Anglosassoni, Arte degli. Vetri
Benché il vetro venisse usato in Inghilterra fin dall'inizio del periodo anglosassone, non c'è prova di continuità di produzione dall'epoca della dominazione romana e senza dubbio molti degli oggetti più antichi vennero importati dal continente. Con la possibile eccezione di una modesta importazione dal Mediterraneo orientale o dal mondo islamico (Harden, 1956), tutto il vetro del primo e gran parte di quello dell'ultimo periodo anglosassone, a prescindere dal luogo di produzione, era costituito dalla tradizionale composizione di soda e calce.
La maggior parte dei recipienti mostra un colore 'naturale' verde o marroncino, tipico cioè del vetro che non è stato deliberatamente colorato o decolorato con aggiunta di antimonio o manganese.
Tutti i recipienti venivano soffiati, occasionalmente ciò avveniva in stampi; alcuni oggetti erano decorati a caldo con strumenti o con l'applicazione di filamenti. In base a quanto finora noto, i recipienti non venivano mai decorati con incisioni, intagli o pitture. Secondo Harden (1978), il vetro nell'Inghilterra anglosassone si divide in quattro gruppi, in base al luogo di ritrovamento: cimiteri, insediamenti dei secc. 5°-7°, monasteri, insediamenti avvenuti tra l'8° e l'11° secolo.
Per quanto riguarda il primo gruppo, la conoscenza dei manufatti in vetro usati tra il sec. 5° e il 7° si deve soprattutto all'usanza pagana di seppellire insieme ai defunti oggetti di varia natura. La maggior parte di questi consiste in recipienti per bere, in piccoli contenitori e in perline. Quelli più comuni sono bicchieri a proboscide e conici, coppe e, verso la fine del periodo, vasi bassi e bottiglie da borsa. La distribuzione dei ritrovamenti nei cimiteri del primo periodo anglosassone mostra una notevole concentrazione nel Sud-Est dell'Inghilterra, specialmente nel Kent, dove, nel sec. 7°, si ebbe probabilmente una notevole produzione di vetri (Whitehouse, 1986).
Per il secondo gruppo, il contrasto tra la relativa abbondanza di oggetti di vetro ritrovati in necropoli e la scarsità di rinvenimenti negli insediamenti coevi sottolinea la circostanza che il vetro non fu mai disponibile su vasta scala e che i recipienti per bere più elaborati rappresentavano uno status symbol di discreta importanza. Tuttavia, frammenti di oggetti sono stati trovati in luoghi diversi, quali Portchester Castle (Hampshire), il villaggio di West Stow (Suffolk) e Repton (Derbyshire).
Per ciò che riguarda i ritrovamenti del terzo gruppo va ricordato che, secondo Beda il Venerabile (Hist. Abbatum, 5), Benedetto Biscop fu costretto a far giungere maestri vetrai dal continente per le vetrate dei suoi monasteri di Monkwearmouth (nel 675) e Jarrow (ca. 685). Scavi condotti in questi luoghi hanno rivelato che il vetro era soffiato a canna e in una varietà di colori comprendente il verde, il blu, il giallo e il marrone. Le lastre, la maggior parte delle quali presenta bordi molati, hanno forme e dimensioni varie. È evidente che esse furono montate in vetrate composite e piombate, probabilmente ornate di motivi figurati (Cramp 1970a; 1970b; 1975). Ritrovamenti simili, ma meno abbondanti, sono stati effettuati a Escomb (contea di Durham), a Repton (Derbyshire), a Brixworth (Northamptonshire) e a Winchester (Hampshire) e più tardi nell'abbazia di Glastonbury, nel Somerset. È quasi certo, pertanto, che molte chiese fossero munite di vetrate, a volte con decorazioni.
Con riferimento al quarto gruppo di classificazione, si rileva che, sebbene i centri della tarda età anglosassone abbiano prodotto una quantità significativamente maggiore di oggetti in vetro rispetto a quelli dei secc. 5°-7°, tale produzione conferma la stessa impressione, che cio'e gli oggetti fossero disponibili solo per le classi sociali più elevate.Tra le più importanti scoperte recenti sono da ricordare la vasta raccolta di recipienti in vetro carolingi dal mercimonium dei re del Wessex a Hamwih (od. Southampton) e la documentazione di lavorazione del vetro (ma non necessariamente di fusione) a York (Bailey, 1987).
Bibliografia
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v. anche Anglosassoni, Arte degli. Parte introduttiva