Armi
I ritrovamenti archeologici inducono a ritenere che le prime armi usate dall'uomo abbiano fatto la loro comparsa durante l'ultima glaciazione, circa 70.000 anni fa; si trattava di clave, lance e pietre (che venivano scagliate contro il nemico). La lancia, con la sua punta in osso o in legno indurito al fuoco, è la prima arma 'costruita'.Nel corso del Mesolitico (tra il 12000 e l'8000 a. C.), apparvero quattro nuove armi fondamentali: l'arco, la fionda, la daga (spada corta) e la mazza.Anche le armi più antiche, come quelle odierne, possono essere classificate in armi a breve, a medio e a lungo raggio. La lancia aveva un raggio d'azione di circa 20 metri, mentre con l'arco si poteva uccidere a una distanza tre volte maggiore; se scoccate a ripetizione, le frecce potevano svolgere la funzione di una primitiva artiglieria. La fionda era ancora più letale dell'arco e poteva colpire a distanze maggiori (oltre 200 metri). Il raggio d'azione e l'effetto letale della fionda erano così grandi che nell'esercito romano, migliaia d'anni più tardi, esistevano ancora reparti di frombolieri. La daga e la mazza - che in seguito divenne l'ascia di guerra - resero più micidiale il combattimento corpo a corpo: quasi sempre un sol colpo inferto con queste armi risultava fatale.
Nelle società preistoriche non si producevano armi specificamente destinate alla guerra, né esistevano individui specializzati nella fabbricazione di armi. Per l'uomo preistorico le armi da usare in guerra erano le stesse di cui si serviva per cacciare, e ciò spiega perché i migliori cacciatori fossero anche comandanti sul campo; è pur vero che sacerdoti e sciamani presiedevano alla fabbricazione delle armi e le benedicevano per dotarle di poteri magici, ma non esisteva un''industria bellica' autonoma; un tale sviluppo si sarebbe verificato per la prima volta svariati secoli più tardi, al tempo degli Egizi.Dopo l'invenzione delle armi appena descritte, il principale progresso nel settore fu l'impiego del rame per la loro fabbricazione (4000 a.C. circa). A sua volta il rame fu - intorno al 3000 a.C. - sostituito col bronzo, un composto di rame e stagno, che si rivelò più resistente e quindi più adatto per forgiare armi. Questa rivoluzione tecnologica coincise con la nascita dell'Impero egizio e determinò la creazione dei primi grandi eserciti, nonché l'avvento dell'era delle guerre 'moderne'. Gli eserciti dei faraoni furono i primi al mondo a essere costituiti da forze permanenti di coscritti. Gli Egizi schieravano normalmente armate di 25.000 uomini. Le difficoltà inerenti alla fabbricazione delle armi in bronzo portarono alla creazione della prima industria bellica a carattere permanente.
Gli Egizi, per primi, impiantarono un'organizzazione militare di tipo moderno, basata su: a) un esercito permanente, formato da truppe di leva e da ufficiali professionisti appositamente addestrati; b) una tecnologia bellica estremamente innovativa (gli Egizi inventarono la balista); c) un sistema logistico militare saldamente radicato nella società civile; d) formazioni da battaglia di grandi dimensioni, come quelle odierne.Nel 1600 a.C. gli Hyksos invasero l'Egitto. Essi rivoluzionarono l'arte della guerra con l'invenzione del carro da combattimento, antenato del moderno carro armato. Trainato originariamente da quattro buoi o muli, il carro degli Hyksos trasportava una piattaforma di tiro, su cui prendevano posto arcieri o lancieri. Sostituendo le ruote piene con ruote a raggi, cerchiate in metallo, e ideando un modello di carro a due ruote, trainato da cavalli, gli Egizi migliorarono notevolmente il carro militare, rendendolo più veloce e agile.Gli Egizi, inoltre, inventarono l'arco composto, costruito con listelli d'osso o di legno. Questo procedimento costruttivo accrebbe la distanza e la precisione del tiro e la capacità di penetrazione delle frecce. Grazie anche alla nuova punta metallica di cui queste erano dotate, un arco egizio poteva uccidere fino a una distanza di quasi 300 metri, distanza mai più superata, neppure dagli archi moderni.Durante le età del Rame e del Bronzo comparvero anche l'elmo (in bronzo), la corazza a maglia, l'ascia a lama metallica e la spada di bronzo.
Dal 1200 a.C. fino all'avvento di Alessandro Magno (336 a.C.) la tecnologia delle armi progredì lungo tre direttrici parallele per opera degli Assiri, dei Persiani e dei Greci.
Il 1200 a.C. segna l'inizio dell'età del Ferro e il sorgere dell'Impero assiro. Se è vero che furono gli Ittiti a usare per primi, in guerra, armi di ferro, furono però gli Assiri ad adottarle sistematicamente. Le armi di ferro duravano di più e potevano facilmente perforare gli scudi, gli elmi e le corazze di bronzo. Il minerale di ferro, inoltre, era più agevolmente reperibile dello stagno alluvionale necessario per la produzione del bronzo, e una volta che il procedimento per ricavare il ferro, coperto da segreto militare, fu conosciuto da altre popolazioni, il numero delle armi di ferro crebbe vertiginosamente.
Gli Assiri non solo furono maestri nell'impiego del carro da combattimento, ma istituirono anche, primi nella storia, reparti di cavalleria. La cavalleria assira era una forza formidabile, il cui mantenimento comportava metodi logistici moderni (analoghi a quelli adottati da Napoleone). Gli ufficiali assiri addetti alla logistica - chiamati musarkisus - acquistavano e allevavano quasi tremila cavalli al mese. Gli Assiri, assai più degli Egizi, edificarono una società militarizzata, dedita alla conquista. In particolare essi furono dei maestri nella guerra d'assedio; i loro eserciti comprendevano reparti specializzati di genieri e 'guastatori', il cui compito era quello di superare le difese delle città fortificate. Furono gli Assiri che inventarono l'ariete, la torre da assedio e la scala portatile. Alla capacità organizzativa gli Assiri aggiunsero un'ulteriore arma: la dimensione degli eserciti. Essi furono capaci di schierare sul campo tra i 100.000 e i 200.000 uomini, una forza equivalente - secondo gli standard moderni - a quella di venti divisioni.L'Impero persiano (600-300 a.C.) fu lo Stato più esteso del mondo antico; le sue dimensioni richiesero il più imponente esercito di leva mai schierato: 300.000 uomini. La fanteria persiana aveva in dotazione una lancia corta, una daga e uno scudo leggero di vimini. A sostegno della fanteria fu introdotta la cavalleria leggera: un reparto da attacco eccezionalmente manovrabile.
Ma il maggior contributo dei Persiani al progresso degli strumenti bellici si ebbe nel campo della guerra navale: inventarono la guerra navale su larga scala e adottarono la prima nave progettata espressamente per il combattimento, la trireme.Ideata probabilmente dai Fenici, la trireme era una galera in legno a tre ponti, spinta da 170 rematori e guidata da un timoniere. All'altezza della linea di galleggiamento aveva un grande rostro rivestito di ferro; la nave, lunga circa 40 metri e larga 5, era dotata di una piattaforma da combattimento su cui potevano trovar posto 200 uomini, in genere arcieri e frombolieri. La tattica persiana prevedeva l'impiego della flotta a sostegno di operazioni sulla terraferma; inoltre spesso i Persiani effettuavano sbarchi di truppe terrestri onde poterle piazzare in posizioni vantaggiose.Pur non essendo una grande potenza militare, anche la Grecia classica (900-300 a.C.) portò un suo contributo all'arte della guerra. Il più importante strumento bellico utilizzato dai Greci fu la falange di opliti, una formazione di fanteria pesante costituita da 96 uomini disposti in otto file. Il soldato della Grecia classica era armato di una spada corta e di un giavellotto lungo quasi 2 metri; completavano l'equipaggiamento un elmo, di cuoio o di bronzo, una corazza di bronzo o di lino laminato, gambali, anch'essi di cuoio o di bronzo, e uno scudo.
La preminenza della falange come formazione da attacco portò all'impiego di truppe ausiliarie per proteggere la fanteria. Si diffuse così il ricorso agli sciriti, che costituivano una sorta di cavalleria leggera con compiti di ricognizione e di esplorazione. Altre truppe speciali - le formazioni di 'peltasti' -, armate di uno scudo in vimini e di un giavellotto, avevano il compito di correre verso la falange avversaria, scagliare il giavellotto e ritirarsi. Frombolieri e arcieri fecero la loro comparsa in un secondo tempo, ma non raggiunsero mai una piena integrazione con gli altri reparti. I frombolieri greci scagliavano proiettili di piombo o di argilla a forma di piccoli piombini; sulle ferite provocate da questi proiettili la pelle si richiudeva, provocando l'insorgere di infezioni mortali. I frombolieri greci erano inoltre in grado di lanciare proiettili grandi come palle da tennis a oltre 180 metri di distanza.
Il valore militare dei Greci si esprimeva anche nella guerra per mare; essi erano molto abili nella costruzione e nell'impiego delle navi da guerra, come la trireme. I Greci combatterono battaglie navali di dimensioni analoghe a quelle di alcune battaglie navali moderne. In occasione della spedizione navale ateniese contro la Sicilia, nel 415 a.C., 134 navi con 27.000 uomini a bordo percorsero 500 miglia prima di raggiungere l'obiettivo. Quest'impresa regge tranquillamente il confronto con quella compiuta dall'Armada spagnola, che nel 1588 veleggiò verso l'Inghilterra con 130 navi e 28.000 uomini, coprendo all'incirca la medesima distanza. Ma non appena gli eserciti greci vennero a contatto con quelli macedoni e persiani, apparve chiaro che la falange oplitica non era in grado di fronteggiare gli attacchi sferrati da forze armate più moderne. Toccò ad Alessandro rivoluzionare gli eserciti, le armi e le tattiche della Grecia classica.
