Asfissia
Per asfissia (dal greco ἀσϕυξία, composto di ἀ- privativo, e σϕύξις, "polso") si intende l'insieme delle alterazioni che sono dovute all'arresto della respirazione e che determinano una carenza di ossigeno nell'organismo (anossia; v.). Può avvenire per alterata composizione dell'aria, quando la percentuale di ossigeno, normalmente all'incirca del 21%, si abbassa al di sotto del 7%, oppure per impedimento alla meccanica respiratoria. Tra le asfissie si distinguono una forma primitiva, alla base della quale vi è la mancata assunzione di O₂ indipendentemente da ogni processo patologico, e una forma secondaria, in cui l'anossia è la conseguenza di una condizione morbosa che ostacola l'assunzione dell'O₂ atmosferico e la sua utilizzazione da parte dei tessuti.
Le cause dell'asfissia per impedimento alla meccanica respiratoria possono essere esterne o interne. Tra le prime vanno ricordate quelle chimiche (per es. inalazione di sostanze irritanti che provocano spasmi della muscolatura laringea, tracheale e bronchiale) e quelle fisiche (meccaniche, come per es. nello schiacciamento del torace, nella compressione violenta delle vie respiratorie superiori e nell'intasamento delle vie aeree da parte di corpi estranei; elettriche, che determinano spasmi dei muscoli respiratori). Le seconde sono rappresentate in genere da condizioni patologiche (compressioni; spasmi, come per es. nel tetano o nell'epilessia; paralisi, come nella poliomielite). Dal punto di vista clinico, vanno distinte due forme principali di asfissia, quella acuta e quella lenta. Nella forma acuta, che è la conseguenza della sospensione completa della ventilazione polmonare, si registra una prima fase di eccitamento dovuta alla stimolazione del sistema nervoso centrale da parte dell'anidride carbonica e caratterizzata da esagerazione dei movimenti respiratori e iperattività muscolare generalizzata con convulsioni, aumento della pressione arteriosa e riduzione della frequenza cardiaca, vasocostrizione intensa a livello degli organi interni e vasodilatazione cutanea, midriasi, scialorrea, sudorazione e lacrimazione. A questa segue entro pochissimi minuti una seconda fase, paralitica, contrassegnata da cessazione del respiro, perdita del tono degli sfinteri, diminuzione della pressione arteriosa per dilatazione dei vasi splancnici e costrizione di quelli cutanei, miosi e tachicardia: la morte interviene quindi rapidamente. In questa forma di asfissia, tutta l'emoglobina si trova allo stato ridotto (senza O₂) e l'accumulo nel sangue di CO₂ (ipercapnia) determina acidosi; quando però l'asfissia è dovuta a carenza di O₂ nell'atmosfera, la ritenzione di CO₂ manca e si ha allora alcalosi.
L'asfissia lenta, al contrario, rappresenta il risultato di un ostacolo alla respirazione, e non della sua completa sospensione. La frequenza dei movimenti respiratori aumenta progressivamente, senza peraltro che questi assumano l'andamento convulso della forma acuta. A causa dell'anossia, l'attività dei centri nervosi diviene sempre più torpida, portando rapidamente a paralisi e ad anestesia, cui fanno seguito riduzione della temperatura centrale e arresto respiratorio e cardiaco. In altri termini, i sintomi, pur ricordando quelli dell'asfissia acuta, si manifestano in maniera meno violenta ed evolvono più lentamente. Nell'asfissia acuta da causa esterna, i sintomi differiscono da quelli presenti nelle altre forme, in quanto al deficit di O₂ e all'eccesso di CO₂ vengono ad aggiungersi fattori di natura circolatoria e nervosa. Tra queste forme di asfissia di origine traumatica vanno ricordati l'annegamento (v.), lo strangolamento e lo strozzamento, l'impiccagione. Nello strangolamento e nello strozzamento la compressione del collo, operata con le mani o mediante uno strumento, come una corda, un laccio ecc., posto trasversalmente a esso, determina l'interruzione dell'afflusso di sangue al cervello e l'ostruzione meccanica delle vie respiratorie, con eventuale contemporanea stimolazione del glomo carotideo (una piccola formazione nervosa cromaffine situata posteriormente alla biforcazione dell'arteria carotide comune o nell'angolo diedro formato dalle arterie carotidi esterna e interna).
Nell'impiccagione, in cui lo strozzamento è operato con un cappio fisso e generalmente scorrevole sotto il peso del corpo, ai meccanismi che intervengono nelle altre forme si aggiungono lo spostamento meccanico delle vie respiratorie esercitato dalla pressione della lingua contro la parete posteriore della faringe e la compressione bulbare prodotta dalla rottura del dente della seconda vertebra cervicale, o epistrofeo.Abbastanza frequente è l'asfissia del neonato, conseguenza di una grave sofferenza feto-neonatale, causata da alterazioni negli scambi materno-fetali, da traumi, da malformazioni dell'apparato respiratorio, da depressione marcata del respiro per somministrazione di quantità eccessive di farmaci analgesici alla madre. Talvolta, è presente anche notevole riduzione della massa sanguigna del feto (come nella placenta pervia, nelle emorragie del cordone ombelicale, nella trasfusione feto-materna o feto-fetale ecc.); in questi casi la cute è ischemica, fredda, pallidissima, i vasi del cordone sono afflosciati, il tono muscolare è del tutto assente, e unico segno di vita è il battito cardiaco, debole e frequente, cui si associano, a lunghi intervalli, brevi inspirazioni irregolari e a scatti (asfissia bianca).
Di gravità assai minore è quella forma di asfissia del neonato in cui la cute ha un colorito blu-violaceo, ma il tono muscolare è presente, i vasi del cordone sono ripieni di sangue, e il cuore batte lentamente e vigorosamente (asfissia blu). Tra le asfissie va infine ricordata quella locale delle estremità, detta anche acroasfissia, che può costituire la fase di esordio di un'alterazione vasomotoria (malattia di Raynaud), e in cui le mani e i piedi, e soprattutto le dita, appaiono cianotiche e presentano un'anestesia dolorifica.
c.h. best, n.b. taylor, The physiological basis of medical practice. A text in applied physiology, Baltimore, Williams & Wilkins, 19505 (trad. it. Milano, Francesco Vallardi, 1959, pp. 455-56)