Abstract
L’assegnazione forzata è la modalità di espropriazione tramite la quale, in alternativa alla vendita forzata, i creditori acquistano il diritto sul bene del debitore per la contestuale soddisfazione del loro credito, ovvero per consentire il reperimento dei mezzi finanziari con cui soddisfare i creditori concorrenti, anche in assenza di un effetto solutorio a favore dell’assegnatario. Vengono esaminate le varie modalità con cui si realizza l’assegnazione, nonché gli effetti che con essa si producono, con particolare riferimento alla disciplina della stabilità.
L’assegnazione forzata dà luogo all’acquisto del diritto sul bene del debitore a favore del creditore procedente, ovvero comunque di uno o più creditori concorrenti nel processo di espropriazione, nei limiti in cui ciò sia previsto o consentito dalle norme del codice di rito (art. 505 c.p.c.). Tale modalità di liquidazione contro il debitore è alternativa a quella effettuata tramite vendita forzata ed è volta a soddisfare direttamente i crediti fatti valere in sede esecutiva o a reperire dai creditori il prezzo da destinare alla distribuzione, nell’ambito della sola espropriazione singolare (Cass., 22.7.1983, n. 5069, in Giust. civ., 1984, I, 186, ove si esclude l’assegnazione forzata come mezzo per soddisfare coattivamente i creditori nel fallimento). L’art. 2925 c.c. prevede l’applicabilità all’assegnazione delle norme sulla vendita forzata, ad eccezione di quanto disposto dagli artt. 2926-2928 c.c. (v. infra, §§ 1.3 e 3). Pertanto, l’assegnazione produce un effetto acquisitivo corrispondente a quello previsto per la vendita forzata ai sensi dell’art. 2919 c.c., ferma l’inopponibilità dei diritti acquisiti dai terzi, già inefficaci verso il creditore pignorante e quelli intervenuti (v. Vendita forzata [dir. proc. civ.]).
La dottrina distingue tre tipi di assegnazione: i) l’assegnazione c.d. satisfattiva; ii) la c.d. assegnazione-vendita; iii) l’assegnazione c.d. mista (Andrioli, V., Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 113 ss.; Satta, S., Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1965, 200 ss.; Bonsignori, A., Esecuzione forzata, Milano, 1991, 135 ss.).
La prima ipotesi di assegnazione ricorre quando il creditore ottiene l’acquisto del diritto sul bene del debitore, per il soddisfacimento del credito fatto valere in sede espropriativa, in luogo della vendita forzata (e dell’assegnazione del ricavato). L’assegnazione satisfattiva può essere consentita dalla legge a favore di uno solo o di più creditori, d’accordo tra loro, e talora è stabilita dalla legge in considerazione della peculiare natura dei beni assoggettati ad esecuzione forzata. Sotto il profilo funzionale tale assegnazione è assimilabile alla datio in solutum (per tutti Micheli, G.A., Dell’esecuzione forzata, in Comm. c.c. Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1964, 145 ss.) e, più precisamente, al trasferimento di un diritto del debitore in luogo dell’adempimento ex art. 1197, co. 2, c.c., il quale si caratterizza, da un lato, per l’immediata funzione solutoria, dall’altro, per il fatto che l’evizione del creditore può far «rivivere» con efficacia retroattiva (e rendere perciò esigibile) la prestazione originaria (cfr. Breccia, U., Le obbligazioni, Milano, 1991, 558), fatta salva comunque la definitiva estinzione delle garanzie prestate dai terzi (art. 1197, co. 3, c.c.). Il che spiega perché l’effetto acquisitivo e quello solutorio dell’assegnazione appaiano strettamente correlati: di modo che l’evizione dell’assegnatario esclude con efficacia ex tunc l’estinzione del credito e il creditore conserva le sue ragioni nei confronti del debitore, ma non le garanzie prestate da terzi a norma degli artt. 2926, co. 2, 2927, co. 2, c.c. (v. infra, § 3); allo stesso modo, la mancata riscossione del credito assegnato nell’espropriazione presso terzi esclude l’efficacia estintiva dell’assegnazione (art. 2928 c.c.), consentendo all’assegnatario di agire nuovamente in via esecutiva nei confronti del debitore espropriato (v. infra, § 2.3).
