ARSENALE
Il termine a., derivato dall'arabo dār al-ṣinā'a 'stabilimento industriale', definisce sia i cantieri navali (militari e commerciali) sia le costruzioni adibite a deposito di armi.Della prima accezione si trova un riscontro, anche se assai ridotto, nell'architettura del mondo islamico medievale, mentre della seconda, considerato anche il tipo di equipaggiamento e l'assenza, o quasi, di armi da fuoco, non esiste praticamente traccia significativa per l'epoca.L'abbondante produzione letteraria degli storici e geografi arabi - tra gli altri al-Balādhurī del sec. 9°, al-Mas'ūdī e al-Kindī del sec. 10°, al-Bakrī del sec. 11°, Ibn 'Idhārī dell'inizio del sec. 14° e al-Maqrīzī del sec. 15° - pur enumerando i molti porti muniti di a. sulle coste del Mediterraneo e del golfo Persico, dove la cantieristica vantava tradizioni già secolari, fornisce però informazioni assai scarne sulla struttura degli a. stessi, dei quali peraltro sono scarsissimi anche i resti archeologici.È noto che all'iniziale mancanza di capacità tecniche si ovviò con il reclutamento di manodopera persiana, copta e, soprattutto, siriaca. A questi abili specialisti, cui si deve la costruzione delle prime imbarcazioni della flotta da guerra califfale, è pure da attribuire probabilmente l'edificazione dei primi a. a Bassora in Mesopotamia - a servizio, attraverso il Tigri, di Bagdhad -, ad Acri e Tiro in Siria, a Tarso in Cilicia, a Khandaq (Candia) nell'isola di Creta e di numerosi altri in Egitto: a Kulzum, la bizantina Clysma, sul mar Rosso, ad Alessandria, a Rosetta, a Tinnis, a Damietta e ben tre sul Nilo nella zona in cui poi si sviluppò la città del Cairo.Gli a. della costa maghrebina e spagnola, costruiti nei secc. 8°-10°, confermano la prevalente specializzazione dei cantieri mediterranei come basi per le flotte da guerra: tra questi Tunisi, fondata negli ultimi anni del sec. 7° e scelta proprio per la sua posizione, in fondo a una baia, particolarmente favorevole all'attracco di ogni tipo di naviglio; Ceuta (arabo Sabta), di fronte a Gibilterra, sorta in funzione della conquista della Spagna (che venne a sua volta dotata di numerose e importanti installazioni navali, tra le quali primeggia Almería); Mahdiyya, a S di Tunisi, punto di partenza dei Fatimidi d'Ifrīqiya per la loro espansione antibizantina e antiikhshidide, fornita, sin dalla sua fondazione nella prima metà del sec. 10°, di un a. situato in un'insolita, centralissima posizione, accanto alla Grande moschea.Parallelamente, nell'oceano Indiano, il commercio a lungo raggio verso l'India e la Cina, incrementato dall'utilizzazione sistematica dei monsoni, determinò lo sviluppo di una flotta mercantile competitiva; i porti di Ṣuḥār e di Mascat furono dotati di a. assai rinomati per le loro veloci navi da trasporto, così come Aden e, sulla costa persiana, Sīrāf, già importante centro sasanide.Più in generale, se da un lato i progressi della scienza (e dell'astronomia in special modo), consentendo una navigazione sempre più sicura, aumentarono l'importanza della flotta islamica, dall'altro le difficoltà crescenti, dovute all'esaurirsi delle riserve boschive per l'approvvigionamento di legnami speciali e cordami di origine vegetale particolarmente resistenti, determinarono via via, con altre concause, il declino della potenza navale del pur vasto mondo musulmano e dei suoi arsenali.L'unico a. che sia giunto praticamente intatto si trova nel Mediterraneo orientale e risale ai Selgiuqidi di Rum, dinastia turca di origine centroasiatica, costretta a dotarsi di una propria flotta allorché si insediò in Anatolia. Si tratta del porto di Alanya, la Kalonoros dei bizantini, ove 'Alā' al-Dīn Qayqubād (1219-1237), il più grande dei sovrani del suo casato (cui si deve, tra l'altro, il vastissimo palazzo-città di Qubādābād, dotato anche di un piccolo a., sulle sponde occidentali del lago di Beyşehir, a O di Konya), fece costruire un monumentale cantiere navale (turco tersane) protetto da due torri, la Kızıl Kule 'Torre Rossa' a N e quella detta ora Tophane a S. Tale struttura, da attribuire nel suo insieme all'architetto di origine siriana Abū 'Alī b. al-Kattānī al-Ḥalabī (costruttore della Kızıl Kule, come testimonia un'iscrizione ancora in situ), alla base della collina fortificata, in posizione riparata e assai favorevole, risulta formata da cinque gallerie parallele a volta (parzialmente scavate nella roccia nella porzione più interna), di profondità diversa - dai m. 3 ai 4 ca. -, aperte verso il mare con un fronte di quasi m. 57 ca. di larghezza, cui si accede attraverso cinque ampie