Pärt, Arvo
Compositore estone naturalizzato austriaco, nato a Paide l'11 settembre 1935. Ha studiato composizione al conservatorio di Tallinn con H. Eller, lavorando negli stessi anni come tecnico della musica per la radio estone (1958-67). Nel 1980-81 ha soggiornato brevemente a Vienna e in Israele, per poi stabilirsi a Berlino come compositore free lance.
Dopo il primo successo con la cantata per voci bianche Meie aed (1959, Il nostro giardino), di impianto strettamente tonale, i lavori degli anni Sessanta come Nekrolog (1960), Perpetuum mobile (1963), la prima (1964) e la seconda Sinfonia (1966), fanno ricorso a tecniche seriali e dodecafoniche, così come a cluster ed elementi aleatori, accanto a frammenti di citazioni di altri autori e a tecniche compositive antiche (il canone innanzitutto, che comparirà di frequente nelle opere successive). Questa prima fase creativa incontrò una crisi dopo la composizione di Credo (1968), la cui conclusione in un accordo di Do maggiore segna l'abbandono definitivo della dodecafonia per un'esplicita riaffermazione della tonalità; il brano fu peraltro accolto da pesanti critiche in Unione Sovietica per il suo contenuto religioso. La constatazione che i margini di creazione personale si erano drammaticamente erosi, a favore di un utilizzo estensivo di allusioni e citazioni, spinse P. a un lungo periodo di silenzio e di studio, dedicato soprattutto alla musica medievale e rinascimentale e al canto gregoriano, e interrotto solo da una terza Sinfonia (1971) e Laul armastatule (1972, Canzone per l'amata). In questi anni P. pose le basi della susseguente svolta stilistica elaborando un nuovo stile ricco di risonanze mistiche e religiose, basato su antichi procedimenti compositivi e su un materiale musicale rarefatto, ridotto a un semplice arpeggio, o scala, o più spesso una triade, considerato talvolta per questo vicino al minimalismo. Come nel suono delle campane (egli stesso ha definito il suo stile compositivo 'a tintinnabuli'), in questa musica sono però compresenti semplicità e complessità, densità di assonanze, stasi apparente e molteplicità di armonici. Il riferimento religioso è esplicitato da questa rinunzia del compositore "all'armamentario moderno" a favore di una rinnovata essenzialità anche nelle tecniche impiegate, e si estende a tutta la produzione, vocale e strumentale.
Il lungo silenzio si è concluso nel 1976 con un piccolo brano per pianoforte, Aliinale (Per Alina), seguito da Tabula rasa (1977), Fratres (1977; ha poi visto la luce in numerose versioni), Cantus in memoriam Benjamin Britten (1980), composizioni che hanno portato P. al successo internazionale. All'esecuzione di questi lavori e di quelli che sono seguiti, nei quali P. ha sistematicamente applicato le sue nuove concezioni stilistiche, hanno collaborato musicisti come K. Jarrett e G. Kremer, il compositore A. Schnittke, l'Hilliard Ensemble, contribuendo non poco, assieme alle registrazioni discografiche, a portarli all'attenzione del più vasto pubblico. Le opere successive vedono una marcata prevalenza di musica sacra, nella quale la parola assume un ruolo determinante anche sul piano della forma: "le parole scrivono la musica", ha dichiarato l'autore. Fra questi lavori ricordiamo Passio Domini nostri Jesu Christi secundum Joannem (1981-82), Magnificat (1989), Missa sillabica (1977-91), Berliner Messe (1991), Litany: prayers of st John Chrysostom for each hour of the day and night (1994).
bibliografia
P. Hillier, Arvo Pärt, Oxford 1977;R.G. Eichert, Satztechnik: Formund Harmonik in der Musik von Arvo Pärt, in Musiktheorie, 1999, 14, 1, pp. 47-63.