L’assegnazione-vendita ricorre allorché il «trasferimento» del diritto a favore del creditore venga effettuato a fronte del pagamento di un prezzo, secondo quanto stabilito dal giudice dell’esecuzione (art. 507 c.p.c.). In tal caso, il prezzo di assegnazione non può essere inferiore al valore delle spese di esecuzione e dei crediti aventi diritto di prelazione anteriore a quello del creditore offerente a norma dell’art. 506 c.p.c. e nell’espropriazione immobiliare anche al valore di cui all’art. 568 c.p.c. Tale modalità di liquidazione può essere preferita per le migliori condizioni economiche con cui attuare l’acquisto coattivo del diritto sul bene del debitore rispetto a quelle realizzabili in caso di partecipazione alle operazioni di vendita forzata, da cui, infatti, i creditori non sono esclusi.
L’assegnazione è mista ove il giudice dell’esecuzione disponga il versamento del prezzo solo per la parte che eccede il valore del proprio credito a norma dell’art. 162 disp. att. c.p.c., avendo carattere satisfattivo per la porzione di prezzo non versata (Andrioli, V., Commento, III, cit., 117; Satta, S., Commentario, III, cit., 203, il quale precisa, però, che il giudice dell’esecuzione può stabilire il parziale versamento del prezzo solo su preciso accordo dei creditori).
La distinzione tra le diverse ipotesi di assegnazione dipende in parte dalla natura dei beni pignorati, in parte da altre circostanze presenti quando viene richiesta l’assegnazione (v. infra, § 2). La dottrina tende a classificare l’assegnazione-vendita tout court nell’ambito della vendita forzata, differenziandola nettamente dall’assegnazione satisfattiva (Andrioli, V., Commento, III, cit., 113 s.; Bonsignori, A., Esecuzione forzata, cit., 135 s.). Ed in effetti, solo l’assegnazione satisfattiva e quella mista si caratterizzano per la contestualità dell’effetto acquisitivo e di quello solutorio (totale o parziale) rispetto al credito fatto valere: il che rende necessaria una specifica disciplina dei rimedi disponibili al terzo leso dall’espropriazione ed in tema di evizione dell’assegnatario, rispetto a quanto è previsto per la vendita forzata (v. infra, § 3). Nondimeno, in nessuna tipologia di assegnazione può essere negata ex ante un’indiretta possibilità di soddisfacimento dell’assegnatario, anche quando il prezzo dell’assegnazione-vendita appaia incapiente – al momento in cui viene versato – in relazione al credito di tale creditore, nel concorso con quelli garantiti con grado poziore; difatti, l’esito (in tutto o in parte) satisfattivo per l’assegnatario può essere conseguito nella fase distributiva in seguito alla proposizione di un’opposizione del debitore ex art. 512 c.p.c. avente ad oggetto la sussistenza o l’ammontare dei crediti, nonché l’esistenza dei diritti di prelazione in base a cui è stato fissato il prezzo di assegnazione.
La distinzione tra le varie tipologie di assegnazione a cui si è fatto cenno si spiega soprattutto con la necessità di stabilire di volta in volta le norme applicabili agli effetti di tale provvedimento, a seconda che sia o meno stato fissato il pagamento di un prezzo (v. infra, §§ 2 s.). Tuttavia, da tale punto di vista, in prima battuta, la distanza tra le diverse tipologie di assegnazione non va enfatizzata, alla luce della considerazione che, ove la prestazione in luogo dell’adempimento consista nel trasferimento del diritto di proprietà o di altro diritto, ai sensi dell’art. 1197, co. 2, c.c. si applicano (almeno in parte) le norme sulla compravendita; dunque, in relazione a qualunque tipo di assegnazione occorre stabilire i limiti in cui trovino applicazione le disposizioni sulla vendita volontaria (e più in generale sui contratti). In proposito si possono compiere le medesime osservazioni svolte rispetto alla vendita forzata: la «natura» dell’assegnazione fa riferimento al carattere derivativo dell’acquisto a favore dell’assegnatario, non disgiunto però dal rilievo che tale effetto acquisitivo prescinde dalla volontà del debitore esecutato, il quale si limita a «subi[re] l’espropriazione» ai sensi dell’art. 2919, co. 1, c.c. È dubbia così l’applicabilità in materia delle disposizioni sui contratti in generale e sulla vendita volontaria, specialmente con riferimento ai rimedi sinallagmatici. Pertanto, all’assegnazione sono senz’altro riferibili le norme sulla vendita forzata che prevedono l’esclusione della garanzia per i vizi e dell’impugnazione per causa di lesione ai sensi dell’art. 2922 c.c. All’assegnazione si applicano altresì le disposizioni sulla locazione e i canoni di cui agli artt. 2923 s. c.c. (v. Vendita forzata [dir. proc. civ.]). L’assegnazione ha un effetto purgativo analogo a quello della vendita forzata, essendo l’acquisto dell’assegnatario libero da pesi e garanzie reali, che non si riferiscano alle obbligazioni assunte dall’assegnatario ai sensi dell’art. 508 c.p.c.
