POVERA, ARTE
. Nel 1958 G. Celant definiva "arte povera" una corrente artistica che, rifiutando la tecnica e l'artificiale, si era volta al recupero della natura come esperienza quotidiana, alla rivalutazione degli oggetti comuni, alla realizzazione di opere d'arte con materiali poveri quali legno, pietra, stracci, carta. Per questi artisti è necessario avere qualcosa da manipolare e da costruire e un ambiente reale in cui muoversi, per essere sempre legati agli avvenimenti circostanti. M. Pistoletto, M. Merz, J. Kounellis, P. P. Calzolari, G. Anselmo, G. Paolini, E. Prini, L. Fabro, A. Boetti, G. Zorio, prendono la natura come modello di comportamento, per un ritorno all'innocenza e alla verità e un allargamento e approfondimento dell'esperienza vitale. Essi praticano un'arte impegnata con l'uomo in un discorso che segue gli stimoli della realtà e parte in tutte le direzioni, abolendo i sistemi e procedendo in libero disordine. Attratti da tutte le possibilità del mondo animale, vegetale e minerale rivalutano i più semplici elementi, rendendo complici gli spettatori di queste loro scoperte e coinvolgendoli nelle loro azioni. Per gli artisti poveri fare arte è un continuo rapporto col mondo, è lavoro, politica, scienza, pensiero. Lottando contro la mistificazione dei prodotti e abolendo ogni tipo di simbolismo, essi s'immergono nelle cose con disponibilità totale, per raggiungere un'esistenza creativa perfettamente legata al fatto vissuto.
Bibl.: Povertà dell'arte (Quaderno a cura della Galleria De' Foscherari), Bologna 1958; Arte povera più azioni povere, Salerno 1969; G. Celant, Arte povera, Milano 1969; G. Dorfles, Dall'arte povera al kitsh, in Metro, 1970, n. 16-17; M. Venturoli, I comportamenti alla ribalta, in Nuova Antologia, ag. 1971; Contemporanea (catalogo della mostra, Roma, Parcheggio di Villa Borghese, nov. 1973-febbr. 1974); L. Vergine, Arte povera e land-art, in Notiziario d'arte contemporanea, ott. 1973.