ARLES
(lat. Arelate, Arelatum, Arelas)
Città della Francia sud-orientale, nel dip. delle Bouches-du-Rhône.Situata sul delta del Rodano in una regione occupata dai Rodi nel sec. 8° o 7° a.C., passò, già dal sec. 6°, a far parte della repubblica greca di Marsiglia, città della quale divenne rivale dopo essere entrata nella confederazione celto-ligure, con il nome di Arelate. Nel 46 a.C. fu colonizzata da Giulio Cesare che le annetté parte del territorio di Marsiglia. Altri benefici le pervennero in seguito dagli imperatori permettendole di diventare nel 395 capitale della prefettura delle Gallie (Constans, 1921).Pur essendo leggendaria l'attribuzione a s. Trofimo della fondazione della Chiesa di A., tuttavia la città figura già nel 254 come sede di diocesi con il vescovo Marciano, anche se le più antiche iscrizioni cristiane risalgono solo al sec. 4° e il primo documento ufficiale - una lettera papale che conferiva al vescovo i poteri metropolitani - al 417 (Albanés, Chevalier, 1900, nrr. 12, 37). In seguito la città fu occupata dai Visigoti, dagli Ostrogoti, dagli Arabi e da Carlo Martello, fino a che nel sec. 10° divenne la capitale del regno di A. - che comprendeva la Provenza e la Borgogna - e quindi nel 1131 'città libera'; dal 1212 ebbe anche suoi statuti municipali grazie a Federico II. Dopo la signoria di Carlo d'Angiò venne annessa al regno di Francia ed ebbe inizio la sua decadenza, anche in seguito all'interramento del porto (Bautier, 1980). Nella A. moderna è ancora riconoscibile la città romana di Ottaviano con il tracciato a scacchiera al cui interno si trovavano i criptoportici e, più a E, il teatro. A S, vicino al Rodano, era collocato il circo su cui nel Medioevo si impiantò il Bourg-Vieux, mentre sulla riva opposta del fiume erano dislocate le attrezzature portuali (cantieri, arsenale, magazzini, scali) a formare il primo nucleo del quartiere che nel Medioevo venne chiamato Insula Gallica, oggi Trinquetaille. Tra la fine del sec. 1° e gli inizi del 2° A. si estese verso N con l'anfiteatro, giungendo, anche da questo lato, fino al fiume sul quale fu gettato un ponte. In seguito fu costruito un tempio all'interno dei criptoportici e il forum; A. era inoltre provvista in epoca romana di due acquedotti (Benoit, 1958). La città antica era quindi divisa dal Rodano in due nuclei: il primo, sulla riva sinistra, più vasto e densamente costruito, il secondo sulla sponda destra, adibito principalmente alle operazioni portuali e collegato all'altro da un ponte. Su questi due nuclei fu edificata nel Medioevo la nuova città, la duplex Arelate (Ausonio, Ordo urbium nobilium, XVIII, 73).La Vita s. Hilarii, vescovo di A. alla metà del sec. 5°, menziona nella città tre basiliche: "Constantia [...] beati ac primi Martyris Stephani [...] B. Genesii" (AASS. Maii II, pp. 29, 33), le ultime due in relazione al trasporto del corpo di Ilario dalla basilica di S. Stefano a quella di S. Genesio nel 449. Il santo al quale era dedicato quest'ultimo edificio era venerato ad A. in due chiese suburbane su entrambe le rive, poste rispettivamente sul luogo del martirio, a Trinquetaille, e della sua sepoltura, ad A.: "illic sanguine [...] hic corpore" (AASS. Augusti V, p. 135; Benoit, 1935). Genesio fu seppellito ad A. agli Aliscamps, cimitero pagano divenuto il primo nucleo cristiano della città, attraversato dalla via della Crau e citato anche nella Guide du pèlerin de Saint-Jacques-de-Compostelle come luogo di pellegrinaggio (Vielliard, 1938).La fortuna del culto di s. Genesio durò fino alla fine del sec. 4°, cioè fino al momento in cui la Chiesa di A. diede corpo alla leggenda di s. Trofimo come primo vescovo della città, al quale vennero attribuite più o meno tutte le fondazioni religiose. Questi, nato a Efeso e, secondo la leggenda, discepolo di s. Paolo, venne inviato in missione in Gallia, giungendo così ad A. nel 46. Riunì una piccola comunità religiosa agli Aliscamps dove successivamente fondò la chiesa