In assenza di specifici dati normativi in senso contrario, il momento in cui si verifica l’effetto acquisitivo del diritto sul bene del debitore a favore del creditore assegnatario deve essere individuato a guisa della vendita forzata, soprattutto là dove è stabilito il pagamento di un prezzo, anche a titolo di conguaglio. Anche nell’assegnazione satisfattiva l’effetto acquisitivo e quello solutorio sono tendenzialmente riferibili alla conclusione della liquidazione, che in questo caso coincide con la definizione dello stesso processo espropriativo. In particolare, nell’espropriazione presso terzi l’acquisto si verifica con la pronuncia dell’ordinanza di assegnazione (v. infra, § 2.3). Il momento acquisitivo dell’assegnazione di beni immobili si realizza con la pronuncia del decreto di trasferimento, analogamente a quanto si afferma per la vendita forzata (v. infra, §§ 2.1, 2.4). Al contrario, l’effetto acquisitivo e quello solutorio dell’assegnazione dei beni mobili si producono solo con la consegna del bene espropriato nelle mani dell’assegnatario, per ragioni che attengono alla tutela dei diritti del terzo leso dall’espropriazione forzata (v. infra, § 3).
L’istanza di assegnazione è disciplinata dagli artt. 529 s. c.p.c. per i beni mobili, pure nell’ambito dell’espropriazione presso terzi ai sensi dell’art. 552 c.p.c., nonché dall’art. 553 c.p.c. per i crediti e dagli artt. 588 ss. c.p.c. per i beni immobili.
Nell’espropriazione mobiliare l’istanza di assegnazione può essere proposta subito con ricorso, in luogo dell’istanza di vendita, da parte del creditore pignorante o di quelli intervenuti dopo il termine di dilatorio di dieci giorni dal pignoramento, a meno che si tratti di beni deteriorabili, a norma dell’art. 501 c.p.c.; successivamente il giudice dell’esecuzione fissa l’udienza per l’audizione delle parti ai sensi dell’art. 530 c.p.c. (v. Vendita forzata [dir. proc. civ.]). Per altro verso, si può ammettere un’istanza di assegnazione svolta oralmente alla suddetta udienza. In caso di mancata vendita al primo incanto di beni mobili tale istanza può essere proposta anche successivamente, ma in relazione a taluni beni si procede ex lege all’assegnazione satisfattiva (v. infra, § 2.2). Nell’espropriazione di crediti il giudice dell’esecuzione talora provvede senz’altro all’assegnazione satisfattiva, ma in alcune ipotesi viene consentita la proposizione di un’istanza di assegnazione in alternativa a quella di vendita (v. infra, § 2.3). Invece, nell’espropriazione immobiliare l’istanza di assegnazione può essere proposta solo nel corso delle operazioni di vendita (v. infra, § 2.4).
