Assicurazione e responsabilità dell’armatore
Con il d.lgs. n. 111/2012 l’Italia ha dato attuazione alla dir. 2009/20/CE che stabilisce l’assicurazione obbligatoria degli armatori per i crediti marittimi per i quali la Convenzione di Londra LLMC 1976/1996 prevede limiti monetari della relativa responsabilità. Il decreto, tuttavia, non si limita ad introdurre l’obbligo assicurativo in capo all’armatore, ma stabilisce anche vere e proprie forme di limitazione della responsabilità pressoché corrispondenti a quelle stabilite dalla Convenzione LLMC la quale non è stata ancora recepita dall’Italia.
2.1 La disciplina del d.lgs. n. 111/2012
Come è stato osservato in precedenza, il d.lgs. n. 111/2012 pone una serie di problemi assai rilevanti tra i quali spicca, in primo luogo, quello della coerenza degli artt. 7 e 8 in tema di limitazione della responsabilità rispetto all’oggetto della delega comunitaria di cui alla l. 15.12.2011, n. 217 (l. comunitaria 2010) la quale, all’art. 18, individua quale disciplina da attuare la dir. CE n. 20/2009; quest’ultima, come ripetutamente in precedenza precisato, dispone l’obbligo assicurativo a carico dell’armatore (art. 4), ma non dispone limiti della responsabilità che, infatti, vengono esplicitamente fatti salvi dalla direttiva qualora sia applicabile la Convenzione LLMC. L’Italia avrebbe dovuto aderire alla Convenzione LLMC in virtù della delega conferita al Governo con la l. n. 201/2009 la quale, tuttavia, non ha ricevuto attuazione. Il recepimento sostanziale della disciplina della Convenzione LLMC sulla limitazione ad opera del d.lgs. n. n. 111/2012 appare pertanto del tutto irrituale e foriero di numerosi problemi di compatibilità con il rispetto da parte dell’Italia dei suoi impegni comunitari ed internazionali con evidenti ricadute sulla sua costituzionalità, se non altro sotto il profilo del difetto di delega (artt. 76 e 77 Cost.). La legge delega, infatti, in quanto legge comunitaria diretta all’attuazione delle direttive europee, vincola il Governo a recepire i principi contenuti nel provvedimento da attuare. L’attuazione della dir. CE, n. 20/2009 imposta al legislatore delegato con la l. n. 217/2011, innestandosi in un tessuto normativo che già aveva previsto le modalità di ratifica ed adesione dell’Italia alla Convenzione LLMC (l. n. 201/2009), aveva necessariamente delimitato lo spazio di discrezionalità del legislatore delegato che non poteva non tenere conto dell’assetto normativo caratterizzante al momento il settore giuridico di riferimento. Si pone quindi un evidente problema di compatibilità tra legge delega e norma attuativa, tanto più evidente ove si consideri che proprio la norma attuativa della direttiva europea − che finisce per introdurre nel nostro ordinamento anche una diversa normativa internazionale − nelle proprie premesse richiama espressamente la legge di adesione dell’Italia alla Convenzione LLMC che ha conferito al Governo la delega per la relativa attuazione1.
3.1 L’individuazione dei crediti soggetti a limitazione
Altro aspetto problematico è quello rappresentato dalla genericità della previsione dell’art. 7 nella parte in cui, nello stabilire forme di limitazione del debito, le riconduce ad ipotesi di pregiudizio (morte e lesioni personali ed ogni altro credito) non espressamente qualificate dal presupposto genetico della responsabilità (diversamente dall’art. 8 che concerne in maniera specifica la responsabilità per morte e lesioni personale dei passeggeri utenti di un servizio di trasporto). Si tratta di una previsione che, per la sua genericità, quanto al fatto generatore della responsabilità, non coincide con le ipotesi di credito marittimo contemplate dalla Convenzione LLMC le quali, come sopra già evidenziato, sono riproposte dal decreto ai soli fini della individuazione dell’obbligo assicurativo (come pure sono riproposte secondo l’elenco della Convenzione le ipotesi di esclusione dell’obbligo assicurativo). Da questa constatazione muove quindi l’esigenza di matrice interpretativa che porta ad includere tra i crediti soggetti alla limitazione stabilita dall’art. 7 del decreto tutte le ipotesi di crediti marittimi che, in verità, l’art. 4 indica ai soli fini dell’individuazione dell’obbligo assicurativo.