di Notre-Dame-Toujours-Vierge o de-Grâce. Costretto a fuggire, si rifugiò nei pressi della città, in una grotta sulla quale in seguito venne edificata l'abbazia di Montmajour; tornato ad A., convertì il prefetto che gli donò, sul luogo dell'attuale cattedrale di Saint-Trophime, una sala del suo palazzo, trasformata nell'oratorio di S. Stefano (Rouquette, 1974). Tutte le più grandi fondazioni ecclesiastiche, documentate storicamente dalle fonti, sono comprese nella leggenda. Se infatti nella Vita s. Hilarii viene citata la chiesa Constantia, sulla cui collocazione ancora si discute (Hubert, 1947b; Benoit, 1951; Février, 1964), è pur vero che le altre due sono invece rintracciabili in seguito agli scavi.La chiesa di Saint-Genès agli Aliscamps - citata appunto nel sec. 5° come già esistente e, secondo la tradizione, fondata sulla chiesa dedicata da s. Trofimo alla Vergine Maria - fu donata nel sec. 11° ai monaci marsigliesi di Saint-Victor che le diedero il doppio titolo di Saint-Genès e Saint-Honorat. Si tratta di una chiesa che racchiude in sé molti caratteri del Romanico provenzale, pur essendo stata completata, anche con la copertura, solamente nella zona orientale. Alla seconda metà del sec. 12° sono infatti riferibili la parte absidale, il transetto (originariamente poco sporgente), i muri perimetrali, compresa la facciata edificata fin sopra il portale, e la prima campata della navatella settentrionale alla quale si aggiunse, nei secc. 16° e 17°, la campata corrispettiva della navata laterale destra. La zona completata venne separata con un muro provvisorio dalla parte priva di copertura che fungeva da atrio. Questa fase costruttiva, in sé omogenea, si era venuta però a impiantare su un'altra chiesa del sec. 11°, iniziata dai monaci di Saint-Victor e ancora documentabile nel muro nord della navatella sinistra che ingloba appunto due piedritti con un arco. Si tratta probabilmente dei resti dell'atrio di questo primo edificio, caratterizzato da un orientamento (N-S) diverso da quello della chiesa attuale (E-O). Se riguardo alla campagna costruttiva del sec. 12° si può parlare di Romanico provenzale per la cupola sull'incrocio del transetto, le volte a botte sulle campate - a eccezione di quelle meridionali del transetto - e la campata a botte di tipo borgognone davanti al coro, lo stesso si può dire anche per la terza e ultima fase medievale: quella del 1205 ca. che interessò soprattutto la decorazione. Le basi delle otto colonnine addossate all'interno dell'abside documentano infatti una serie di archeggiature cieche che, abbinate alle nervature piatte della calotta, accomunano Saint-Honorat con Les-Saintes-Maries-de-la-Mer e la Major di Marsiglia (Benoit, 1938).La cattedrale del sec. 5°, citata come S. Stefano nella Vita s. Hilarii, è stata riportata in luce sotto Saint-Trophime. A seguito delle invasioni barbariche essa era stata trasferita qui, al centro di A., tra il teatro e il foro, dall'angolo sudorientale della città, cioè dal quartiere cristiano dell'Auture. Qui erano dislocate sei o sette chiese tra le quali quella di Notre-Dame-la-Major (consacrata nel 453), che conserva, della metà del sec. 12°, solo la navata, mentre la contemporanea abside, ornata con colonne di basalto e porfido, è stata sostituita nel sec. 16° (nel Mus. d'art religieux è conservata la c.d. fibbia di s. Cesario, un avorio del sec. 6°). Dopo il trasferimento della cattedrale all'interno della città, la vecchia costruzione, quella a S-E dell'agglomerato urbano, fu ampliata dal vescovo Cesario (502-543) per adibirla a chiesa dell'abbazia fondata dal santo nel 503 a Insula Gallica (Février, 1964) oppure nel 507 agli Aliscamps (Benoit, 1951) e qui trasferita per ragioni di sicurezza. Si trattava di una 'chiesa tripla', costituita da tre navate con tre altari, consacrata nel 524. La nave centrale che inglobava la vecchia costruzione era dedicata alla Vergine, le laterali, una a s. Giovanni e l'altra, fino al sec. 