L’istanza di assegnazione proposta immediatamente spetta ai soli creditori muniti di titolo esecutivo (art. 529, co. 1, c.p.c.), in quanto determina l’apertura del subprocedimento conseguente al pignoramento, analogamente all’istanza di vendita. Allo stesso tempo, tale istanza di assegnazione ha una funzione analoga a quella dell’offerta dei terzi nel corso delle operazioni di vendita, essendo diretta alla produzione di un effetto acquisitivo corrispondente a quello che si produce in relazione alla vendita forzata. Al contrario, l’istanza di assegnazione proposta nel corso delle operazioni di vendita ha solo quest’ultima funzione e non richiede il possesso di un titolo esecutivo (De Stefano, G., Assegnazione nell’esecuzione forzata, in Enc. giur., III, Milano, 1958, 275; Satta, S., Commentario, III, cit., 404; Cass., 18.4.2011, n. 8857). In particolare, nell’espropriazione di beni immobili l’istanza di assegnazione non ha carattere alternativo a quella di vendita (Cass., 20.6.2008, n. 16799) ed è subordinata all’eventualità dell’incanto deserto per mancanza di offerte valide (v. infra, § 2.4).
In caso di pluralità di creditori l’assegnazione può essere richiesta d’accordo tra tutti i concorrenti, a favore di uno o più di essi (art. 505, co. 2, c.p.c.). L’accordo dei creditori è richiesto per determinare il modo e la misura dei crediti da soddisfare (ad es., in proporzione per tutti i creditori, previo pagamento integrale di un prezzo o di un conguaglio), nonché il valore di assegnazione, salvo quanto è previsto dall’art. 506 c.p.c. (v. infra, § 1.2); tuttavia, nell’assegnazione-vendita, che si ha anche in caso di dissenso, prevale l’offerta più alta (Bonsignori, A., L’esecuzione forzata, cit., 144). L’accordo in discorso sostituisce l’attività che si svolge nella fase distributiva dell’espropriazione: per tale ragione esso deve riguardare anche i creditori non titolati, pur trattandosi di un atto compiuto nella fase liquidativa.
In assenza di un concorso di creditori non è possibile dare applicazione alla previsione degli artt. 506 s. c.p.c., non potendosi richiedere all’unico creditore procedente il versamento di un prezzo determinato in ragione delle spese che ha già provveduto ad anticipare; in tal caso, perciò, l’assegnazione può avvenire solo secondo la modalità propria dell’assegnazione satisfattiva (Bonsignori, A., Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione, in Comm. c.c. Schlesinger, Milano, 1998, 193).
L’istanza di assegnazione può essere proposta immediatamente in relazione ai titoli di credito e alle altre cose il cui valore risulta da listino di borsa o di mercato, in alternativa alla proposizione dell’istanza di vendita (art. 529, co. 2, c.p.c.). Gli oggetti d’oro e di argento rimasti invenduti al primo incanto sono assegnati ai creditori per il valore intrinseco (art. 539 c.p.c.). L’art. 538 c.p.c., novellato dalla l. 24.2.2006, n. 26, non contempla più espressamente la possibilità di proporre istanza di assegnazione al prezzo base nel caso di mancata vendita al primo incanto; pertanto, si potrebbe dubitare che ciò sia ancora consentito. Al di là della questione esegetica appena prospettata, tuttavia, non sembrano sussistere ragioni sufficienti per escludere la facoltà dei creditori di chiedere l’assegnazione di beni mobili nell’ipotesi considerata, anche alla luce del fatto che una fattispecie analoga di assegnazione è tuttora prevista per l’espropriazione immobiliare (§ infra, 2.4). Peraltro, in mancanza di tale alternativa, l’unica possibilità per i creditori sarebbe quella di procedere ad un successivo esperimento, ovvero all’integrazione del pignoramento e alla vendita del nuovo compendio pignorato, determinandosi, in caso contrario, l’estinzione del procedimento a norma dell’art. 540 bis c.p.c.
Il giudice dell’esecuzione provvede all’assegnazione di beni mobili con ordinanza, contenente le indicazioni di cui agli artt. 507 e 530, co. 3, c.p.c. Nel caso della «piccola espropriazione mobiliare» di cui all’art. 525, co. 2, c.p.c. il giudice dell’esecuzione provvede all’assegnazione, in alternativa alla vendita, con decreto, a meno che debbano essere sentiti i creditori intervenuti non oltre la data di presentazione dell’istanza di assegnazione (art. 530, co. 5, c.p.c.).
