romanica, arte
Il rinnovamento dell’arte medievale
Il periodo che va dall’11° secolo fino alla metà del 12° è considerato un’epoca di importanti e radicali cambiamenti per tutta l’Europa: in questi anni si mise infatti in moto un forte processo di modernizzazione dei centri urbani, del commercio, dell’agricoltura e della tecnologia, che ebbe notevoli ripercussioni sulla vita sociale, politica e culturale del tempo. Tale rinnovamento interessò anche le forme artistiche e riguardò in particolare l’architettura e la scultura architettonica; meno evidenti risultarono, invece, le svolte nel campo della pittura. Per questa nuova civiltà artistica, carica di trasformazioni e profondamente europea, gli studiosi del 19° secolo coniarono il nome di arte romanica
Il generale rinnovamento che caratterizzò l’Europa al principio dell’11° secolo fu causato, secondo un’antica leggenda, dalla mancata fine del mondo profetizzata per l’anno Mille.
In realtà il risveglio economico, politico e culturale venne determinato da importanti cambiamenti storico-sociali: in primo luogo il tramonto del feudalesimo e la conseguente rinascita delle città. L’economia feudale era essenzialmente agricola e si svolgeva solo attorno al castello del feudatario, per il sostentamento della piccola comunità che a esso faceva capo; al contrario l’economia urbana caratterizzata dai commerci, dalle attività artigianali e dai mercati risulta più mobile e permette la circolazione del denaro, delle merci e naturalmente delle persone. In sostanza più dinamicità e più scambi.
La città venne quindi riacquistando un ruolo preminente, che in Italia ebbe come conseguenza principale la nascita dei Comuni. Nella penisola il risveglio dopo l’anno Mille fu legato proprio all’affermarsi dell’autonomia di importanti centri comunali, primi fra tutti Milano e Firenze, e delle repubbliche marinare, tra cui Venezia e Pisa. In Europa si assistette invece al tramonto dell’idea della monarchia unica e universale, e all’affermazione di realtà indipendenti come in Inghilterra, nella Spagna del Nord e in parte della Francia.
Una delle conseguenze più significative di questo grandioso risveglio della società europea fu lo sbocciare di una civiltà culturale e artistica nuova e originale, interprete della vita sociale, politica e religiosa dell’epoca. Lo sviluppo dell’arte romanica non fu un fenomeno locale, ma europeo: a partire dall’11° secolo in Italia settentrionale, in Normandia e nel Sud della Francia vennero infatti costruite chiese e cattedrali accomunate da elementi architettonici e decorativi.
Una spinta importante alla diffusione di una comune teoria artistica in Europa venne, in primo luogo, dalla circolazione di persone e idee dovuta al commercio, e in secondo luogo dallo sviluppo dei pellegrinaggi religiosi; folle di fedeli, tra cui anche artisti e uomini di cultura, si mettevano in viaggio da tutta Europa verso i santuari di Roma, Santiago de Compostela (Spagna) e della Terrasanta, portando con sé idee, esperienze e cultura del luogo d’origine e di quelli visitati. Tra le chiese romaniche europee più importanti si possono ricordare la Cattedrale di Spira in Germania, la chiesa di Saint-Étienne a Caen e di Notre-Dame a Jumièges in Normandia, di Saint-Lazare ad Autun e di Saint-Sernin a Tolosa in Francia e il santuario di Compostela in Spagna.
Ad accomunare questi edifici sono alcuni elementi strutturali e decorativi. Innanzitutto si tratta di un’architettura forte e massiccia, ispirata a quella romana, con la presenza di possenti pilastri di sostegno alternati a colonne. La più appariscente delle novità fu senza dubbio la sostituzione della tradizionale copertura lignea con la volta a crociera costolonata in pietra e in cotto. La volta a crociera, già usata dai Romani, nasce dall’intersezione di due volte a botte; mentre la volta a botte però scarica il peso equamente e continuamente su tutta la lunghezza della parete di sostegno, la volta a crociera lo scarica in modo preciso solo sui quattro punti di ricaduta degli archi, permettendo così di concentrare le controspinte di sostegno. Ogni volta a crociera che forma la copertura individua sotto di sé uno spazio quadrato, chiamato campata, in cui viene suddivisa la navata delle chiese romaniche.