Le innovazioni attuate da Alessandro trassero la loro origine dall'esperienza militare dei Persiani. Molti ufficiali e soldati greci avevano prestato servizio come mercenari nell'esercito persiano. Una volta consolidato il proprio potere, nel 336 a.C., Alessandro introdusse diverse soluzioni adottate dai Persiani, perfezionandole a sua volta. Tra i contributi originali di Alessandro i principali furono: a) lo sviluppo di una forza militare realmente integrata, composta da fanteria, pesante e leggera, e cavalleria, pesante e leggera; b) l'introduzione della balestra e della catapulta (quest'arma rivoluzionò l'arte dell'assedio); c) la fondazione di accademie militari per l'addestramento degli ufficiali; d) l'elaborazione di un sistema logistico perfezionato; e) l'adozione di stivaletti al posto dei sandali, un'innovazione che accrebbe notevolmente la mobilità dell'esercito.Alessandro ideò quella che è passata alla storia come 'la falange macedone', una formazione di fanteria costituita da otto file di sedici uomini ciascuna. La falange era dotata di una nuova arma, la sarissa, un giavellotto composto di due parti, lungo più di 6 metri. Le prime cinque file della falange puntavano la sarissa in avanti, fornendo una protezione ampia e profonda contro gli attacchi della fanteria e della cavalleria avversarie. Il soldato aveva in dotazione anche il kopis, una spada a doppio taglio. Dal momento che la sarissa poteva essere divisa in due parti, entrambe provviste di punta, la si poteva usare anche nel combattimento corpo a corpo. La cavalleria pesante istituita da Alessandro era equipaggiata con un giavellotto corto (circa 2 metri), molto maneggevole.
Sia la fanteria sia la cavalleria erano fiancheggiate da reparti di frombolieri e di arcieri. L'aggiunta di due nuove armi, la balestra e la catapulta, aumentò la potenza di tiro dell'esercito di Alessandro. Nella sua versione primitiva la balestra scagliava una freccia a circa 250 metri di distanza. Anche i Persiani avevano in dotazione le catapulte, per quanto piccole e rudimentali; Alessandro le perfezionò: le nuove catapulte potevano scagliare pietre di 25 kg a oltre 300 metri di distanza. Fino all'invenzione della polvere da sparo, la catapulta di Alessandro rimase l'arma più efficace per distruggere le mura di cinta delle città assediate.I progressi impressi all'arte della guerra da Alessandro non furono più eguagliati fino all'epoca di Napoleone. I suoi apparati logistici assistevano eserciti più numerosi di quelli di Napoleone, per distanze più lunghe e fornendo approvvigionamenti migliori. Le catapulte greche potevano lanciare proiettili più grandi e a distanze maggiori di quanto non facessero i cannoni usati da Wellington nella battaglia di Waterloo. I frombolieri e gli arcieri di Alessandro potevano colpire bersagli posti a distanze dieci volte superiori rispetto alla gittata dei moschetti a canna liscia in dotazione ai soldati napoleonici e gli scudi dei suoi uomini avrebbero fornito, contro il fuoco dei fucili, una protezione migliore di quella offerta dall'equipaggiamento dei combattenti di Waterloo. Fino alla guerra civile americana la gittata dei fucili non avrebbe raggiunto quella dell'arco e soltanto con la prima guerra mondiale la precisione del fucile, sulla lunga distanza, eguagliò quella dell'arco greco.
I Romani apportarono un contributo piuttosto modesto alla tecnologia delle armi; il loro genio militare si espresse piuttosto nell'organizzazione dell'esercito e, in particolare, nella capacità di mettere in campo, anche per lunghi periodi, una disciplinata forza di fanteria pesante.Le armi in dotazione all'esercito romano erano sostanzialmente quelle greche, leggermente perfezionate. Il pilus, per esempio, non era che il giavellotto corto greco, con una punta di bronzo o di ferro e un uncino all'altra estremità. Anche la famosa spada corta dei Romani, il gladius hispaniensis, non era un'invenzione romana, ma delle tribù spagnole, mentre il celebre elmo romano - il montefortino - era stato in realtà inventato dai Celti. Allo stivale greco, che aveva reso più spedita la marcia della fanteria, i Romani aggiunsero la suola chiodata, che assicurava una durata e una presa sul terreno maggiori.
Benché i Romani non siano mai stati né bravi marinai né abili costruttori di navi, è proprio nel settore della guerra navale che introdussero due innovazioni originali. In occasione delle guerre puniche dovettero allestire una flotta e, non disponendo di un'industria navale propria, copiarono la trireme cartaginese. Poiché il loro punto di forza era pur sempre la fanteria, essi idearono il corulus, o 'corvo', una tavola girevole da abbordaggio, che permetteva ai fanti di assalire la nave nemica, dopo che questa era stata agganciata mediante un'altra invenzione romana: il rampino di arrembaggio. Non appena ebbe raggiunto il predominio assoluto sul Mediterraneo, nel I secolo a.C., Roma smantellò quasi totalmente la propria flotta militare.Il lungo periodo della loro dominazione sull'Europa e sulle coste del Mediterraneo consentì ai Romani di mettere a punto due strumenti bellici veramente originali: accurate mappe militari e ottime strade. I Romani idearono la marcia al passo proprio per poter piazzare rapidamente le proprie truppe, che potevano spostarsi alla 'velocità di Cesare' (25 miglia al giorno) su una rete stradale militare che si diramava ovunque.
Le mappe romane erano così accurate che furono usate fino al Medioevo.I criteri strategici adottati dai Romani rimasero validi per oltre cinquecento anni e la loro perizia militare rappresentò il culmine dei progressi tecnologici e tattici che si erano succeduti nel corso di quasi ottomila anni.Con la distruzione dell'Impero, nel V secolo d.C., e con la frammentazione politica, economica e sociale che seguì alle ripetute invasioni barbariche, quasi tutte le conquiste della tecnologia militare di Roma e dei suoi predecessori andarono perdute per la civiltà occidentale, sostituite dal primitivo modo di combattere dei barbari, consistente principalmente in caotiche zuffe tra uomini a cavallo. La tecnica di combattimento dei barbari decretò l'assoluta preminenza della cavalleria e condusse direttamente alla comparsa del cavaliere medievale, che divenne il protagonista delle battaglie, mentre la fanteria scomparve quasi del tutto.
Nel Medioevo apparvero nuove armi: la francesca, inventata dai Franchi, era una scure a manico corto e a un taglio, perfettamente bilanciata per poter essere lanciata. La francesca ebbe larga diffusione presso gli eserciti feudali; da essa si svilupparono poi l'alabarda, a doppia lama, e l'ascia ricurva a lama tripla, il terribile 'martello di Lucerna', armi rese entrambe famose dalla fanteria svizzera nel XIV secolo.
L'invenzione più importante di questo periodo, nel settore delle armi, fu quella della polvere da sparo, introdotta in Europa nel XIII secolo. La prima arma da fuoco fu il mortaio da assedio, impiegato per demolire le mura dei castelli. Sembra che la polvere da sparo sia stata inventata dai Cinesi e i mortai da assedio (i primi, risalenti al 1302, erano di bronzo) dai Mongoli; comunque fu l'assedio di Costantinopoli ad opera dei Saraceni (1453) che evidenziò il potere distruttivo dell'artiglieria usata contro le mura delle città; da allora la tecnica fu rapidamente imitata da tutti gli eserciti feudali.Il cavaliere, tuttavia, rimase il re della battaglia. Per opporsi efficacemente all'attacco dei cavalieri si potevano adottare due tattiche: o contrapporre loro una forza capace di resistere allo scontro diretto, o cercare di abbatterli a distanza con un nutrito lancio di frecce. Nella battaglia di Paupen (1339) gli Svizzeri annientarono un intero corpo di cavalleria semplicemente reinventando la falange macedone e armandosi di picche lunghe più di 5 metri, simili alla sarissa. La falange svizzera infranse l'urto dell'attacco portato dalla cavalleria. Armati di alabarde e di scuri, i fanti si sbarazzarono in breve tempo dei cavalieri tagliando le zampe dei loro cavalli e assalendoli immediatamente dopo averli disarcionati, per approfittare dell'impaccio loro recato dalle pesanti armature. A Crécy, nel 1346, gli Inglesi adottarono la seconda delle due tattiche menzionate, distruggendo da lontano uno squadrone di cavalieri francesi con nugoli di frecce dalla punta di metallo, scagliate con archi a lunga gittata. In entrambi i casi le soluzioni adottate non furono altro che riedizioni delle antiche, e a lungo dimenticate, tecniche già impiegate da Alessandro e dai Romani per sconfiggere la cavalleria pesante.
Tra il XV e il XVI secolo la polvere da sparo trasformò lo scenario della guerra. La comparsa del moschettiere - precursore del moderno fuciliere - e del suo moschetto ad acciarino rese possibile l'annientamento a distanza di formazioni di fanteria disposte a ranghi serrati, prima che queste potessero entrare a diretto contatto col nemico. Il mortaio da assedio cominciò a essere rimpiazzato col cannone da campo a canna liscia, che svolgeva le funzioni di un'autentica artiglieria campale, in quanto colpiva la fanteria avversaria prima che questa potesse ingaggiare un combattimento corpo a corpo. Naturalmente queste armi erano anche in grado di distruggere con estrema facilità formazioni di cavalleria pesante. Sotto l'incalzare della tecnologia l'arte della guerra subì una trasformazione di portata rivoluzionaria: iniziava l'era delle armi moderne.
Nel XV secolo l'ordinamento feudale stava iniziando a sgretolarsi. Al suo posto sorse una forma embrionale di Stato nazionale, guidato dal sovrano assoluto. Lo strumento adottato per la creazione e la difesa di questo Stato nazionale fu l'esercito professionale permanente. Mentre gli eserciti feudali miravano a espugnare i centri nevralgici del nemico, ovvero i castelli fortificati, i nuovi eserciti si impegnarono piuttosto in guerre di logoramento, cercando di distruggere la forza avversaria nel corso di battaglie campali. La situazione era matura per lo scoppio di una serie di conflitti tra Stati nazionali, innescati dalla nuova ideologia improntata appunto all'interesse nazionale. Tali conflitti favorirono lo sviluppo di nuove armi, dotate di un maggiore potere distruttivo.
La guerra dei Trent'anni, combattuta tra il 1618 e il 1648, fu uno dei più micidiali conflitti di questo tipo. Essa ebbe inizio come uno scontro tra eserciti feudali e terminò quando ormai la guerra aveva assunto i suoi connotati moderni. In questo periodo il moschetto rivoluzionò il ruolo della fanteria. Originariamente il moschetto era un fucile ad acciarino, in cui la carica di polvere da sparo veniva innescata, come nel cannone, da uno stoppino acceso. Il fucile così congegnato poteva sparare un colpo ogni due o tre minuti. In seguito, esso fu sostituito dall'archibugio a ruota (nel quale l'accensione della carica era provocata dalle scintille prodotte dallo sfregamento di una ruota rigata, azionata di scatto da una molla preventivamente messa in tensione) e questo, a sua volta, dall'archibugio a pietra focaia, in cui un cane caricato a molla colpiva una pietra focaia producendo scintille che accendevano la carica. Nel corso del XIX secolo questo meccanismo fu sostituito dalla capsula a percussione. Analoghi perfezionamenti furono applicati alle pistole.