14°, a s. Martino, dopodiché fu consacrata a s. Biagio. Di questa antica costruzione, però, permangono solo in parte le dedicazioni, acquisite poi da quegli edifici costruiti posteriormente che occuparono l'area delle due primitive navatelle: Saint-Jean-du-Moustier e Saint-Blaise (Hubert, 1947b; Benoit, 1951). Il primo ricorda con il suo titolo il battistero, già esistente quando Cesario prese possesso della cattedrale e compreso poi dal vescovo all'interno del perimetro del monastero (Benoit, 1951). Si tratta di una chiesa della quale rimangono l'abside, la prima campata e la base dei muri della seconda, inglobati nella casa vicina, elementi questi che denunciano nella loro tipologia e decorazione una datazione al sec. 12° (Benoit, 1951; Revoil, 1867-1874, I, datava invece queste strutture al sec. 9°) e un ambito culturale che rientra perfettamente in quello provenzale. Anche questo edificio è infatti caratterizzato dalla stretta campata a botte che precede l'abside, dalla decorazione interna di quest'ultima ad archeggiature cieche (in parte di restauro) sormontate dalla calotta partita da nervature piatte, ma soprattutto da un culto per l'antico che indusse i costruttori a realizzare all'interno pilastri scanalati e capitelli a foglie d'acanto e a scandire esternamente l'abside con paraste anch'esse scanalate, sormontate da capitelli e cornice 'classici' (Lassalle, 1970). Saint-Blaise, invece, venne eretta sul luogo di sepoltura di s. Cesario e in questo luogo infatti sembra sia stato ritrovato il coperchio del sarcofago del santo, conservato oggi, con molti altri, nel Mus. Lapidaire d'Art Chrétien (Benoit, 1954, nr. 100). La chiesa, che denuncia varie fasi costruttive, la prima delle quali, riferibile alla metà del sec. 12°, era caratterizzata da una scansione a tre navate con volte a botte e da un transetto coperto all'incrocio da una cupola a padiglione, come nella Sainte-Croix di Montmajour. Alla fine del secolo le tre navate vennero unificate e la larga navata che derivò dalla fusione fu coperta da una volta a botte spezzata. La chiesa fu poi ingrandita nel sec. 13° con l'aggiunta della terza campata che, aumentandone il volume, comportò l'uso dei vasi di risonanza alla base della volta (Rouquette, 1974).La cattedrale di Saint-Trophime è attualmente a tre navate con transetto e vasto coro con deambulatorio, questi ultimi però databili al 15° secolo. Essa viene identificata con il S. Stefano citato nella Vita s. Hilarii, con la chiesa cioè che fu trasferita qui dal quartiere dell'Auture nella prima metà del sec. 5° ed edificata su una struttura del Basso Impero, ancora documentabile nella serie di sale rettangolari ritrovate con gli scavi del 1835 nella parte occidentale dell'edificio, in corrispondenza della facciata e delle prime campate (Labande, 1903); a questa prima costruzione è stato riferito un capitello bizantino trovato a Saint-Trophime e oggi al Mus. Lapidaire d'Art Chrétien (Borg, 1972). Dal 972 nella chiesa sono documentate anche le reliquie di s. Trofimo e il nome di questo santo viene quindi associato a quello di Stefano, fino a che quest'ultimo viene prevaricato dal primo, pur mantenendo l'edificio la doppia titolazione (Albanés, Chevalier, 1900, nr. 275). La storia costruttiva della chiesa è strettamente legata a queste vicende. Alla fine del sec. 10° infatti, quando sono documentate le reliquie di s. Trofimo nell'edificio (Rouquette, 1974), o più probabilmente alla metà del sec. 11°, quando si cominciò a costruire il monastero (Thirion, 1976) -decisamente superata risulta la datazione al sec. 8°, proposta da Labande (1903; 1904) -, viene riferita una campagna costruttiva documentabile ancora nelle parti basse della facciata, dei muri perimetrali e appunto nella parete occidentale delle costruzioni canonicali, l'attuale sacrestia. Si trattava di una chiesa con navata conclusa da tre absidi e probabilmente con un transetto forse coperto sull'incrocio da una cupola. Nel 