ARTA (l'antica Ambracia; A. T., 82-83)
Città della Grecia, capoluogo della provincia (nomos) omonima, nel centro dell'ampia e fertile pianura che si estende a nord del golfo omonimo, e sulle rive del fiume cui essa deve il nome (per corruzione dall'antico nome "Αραχϑος, Arachtus); il villaggio di Salakhōra, a 18 km. a sudovest della città, tra due stagni, le serve da scalo. La città, benchè spopolata dai Romani al tempo della fondazione di Nicopoli, continuò ad avere molta importanza per la sua posizione strategica, dominando le strade militari conducenti dall'Italia in Tessaglia attraverso il Pindo. Sull'acropoli restano ancora alcuni tratti delle antiche mura poligonali di Ambracia, quali sostruzioni su cui si erge l'imponente castello medievale; ma importanti sono soprattutto le chiese bizantine, tra le più antiche e più caratteristiche di Grecia, appartenenti, nel nucleo principale, al sec. XIII. Fra esse nomineremo la metropoli della Vergine Consolatrice (Παναγία Παρηγορήτισσα), fondata da Michele Ducas nel 1071, e ricostruita nel sec. XIII, interessante per la sua originale architettura, coi pennacchi della sua maestosa cupola sorretti da duplice ordine di colonne sovrapposte con una specie di aggetto, e per la decorazione a musaici, di stile ancora severo. Inoltre, notevoli sono le chiese di S. Basilio e di S. Teodora, come anche il palazzo arcivescovile e il gran ponte romano ricostruito dai Bizantini e dai Turchi. Lo stile caratteristicamente italiano delle sculture che adornano tali edifici si spiega per gli stretti rapporti mantenuti dai despoti di Arta con gli Angioini di Napoli. Arta, passata per tutte le mani dei conquistatori medievali, ebbe a soffrire moltissimo durante le ultime insurrezioni e le guerre d'indipendenza, tanto che la sua popolazione nel 1840 era ridotta a sole 5000 anime; da allora ha cominciato a risorgere assai lentamente, e oggi conta circa 10.000 abitanti. Ha qualche piccola industria e fa un importante commercio di vini, tabacchi, cotone, e altri prodotti della sua fertile regione; erano pregiati i suoi ricami.
La provincia di Arta, con un'unica eparchia, oltre alla pianura presso il capoluogo comprende una regione montuosa che si estende sulla riva orientale del fiume Arta (pendici occidentali del Pindo); confina con le provincie di Préveza, di Iōánnina, di Trikkala e di Etolia e Acarnania. All'infuori del capoluogo non ha altri centri importanti.
Il golfo di Arta (l'antico Sinus Ambracicus) è uno dei più bei bacini del Mediterraneo; dalla città di Préveza, presso alla quale possono penetrare i navigli che non hanno uno spostamento d'acqua maggiore di quattro metri, esso misura 30 km. di larghezza da est a ovest, con una costa tutta frastagliata di baie pittoresche; oltre al fiume Arta, che traversa l'Epiro da nord a sud con un corso di 140 km., vi sbocca pure il Luro (Charadra).