Nel XVI secolo il fuciliere portava in piccole borse la sua polvere da sparo e le pallottole (di calibro variabile tra 0,44 e 0,51 pollici); in condizioni di tempo umido accadeva spesso che le armi non funzionassero. L'invenzione della cartuccia di carta da parte di Gustavo Adolfo, durante la guerra dei Trent'anni, migliorò in misura considerevole l'affidabilità del fucile e aumentò la sua cadenza di tiro. I fucilieri potevano ora sparare due colpi al minuto invece di un solo colpo ogni due o tre minuti. L'invenzione, nel XVIII secolo, della bacchetta in acciaio di misura standard accrebbe ulteriormente la cadenza di tiro. Alla fine della guerra civile americana, combattuta tra il 1860 e il 1865, fece la sua comparsa la moderna cartuccia interamente autonoma, contenente sia la polvere che il proiettile, e in occasione della guerra franco-prussiana, nel 1871, fu usato per la prima volta il fucile a retrocarica.Il moschetto, tuttavia, rimaneva ancora un'arma alquanto imprecisa e con una gittata ridotta: di solito il moschetto a canna liscia non era efficace oltre i 20 metri. La canna liscia, inoltre, riduceva l'effetto letale della pallottola.
All'inizio del XVIII secolo il moschetto inglese Brown Bess era in grado di colpire un uomo a oltre 70 metri di distanza, ma toccò agli Americani produrre un fucile a canna rigata veramente affidabile, il celebre Kentucky Rifle, che poteva colpire con precisione un bersaglio posto a 160 metri. L'invenzione della rigatura triplicò la gittata e la precisione del fucile.L'adozione del fucile modificò gli schemi tattici in uso sui campi di battaglia. Al tempo degli eserciti feudali la fanteria veniva ammassata in blocchi compatti per ottimizzare la potenza di tiro e la resistenza agli assalti della cavalleria. Gustavo Adolfo fu il primo a schierare la fanteria su quattro file soltanto, alternando picchieri e moschettieri. Non costituendo più una forza d'attacco primaria, i picchieri avevano ora il compito di proteggere i moschettieri dagli assalti della cavalleria. Man mano che i moschetti diventavano più precisi, potenti e affidabili, poterono essere schierate formazioni di fanteria sempre più sottili, finché i picchieri non scomparvero del tutto dal campo di battaglia.In seguito, con l'invenzione della baionetta, i moschettieri stessi ereditarono la funzione del picchiere: la fanteria armata di moschetto doveva ora proteggersi da sola dalla cavalleria e, giunta a diretto contatto col nemico, combattere corpo a corpo come prima aveva fatto il picchiere. Dal momento che potevano svolgere contemporaneamente i compiti del moschettiere e quelli del picchiere, tutti i fanti ebbero in dotazione armi da fuoco. Nella battaglia di Culloden, nel 1746, fece la sua comparsa la baionetta scanalata, rimasta poi fino ai nostri giorni un'arma fondamentale negli scontri tra le opposte fanterie. Nel XVIII secolo fu inventata anche una primitiva bomba a mano (consistente spesso in una semplice palla cava di ghisa, riempita di polvere nera e innescata da uno stoppino acceso) e il granatiere divenne un componente fisso dello schieramento di fanteria.
Sotto il profilo della potenza di fuoco, i progressi più significativi furono fatti nel settore dell'artiglieria. Nella guerra dei Trent'anni i pezzi d'artiglieria venivano ancora forgiati a mano, per cui le loro canne avevano diametri differenti e, di conseguenza, un proiettile che andava bene per un cannone molto spesso non era adatto a un altro. Fu Gustavo Adolfo che standardizzò le dimensioni e il processo produttivo dei cannoni e dei proiettili, nonché la fabbricazione dei proiettili e delle canne dei moschetti in dotazione alla fanteria. Il sistema di misurazione millimetrica del calibro fu adottato quasi ovunque ed è ancora oggi in uso presso tutti gli eserciti moderni. Gustavo Adolfo standardizzò anche la procedura di sparo dell'artiglieria: i suoi artiglieri potevano così sparare otto volte, con un singolo cannone, nel tempo impiegato da un moschettiere per sparare un solo colpo con il proprio fucile ad acciarino.La gittata del cannone a canna liscia aumentò, in breve tempo, fino a quasi 200 metri, ancora poco a paragone dei 300 metri a cui potevano arrivare le catapulte in dotazione all'esercito di Alessandro. Fino al 1854 - anno della guerra di Crimea - i proiettili di cannone usati in guerra erano nella stragrande maggioranza (70%) sferici e pieni, benché già da oltre un secolo se ne costruissero tipi diversi. Proiettili pesanti che esplodevano a contatto erano sparati soprattutto dagli obici, mentre i cannoni da artiglieria - quelli che imprimevano ai loro colpi una traiettoria più bassa - usavano solitamente scatole a mitraglia, proiettili a grappolo d'uva e palle incatenate, specialmente contro la cavalleria e le formazioni di fanteria lanciate all'attacco. In seguito questi proiettili furono resi più micidiali dotandoli di cariche che scoppiavano sopra le teste dei nemici. Il cannone a canna rigata, più potente e preciso, fece la sua comparsa durante la guerra civile americana. Il potere letale della fanteria e dell'artiglieria ridimensionò drasticamente il ruolo della cavalleria come principale reparto da assalto, fino alla fine della prima guerra mondiale. La cavalleria divenne poco a poco più leggera ed ebbe in dotazione pistole, fucili corti (le carabine) e sciabole; le furono affidati compiti del tutto secondari: colmare i vuoti creatisi nello schieramento, compiere ricognizioni e incursioni, proteggere i fianchi delle linee di fanteria con l'appoggio dell'artiglieria.Nel periodo compreso tra i secoli XV e XVII lo Stato nazionale assurse al ruolo di attore principale della politica mondiale.
Con il crollo del feudalesimo, il neonato Stato nazionale dovette sviluppare nuove forme di organizzazione sociale, politica, economica e militare, ciascuna delle quali, alla fine, influenzò lo sviluppo del settore delle armi e del modo di condurre la guerra.All'inizio la forma di governo tipica dello Stato nazionale fu la monarchia assoluta. Nel corso dei secoli immediatamente successivi il potere del re fu gradualmente limitato da altri settori della società, finché, nel XIX secolo, questo processo culminò nella nascita dei parlamenti, organi di rappresentanza dei cittadini. L'accresciuta influenza delle nuove classi sociali era direttamente proporzionale - e ciò non sorprende - agli aiuti finanziari che esse avevano fornito al re in tempo di guerra. Inizialmente gli eserciti dei nuovi Stati nazionali erano stati costituiti per assicurare al re il controllo del regno. Le monarchie di Inghilterra e Francia, per esempio, nacquero in conseguenza del fatto che un re riuscì a sconfiggere un certo numero di rivali aspiranti al trono, solitamente attraverso una guerra civile. Una volta saliti al potere, i monarchi usarono i loro eserciti per difendere tale potere da minacce provenienti sia dall'interno che dall'esterno.Man mano che le strutture sociali ed economiche degli Stati nazionali diventavano più complesse, si andarono delineando e poi rafforzando classi di mercanti e finanzieri, i cui interessi li spinsero a contendere al re una parte del potere politico. La comparsa di nuovi strumenti finanziari, necessari per far fronte a un'economia internazionale in via di sviluppo - valute forti, un sistema bancario, lettere di credito, commercio internazionale, ecc. - rese i sovrani sempre più dipendenti dal sostegno finanziario delle nuove classi per il mantenimento degli eserciti sia in pace sia in guerra: nel XVI secolo un monarca non poteva più combattere guerre o mantenere l'apparato militare senza il loro aiuto. Il passaggio dall'economia imperiale alle economie nazionali ridusse l'ammontare delle risorse a disposizione di ciascuno Stato per sostenere le attività militari. Questa frammentazione implicò a sua volta l'impossibilità, per un qualsiasi Stato, di mantenere il dominio su tutti gli altri per un periodo molto lungo. Nessuno Stato poteva più sperare di ottenere, con le proprie imprese militari, successi duraturi a spese degli altri. L'età dei veri e propri imperi dominati da un singolo Stato era ormai finita, sostituita da una condizione di equilibrio precario tra svariate nazioni.
Il costo economico delle armi e della guerra crebbe esponenzialmente. In questo periodo una guerra portava, quasi sempre, tutti i contendenti sull'orlo del collasso finanziario e i monarchi erano quasi sempre oberati di debiti. Alcuni Stati, come la Spagna e la Francia, furono costretti a dichiarare bancarotta. La distruzione e la dislocazione delle risorse economiche - la sottrazione di manodopera all'industria e all'agricoltura, l'esosità del credito sul mercato internazionale, la crisi del commercio interno ed estero - contribuivano a trasformare anche le guerre vittoriose in poco meno di un disastro finanziario. Mentre i monarchi, per poter mantenere i propri eserciti, diventavano sempre più dipendenti economicamente dai finanzieri, dai mercanti e dagli imprenditori, questi nuovi soggetti sociali riuscirono a strappare ai sovrani importanti concessioni politiche ed economiche; il processo culminò nella nascita di una rappresentanza parlamentare e nella fissazione di precisi limiti al diritto del re di disporre liberamente delle risorse dello Stato. Napoleone introdusse in questa equazione un nuovo termine. Gli eserciti, per quanto costosi, erano essenzialmente costituiti da forze professionali reclutate negli strati sociali più bassi. I soldati, quindi, erano, salvo rare eccezioni, o cittadini poveri privi di un mestiere qualificato, o abitanti delle campagne in soprannumero, cioè senza terre da coltivare. Gli stessi ufficiali erano reclutati tra i secondogeniti e i terzogeniti delle famiglie nobili, dovendosi il primogenito occupare della gestione del patrimonio o degli affari di famiglia. La lealtà al re e alla nazione si fondava su uno stipendio regolare.
L'introduzione, da parte di Napoleone, dell'esercito di massa basato sulla coscrizione e l'adozione di criteri meritocratici nella scelta degli ufficiali, a prescindere dalle loro origini sociali, elevarono fortemente i costi della guerra e ne modificarono le caratteristiche.