1152, secondo le fonti, venne traslato ufficialmente all'interno dell'edificio il corpo del nuovo patrono, non più citato dal 1078 (Albanés, Chevalier, 1900, nrr. 568, 2524). Viene quindi ipotizzata, nel corso di questi anni, un'altra campagna di lavori che giustificherebbe, secondo Labande (1903; 1904, p. 6, n. 5), il silenzio delle fonti sulle reliquie e il ritorno di queste nel 1152. Thirion (1976), invece, propende per uno spostamento all'interno stesso della chiesa del corpo del santo durante i lavori ed eventualmente per un allontanamento momentaneo in occasione della consacrazione, atto forse a rendere più imponente la celebrazione. In ogni caso, comunque, la critica è concorde nel porre entro la data di consacrazione una grande campagna costruttiva non come prodotto omogeneo, ma come risultante di numerosi interventi da scaglionarsi tra la fine del sec. 11° e il 1152. Secondo Rouquette (1974) a questa data era completato più o meno tutto l'edificio: le tre navate di cinque campate, il transetto e le tre absidi semicircolari (la centrale venne in luce con gli scavi di Revoil del 1867), oggi scomparse insieme alla cripta sottostante. Per Thirion (1976), invece, nel 1152 era conclusa solo la parte orientale dell'edificio, cioè il coro, il transetto con cupola sull'incrocio sormontata da una torre ottagonale - poi sostituita da una a base quadrata - e l'ultima campata delle tre navate. Successivamente (1155-1170) sarebbero state aggiunte le altre quattro campate, le parti superiori dell'ultima e coperto tutto il corpo longitudinale con una volta a botte spezzata (mezze botti nelle navate laterali) che sostituì anche le capriate dell'ultima campata già costruita. Si tratta quindi di un edificio architettonicamente abbastanza eccezionale nella regione, per l'uso delle tre navate (preferite alla più comune navata unica del Midi e riscontrabili in pochi altri edifici tra cui la Major di Marsiglia, la chiesa di La Garde-Adhémar, Saint-Paul-Trois-Châteaux, Saint-Paul-de-Mausole e la stessa Saint-Honorat agli Aliscamps), per la loro notevole altezza e per il transetto, singolare sia per dimensioni sia perché associato alle tre navate e non al vano unico.A S-E della chiesa, ma in posizione sopraelevata rispetto a essa, fu edificato il chiostro in più campagne costruttive; di queste, le prime due interessarono le gallerie settentrionale e orientale, dove sono raffigurati i temi dell'Antico e Nuovo Testamento. Pur essendo di epoche diverse, sono entrambe coperte da botti su archi trasversi che si scaricano su grossi pilastri, mentre le gallerie meridionale e occidentale, edificate nel sec. 14°, sono coperte da volte a crociera. In quelle settentrionale e orientale i quattro pilastri (intervallati da tre colonnine binate, i cui capitelli interni istoriati con il tema della Resurrezione, nella galleria nord, e della Vita di Cristo, nella galleria est, si contrappongono a quelli esterni con motivi ornamentali) sono decorati da grandi statue che nei pilastri angolari si alternano ai rilievi della liturgia pasquale e dei santi della Chiesa di Arles. Per il chiostro sono state proposte datazioni diverse: al 1120-1140 (von Stockhausen, 1936; Hamann, 1955), al 1150 ca., in relazione a una datazione alta di Saint-Gilles (Stoddard, 1973), e al 1180 ca. (Labande, 1903; 1904; Lacoste, 1976), quest'ultima decisamente convincente, in quanto basata su validi dati storici, relativi all'inizio della vita comunitaria a Saint-Trophime. Se infatti nella bolla del 1153 di Anastasio IV non figura ancora nessuna menzione al riguardo, in un documento del 1180 sono invece già citate le costruzioni canonicali e nel 1186 in una bolla di Urbano III la riforma risulta avvenuta da poco (Albanés, Chevalier, 1900, nrr. 573, 665, 2541). La galleria nord è quindi databile dopo il 1180 e più probabilmente al 1180-1190, come ha proposto Thirion (1976) per valide ragioni stilistiche. I lavori del chiostro vennero poi interrotti con il