È stato detto che l’architettura romanica ha adottato la volta a crociera per scongiurare gli incendi tanto frequenti con i tetti lignei: si tratta però di una spiegazione insufficiente, visto che tale tipo di volta a crociera è noto sin dall’antichità. Si può piuttosto pensare che alla scelta di questa soluzione strutturale abbia concorso la mentalità solida e razionale della società dell’epoca. L’alleggerimento della parete permette la presenza nelle chiese romaniche del matroneo, una galleria che corre nella parte alta della parete affacciandosi nella navata centrale. Altra caratteristica peculiare degli edifici romanici era una ricchissima ornamentazione scultorea, soprattutto nei portali e nei capitelli.
Per quanto riguarda l’Italia, in particolare quella settentrionale, la chiesa simbolo dell’architettura romanica è S. Ambrogio a Milano. Milano fu una città molto importante sia a livello commerciale, data la sua prossimità geografica all’Europa, sia a livello politico, essendo in prima linea nella lotta per la difesa dell’autonomia comunale.
La basilica di S. Ambrogio, eretta nel 4° secolo ma rinnovata a partire dalla fine dell’11°, è preceduta da un grande atrio porticato, che assume nell’architettura romanica un nuovo ruolo: esso diventa come una piazza dove i cittadini possono radunarsi per parlare dei loro problemi, ascoltare i discorsi delle autorità politiche e ricevere la benedizione del vescovo. La facciata è a capanna, ossia con due spioventi, larga e bassa. All’interno l’edificio si presenta diviso in tre navate, separate tra loro da colonne alternate a massicci pilastri, che danno forza e sostanza alla struttura; nella navata centrale, divisa in campate da una serie di volte a crociera, si affaccia il matroneo. L’illuminazione, che proviene solo dai finestroni della facciata, è scarsa, come in quasi tutte le chiese del romanico, contribuendo a creare un’atmosfera di raccolta austerità.
A partire dalla chiesa simbolo di S. Ambrogio, l’architettura romanica ebbe uno sviluppo precoce e notevole in Lombardia e in tutta la Valle Padana. Tra le chiese più importanti si possono ricordare S. Michele a Pavia e la Cattedrale di Modena; la chiesa pavese presenta una bellissima facciata a capanna caratterizzata dalla presenza di loggette, cioè piccole arcate, che saranno uno degli elementi tipici dell’architettura padana. La Cattedrale di Modena, iniziata nel 1099, è opera dell’architetto Lanfranco, definito da un’iscrizione «mirabile artista»; la chiesa emiliana presenta quasi tutti i caratteri del romanico padano, dalla facciata a spioventi, alle loggette, al matroneo, fino al generale senso di forza e solidità della struttura architettonica.
Un’eccezione in questo panorama così omogeneo è costituita dalla basilica di S. Marco a Venezia, proprio per la storia della città stessa; Venezia è infatti rimasta dominio bizantino per tutto l’Alto Medioevo, e verso l’Oriente rivolge ogni interesse politico ed economico. Perciò la sua basilica si ispira nella forma alle grandi chiese bizantine, anche se conserva alcuni caratteri dovuti alla sua particolare natura: essere costruita sopra l’acqua e a strettissimo contatto con essa. La somma di tutti questi elementi ha finito per dare vita a un edificio originale la cui architettura non è forte e possente come quella padana, ma dinamica e leggera, con ben 5 cupole e uno sfavillante tappeto di mosaici a rivestire le pareti.