aperture ad arco leggermente acuto. Tali gallerie, illuminate dall'alto mediante piccole aperture e capaci di dar riparo a navi anche di notevoli dimensioni, comunicano tra loro tramite una serie di arcate e sono accessibili dalla terraferma attraverso due ingressi, a S e a N; quello settentrionale è sormontato da un'iscrizione con il nome di Qayqubād. Nella costruzione si alternano murature in blocchi di pietra ben squadrati nella facciata e nella zona basamentale e in mattoni nelle volte a sesto leggermente acuto delle gallerie; manca ogni motivo decorativo, resta soltanto qualche traccia di una merlatura all'interno delle cinque arcate frontali. Una miniatura del Kitāb-i Bahriyye (Libro della marineria) di Piri Reis, opera cartografica turca con annesso testo descrittivo del 1521-1526, conservata nel Topkapı, Sarayı Müz. di Istanbul, riproduce con chiarezza l'a. di Alanya, sostanzialmente identico a quello ancora oggi visibile.Un'altra, sia pur frammentaria, testimonianza di a. islamico si trova a Salé, sulla costa atlantica del Marocco, a brevissima distanza da Rabat, ove restano due delle porte che davano accesso al bacino di carenaggio, il Bāb el-Mrisa (la Porta del Porto) e la porta occidentale, costruite per volere del sovrano merinide Abū Yūsuf Ya'qūb tra il 1260 e il 1270 e interrate ormai da secoli assieme al porto. La prima, inquadrata da due torri assai poco sporgenti, si apre con un amplissimo arco a ferro di cavallo (tuttora alto più di m. 9) sovrastato da due zone triangolari fittamente decorate a intrecci, al di sopra delle quali la parete presenta una fascia con eleganti motivi fitomorfi, a sua volta coronata da una larghissima iscrizione coranica in caratteri cufici. L'altra porta, ora in rovina, anch'essa in blocchi di pietra da taglio squadrati e accostati con grande precisione, manca del tutto di decorazione. L'accuratezza di questi elementi superstiti testimonia quello che doveva essere il livello formale delle architetture portuali e dell'a., destinato alla costruzione delle navi per la guerra santa.
Bibl.: I.H. Konyalı, Alanya (Alāiyye), Istanbul 1946, pp. 209-232; S. Lloyd, D.S. Rice, Alanya ('Alâ'iyya), London 1958, pp. 16-18, 55-56; G.S. Colin, C. Cahen, s.v. Dār al-ṣinā'a, in Enc. Islam2, II, 1965, pp. 132-134; A.M. Fahmy, Muslim Naval Organization in the Eastern Mediterranean from the Seventh to the Tenth Century A.D., Cairo 19662; C. Cahen, Ports et chantiers navals dans le monde méditerranéen musulman jusqu'aux Croisades, in La navigazione mediterranea nell'Alto Medioevo "XXV Settimana di studio del CISAM, Spoleto 1977", Spoleto 1978, I, pp. 299-313; T.A. Šumovskij, Arabskoe moreplavanie [La navigazione araba], in Očerky istorii arabskoj Kul'tury. X-XV vv. [Saggi di storia della cultura araba, secc. 5°-15°], a cura di O.G. Bol'šakov, Moskva 1982.M.A. Lala Comneno
Il termine a., diffusosi in Europa in varie forme, quali 'arzana' e 'terzana' a Venezia, 'darsana' e 'darsena' a Genova (Pellegrini, 1978), designava nel Medioevo il cantiere navale, che in alcuni casi, per es. a Venezia, serviva anche come deposito di macchine belliche (Concina, 1984, pp. 9-14). La struttura degli a. medievali riprendeva sostanzialmente quella dei neória greci e dei navalia romani, con una serie di navate affiancate, in prossimità del mare o, più spesso, di un bacino artificiale (darsena), per la costruzione, la riparazione e, nei mesi invernali, il ricovero delle navi. In ambito bizantino vennero usati per designare gli a. i termini neórion ed exàrtysis, che talvolta avevano un significato equivalente, anche se a Bisanzio con exàrtysis si indicava non soltanto l'installazione cantieristica, ma anche l'amministrazione relativa alla flotta da guerra (Ahrweiler, 1966, p. 422). Un'exàrtysis doveva trovarsi nel porto del Neórion ed era databile al sec. 9°, un'altra era situata nell'attuale quartiere di Eski Tarsane e avrebbe avuto origine nel sec. 5° (Ahrweiler, 1966, p. 431). La marina bizantina si serviva comunque anche degli a. provinciali, alcuni dei quali (per es. ad Alessandria) continuarono la loro attività anche durante la dominazione araba. Per ciò che riguarda l'Occidente, ancora tra i secc. 5° e 6° sembra essersi mantenuta nell'attività marinara una certa continuità con l'epoca romana; risulta comunque difficile ricostruire le strutture portuali e cantieristiche (Schmiedt, 1978). Un rinnovato sviluppo della navigazione si ebbe in Europa soltanto nel sec. 11° e il controllo del mare poté passare alle repubbliche marinare italiane proprio perché queste, rispetto al mondo arabo, avevano a