La lealtà al re fu sostituita dalla lealtà alla nazione, alimentata dal patriottismo; ciò creò le premesse per la nascita dei nuovi eserciti, improntati al modello napoleonico, che avrebbero caratterizzato i due secoli successivi. L'idea di un'intera nazione in armi comportava che tutti i segmenti della popolazione avrebbero dovuto contribuire allo sforzo bellico. Le economie nazionali si sarebbero dovute schierare a sostegno delle guerre nazionali. Le strutture economiche dello Stato avrebbero dovuto finanziare l'apparato bellico - dalla produzione delle armi al mantenimento dell'esercito -, anche a detrimento di altri aspetti dell'attività economica. Stava per avere inizio l'era della guerra totale.
Gli storici spesso definiscono la guerra civile americana come il primo conflitto veramente moderno. Per la prima volta lo sforzo bellico impegnò l'intera popolazione di entrambe le parti in lotta. I due contendenti schierarono i più grandi eserciti di coscritti mai visti fino a quel momento e per nutrirli, vestirli e armarli dovettero istituire un imponente apparato industriale. La rivoluzione industriale e la parallela esplosione tecnologica nei settori metallurgico, chimico e meccanico provocarono un'analoga esplosione nel campo della tecnologia militare. Il risultato fu una guerra in cui le popolazioni civili dell'una e dell'altra parte, in quanto fornivano la manodopera alla base produttiva della macchina bellica, divennero legittimi bersagli militari.
Nella guerra di Crimea (1853-1856) gli Inglesi avevano fatto uso per la prima volta, a titolo sperimentale, sia del cannone a canna rigata sia di quello a retrocarica. Nella guerra civile americana almeno la metà dell'artiglieria degli Stati dell'Unione era a canna rigata e a retrocarica. Le armi scanalate erano più precise dei vecchi cannoni ad avancarica; inoltre potevano sparare a distanze di gran lunga maggiori e avevano un potere di penetrazione più elevato, in quanto la rigatura accresceva la velocità dei proiettili. Costruito originariamente in bronzo e più tardi in ghisa con fasce di rinforzo in acciaio, il cannone rigato a retrocarica era in grado di sparare in successione molto più rapida rispetto ai modelli precedenti. Anche le migliorie apportate alla polvere nera contribuirono ad accrescere la velocità e la gittata dei proiettili.
La rigatura era stata applicata al moschetto anche prima della guerra di Crimea. La pallottola Minié (v. Minié, Claude-Etienne), che al momento dello sparo si dilatava per meglio sfruttare la rigatura della canna, rese i moschetti molto più precisi a distanze di gran lunga maggiori. All'epoca della guerra civile americana un moschetto poteva uccidere a quasi 1.000 metri di distanza, ma era preciso fino a 600 metri. Verso la fine della guerra fece la sua comparsa la carabina Spencer, un fucile calibro 0,56 pollici, capace di sparare a ripetizione ben sette colpi. Le pistole potevano sparare sei colpi calibro 0,44 pollici prima di dover essere ricaricate. Anche la mitragliatrice fece il suo esordio in battaglia durante la guerra civile americana. Il modello più comune, la Gatling, consisteva in un dispositivo a più canne mosso da un ingranaggio che collocava ciascuna canna in posizione di sparo quando si ruotava l'impugnatura, ed era capace di un fuoco serrato di cento colpi al minuto, all'incirca uguale a quello prodotto da 40 fanti che sparassero contemporaneamente.
Molte tecnologie, sviluppate a fini pacifici nel corso della rivoluzione industriale, furono poi destinate anche a un uso militare. La ferrovia rese possibile lo spostamento massiccio di reparti e di attrezzature a enormi distanze e in tempi brevissimi, rendendo molto più veloci le operazioni di schieramento e di rifornimento delle truppe e gli invii di rinforzi; gli eserciti furono così messi in condizione di controllare territori molto più vasti. Il cibo in scatola, già usato in piccole quantità da Napoleone, fu perfezionato e impiegato su larga scala. Il telegrafo impresse alle comunicazioni una velocità senza precedenti. L'avvento della nave con lo scafo rivestito in ferro - a vela e a vapore - decretò la fine della nave in legno. L'impiego del pallone aerostatico per scopi militari - ricognizione, spionaggio, puntamento dell'artiglieria - anticipò l'uso, che sarebbe stato fatto nel secolo successivo, dei primi aeroplani.
La guerra civile americana dimostrò alle potenze europee che la forza militare richiedeva un'adeguata base industriale e la possibilità di schierare eserciti di dimensioni mai raggiunte in precedenza, se non ai tempi di Napoleone. Le potenze europee iniziarono ad ampliare i propri eserciti permanenti e a pianificare la costituzione di forze di riserva persino più numerose, che avrebbero potuto essere rapidamente mobilitate in caso di conflitto. Le applicazioni militari delle innovazioni tecnologiche, che la rivoluzione industriale andava sfornando a ritmo incalzante, divennero sempre più numerose. Il risultato fu l'aumento del potere letale delle armi già esistenti e la messa a punto di armi del tutto nuove.
Nel mezzo secolo intercorso tra la fine della guerra civile americana e lo scoppio della prima guerra mondiale vi furono non meno di sei conflitti armati, che coinvolsero direttamente una o alcune fra le maggiori potenze europee. Nello stesso periodo furono combattute parecchie 'guerre coloniali' di minore portata. Queste guerre, frequenti anche se brevi, fornirono la spinta ad applicare le nuove tecnologie nel settore delle armi, fungendo anche da 'laboratori' per la messa a punto di nuovi strumenti di distruzione. Una delle novità più importanti fu la completa sostituzione del vecchio cannone ad avancarica e a canna liscia con quello a retrocarica e a canna rigata. Nel 1871 tutta l'artiglieria prussiana era equipaggiata con questo tipo di cannone. Intorno al 1877, in Francia, furono messe a punto le spolette a tempo, che resero più letali che mai le granate sparate dall'artiglieria.
La prima polvere senza fumo, più stabile e potente della polvere nera, fu preparata nel 1884; nel 1891 gli Inglesi sintetizzarono un nuovo esplosivo destinato agli obici, la cordite, che entro il 1914 divenne l'esplosivo più diffuso. Nel 1888 furono inventati i moderni cilindri a rinculo lungo, che conferiscono una maggiore stabilità ai pezzi d'artiglieria: questa miglioria quasi ne triplicò la capacità di fuoco e la precisione di tiro. Il cannone d'artiglieria a canna rigata e a retrocarica impiegava munizioni 'compatte', costituite da involucri di ottone e di acciaio che contenevano la polvere, la spoletta e il proiettile; l'uso delle granate shrapnel aumentò il potere distruttivo dell'artiglieria. Nel 1896 furono costruiti cannoni pesanti con tubo d'anima in nastro d'acciaio, più resistenti dei fragili pezzi a stampo. Poco più tardi fu messo a punto un sistema - il frettage - in cui tubi in acciaio laminato a caldo venivano forzati l'uno dentro l'altro a formare la canna; così i cannoni divennero ancora più robusti e precisi. Perfezionati sistemi di chiusura ermetica della culatta, per impedire la fuoruscita dei gas, completarono lo sviluppo dell'artiglieria in questo periodo.
Nel 1897 fu introdotto il cannone da campo francese da 75 mm, che incorporava tutte le migliorie appena menzionate. La sua cadenza di tiro era di 25 colpi al minuto. Negli anni ottanta del XIX secolo fecero la loro comparsa i primi massicci cannoni da assedio, spesso montati su vagoni ferroviari. La Grande Berta della Krupp poteva sparare un proiettile di 810 kg a 3 miglia di altezza e colpire ad altissima velocità un bersaglio distante oltre 9 km.
Già nel 1870 i Francesi avevano impiegato la mitrailleuse, una mitragliatrice a 25 canne molto affidabile, che sparava 125 colpi al minuto ed era precisa fino a circa 1.800 metri di distanza.
Nel 1900 Hiram Maxim avrebbe inventato la mitragliatrice moderna; con la sua elevata cadenza di tiro - 600 colpi al minuto - un singolo pezzo era in grado di eguagliare la potenza di fuoco di ben 100 fucilieri. Nel 1870 il 'fucile ad ago' prussiano Dreyse segnò l'avvento, nel settore dei fucili, del moderno sistema di sparo a percussione, che accrebbe ulteriormente le cadenze di tiro. L'introduzione, all'epoca della guerra anglo-boera, dei fucili dotati di otturatore - con dispositivo a molla (Mauser) o con caricatore (Lee-Enfield) - aumentò ancora una volta la potenza di fuoco della fanteria. Anche nel settore delle pistole si ottenne un incremento della potenza di fuoco, con la comparsa della pistola automatica Mauser.
La guerra russo-turca (1877-1878) fu la prima guerra in cui tutta la fanteria fu equipaggiata con moderni fucili a ripetizione e l'artiglieria con cannoni a retrocarica e a canna rigata. Nella guerra russo-giapponese (1904-1905) la pratica del fuoco indiretto d'artiglieria entrò a far parte della dottrina militare corrente. L'invenzione di mirini panoramici perfezionati e di goniometri per la misurazione degli angoli, nonché l'uso del pallone aerostatico per la ricognizione, e del telefono da campo, permisero ad appositi osservatori di dirigere da posizioni avanzate il fuoco dell'artiglieria su bersagli che i serventi ai pezzi non potevano scorgere direttamente. I progressi fatti nel controllo delle traiettorie di tiro resero possibile concentrare il fuoco di un intero corpo di artiglieria contro un unico bersaglio.
Tra il XV e il XVIII secolo i progressi nel settore delle armi navali furono di modestissima entità. Le navi fungevano, nella maggior parte dei casi, da piattaforme per il trasporto della fanteria e, in seguito, da piattaforme per cannoni. Il fatto che fossero di legno e a vela ne limitava fortemente le possibilità d'impiego. Nei primi anni dell'Ottocento un nuovo mezzo di propulsione, il motore a vapore, iniziò a modificare tale situazione. Gli anni venti di quel secolo videro la costruzione delle prime navi da guerra a vapore, nelle quali però lo spazio disponibile per le piattaforme dei cannoni era fortemente ridotto dalle ruote laterali e dagli enormi motori necessari alla loro propulsione. Nel 1850 l'introduzione della propulsione a elica rese obsolete le ruote laterali; di conseguenza, sui ponti delle navi si liberò lo spazio necessario ad accogliere un numero adeguato di bocche da fuoco.
Ma i moderni proiettili da artiglieria minacciavano di rendere sorpassati i vascelli con scafo in legno; nel 1855 i Francesi introdussero l'uso di fasciame in ferro per la protezione degli scafi lignei. Il peso dei moderni pezzi d'artiglieria e degli enormi motori a vapore finì tuttavia per sovraccaricare eccessivamente le navi con gli scafi in legno; nel 1860 gli Inglesi vararono la HMS Warrior, la prima nave al mondo con lo scafo in ferro.
