POLLIONE, Asinio (C. Asinius Cn. f. Pollio)
Uomo politico e scrittore romano. Nato nel 76 a. C., da famiglia d'origine marrucina, ebbe il padre cavaliere, che gli diede educazione assai raffinata. Come quasi tutti i giovani intellettuali di Roma fu da prima aspro avversario del primo triumvirato. Nel 54 sostenne l'accusa contro C. Catone, che come tribuno nel 56 aveva favorito l'elezione di Pompeo e Crasso al consolato. Ma la sua avversione era soprattutto contro Pompeo. Ciò spiega in parte che egli piegasse verso Cesare, di cui diventò dal passaggio del Rubicone in poi collaboratore attivo e fedele. L'amicizia personale per Cesare e il tornaconto personale possono anche contribuire a meglio fare intendere questa nuova fase della sua attività. Ma è da ricordare che P. non badò al proprio interesse durante tutto il governo di Augusto, in cui si tenne in disparte, e nemmeno mai rinunciò (per quello che sappiamo) ai suoi ideali di libertà. È perciò verosimile che egli li credesse o sperasse realizzati da Cesare. Dotato di notevoli capacità militari, fu con Curione in Sicilia e in Africa e contribuì a salvare i resti dell'esercito cesariano sconfitto. Partecipe quindi della battaglia di Farsalo, avversario delle riforme sociali tentate da Dolabella nel 47, seguì infine Cesare nella campagna di Tapso e di Munda. Nominato nel 45 pretore, assunse l'anno dopo la propretura in Spagna, dove lo sorprese la morte di Cesare. Dal punto di vista militare riuscì a mantenere il dominio della situazione contro Sesto Pompeo, che dovette sgombrare la Spagna, sia pure portando con sé la flotta. Dal punto di vista politico credette il momento di ridare piena luce ai suoi principî repubblicani. La diffidenza per Ottaviano e altri motivi che non conosciamo bene lo fecero avvicinare ad Antonio e, in quanto amico di Antonio, passò al servizio del triumvirato. Legato di Antonio nella Gallia Transpadana (43) conservò il comando delle legioni anche quando dopo la battaglia di Filippi la Transpadana fu inclusa nell'Italia. Ebbe per tale carica da occuparsi di distribuzione di terre a veterani, cioè ebbe le funzioni di triumviro agris dividundis; ma è assai dubbio (per non dire escluso) che abbia contribuito a salvare il poderetto di Virgilio, come alcune testimonianze vogliono. Nel 41 partecipò alla guerra di Perugia contro Ottaviano senza impegnarsi. Costretto dalla vittoria di Ottaviano ad allontanarsi dalla Transpadana, ebbe però nel 40 il consolato secondo l'accordo stabilito anni prima fra Ottaviano e Antonio. Nell'ottobre del medesimo anno fu tra i delegati di Antonio per la pace di Brindisi. Nel 39 combatté per conto di Antonio i Partini nella Dalmazia e trionfò verso la fine dell'anno. La IV bucolica di Virgilio a lui dedicata cade certo in questo tempo: anzi, poiché essa considera P. ancora console e lo indica come garante di pace (vv. 11-13), essa è stata scritta subito dopo la pace di Brindisi. È però molto verosimile (sebbene la questione sia notoriamente assai contestata) che il fanciullo messianico cantato dalla Bucolica non sia uno dei figli (Gallo o Salonino) di P. stesso: tra l'altro non si poteva dire di questo che avrebhe governato il mondo (v. 14). Dopo il 39 P. si allontanò lentamente da Antonio, via via che questi chiarificava le sue intenzioni. Ma non si legò ad Ottaviano. Rifiutò anzi esplicitamente il suo invito di partecipare alla campagna di Azio, dichiarandosi pronto a rimanere "preda" del vincitore. Visse da privato attendendo ai suoi studî storici e ostentando familiarità con scrittori, come Timagene, invisi alla corte augustea. Morì a 80 anni, nel 5 d. C.
Bibl.: P. Groebe, Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II, col. 1590 segg.; Prosopogr. imp. rom., 2ª ed., I, Berlino 1933, p. 251 segg. Cfr. W. Drumann-P. Groebe, Gesch. Roms in s. Uebergange von der republikan. zur monrach. Verfassung, II, 2ª ed., Lipsia 1902, p. 2 segg.; V. Gardthausen, Augustus u. s. Zeit, Lipsia 1891 segg., passim (spec. I, pp. 109-10). Per i rapporti con Virgilio, oltre M. Lenchantin, Virg. e P., Torino 1906, v. la bibl. negli studî più recenti di J. Bayet, Virg. et les triumviri agris dividundis, in Revue des ét. lat., VI (1928), p. 271 segg.; J. Carcopino, Virg. et le mystère de la IVe éclogue, Parigi 1930; W. W. Tarn, Alex. Helios and the golden Age, in Jour. of Rom. Studies, XXII (1932), p. 136 segg. Cfr. anche la bibl. di Cambr. Anc. Hist., X (1934).
Le sue orazioni erano, a quanto attestano gli antichi, dure e scarne con uno stile di colore arcaico. Più copiose e fiorite sembra fossero le sue declamazioni. Compose tragedie che Orazio cita con onore e Virgilio (Ecl., VIII, 10) dichiara degne del coturno sofocleo. I nova carmina, che Virgilio (Ecl., III, 86) gli attribuisce, sono forse da identificarsi con le tragedie e non con gli epigrammi che Pollione compose per passatempo, come era uso fra le persone colte del tempo suo. L'opera più importante di P. è costituita dalle Storie che s'estendevano probabilmente dal 60 sino al 43 a. C., omettendo quindi il periodo scottante delle guerre tra Ottaviano e Antonio. Le Storie, ispirate ad indipendenza di giudizio, furono fonte diretta o indiretta (attraverso un rifacimento greco) di Appiano e di Plutarco. Fra i frammenti più interessanti si deve ricordare il ritratto di Cicerone, disegnato con tratti netti e vigorosi. Nell'epistolario ciceroniano (Fam., X, 3.1-33) sono conservate tre lettere di P. importanti come documento delle sue tendenze politiche. Di lui sono noti alcuni giudizî critici come quelli sull'arcaismo di Sallustio e la patavinità di Tito Livio. Egli istituì anche le recitazioni che, tralignando dalla serietà primitiva, divennero poi una piaga dell'età imperiale. Un merito grande per la cultura si conquistò nell'aprire per il primo una pubblica biblioteca.