Le norme sull’assegnazione previste per l’espropriazione mobiliare diretta si applicano anche a quella dei beni mobili pignorati presso terzi (art. 552 c.p.c.).
Se il terzo si dichiara o viene individuato quale debitore di somme verso l’esecutato, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, provvede senz’altro con ordinanza all’assegnazione dei crediti immediatamente esigibili e di quelli per i quali è previsto un termine non maggiore di novanta giorni (artt. 552 s. c.p.c.).
L’effetto acquisitivo e quello solutorio dell’assegnazione del credito si realizzano con l’ordinanza di assegnazione (Colesanti, V., Osservazioni (inutili) in tema di revocatoria e assegnazione giudiziale di crediti, in Banca borsa, 2004, I, 661; Cass., 29.11.2005, n. 26036, in Fallimento, 2006, 604). Per il prevalente indirizzo di dottrina e giurisprudenza l’ordinanza di assegnazione costituisce titolo esecutivo verso il debitor debitoris (Vaccarella, R., Espropriazione presso terzi, in Dig. civ., VIII, Torino, 1992, 106 s.; Cass., 14.5.2013, n. 11566; Cass., 20.11.2012, n. 20310, in Riv. esecuzione forzata, 2013, 382; Cass., 22.06.2007, n. 19363; Cass., 18.03.2003, n. 3976 in Riv. esecuzione forzata, 2003, 708; diversamente, però, Cass., 7.10.2005, n. 19652): tale indirizzo – accolto anzitutto per ragioni pratiche – ha ricevuto un definitivo sugello dalla recente modulazione degli artt. 548, co. 1, e 549 c.p.c. (Colesanti, V., Novità non liete per il terzo debitore (cinquant’anni dopo!), in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, 1269). L’ordinanza di assegnazione non è in sé idonea a produrre una stabilità equiparabile all’efficacia di giudicato ex art. 2909 c.c. (Colesanti, V., Il terzo debitore nel pignoramento di crediti, Milano, 1967, II, 404 ss., spec. 423 s.; Cass., 18.05.2009, 11404; Cass., 20.3.2006, n. 6083; Cass., 7.10.2005, n. 19652; diversamente Cass., 17.11.2003, n. 17367, in Gius, 2004, 1098; Cons. St., Ad. Pl.,10.4.2012, n. 2, in Riv. dir. proc., 2012, 1035 ss., con nota adesiva di Tiscini R., nel senso della proponibilità del giudizio di ottemperanza sulla base di un’ordinanza di assegnazione ex art. 553 c.p.c., sul presupposto che si tratti di un provvedimento decisorio e definitivo); il che può essere oggi argomentato anche dagli artt. 548, co. 1, e 549 c.p.c. Per una parte della giurisprudenza più recente l’ordinanza di assegnazione può avere, in talune ipotesi, la «sostanza» di una sentenza nei confronti del creditore assegnatario, del debitore esecutato e perfino dello stesso debitor debitoris, essendo perciò soggetta alle impugnazioni ordinarie (ed idonea al giudicato): in ispecie ciò si verifica ove il giudice dell’esecuzione si pronunci su questioni attinenti al diritto di procedere ad esecuzione forzata, ovvero su entità, esistenza ed attualità del credito pignorato (cfr., da ultimo, Cass., 9.3.2011, n. 5529). Secondo il tradizionale orientamento, però, avverso l’ordinanza di assegnazione sarebbe ammissibile la sola opposizione ex art. 617 c.p.c., se del caso, anche da parte del debitore assegnato (ad es., Cass., 20.11.2012, n. 20310, cit., pur con qualche distinguo; Cass., 31.8.2011, n. 17878, finanche in relazione al vizio d’impignorabilità del credito; Cass., 22.2.2008, n. 4578): tale indirizzo sembra aver ricevuto un definitivo sugello nella nuova formulazione degli artt. 548, ult. co., e 549 c.p.c.