Nel 1868 fece la sua comparsa sulle navi da guerra la torretta corazzata, e i progressi fatti nel settore dell'artiglieria terrestre - fuoco rapido, munizioni compatte, cannoni a retrocarica e a canna rigata - furono a poco a poco realizzati anche nel campo dell'artiglieria navale. Le navi cominciarono a montare torrette multiple, dapprima con un solo cannone per ciascuna torretta e alla fine, nel 1900, con una dotazione tipo di quattro cannoni per torretta. Il calibro dei pezzi passò dai 12 pollici del 1908 ai 15 pollici del 1914. Fatto ancora più importante, l'ultimo decennio del XIX secolo vide l'introduzione delle prime navi da guerra in acciaio, che nel 1913 cominciarono a essere dotate di caldaie a nafta anziché a carbone. Tutti questi progressi culminarono nella costruzione della nave da guerra moderna: la corazzata. La HMS Dreadnaught, varata nel 1906, aveva un dislocamento di 17.900 tonnellate, era lunga 160 metri e larga 25 metri; montava 10 cannoni da 12 pollici, 27 pezzi da 3 pollici e 5 lanciasiluri da 18 pollici; dotata di motori a turbina da 23.000 cavalli-vapore, poteva raggiungere i 21 nodi.L'invenzione delle mine e più tardi dei siluri teleguidati rese anche queste grandi navi vulnerabili. La mina a scoppio controllato fu messa a punto dagli Statunitensi nel 1843; essa veniva fatta brillare con comando elettrico attraverso fili collegati alla terraferma.
Le mine a percussione con innesco chimico entrarono in uso a partire dal 1862. Allo scoppio della prima guerra mondiale la mina era ormai diventata una potente arma difensiva, capace di affondare anche la nave più grande. Il siluro 'semovente' - così chiamato poiché era dotato di un apparato propulsore autonomo e non doveva essere trainato come i primi modelli - fece la sua apparizione nel 1866. I primi esemplari, messi a punto dagli Austriaci, avevano un raggio d'azione di 340 metri, una velocità di 6 nodi e un'ogiva contenente 8 kg di esplosivo. Nel 1877 fu adattata ai siluri l'elica controrotante, che contribuiva a mantenerne stabile la rotta e che fu abbinata al timone orizzontale, il quale li manteneva a profondità costante. Nel 1895 l'invenzione del giroscopio migliorò la precisione dei siluri: alla fine del secolo un siluro era in grado di trasportare un'ogiva da 135 kg a circa 1.000 metri di distanza, alla velocità di 30 nodi. Ciò portò alla nascita di una nuova classe di navi da guerra caratterizzate da un basso costo, da un'elevata velocità e da un alto potere distruttivo: le torpediniere.Il progresso più rivoluzionario di questo periodo nel campo della tecnologia navale fu il sommergibile. All'inizio del secolo l'uso di scafi in acciaio, un affidabile sistema propulsivo qual era quello costituito dal motore a combustione interna e dall'accumulatore di corrente a batteria, il giroscopio e la bussola giroscopica contribuirono a rendere attuabile la costruzione del sommergibile. I siluri, ormai perfezionati, si dimostrarono un'eccellente arma offensiva con cui equipaggiare i sommergibili. Nel 1900 le sei più importanti flotte del mondo schieravano complessivamente dieci sommergibili.
Nel 1905 un sommergibile americano, l'USS Holland, divenne il prototipo cui si ispirarono le altre flotte. Con un dislocamento di 105 tonnellate, l'Holland aveva tre compartimenti stagni separati che ospitavano la sala macchine, la camera di manovra e la camera di lancio dei siluri; il suo secondo ponte, più basso, ospitava i serbatoi e i motori a batteria; poteva viaggiare a una velocità di quasi 9 nodi. Alcuni anni più tardi gli Inglesi introdussero la torretta di comando e il periscopio, e i Tedeschi contribuirono allo sviluppo del sommergibile con la messa a punto, nel 1906, del doppio scafo e delle doppie eliche, per favorire la propulsione e la stabilità del mezzo. Nel 1914 le sei maggiori flotte del mondo possedevano 249 sommergibili.
Nel 1903 un americano, Orville Wright, compì il primo volo (12 secondi) con un mezzo più pesante dell'aria, propulso dal nuovo motore a combustione interna. Dopo appena due anni l'aeroplano Wright Flyer era in grado di volare per 40 minuti a una velocità di 40 miglia orarie. Nel 1907 volò per la prima volta il biplano con elica spingente, e nel 1908 l'aeroplano Wright poteva rimanere tranquillamente in aria per due ore e mezza. L'invenzione dell'alettone per controllare il rollio dell'aereo ne accrebbe moltissimo la manovrabilità.
La maggior parte dei militari dell'epoca, tuttavia, concepiva l'aeroplano come un mezzo per svolgere soltanto le limitate funzioni del vecchio pallone aerostatico, e cioè essenzialmente le attività di osservazione e ricognizione. Ma altri avevano in mente impieghi più importanti. Nel 1910 un americano, Eugene Ely, si alzò con un aeroplano da una piattaforma posta sul ponte di un incrociatore, e un anno più tardi decollò e atterrò sul ponte di una nave. Nel 1911 un altro americano, Glenn Curtiss, effettuò, a titolo di esercitazione, il primo bombardamento aereo di una nave, suscitando un acceso dibattito sulla vulnerabilità delle navi di fronte a un attacco del genere. Nello stesso anno fu stabilito un contatto radio tra un aeroplano e una postazione a terra, il che permise ai piloti di controllare dall'alto l'artiglieria e di dirigerne il puntamento. Sempre nel 1911, Glenn Curtiss fabbricò il primo idrovolante, avendone intuito l'utilità come arma contro i sommergibili. Nello stesso anno le prime bombe cariche di esplosivo furono sganciate da un velivolo delle forze armate statunitensi, e fu montata la prima mitragliatrice a bordo di un aereo, il caccia biposto Nieuport. Nel 1913 l'adozione della scocca portante, per proteggere le parti soggette a forti sollecitazioni, consentì agli aeroplani di sopportare carichi maggiori. Nello stesso anno un apparecchio volò per la prima volta a una velocità superiore alle 100 miglia orarie. Nell'aprile del 1912 fu istituita in Inghilterra la Royal Flying Corps, e nel corso dello stesso anno fu effettuato il primo lancio col paracadute da un aeroplano.
Nel 1913 furono stabiliti i record di velocità (127 miglia orarie), distanza percorsa (635 miglia) e altitudine (6.120 metri), e così l'aeroplano iniziò a dimostrare la sua affidabilità in vista di un uso militare. I Russi costruirono il primo bombardiere pesante del mondo - il Sikorsky Bolshoi -, che aveva un'apertura alare di circa 30 metri e poteva trasportare otto persone mantenendosi in volo per più di due ore. In Libia, durante la guerra turco-italiana del 1911-1912, il mondo assisté al primo impiego degli aeroplani in guerra. Gli Italiani furono i primi a usare l'aeroplano per il controllo dell'artiglieria, così come furono i primi a effettuare fotografie aeree. I piloti italiani furono anche i primi a sganciare bombe contro una forza nemica nel corso di una battaglia. Stava per cominciare l'epoca degli aerei da caccia e da bombardamento, strumenti fondamentali della guerra moderna.Il panorama sociale, politico ed economico mondiale aveva subito un notevole cambiamento nei settantacinque anni che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale. Le strutture politiche degli Stati nazionali europei si trovarono esposte all'offensiva delle nuove ideologie della sinistra - comunismo, dottrine democratiche radicali e più moderate come quelle che condussero alla nascita dei partiti politici - ciascuna delle quali contribuì a indebolire il potere esecutivo e nello stesso tempo a rafforzare quello dei corpi legislativi eletti dal voto popolare. La classe politica tradizionale, quella dei nobili, fu sostituita da leaders eletti o fu costretta a dividere con essi la gestione del potere. La necessità, per questi leaders, di soddisfare la propria base elettorale richiese che i conflitti fossero presentati in termini altamente morali e ideologici piuttosto che in termini tradizionali, riferentisi alla salvaguardia degli interessi nazionali.
Le guerre divennero quindi delle crociate morali, circostanza che le rese più facili da iniziare e più difficili da concludere, a meno di una vittoria completa sul nemico.La ricerca di un'autosufficienza economica condusse ciascuna delle maggiori potenze a impegnarsi nella conquista di un impero coloniale, che avrebbe potuto offrire mercati sicuri. I conflitti che si scatenarono nelle vaste regioni coloniali spinsero inevitabilmente le grandi potenze ad affrontarsi lungo i confini della stessa Europa finché, con la prima guerra mondiale, lo scontro armato interessò direttamente il suo territorio. I vantaggi economici ottenuti nell'area coloniale, inoltre, accrebbero le risorse complessive di alcuni Stati minacciando la sicurezza di altri. Unitamente al rapido sviluppo della tecnologia militare, conseguente alla rivoluzione industriale, ciò condusse a un'ininterrotta corsa agli armamenti e alla ricerca di sicurezza militare, che, a sua volta, produsse una lunga serie di alleanze tra le maggiori potenze e gli Stati piccoli e frammentati dell'Europa orientale. In tal modo, ogniqualvolta le nazioni più piccole entravano in guerra le une con le altre, le maggiori potenze rischiavano di essere coinvolte in un conflitto diretto. Fu proprio questa situazione, del resto, a provocare lo scoppio della prima guerra mondiale. Le dimensioni degli eserciti permanenti crebbero in risposta all'esigenza di sfruttare a fondo le nuove tecnologie militari. La capacità distruttiva della guerra richiedeva che grandi contingenti di truppe si rendessero prontamente disponibili. Le varie nazioni cominciarono a costituire massicce forze di riservisti che avrebbero potuto essere mobilitate e impiegate con estrema rapidità. Tuttavia la mobilitazione, una volta avviata, non avrebbe potuto essere interrotta senza concedere un enorme vantaggio militare agli avversari; scoppiata la guerra, l'intero apparato economico e produttivo di una nazione doveva essere destinato a fini bellici.