disposizione il legname - in passato oggetto di commercio tra Venezia e i musulmani - per l'allestimento di cantieri navali (Lombard, 1958). A quest'epoca si fa risalire la nascita dell'a. veneziano e, anche se la data tradizionale di fondazione (1104) appare troppo precoce, a Venezia l'attività cantieristica doveva già essere comunque piuttosto fiorente, se nel 1170 la città era in grado di fornire una flotta all'imperatore bizantino contro i Turchi selgiuqidi (Bellavitis, 1983, p. 20). Il primo a. istituito dalla Repubblica risale però agli inizi del Duecento; tuttavia doveva essere insufficiente alle esigenze della città, giacché la flotta si avvaleva anche delle navi costruite negli squeri privati. La struttura dell'a. più antico è visibile in una pianta della Chronologia magna del sec. 14° (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. Z 399, 1690), che lo mostra nell'assetto anteriore al 1325, difeso da una cinta muraria a pianta rettangolare e collegato alla laguna da un canale artificiale. La concezione dell'a. veneziano sembra rifarsi, sia per la struttura sia per la complessa organizzazione, a quelli bizantini, ma non è escluso che i Veneziani si siano avvalsi anche della loro conoscenza degli a. arabi. Tuttavia la continua crescita di Venezia come potenza navale fece sì che l'a. fosse sempre soggetto a modifiche e ampliamenti, sicché nulla rimane delle strutture medievali.Una situazione analoga si ebbe a Genova, il cui a. fu costruito in seguito alla decisione presa dai consoli, nel 1159, di realizzare degli scali sulla spiaggia di Borgo da Pré. A questi si aggiunsero poi il piccolo porto della darsena (1238), torri di difesa (1321) e, a O della darsena, navate poste l'una accanto all'altra per lo sverno delle navi. Tale a. tuttavia, nonostante i continui restauri, nel 1471 era andato quasi completamente in rovina.Per quanto riguarda Pisa, sembra che gli a. della Repubblica (Terzanaia), nella zona di San Vito, fossero sorti nello stesso luogo in cui in epoca romana lavoravano i fabri navales (Tolaini, 19792, pp. 9-10). Oltre alla Terzanaia, dovevano comunque trovarsi nella città cantieri navali a carattere non permanente. La Terzanaia fu distrutta dai Fiorentini nel 1406, ma Rohault de Fleury (1873-1874) poté ancora osservarne la struttura: le navate, adibite alla costruzione e al ricovero delle galee, erano realizzate l'una a fianco all'altra e comunicavano tra loro tramite arcate longitudinali, mentre la copertura lignea delle navate era sostenuta da archi trasversali.Ad Amalfi, nonostante il maremoto del 1347, si sono conservate due navate dell'a., voltate a crociera e di dimensioni piuttosto modeste, che testimoniano nella città un'attività piuttosto limitata - come avviene anche per la vicina Atrani - rispetto alle altre repubbliche marinare.La cantieristica navale ebbe un certo sviluppo tra Duecento e Trecento anche nella Francia meridionale. È da ricordare l'a. di Narbona, fondato da Filippo III l'Ardito e, sempre nella stessa città, nell'area di Capelle, quello allestito in gran fretta, nel 1318, per la crociata di Giovanni XXII, poi mai intrapresa (Piola Caselli, 1984).Più interessante è la situazione nella penisola iberica, dove gli a. cristiani ripresero molto spesso la tipologia di quelli musulmani: è il caso di quello di Siviglia, fatto costruire da Alfonso X nel 1252 per l'allestimento di una flotta da inviare contro gli Arabi. L'a., che si trovava al di fuori delle mura della città, presentava una pianta quadrilatera sul cui lato maggiore, di m. 182, si aprivano sedici navate voltate, per la costruzione delle galee; già nel sec. 16° esso non era più utilizzato. Lo stesso sovrano fece costruire il primo a. di Barcellona, restaurato poi da Pietro I, per l'allestimento della flotta da utilizzare nella spedizione in Sicilia del 1281. La Drassana attuale risale tuttavia alla ricostruzione di Pietro III, il cui progetto prevedeva otto navate sul lato di mare, già terminate nel 1381, e un numero uguale di navate sul lato di terra, comunicanti tra loro e con copertura lignea su archi trasversali. La tipologia dell'a. barcellonese si differenzia quindi da quella degli a. ispano-musulmani - le cui navate erano generalmente voltate - per la presenza di archi-diaframma di sostegno, per i quali l'architetto Arnau Ferrer e il maestro carpentiere Joan Janez sembrano essersi ispirati all'a. di Pisa (Torres Balbás, 1960). Tale tipologia rimase in uso fin oltre l'epoca medievale, come testimoniano anche gli a. medicei di Pisa del 16° secolo.
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