellato, in quanto multiplo di 2. Il numero 5 è primo e i suoi multipli minori di 25 (10, 15, 20) li abbiamo già cancellati. Il procedimento è finito: i numeri che sono rimasti (non cancellati) sono tutti i numeri primi minori di 25. In generale, per trovare tutti i numeri primi minori di un certo numero N, basta procedere come indicato fino al numero √N: in questo caso √25=5