Alla vigilia della prima guerra mondiale, dunque, l'Europa era una polveriera sul punto di scoppiare. Le economie nazionali erano state già predisposte per affrontare il conflitto; grandi eserciti permanenti si fronteggiavano lungo i confini nazionali, talvolta incerti; le popolazioni civili erano pronte a indossare l'uniforme entro pochi giorni dall'inizio delle ostilità; le grandi potenze erano invischiate in una serie di scomode alleanze con Stati piccoli e instabili, i cui conflitti a carattere locale potevano rapidamente subire un'escalation verso una guerra su scala mondiale; la corsa agli armamenti causava uno stato di continua tensione e la dottrina strategica del momento insegnava che la nazione la quale avesse sferrato per prima l'attacco avrebbe potuto sopraffare i suoi avversari dopo un breve conflitto. Oltre a tutto questo, era in atto un processo politico che stava portando alla ribalta una classe dirigente la quale, per mantenersi al potere, doveva apparire forte e non accettare alcun compromesso sulle questioni della sicurezza nazionale, essendo, fra l'altro, guidata da prospettive ideologiche e morali che rendevano il compromesso praticamente impossibile. Non c'è da meravigliarsi, quindi, se, in tali circostanze, l'unico colpo sparato a Sarajevo scatenò una vera e propria guerra mondiale.
La prima guerra mondiale è passata alla storia come la 'guerra della mitragliatrice'; gli Inglesi hanno calcolato che l'80% di tutti i loro soldati morti in battaglia durante la prima guerra mondiale fu ucciso dalla mitragliatrice. In una guerra di posizione come quella, i pezzi d'artiglieria divennero più grandi e capaci di sparare per più giorni consecutivi proiettili sempre più grossi, in un fuoco concentrato di sbarramento. Il mortaio da assedio raggiunse i 42 cm di diametro, mentre i cannoni su rotaia riuscivano a sparare un proiettile da 210 mm a 82 miglia di distanza. I mortai da trincea raggiunsero i 170 mm di calibro, e potevano sparare anche proiettili contenenti gas venefici, come l'iprite e il cloro. Il gas venefico lanciato dai mortai fece la sua apparizione nel 1915 e fu utilizzato per tutta la durata del conflitto. La maschera antigas entrò a far parte dell'equipaggiamento standard dei soldati. Comparvero per la prima volta l'obice da montagna e i cannoni antiaerei.Un progresso veramente rivoluzionario fu la comparsa del carro armato. I primi carri armati erano terribilmente inaffidabili e l'abitacolo, surriscaldato dal motore, raggiungeva spesso temperature prossime ai 100 gradi. Nel 1917 fu costruito un carro alquanto perfezionato, il Mark IV, e a Cambrai si verificò il primo attacco in massa di carri armati, cui presero parte 476 mezzi. Nella primavera del 1918 i Francesi introdussero il più leggero e veloce Renault FT, il primo carro dotato di torretta girevole. Alla fine della guerra, oltre 6.000 carri armati erano stati costruiti e impiegati dalle forze alleate. Era iniziata l'età dei mezzi corazzati.
La guerra per mare non fece grandi progressi. Gli Inglesi, per contrastare la minaccia dei sottomarini, idearono il convoglio scortato da navi da guerra. Delle 16.070 navi che fecero parte dei convogli britannici, soltanto 96 andarono perdute in seguito ad attacchi sottomarini. Nel 1915 apparve l'idrofono, che consentiva l'individuazione dei sommergibili attraverso le onde sonore, e nel gennaio del 1916 fu utilizzata per la prima volta contro un sottomarino la bomba di profondità. L'idrovolante fece il suo debutto nel 1914. Nel 1915 gli aerei cominciarono a decollare dai ponti delle navi, ma erano ancora costretti ad ammarare per poi essere issati a bordo con degli argani. Nel 1917 la nave inglese HMS Furious fu dotata di un ponte prodiero per l'atterraggio dei velivoli e furono effettuati, con successo, alcuni atterraggi sperimentali. L'HMS Argus, che all'epoca di questi tentativi era ancora in costruzione, diventò la prima nave appositamente progettata per ospitare un ponte che doveva permettere tanto il decollo quanto l'atterraggio degli apparecchi.
Con l'aggiunta delle catapulte da ponte, inventate dagli Americani, e con il perfezionamento dei dispositivi di arresto, nacque il prototipo della moderna portaerei.
La guerra stimolò la messa a punto del primo aeroplano progettato per scopi militari. Grazie al sincronizzatore, inventato nel 1915 dai Tedeschi, divenne possibile montare sugli apparecchi mitragliatrici in grado di sparare attraverso l'elica. Grazie a vari miglioramenti apportati alla sua struttura e ai suoi motori, l'aereo da caccia conobbe uno sviluppo molto rapido, al punto che nel 1917 un apparecchio di questo tipo era in grado di volare alla velocità di 140 miglia orarie e a una quota di 6.000 metri. Furono anche costruiti bombardieri capaci di trasportare un carico di 900 kg, che però rimasero praticamente inutilizzati. Gli aerei venivano usati soprattutto per effettuare voli di ricognizione, per dirigere il tiro dell'artiglieria, per bombardare le trincee e per affrontare in duello gli aerei nemici.
L'Europa uscì dalla prima guerra mondiale ridotta praticamente al collasso economico. L'industria bellica e gli stanziamenti militari subirono un drastico ridimensionamento, in quanto gli Stati reduci dal conflitto dovevano destinare le proprie risorse alla ricostruzione delle rispettive infrastrutture. La prima guerra mondiale aveva dimostrato che l'impiego di tecnologie militari moderne poteva condurre una nazione sull'orlo della bancarotta e provocare la nascita di movimenti politici pericolosi per il regime vigente.Le strutture politico-sociali delle potenze europee furono gravemente scosse dagli effetti economici a lungo termine della prima guerra mondiale. Il conflitto provocò, nel 1917, la deposizione dello zar in Russia e successivamente l'instaurazione dello Stato sovietico. In Italia si ebbe l'avvento del fascismo. In Germania il regime monarchico fu rimpiazzato da una debole forma di governo repubblicano, che si rivelò incapace di affrontare le conseguenze sociali ed economiche della guerra. Le istituzioni repubblicane della Francia furono insidiate dall'interno, tanto da sinistra che da destra, e ciò fiaccò a tal punto la volontà politica della nazione che questa si arrese all'esercito tedesco, nel 1939, senza che fosse sparato un sol colpo. Anche in Inghilterra il potere della classe politica tradizionale fu indebolito dagli attacchi sferrati dalle forze di sinistra. Solo l'America, che nel corso della prima guerra mondiale aveva subito perdite modeste, sembrò immune dai contraccolpi sociali, politici ed economici del conflitto.
La maggior parte delle potenze europee non era più in grado di sostenere il peso di grandi apparati militari, di fronte all'incalzante crisi economica e sociale.
L'esercito tedesco fu ridimensionato dal Diktat imposto a Versailles dai paesi vincitori e in pratica non beneficiò di alcuno stanziamento fino al 1933, quando Hitler dette inizio al suo programma di riarmo, che ebbe l'effetto collaterale di procurare nuovi posti di lavoro in un periodo di depressione economica su scala mondiale. L'Inghilterra ridusse le sue forze aeree e terrestri in maniera considerevole, impiegandole principalmente per mantenere il controllo delle colonie d'oltremare; essa spese così poco per la sua flotta che nel 1939 questa era solo un'ombra di ciò che era stata in precedenza. Anche la Francia ridusse le spese militari; preferì comunque concentrarle sulla fanteria, lasciando così le forze navali, aeree e corazzate troppo deboli per opporsi, nel 1939, alla minaccia tedesca. Gli Stati Uniti abolirono il servizio di leva obbligatorio e ridussero gli stanziamenti militari in tutti i settori. Le forze terrestri scesero sotto le 200.000 unità, quelle corazzate erano inesistenti e l'aviazione constava di un piccolo numero di apparecchi obsoleti; la flotta, cui peraltro erano stati destinati gli stanziamenti maggiori, fu decimata dall'attacco giapponese a Pearl Harbour nel 1941.I tentativi dell'Unione Sovietica di rafforzare il proprio apparato militare furono vanificati dalla carestia, dal terrore politico e dalla guerra civile. All'inizio degli anni trenta l'Armata Rossa, rinnovata, possedeva l'artiglieria e i reparti corazzati più potenti del mondo, ma, dopo le purghe staliniane ai danni dei quadri dell'esercito, anche questi settori andarono in frantumi. Quando infine i Sovietici mossero guerra alla minuscola Finlandia, riuscirono a ottenere una vittoria molto stentata.
Tra le maggiori potenze solo il Giappone e, in minor misura, l'Italia continuarono a sostenere spese militari consistenti e a promuovere lo sviluppo degli armamenti. Anche la Germania hitleriana si sarebbe imbarcata nella creazione di uno Stato militarista a partire dal 1933, dando inizio a un periodo caratterizzato da spese militari di straordinaria entità. In Giappone la necessità di costituire un apparato industriale sufficiente a mantenere un esercito moderno condusse alla creazione di una società militarizzata tutta tesa ad accrescere e sostenere la potenza militare dello Stato. Rivelatesi insufficienti le risorse nazionali, ben presto il Giappone ingaggiò delle guerre di conquista in Asia per ottenere il controllo di giacimenti di petrolio, di ferro e di altre materie prime necessarie per sostenere un conflitto.
Per quanto riguarda l'Italia, il desiderio mussoliniano di trasformare la nazione in una grande potenza naufragò per il semplice motivo che le risorse interne non erano all'altezza di un simile obiettivo. L'Italia non riuscì mai a ottenere adeguati approvvigionamenti di carbone, acciaio e petrolio. Nel 1939, mentre il suo prestigio militare era all'apice, e benché gli aerei, le navi e le armi leggere italiane fossero tra le migliori al mondo, rimaneva il dato di fatto che l'apparato industriale della nazione non era in grado di sostenere a lungo il peso di un esercito grande e moderno.
Il carro armato continuò a essere perfezionato, soprattutto tramite l'adozione dello scafo a bassa sagomatura, della torretta girevole, di sistemi di puntamento più precisi, di sospensioni e cingoli rinforzati. Nel corso degli anni trenta i Russi costruirono il famoso T-34, il miglior carro utilizzato nella seconda guerra mondiale. I cannoni montati sui carri divennero via via più grandi, fino a raggiungere il calibro di 90 mm; nuove cariche esplosive e nuovi proiettili li resero sempre più precisi. Comparvero i primi cannoni anticarro; il cannone tedesco Gerlich, per esempio, sparava alla velocità di 1200 m/s un proiettile al carburo di tungsteno da 28 mm capace di perforare la corazza di un qualsiasi carro armato dell'epoca. Una successiva invenzione tedesca, l'88, progettata originariamente come arma anticarro, si trasformò poi nel miglior cannone antiaereo impiegato nella seconda guerra mondiale.