Storia. - L'antica Ambracia ('Αμπρακία in Erodoto e Tucidide; 'Αμβρακία in Senofonte e scrittori posteriori) era detta dalla tradizione città tesprotiana, colonizzata dai Corinzî al tempo di Gorgo, figlio di Cipselo, verso il 600 a. C. (Strabone, VII, 325, 452; Aristotele, Pol., V, 3, 6; 8, 9; Diogene Laerzio, I, 98). Divenne presto assai fiorente, e fertilissimo era il suo territorio. Contribuì con 7 navi alla squadra greca nella guerra contro Serse (480) e con 27 alla guerra di Corinto contro Corcira (Erodoto, VIII, 45; Tucidide, I, 46; Plutarco, Them., 24). Nella guerra del Peloponneso fu contro Atene, la quale si era fatta sostenitrice degli Anfilochi contro l'egemonia ambraciota con la spedizione vittoriosa di Formione nel 432. Nel 430 gli Ambracioti assalirono invano Argo Anfilochio; né miglior successo conseguirono nell'anno seguente in Acarnania con l'appoggio degli Epiroti e dei Lacedemoni guidati da Cnemo; sotto le mura di Strato la spedizione fallì (Tucidide, II, 80-82). Gli eventi del 426 furono gravi di conseguenze per Ambracia, che, forte di almeno 5 mila suoi opliti e molti mercenarî, fiduciosa negli alleati peloponnesiaci, dopo aver conquistata la fortezza di Olpe, era stata, quivi e a Idomene, sconfitta da Demostene e dagli Acarnani (Tucidide, II, 105-113). La città stessa corse pericolo di venir assalita; non lo fu per divergenze nel campo avversario, ove l'egemonia ateniese cominciava a pesare. Acarnani ed Anfilochi conclusero con Ambracia pace ed alleanza per 100 anni. Il forte colpo subito le impedì di prendere parte attiva alle ulteriori operazioni della guerra peloponnesiaca; anzi Corinto dovette inviare 300 opliti a suo presidio (Tucidide, II, 68-80; III, 114). Solo nel 414 troviamo tre navi di Ambracia al soccorso di Siracusa (Tucidide, VII, 4-6). Malcontenta di Sparta, aderisce alla lega corinzia del 395; poi si schiera con Atene contro Filippo II nel 341-340 (Demostene, Chers., 81, 18). Conquistata dal re macedone, tenta invano di ribellarsi quando sale al trono (336) Alessandro (Diodoro, XVII, 3-4). Pirro la fa sua capitale e residenza abituale, adornandola di molte opere d'arte (Polibio, XXII, 13; Livio, XXXVIII, 9; Strabone, VII, 325; Plutarco, Pyrrh., 6; Pausania, I, 13, 7; II, 21, 5) e costruendovi un palazzo fortificato che da lui prese il nome. Fu in seguito una forte base etolica, sostenendo nel 189 un famoso assedio da parte del console M. Fulvio Nobiliore, che, a pace conclusa, trasportò a Roma molte opere d'arte (Polibio, XXI, 23; XXII, 9-13; Polieno, 6,17; Livio, XXXVIII, 3-9). Affermano alcune fonti che qualche anno dopo gli Ambracioti per una questione di confine con gli Atamani ricorsero all'arbitrato del senato romano, che delegò quei di Corcira a definire la vertenza. La decadenza culminò con Augusto, che ne trasportò gli abitanti a Nicopoli da lui fondata a ricordo della vittoria d'Azio (Strabone, VII, 325; Pausania, V, 23, 3).
Nel Medioevo, col nome di Arta, la città ebbe una storia quasi autonoma dal momento in cui Boemondo di Taranto la occupò nel 1083, iniziando il disgregamento territoriale dell'impero greco, dal quale si può di fatto considerare staccata, quando nella penisola greca s'insediano le signorie franche. Nel 1449 cadeva in potere dei Turchi, dai quali la riscattarono nel 1688 i Veneziani, tenendola fino alla perdita della Morea. Nel 1797 vi s'installarono i Francesi, ma per breve tempo. L'anno appresso la occupava Alì, pascià di Giannina. Nel 1854 fu centro di un'insurreziorie greca, ma questa fu repressa, e soltanto nel 1881 Arta entrava nella piccola famiglia greca.
Bibl.: (specialmente per la città antica). Per la topografia: Leake, Travels in Northern Greece, Londra 1839, I, p. 206 segg.; Oberhummer, Akarnanien, Monaco 1887; Wolfe, Observations on the Gulf of Arta, in Journal of the Geogr. Soc., III, p. 82 segg.; J. Woodhouse, Aetolia, its Geogr. Top. and Ant., Oxford 1897; Gilliéron, Grèce et Turquie, Parigi 1877. Per la storia: J. Beloch, Griech. Gesch., 2ª edizione, passim; Klotzsch, Epirot. Gesch., Berlino 1911, p. 176 e passim; De Sanctis, St. d. Rom., IV; Salvetti, Studi di St. antica, II; Corpus Inscriptionum Graec., 1797-1800; Hirschfeld, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, 1807; 'Αρχ. 'Εα, 1910; per l'Ambracia di Ennio, v. ennio.