JEMOLO, Arturo Carlo
(App. II, II, p. 6; IV, II, p. 150)
Giurista e storico italiano, morto a Roma il 14 maggio 1981. Collaborò al quotidiano La Stampa di Torino con numerosi articoli, inclusi poi in varie raccolte: particolarmente interessante il volume Figli e padri (1984), in cui sono riuniti gli articoli pubblicati negli ultimi cinque anni di vita. In essi J., con spirito nuovo, ma alla luce dell'esperienza acquisita, torna su molti degli argomenti già trattati attorno ai problemi della società civile, della politica, della religione e della Chiesa. Riflessione costantemente ispirata a una visione liberale e cristiana della vita, da J. sempre connessa ai valori della libertà e della tolleranza.
In J. rimase sempre presente l'interesse storiografico testimoniato da numerosi articoli nei quali si può ravvisare, come afferma L. Elia nella prefazione al volume Gli uomini e la storia (1978), la sua "visione provvidenzialistica". Lo storico, infatti, analizza l'opera dei grandi personaggi, convinto che le motivazioni razionali siano in grado di spiegare solo parzialmente gli avvenimenti storici che trovano la loro profonda ragion d'essere in un disegno superiore trascendente la capacità di comprensione dell'uomo. J. sapeva conciliare questa innata religiosità non soltanto con serene valutazioni del passato, ma anche con atteggiamenti politici concreti ispirati da una superiore visione etica, esente da giudizi o schemi precostituiti. In lui, come scrive F. Margiotta Broglio, "gli imperativi kantiani" furono "certo più forti degli accomodamenti curiali", e ciò rende problematica una qualsiasi convenzionale collocazione della sua personalità d'intellettuale e studioso. J., infatti, contestava quanti volevano collocarlo tra i ''cattolici-liberali'', respingendo la legittimità della categoria, convinto, come era sempre stato, della inconciliabilità delle opposte tavole di valori ai quali si riferivano i cattolici da un lato, i liberali dall'altro.
Nel decennio 1968-78 J. profuse un particolare impegno nell'analizzare i vari problemi politici del nostro paese, cercando di conciliare i valori tradizionali con le numerose istanze di rinnovamento. Indubbiamente egli ebbe una lucida coscienza della crisi delle istituzioni, a difesa delle quali, minacciate allora dal terrorismo, soleva ribadire la necessità di non anteporre una generica ''ragion di stato'' al rispetto dei principi democratici, ritenendo più utile combattere la violenza nel pieno rispetto della legalità. Guardava anche con qualche preoccupazione ai profondi mutamenti del costume che, a suo avviso, facevano perdere alla famiglia la insostituibile funzione educativa.
J. non ricoprì incarichi pubblici di particolare rilievo, se si eccettua la partecipazione alla delegazione italiana per la revisione del Concordato.
Tra i suoi ultimi scritti si ricordano: Questa Repubblica (1978); Fra diritto e storia (1982).
Bibl.: Jemolo testimone di un secolo, a cura di G. Spadolini, Firenze 1981.