Progressi nella progettazione degli aeroplani - come l'impiego di strutture di rivestimento metalliche realizzate secondo il sistema di costruzione 'a sandwich' e dell'ala singola (monoplano) - consentirono la messa a punto dell'aereo da caccia moderno. Lo sviluppo di motori di potenza superiore ai 1.000 cavalli permise agli aerei di superare la velocità di 350 miglia orarie. Fu costruito il bombardiere a lungo raggio, capace di volare a più di 12.000 metri di quota e dotato di un'autonomia di 5.000 miglia. Nel campo dell'armamento navale fu messo a punto il cacciatorpediniere, nave leggera e veloce, destinato a svolgere un compito di protezione delle navi da guerra di dislocamento maggiore. I sottomarini divennero più sofisticati e capaci di rimanere in acqua anche per sessanta giorni consecutivi. Comparve un nuovo siluro, il Type 33 Long Lance, che usava ossigeno come carburante - e quindi non lasciava alcuna scia -, aveva un raggio d'azione di 25 miglia e procedeva a una velocità di 36 nodi. I siluri costruiti in questo periodo trasportavano solitamente delle testate contenenti oltre 180 kg di potente esplosivo. La portaerei assurse al ruolo che le spettava: la giapponese Kaga, da 39.000 tonnellate di dislocamento, poteva trasportare 60 aerei, l'americana Lexington, da 36.000 tonnellate, poteva ospitare 90 velivoli. L'integrazione delle forze navali con quelle aeree era ormai quasi completa.
In occasione della seconda guerra mondiale si assisté a un forte incremento del potere distruttivo dei corpi tradizionali: fanteria, mezzi corazzati e artiglieria. La fanteria, in larga misura equipaggiata con il nuovo fucile semiautomatico tutto di metallo, poté disporre di una potenza di fuoco cinque volte maggiore di quella raggiunta nella prima guerra mondiale. Il corpo di fanteria, inoltre, ebbe in dotazione proprie armi anticarro, come il lanciarazzi americano Bazooka da 3,5 pollici, o come il Panzerfaust tedesco. La messa a punto di mezzi motorizzati affidabili, come la jeep, l'autocarro da 2,5 tonnellate o l'autoblindo per il trasporto delle truppe - veicoli cingolati, semicingolati o dotati di pneumatici -, accrebbe di 20 volte la mobilità della fanteria, consentendole di spostarsi alla stessa velocità dei mezzi corazzati, le cui rapide avanzate rappresentarono un tratto distintivo di molte battaglie della seconda guerra mondiale.
La capacità operativa del carro armato fu notevolmente migliorata e, per la prima volta in quasi settecento anni, la cavalleria tornò a dominare il campo di battaglia. Il T-34 russo, la cui produzione era iniziata nel 1935, si dimostrò il miglior carro armato di tutto il conflitto. Montava un cannone da 85 mm, dotato di un freno di bocca di nuova concezione, per attenuare il rinculo, e poteva raggiungere la velocità di 32 miglia orarie, avendo un'autonomia di 180 miglia.
Esso fu il primo carro dotato di corazzatura frontale inclinata per deviare le granate anticarro; inoltre esercitava sul suolo una pressione di appena 0,75 kg per centimetro quadrato, il che, unitamente alle sospensioni Christie, gli consentiva di attraversare terreni che risultavano invece proibitivi per la maggior parte dei carri in dotazione agli Alleati e alle forze dell'Asse. Il carro americano Sherman introdusse la corazza fusa in uno stampo (che sostituì la vecchia corazza a saldatura), le sospensioni con molle a spirale conica e i battistrada gommati, i quali accrebbero la durata dei cingoli del carro del 500%. Lo Sherman utilizzava un rivoluzionario sistema idroelettrico per la stabilizzazione del cannone e perfezionati mirini triangolari. I motori diventarono sempre più potenti e affidabili e il carro armato giunse in breve tempo a rappresentare il fulcro delle forze d'attacco di tutti gli eserciti, escluso quello giapponese.I progressi dell'artiglieria scaturirono dalla duplice esigenza di renderla efficace come i mezzi corazzati, in fase offensiva, e di metterla in grado di difendersi dagli attacchi di aerei e carri armati. Questi progressi sfociarono nella messa a punto dei cannoni semoventi montati su telai di autocarri, che raggiungevano spesso gli 8 pollici o i 122 mm.
Furono messi a punto due tipi di cannoni semoventi: il cannone da assalto e il leggero cannone da appoggio, il primo caratterizzato da una grande potenza di fuoco, il secondo da un'elevata mobilità. L'avvento del bombardiere da picchiata e dell'aereo per attacchi al suolo portò alla costruzione dei primi cannoni antiaerei realmente funzionali. Il pezzo da 40 mm Bofors era in grado di sparare due colpi al secondo a una distanza di 4 miglia; il cannone americano da 90 mm M-2 poteva sparare 25 colpi al minuto a un'altezza di 9 miglia. L'introduzione di affidabili sistemi elettronici di puntamento accoppiati a radar e a rilevatori computerizzati impresse rapidi progressi alle armi antiaeree.
Il pezzo da 90 mm americano e quello tedesco da 88 furono i migliori obici anticarro della guerra. L'artiglieria a razzi non guidati riapparve con il Nebelwerfer tedesco da 15 cm, in grado di sparare sei colpi da 32 kg in meno di tre secondi. La Katjuša sovietica, prima da 90 e poi da 122 mm, poteva sparare più di quaranta razzi alla volta; l'americana Calliope riusciva a spararne sessanta. Utilizzati nei bombardamenti a tappeto, questi razzi compromisero gravemente la salute mentale di molti soldati. La spoletta a sincronizzazione variabile (Variable Timed fuse), introdotta dagli Americani, decuplicò il potere distruttivo dell'artiglieria; questa spoletta era dotata di un minuscolo ricetrasmettitore che poteva essere regolato, prima dello sparo, in maniera tale da far esplodere il colpo a una distanza dal suolo predeterminata.La seconda guerra mondiale decretò il declino della corazzata, divenuta sempre più vulnerabile agli attacchi aerei e sottomarini. La più importante arma navale d'attacco divenne la portaerei.
Portaerei come quelle della classe Essex e Midway potevano accogliere oltre 100 apparecchi, erano lunghe 250 metri, larghe 45 e potevano viaggiare a una velocità di 32 nodi. I velivoli di stanza sulle portaerei avevano acquisito, grazie ai ripetuti perfezionamenti, caratteristiche davvero eccezionali: potevano infatti trasportare più di 900 kg di bombe, volare a 350 miglia orarie, attaccare con razzi, siluri, mitragliatrici calibro 50, disponendo di un'autonomia di 300 miglia. La portaerei poteva fornire l'appoggio dell'aviazione alle operazioni terrestri, proteggersi autonomamente dall'aviazione nemica e affondare qualsiasi nave le capitasse a tiro, compresa un'altra portaerei. I sommergibili, armati di due dozzine di siluri e dotati di nuovi motori elettrici che ne rendevano problematica l'intercettazione, potevano restare in mare per tre mesi consecutivi; la velocità di un sommergibile in immersione raggiunse i 17 nodi. I dispositivi antisommergibile, tuttavia, resero più facile di prima l'intercettazione e l'affondamento dei sottomarini: radar e apparecchiature radio di nuova concezione permisero agli aerei antisommergibile di individuarli anche di notte e nuove bombe per basse profondità consentirono alle navi di affondarli facilmente. Nel 1944 il sommergibile non era più un'arma veramente efficace.L'industria aeronautica produsse aerei da combattimento estremamente sofisticati. Lo Spitfire inglese e altri velivoli di entrambi gli schieramenti raggiunsero un'autonomia superiore alle 1.000 miglia e una velocità di oltre 400 miglia orarie. Questi apparecchi avevano in dotazione cannoni da 20 e da 40 mm, pesanti mitragliatrici e 900 kg di bombe. Aerei come il tedesco FW 190G, l'americano P-51 Mustang e il russo Ilyushin II-2m3 avevano caratteristiche tecniche simili a queste, o addirittura più avanzate. Entro breve tempo fu messa a punto, in particolare dai Sovietici, una tattica che prevedeva l'appoggio dell'aviazione alle operazioni terrestri, dal momento che gli aerei da caccia erano in grado di sviluppare un grande volume di fuoco a breve distanza dalla fanteria impegnata in un'offensiva. Il primo bombardiere strategico pesante - lo Short Stirling - trasportava un carico di bombe del peso di 8.600 kg. I bombardieri americani come il B-24 Liberator potevano trasportare 5.800 kg di bombe a una velocità di 230 miglia orarie e avevano un'autonomia di 2.100 miglia, mentre il B-29 Superfortress portava 9.000 kg di bombe per 3.250 miglia, volando a una quota di 9.700 metri. Nell'agosto del 1945 gli Stati Uniti utilizzarono il più terribile ordigno bellico ideato fino a quel momento, la bomba atomica, colpendo due tra le più popolose città del Giappone, Hiroshima e Nagasaki. Entro la fine del conflitto i Tedeschi (con il Me-262), gli Inglesi (con il Vampire) e gli Americani (con il P-59 Aircomet) avevano tutti costruito dei prototipi di aerei a reazione.
La costruzione delle armi nucleari, alla fine della seconda guerra mondiale, rende necessaria, per l'epoca contemporanea, la distinzione tra armi nucleari e convenzionali. Nel 1953, soltanto otto anni dopo Hiroshima, fecero la loro comparsa i proiettili d'artiglieria con testata nucleare, che nel giro di tre anni diventarono sufficientemente piccoli da essere sparati con un obice da 155 mm. Entro il 1970 le flotte americana e sovietica ebbero in dotazione siluri a testata nucleare capaci di affondare le più grandi portaerei e i sommergibili atomici. Le bombe nucleari, che negli anni cinquanta pesavano molte tonnellate e avevano una potenza di 35 megatoni, diventarono più piccole, finché nel corso degli anni ottanta poterono essere montate su missili a presa d'aria cruise e sotto le ali di aerei da caccia. Negli anni cinquanta vennero utilizzati per la prima volta reattori nucleari per la propulsione di una portaerei, l'americana Forrestal; entro dieci anni apparvero le fregate lanciamissili e gli incrociatori a propulsione nucleare. I sommergibili a propulsione nucleare, in grado di rimanere in immersione per un periodo di tempo praticamente indefinito, furono armati con missili a testata nucleare; il George Washington (costruito nel 1960) fu il primo sommergibile atomico in grado di lanciare un missile a testata nucleare navigando in immersione. I missili lanciati dai sommergibili atomici raggiunsero una gittata sempre maggiore, e contemporaneamente diventò possibile piazzare su di uno stesso missile parecchi MIRV (Multiple Independently Targetable Reentry Vehicles). Nel 1985 il sottomarino Trident-2 trasportava 24 missili, ognuno dei quali aveva 10 testate separate, da quasi mezzo megatone ciascuna.