pilastro nord-orientale nel quale figura la statua di S. Andrea, vicina stilisticamente ai capitelli della galleria orientale. Per questi - a eccezione di quelli della prima campata ancora databili agli ultimi anni del sec. 12° - è stata proposta una cronologia tra il 1204 e il 1220 (Thirion, 1976), che quindi presuppone una lunga interruzione nei lavori tra le due gallerie, forse dovuta alla ribellione dei canonici nei confronti dell'arcivescovo nel 1194, successivamente acquietata nel 1204 (Albanés, Chevalier, 1900, nrr. 696, 762). Solamente nel sec. 14° venne terminato il chiostro con le altre due gallerie - per le quali Aubert-Susini (1958), propone una datazione alla seconda metà del sec. 13° - una delle quali, la meridionale, illustra il Roman de Saint Trophime, mentre quella occidentale accoglie vari temi in modo incoerente.All'interno del vasto complesso scultoreo, costituito soprattutto dalle gallerie settentrionale e orientale, sono state individuate numerose personalità artistiche - sulle quali ancora si discute - legate alla vicina Saint-Gilles e alla scultura dell'Italia settentrionale da strette influenze, ma non da identità di mani, anche se Lacoste (1976) ha proposto l'identificazione del Maestro di s. Paolo di A. con quello che aveva eseguito il S. Giovanni e il S. Paolo nel portale di Saint-Gilles, mentre de Francovich (1952) - seguito da Rouquette (1974) e, con alcune riserve, da Lacoste (1976) - aveva attribuito il capitello della Fuga in Egitto di A. all'Antelami. Legato al ruolo che ebbe la chiesa nel sec. 12° come stazione importante sulla via di pellegrinaggio per Compostella, il portale presenta un vasto tema iconografico, incentrato sul Giudizio universale e sul culto dei santi venerati nell'edificio. Si tratta di un corpo leggermente aggettante, a terminazione triangolare, fittamente scolpito e quindi in netto contrasto con la facciata nuda sulla quale è apposto. Esso è trattato come 'monumento classico' nella sua struttura generale, in alcuni particolari decorativi e iconografici, ma soprattutto nei caratteri stilistici, concretamente ispirati all'Antico e al Paleocristiano (Lassalle, 1970). Nella lunetta il Cristo nella mandorla è fiancheggiato dai simboli degli evangelisti e sovrasta i grandi santi della Chiesa con S. Trofimo e S. Stefano, venerati nell'edificio. Le figure sono disposte frontalmente entro scomparti delimitati lateralmente da colonne e da pilastri decorati a racemi e superiormente da due fregi continui. Sul primo di questi si snoda la teoria dei beati che si dirige verso il Cristo, quella dei dannati che se ne allontana e, al centro, quella degli apostoli assisi; sul secondo fregio sono scolpite scene dell'Infanzia di Cristo e sull'alto zoccolo che sostiene le statue dei santi la raffigurazione della lotta tra il bene e il male. Il portale della chiesa è collegato stilisticamente alla galleria nord del chiostro, non al punto di far ipotizzare un'identità di mani - lo stile dei maestri del chiostro è forse rintracciabile, come ha proposto Borg (1972), in altri monumenti provenzali quali Saint-Gabriel, Saint-Paul-Trois-Château, Les-Saintes-Maries-de-la-Mer -, ma sicuramente in modo da rendere convincente una sua datazione tra il 1180 e il 1200, cioè tra i lavori della prima e della seconda galleria (Labande, 1903; 1904; Thirion, 1976). A questa cronologia si oppone quella di Borg (1972), sostenuta anche da Rouquette (1974), che mette in relazione il completamento del portale con l'incoronazione del 1178 di Federico Barbarossa come re di A. a Saint-Trophime, e quella di Stoddard (1973) al 1160-1170, basata su una datazione alta di Saint-Gilles (1140-1150). La critica comunque concorda nel ritenere il portale di Saint-Trophime, successivo al chiostro, direttamente influenzato da questo ed eseguito da più maestri la cui singola partecipazione all'opera non è stata però ancora ben puntualizzata.
Bibl.:
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