L’assegnazione dei crediti in relazione ai quali è previsto un termine maggiore di novanta giorni, dei censi, delle rendite perpetue e temporanee può essere chiesta con un’apposita istanza in alternativa alla vendita a norma degli artt. 529 ss. c.p.c. (art. 553, co. 2, c.p.c.). Ai crediti appena menzionati vengono equiparati in via interpretativa quelli condizionati (Cass., 20.11.2012, n. 20310, cit., in un obiter dictum).
In ogni caso, l’assegnazione dei crediti avviene con gli effetti di cui all’art. 2928 c.c.; pertanto, in caso di mancata riscossione del credito assegnato nell’espropriazione presso terzi l’assegnatario può rivolgersi nei confronti del debitore esecutato, instaurando un nuovo processo esecutivo, anche sulla base del titolo esecutivo già fatto valere in precedenza. In altre parole, l’assegnazione dei crediti ex art. 553 c.p.c. ha sempre effetti equiparabili alla cessione del credito pro solvendo: una diversa conclusione non può essere affermata in ragione dell’imperfetto coordinamento della disciplina degli effetti sostanziali di tale atto espropriativo con quella contenuta nel codice di rito, cioè per il fatto che l’inciso «salvo esazione» compare solo per l’assegnazione dei crediti di cui all’art. 553, co. 1, c.p.c. e non per quelli a cui fa riferimento l’art. 553, co. 2, c.p.c. (Bonsignori, A., Effetti della vendita, cit., 244).
Per altro verso, il debitor debitoris paga nei confronti dell’assegnatario un debito proprio, in ragione dell’effetto acquisitivo dell’ordinanza di assegnazione (Colesanti, V., Osservazioni, cit., 664 s., il quale osserva, conseguentemente, come l’eventuale declaratoria di fallimento del debitore espropriato successiva all’ordinanza di assegnazione non può avere alcuna conseguenza su tale pagamento, pur quando questo venga effettuato nel periodo sospetto di cui all’art. 67 l. fall.; nello stesso senso, Lamanna, F., Assegnazione traslativa di crediti e «pagamenti coattivi»: la revocatoria-inefficacia del provvedimento giudiziale quale mezzo solutorio indiretto ma «normale», in Fallimento, 2001, 170 ss., spec. 174 ss.; diversamente, tuttavia, è disposta la giurisprudenza prevalente cfr., da ultimo, Cass. 14.3.2011, n. 5994, in Riv. dir. proc., 2012, 811, con nota di Battaglia V.).
A norma dell’art. 588 c.p.c. l’istanza di assegnazione deve essere presentata nel termine (ordinatorio) di dieci giorni prima della data fissata per l’incanto (v. supra, § 2.1), in relazione all’eventualità che non venga presentata alcuna offerta, ovvero nel caso di offerta nulla o inefficace (Andrioli, V., Commento, III, cit., 277). Essa può consistere nell’offerta di pagamento di una somma non inferiore, per un verso, a quanto stabilito all’art. 506 c.p.c. (v. supra, § 1.2) e, per l’altro, al prezzo di stima di cui all’art. 568 c.p.c. o, più precisamente, a quello stabilito nel provvedimento che ha disposto la vendita (Cass., 15.4.2011, n. 8731); ma non è escluso il carattere satisfattivo o misto di tale assegnazione in caso di accordo tra i creditori, oppure in assenza di creditori iscritti ex art. 498 c.p.c. o intervenuti (art. 589 c.p.c.). Il giudice dell’esecuzione provvede all’assegnazione, fissando, ove necessario, un termine entro il quale deve essere versato il prezzo o il conguaglio; avvenuto il prescritto versamento, il giudice dell’esecuzione emana il decreto di trasferimento a norma dell’art. 586 c.p.c.