Lanciati in immersione, i missili del Trident avevano una gittata superiore alle 8.000 miglia.Le due superpotenze - Stati Uniti e Unione Sovietica - iniziarono a costruire bombardieri nucleari strategici a lungo raggio, dotati di un'autonomia di 10.000 miglia. Il B-52 americano e, più tardi, il bombardiere sovietico Backfire erano imponenti piattaforme volanti per il lancio di armi nucleari - sia bombe che missili cruise lanciabili fuori tiro nemico. Gli ICBM - Intercontinental Ballistic Missiles -, lanciati da terra, erano in grado di distruggere in un sol colpo città situate a 10.000 miglia di distanza. Entro il 1980 entrambe le superpotenze avevano costruito armi nucleari e sistemi di lancio di vario tipo in numero sufficiente a distruggersi più volte a vicenda.Mentre le armi atomiche accrescevano il potenziale distruttivo della guerra, analoghi sviluppi andavano attuandosi nel campo delle armi convenzionali. Secondo calcoli fatti nel 1980 da esperti militari americani, la moderna guerra convenzionale, non nucleare, sarebbe da 6 a 14 volte più violenta e letale della seconda guerra mondiale.
La capacità di fuoco dei pezzi d'artiglieria in dotazione a un battaglione strategico è raddoppiata rispetto alla seconda guerra mondiale e l'effetto letale dei moderni cannoni è aumentato del 400%. La gittata è stata incrementata mediamente del 60% e l'estensione dell'area che un battaglione di artiglieria è in grado di distruggere è cresciuta del 350%. I progressi fatti nel campo della metallurgia e la sostituzione degli esplosivi al tritolo con nuovi esplosivi chimici hanno moltiplicato la potenza deflagrante dei pezzi d'artiglieria di grosso calibro: un solo colpo sparato da un cannone da 8 pollici produce lo stesso impatto esplosivo di una bomba da 113 kg della seconda guerra mondiale. L'artiglieria moderna è più leggera, robusta e maneggevole di una volta. I cannoni guidati da calcolatori possono puntare un bersaglio in soli quindici secondi, contro i sei minuti che occorrevano al tempo della seconda guerra mondiale, e la loro cadenza di tiro si è triplicata rispetto al passato. Un cannone moderno è in grado di sparare 500 colpi nel giro di quattro ore. Le gittate sono aumentate al punto tale che un cannone M110 SP può scagliare un proiettile da 203 mm a 25 miglia di distanza. Il cannone semovente può percorrere 220 miglia a una velocità di 35 miglia orarie.
L'artiglieria per effettuare bombardamenti a tappeto è diventata terribilmente letale: un singolo battaglione di artiglieria sovietico, equipaggiato con 18 lanciarazzi BM-21, riesce a scaricare in soli trenta secondi ben 35 tonnellate di razzi contro un obiettivo distante 17 miglia; l'MRLS americano può piazzare in meno di un minuto 8.000 colpi di M-77 su un'area grande quanto sei campi di calcio. L'artiglieria contraerea si è evoluta al punto che un cannone M-163 Vulcan può, da solo, sparare 3.000 colpi da 20 mm al minuto, mantenendo una precisione assoluta di mira entro un raggio di due miglia. I cannoni contraerei in uso nella seconda guerra mondiale erano in grado di controllare lo spazio aereo fino a una distanza di un miglio dalla loro postazione, quelli moderni controllano uno spazio aereo 36 volte maggiore.La velocità, l'affidabilità e la potenza di fuoco dei carri armati sono state migliorate: i carri di recente fabbricazione possono percorrere 300 miglia alla velocità di 40 miglia orarie, prestazioni triplicate rispetto a quelle dei carri della seconda guerra mondiale. Un carro armato moderno ha, grazie ai suoi sofisticati sistemi di puntamento e di stabilizzazione, una probabilità di distruggere al primo colpo il suo bersaglio pari al 98%, quasi 13 volte la probabilità che avevano i carri della seconda guerra mondiale. Cariche esplosive e proiettili di nuova concezione hanno reso il cannone del carro un'arma veramente potente: il proiettile APDS - Armor Piercing Discarding Sabot - lascia la bocca del cannone a una velocità di 1.666 m/s e può penetrare per 2,4 metri in una corazza. I nuovi congegni di mira - raggi laser collegati a calcolatori - riescono a scovare un bersaglio posto a 1.800 metri di distanza anche in condizioni di oscurità, fumo, pioggia o neve.
Gli aerei da caccia convenzionali possono sganciare bombe e altri ordigni che al tempo della seconda guerra mondiale erano inimmaginabili. Il caccia A-10 Warthog è in grado di trasportare 7.250 kg di bombe e monta sul muso un cannone rotante da 30 mm, il Gau/B, che può sparare in un minuto 4.200 colpi da 20 mm; una raffica di due secondi piazza 135 pallottole perforanti dentro un carro armato. Il C-130H Spectre è equipaggiato con 4 cannoni Vulcan da 20 mm, capaci di una cadenza di tiro di 6.000 colpi al minuto; esso monta anche 4 mitragliatrici 7,62 a canna multipla, che hanno una cadenza di tiro di 10.000 colpi al minuto. Altre armi degne di menzione sono un cannone Bofors da 40 mm e da 2.000 colpi al minuto e un obice automatico da 105 mm. Tutte queste armi sono collegate a sofisticati sensori a raggi infrarossi e a calcolatori che consentono all'aereo di individuare obiettivi terrestri e di indirizzare automaticamente il fuoco su di essi.L'elicottero da combattimento è entrato a far parte del novero delle armi da guerra moderne; progettato per attaccare formazioni di fanteria (come il sovietico Mi-24 Hind) o di carri armati, rappresenta un'arma nuova e terribile. L'americano AH-64 Apache può trasportare 16 missili anticarro Hellfire, che una volta lanciati si dirigono automaticamente sul bersaglio, senza ulteriori controlli. L'Apache ha in dotazione anche 19 razzi da 2,75 pollici e un cannone a catena Hughes da 30 mm collegato a calcolatori e a sistemi di puntamento elettronici. L'elicottero ha accresciuto la mobilità dei reparti operativi e la possibilità di effettuare azioni di sorpresa, permettendo a un comandante di divisione di sferrare un attacco con truppe o armi anticarro fino a sessanta miglia di distanza: un raggio d'azione quasi quadruplicato dai tempi della seconda guerra mondiale. La mobilità della fanteria è aumentata grazie ai nuovi mezzi corazzati per il trasporto di truppe e ai veicoli IFV (Infantry Fighting Vehicles), come il Bradley. La jeep per il trasporto della fanteria monta missili anticarro TOW (Tube launched, Optically acquired, Wire-guided).
A conti fatti, si è realizzato un tale incremento della potenza di fuoco che attualmente una divisione motorizzata americana o sovietica, rispetto a un corpo analogo operante nella seconda guerra mondiale, può sviluppare un volume di fuoco tre volte maggiore e con una cadenza di tiro dieci volte maggiore. Raggiunti questi livelli, anche le armi convenzionali sono diventate non convenzionali.La seconda guerra mondiale ha portato a un bipolarismo su scala planetaria per quanto riguarda le armi e gli armamenti. Soltanto le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, possedevano la base industriale e le risorse necessarie per sostenere moderni apparati militari, i cui costi sono estremamente elevati. Le nazioni più piccole hanno potuto prendere parte in maniera significativa alle vicende internazionali solo a patto di stringere un'alleanza con una delle due superpotenze. Nella maggior parte dei casi, i soggetti secondari hanno potuto sostenere le spese soltanto per apparati militari di modeste dimensioni e solo dopo aver ricevuto un consistente aiuto economico da parte della superpotenza alleata.Le spese necessarie per lo sviluppo e la produzione di armi nucleari e per il mantenimento di grandi forze convenzionali hanno costretto le superpotenze a destinare agli armamenti una somma pari a quasi il 10% del rispettivo prodotto nazionale lordo.
Da notare che la ragione per cui le due superpotenze si sono impegnate nel continuo sviluppo di armi nucleari risiede nel fatto che queste ultime sono di gran lunga più economiche delle armi convenzionali: rispetto a queste, infatti, gli ordigni nucleari necessitano di una minore quantità di materie prime e di ridotte spese di manutenzione, non diventano obsoleti troppo velocemente e richiedono scarsa manodopera. Nel corso degli anni ottanta le superpotenze hanno talmente ridotto le forze convenzionali - rispetto agli anni cinquanta - che la percentuale del prodotto nazionale lordo destinata agli armamenti si è quasi dimezzata: nel 1987 Stati Uniti e Unione Sovietica hanno speso per questa voce tra il 5 e il 6% del prodotto nazionale lordo, a fronte di quasi il 10-12% del 1956.Sebbene molti paesi del Terzo Mondo siano privi della base economica necessaria per sostenere un apparato militare di vaste dimensioni, essi sono riusciti ad acquistare moderne armi convenzionali in quantità sufficienti per fare della guerra un aspetto pressoché costante della propria esistenza. Israele, per esempio, riceve quasi cinque miliardi di dollari all'anno dagli Stati Uniti per sostenere la propria macchina bellica. Persino paesi poveri come l'Angola o l'Etiopia hanno visto le loro esigenze militari soddisfatte dalle grandi potenze, e questo ha permesso loro di permanere in uno stato di guerra civile da dieci anni a questa parte. La proliferazione di armi moderne, fornite agli Stati più poveri del mondo dalle grandi potenze, ha condotto molti di essi, specie i più piccoli, alla rovina economica e sociale.
A meno di un collasso finanziario provocato da una serie di fattori estranei al settore militare, i paesi sviluppati e le grandi potenze sembrano perfettamente in grado di continuare a sostenere, nel prossimo futuro, l'attuale ritmo di produzione delle armi e di potenziamento degli eserciti. Per alcuni Stati lo sforzo richiesto sarà maggiore che per altri, ma finché i diversi paesi sentiranno di doversi proteggere da nemici potenziali, il gioco continuerà. Le nazioni non si temono reciprocamente in quanto si armano, ma si armano perché si temono reciprocamente. Niente lascia presumere che la dinamica psicologica che spinse l'uomo preistorico a costruire armi per difendersi dai nemici stia per venir meno nei tempi moderni.
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