Un’altra repubblica marinara di grande importanza fu Pisa, dove a partire dal 1063 viene avviata la costruzione di un imponente duomo: iniziata dall’architetto Buscheto, continuata da Rainaldo, viene terminata da Guglielmo. I traffici commerciali della città, che la mettono in contatto con le varie parti del mondo, fanno sì che la sua chiesa diventi specchio di tutti questi scambi e rapporti. La pianta della cattedrale, con andamento longitudinale e transetto, e la presenza di colonne si ispirano alle grandi basiliche paleocristiane, la decorazione e le loggette in facciata e il matroneo all’interno sono di sapore lombardo, mentre la cupola archiacuta ed ellittica e gli archi a sesto acuto vengono dalla tradizione islamica.
Nell’età romanica la scultura assume in tutta Europa un ruolo preminente, soprattutto con funzione didattica. L’ornamentazione scultorea dei portali, dei capitelli, dei pulpiti delle chiese si pone infatti anche il fine di far comprendere ai fedeli il giusto comportamento da seguire; così, spesso nelle chiese romaniche viene rappresentato il Giudizio universale, che deve mostrare, atterrendo, cosa accade a chi conduce una vita di peccati, oppure sono raffigurate Scene del Vecchio e Nuovo Testamento, che raccontano ai fedeli le verità divine e offrono utili esempi di comportamento.
Accanto a queste figurazioni nella scultura romanica si afferma una serie di immagini bizzarre di animali e personaggi reali, fantastici o mostruosi, ai quali si attribuisce un significato simbolico. Scimmie dispettose, leoni feroci, uomini avari, sirene tentatrici, bestiali centauri, grifoni, animali a due teste, uomini con un solo piede od orecchie immense popolano la scultura romanica, perché spesso l’immagine ha più potere della parola e con la suggestione della favola colpisce l’animo del fedele, spingendolo ad allontanarsi dal peccato.
A dimostrazione del successo riscosso da queste figurazioni nell’arte romanica c’è la voce di uno dei religiosi più importanti dell’epoca: Bernardo di Chiaravalle in uno dei suoi scritti si preoccupa che i monaci, passeggiando nelle chiese e nei chiostri, vengano da queste immagini strane e fantasiose più distratti che spinti alla meditazione; tuttavia, pur criticando queste sculture fantastiche, anche Bernardo sembra rimanerne affascinato, lasciandosi sfuggire più volte parole come «bellezza deforme» e «bella deformità».
La figura più importante della scultura romanica è senza dubbio Wiligelmo, autore dei rilievi con Storie del Vecchio Testamento nella Cattedrale di Modena, dove un’iscrizione lo ricorda come «degno di onore» per la qualità della sua arte. La caratteristica principale di Wiligelmo è quella di costruire figure che sembrano reali, in cui l’esistenza vera del personaggio è resa attraverso l’emergere di un corpo saldo e volumetrico dal fondo liscio della composizione, quasi esaltandone il peso corporeo. Le sue figure sono straordinarie per la modellazione del volto, l’ampio repertorio dei gesti e la forza espressiva.
Wiligelmo riscopre poi l’importanza dello spazio narrativo che, pur non essendo rappresentato in modo dettagliato, è descritto attraverso particolari efficaci e gesti significativi, che catturano l’attenzione dello spettatore. Emblematico è l’episodio della Creazione di Eva: il paesaggio è descritto solo tramite una roccia, ma lo spazio narrativo è creato attraverso il simbolico alzarsi del dito creatore di Dio, la reale inerzia del profondo sonno di Adamo, il lento destarsi di Eva e il significativo contatto tra la mano di quest’ultima e quella del suo Creatore, che sembra proprio infonderle la vita! Riguardo allo stile di Wiligelmo, gli studiosi hanno riscontrato molti contatti con le sculture delle chiese francesi, ipotizzando una formazione in Francia dell’artista; in realtà più che di una dipendenza, si tratta di una contemporaneità culturale, di scambi reciproci, a conferma dell’esistenza di un linguaggio artistico comune in Europa.