In tema di nullità degli atti processuali anteriori all’assegnazione si applica l’art. 2929 c.c. in base ad un testuale richiamo dell’istituto in discorso, sul presupposto naturalmente che l’assegnatario sia un creditore diverso da quello procedente. Analogamente a quanto si osserva per la vendita forzata l’art. 2929 c.c. è riferibile anche ai motivi in rito di opposizione all’esecuzione (Cass., S.U., 28.11.2012, n. 21110, in Corr. giur., 2013, 387, con nota di Capponi, B., Espropriazione forzata senza titolo esecutivo (e relativi conflitti)). Per altro verso, con l’opposizione di cui all’art. 617 s. c.p.c. possono essere fatti valere i vizi formali e sostanziali del provvedimento di assegnazione (ad es., Cass., 24.9.2013, n. 21838; Cass., 22.2.2008, n. 4578; Cass., 28.11.2003, n. 18226). Inoltre, ai sensi dell’art. 487 c.p.c. il provvedimento di assegnazione può altresì essere revocato o modificato dal giudice dell’esecuzione fino al momento della sua attuazione (Cass., 17.7.2009, n. 16731), coincidente con la produzione dell’effetto acquisitivo, nonché dell’eventuale effetto solutorio. Il rilievo di tale indirizzo è, perciò, circoscritto alle sole ipotesi in cui tali effetti si verifichino successivamente al momento in cui il giudice dell’esecuzione disponga l’assegnazione.
Il tema della stabilità dell’assegnazione a fronte di possibili ingiustizie dell’espropriazione richiede qualche precisazione. È evidente come l’art. 2926 c.c. richiami la regola secondo cui «possesso vale titolo» e che ciò costituisca l’unica protezione per l’acquirente in buona fede in caso di assegnazione satisfattiva dei beni mobili verso i terzi titolari di diritti su tali beni, a meno che si tratti di beni mobili registrati o universalità di beni mobili (Bonsignori, A., Effetti della vendita forzata e dell’assegnazione, cit., 194 s.). Non solo: in base all’art. 2926 c.c. si può argomentare che – a differenza della vendita forzata mobiliare (v. Vendita forzata [dir. proc. civ.]) – la produzione dell’effetto acquisitivo non possa configurarsi prima della consegna del bene assegnato. La ritardata produzione degli effetti in discorso rispetto all’emanazione dell’ordinanza di assegnazione può spiegarsi con l’esigenza di concedere un periodo «di grazia» per la proposizione del rimedio ex art. 619 c.p.c. Inoltre, dopo l’acquisto a titolo originario ai sensi dell’art. 1153 c.c. da parte dell’assegnatario, il terzo ha comunque il diritto di ripetere da quest’ultimo il valore del credito soddisfatto entro il termine di sessanta giorni, in luogo dell’opposizione tardiva di cui all’art. 620 c.p.c. (Micheli, G.A., Dell’esecuzione forzata, cit., 154). Tale disciplina è volta a porre il terzo, il cui diritto sia leso dalla vis executiva, in una situazione equivalente a quella in cui si sarebbe trovato in caso di espropriazione tramite vendita forzata, la quale si caratterizza per una minore speditezza, a causa dello svolgimento delle operazioni di vendita e della necessità di procedere alla distribuzione del ricavato. Per altro verso, l’applicazione degli artt. 2920 s. c.c. è pienamente giustificata in relazione all’assegnazione-vendita di beni mobili (Andrioli, V., Commento, III, cit., 114) e, in via analogica, in tutti i casi d’ingiustizia dell’espropriazione tramite assegnazione in cui è assente un’espressa tutela a favore dell’acquirente (v. Vendita forzata [dir. proc. civ.]). L’assegnatario evitto può chiedere la restituzione del prezzo pagato in sede di conguaglio (art. 2927 c.c.), anche dopo la distribuzione (arg. dall’art. 2921 c.c.). Ove si tratti di un creditore diverso da quello procedente, è consentita l’azione di responsabilità di cui agli artt. 2921 c.c. e 96 c.p.c. per le spese sostenute e i danni. Come si è accennato precedentemente, in caso di «riviviscenza» del debito per cui si è proceduto all’assegnazione è fatta salva l’estinzione delle garanzie prestate dai terzi (artt. 2926, co. 2, 2927, co. 2, c.c.).
All’assegnazione si applica, altresì, il regime di stabilità interno al procedimento di cui all’art. 187 bis disp. att. c.p.c., in base all’espresso richiamo contenuto nella suddetta disposizione (v. Vendita forzata [dir. proc. civ.]).
Artt. 491-595, 599-604, 615-632 c.p.c.; artt. 159-187 bis disp. att. c.p.c.; artt. 2919-2929 c.c.
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