Con riferimento alla responsabilità per morte e lesioni personali dei passeggeri trasportati in virtù di un contratto di trasporto marittimo, l’art. 8 stabilisce un limite generale per singolo evento (175.000 d.s.p. moltiplicato per il numero dei passeggeri che la nave è autorizzata a trasportare). La previsione suscita diverse perplessità; essa è infatti espressamente stabilita a beneficio del proprietario della nave, mentre l’ambito di applicazione generale dell’intero sistema del d.lgs. n. 111/2012 coinvolge la responsabilità dell’armatore nella cui definizione, come sopra ricordato, rientra non solo la figura del proprietario, ma anche quella di colui che è responsabile dell’esercizio della nave, quale il conduttore a scafo nudo, a prescindere dal titolo di proprietà. Tale anomalia pone un ulteriore problema di coordinamento anche con la disciplina di recente introduzione del reg. CE, n. 392/2009 relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente che, all’art. 5, stabilisce una limitazione globale di responsabilità (del vettore e del vettore di fatto) con il rinvio alla legge nazionale di attuazione della LLMC. Non rappresentando il d.lgs. n. 111/2012 la legge di attuazione della Convenzione LLMC, si tratta di stabilire se comunque possa rappresentare la disciplina di riferimento in virtù del rinvio alla legge nazionale operato dalla richiamata norma del reg. CE, n. 392/2009. Problema assai delicato dal momento che il secondo comma dell’art. 5.1 del reg. CE, n. 392/2009 stabilisce espressamente che «nell'assenza di una normativa nazionale applicabile in tal senso, la responsabilità del vettore o del vettore di fatto è disciplinata solo dall'articolo 3 del presente regolamento». Peraltro, occorre osservare come, lo stesso ambito di applicazione soggettivo del d.lgs. n. 111/2012 risulta meno esteso rispetto a quello della Convenzione LLMC la quale, nel contemplare la limitazione anche in favore del noleggiatore (oltre che del proprietario, dell’armatore, del soccorritore e dell’assicuratore) consente, con riferimento alla responsabilità del vettore o del vettore di fatto, un coordinamento di maggiore efficacia con il richiamato art. 5 del reg. CE, n. 392/2009.
3.2 La decadenza dal beneficio della limitazione
Il d.lgs. b. 111/2012 non stabilisce ipotesi di decadenza dal beneficio della limitazione della responsabilità. L’art. 4 della Convenzione LLMC, invece, prevede la decadenza in caso di azione od omissione compiuta con l’intenzione di arrecare un danno (dolo specifico di danno) e di azione od omissione compiuta temerariamente e con la consapevolezza che tale danno ne sarebbe probabilmente derivato (cd. condotta temeraria e consapevole). Il codice della navigazione stabilisce che l’armatore non ha diritto di limitare la propria responsabilità in caso di dolo e colpa grave (art. 275). La mancanza di una previsione esplicita di decadenza dal beneficio della limitazione dell’armatore nel caso di sua condotta dolosa o, comunque, particolarmente antidoverosa sembra pertanto porsi in grave contrasto non solo con le previsioni di contenuto diverso delle discipline ora richiamate, ma anche con i principi espressi dalla Corte costituzionale nella sua consolidata giurisprudenza in tema di limitazione del debito. Infatti, in ogni ipotesi di limitazione legale devono essere considerate le ragioni straordinarie che devono presidiare eventuali deroghe al principio della responsabilità patrimoniale in caso di dolo e colpa grave del debitore e la idoneità delle garanzie di effettività ed adeguatezza del risarcimento del danno2. Tuttavia, nonostante il silenzio del legislatore nel caso in questione, il comportamento doloso dell’armatore esclude l’applicazione della limitazione del debito tenuto conto del principio generale secondo il quale l’autore di un’azione dolosa non può beneficiare di alcuna protezione.
1 Il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa deve essere svolto attraverso «un confronto tra gli esiti di due processi ermeneutici paralleli concernenti, rispettivamente, la norma delegante (al fine di individuarne l’esatto contenuto, nel quadro dei principi e criteri direttivi e del contesto in cui questi si collocano, nonché delle ragioni e finalità della medesima) e la norma delegata, da interpretare nel significato compatibile con i principi ed i criteri direttivi della delega», C. cost., 8.10.2010, n. 293. L’esame del vizio di eccesso di delega impone che l’interpretazione dei principi e dei criteri direttivi sia effettuata in riferimento alla ratio della legge delega, tenendo conto del contesto normativo in cui sono inseriti e delle finalità che ispirano complessivamente la delega ed in particolare i principi e i criteri direttivi specifici. Cfr. C. cost., 30.3.2012, n. 75.
2 C. cost. 26.5.2005 n. 199, in Dir. mar., 2005, 481.