Una situazione molto particolare, legata alle vicende e alla storia della Chiesa e del papato, si verifica a Roma e nelle zone vicine. La Chiesa, infatti, a partire dall’11° secolo dà vita a una intensa azione di cambiamento, una vera e propria riforma, che ha come obiettivo il rinnovamento morale del clero e, a livello politico, il recupero dell’autonomia dal potere laico; uno scontro che di lì a poco sfocerà nella lotta per le investiture.
Da un punto di vista artistico, si afferma quindi nei territori legati al papato un’architettura ispirata all’epoca d’oro del cristianesimo, cioè l’età paleocristiana; nascono così numerose chiese a impianto basilicale, con transetto, lunghi colonnati e una decorazione ispirata all’antico. Il più noto di questi edifici fu senza dubbio l’abbazia di Montecassino, nel Lazio, ricostruita alla fine dell’11° secolo dall’abate Desiderio, che fece addirittura arrivare materiale antico direttamente da Roma. Nella città vennero realizzate alcune delle chiese più importanti dell’arte romanica come S. Clemente e S. Maria in Trastevere, abbellite da splendidi mosaici absidali ispirati a quelli delle prime basiliche cristiane.
A partire dalla metà dell’11° secolo il Meridione d’Italia vide l’invasione dei Normanni che, strappando domini ai Longobardi, ai Bizantini e agli Arabi, diedero vita a un regno unitario nel Sud della penisola. L’arte romanica conobbe quindi in questa zona un singolare sviluppo, dovuto al fatto che i nuovi conquistatori ebbero l’intelligenza di mantenere vive e fondere le precedenti esperienze artistiche e culturali, in particolare bizantina e araba.
Teatro per eccellenza di quest’arte multiculturale fu la Sicilia. A tal proposito, Ibn-Gubayr, un arabo che visitò l’isola nel 1186, descrisse così il sovrano normanno: «Rassomiglia ai re musulmani per l’uso di immergersi nelle delizie, per gli ordini legislativi, per la magnificenza della corte e il lusso degli ornamenti». Nella straordinaria Cappella Palatina di Palermo, che ha un impianto tradizionale a tre navate, si incontrano mosaici bizantini accanto ad archi acuti arabeggianti e soprattutto al soffitto ligneo ad alveoli e stalattiti, dipinto ad affresco con soggetti arabi, tipicamente islamico; il Duomo di Cefalù unisce invece la decorazione musiva bizantina, con l’arco acuto arabo e con due slanciate torri di sapore normanno in facciata. Le caratteristiche islamiche predominano invece negli edifici reali, come la Zisa, il cui nome deriva proprio dall’arabo Aziz, che vuol dire la «splendida»; il palazzo, infatti, era immerso in un grande giardino con fontane, chioschi, piante odorose e fiori dai colori brillanti.
L’espressione arte romanica fu coniata nel 1818 da alcuni studiosi francesi per sottolineare che lo sviluppo di quest’arte era stato contemporaneo a quello delle lingue romanze: come, infatti, il ‘volgare’ figurativo dei secoli 11° e 12° nasce dall’arte antica, così il ‘volgare’ linguistico si evolve dal latino antico.
Non si tratta in realtà di un parallelo calzante perché, mentre le lingue romanze sono parlate solo nei territori unificati dell’Impero, il linguaggio artistico romanico è diffuso in un’area molto più vasta.
Il termine romanico fa riferimento anche al fatto che gli edifici eretti tra 11° e 12° secolo si ispiravano a modelli e tecniche costruttive della Roma antica; in realtà, però, nell’arte romanica non ci fu mai un recupero o un’imitazione totale delle forme classiche. Pur non essendo arte romanica un’espressione del tutto appropriata, è però ormai entrata nell’uso comune.