VERA, Augusto
– Nacque il 4 maggio 1813 ad Amelia, in Umbria, da Sante e da Giovanna Altieri.
Il suo nome completo era Augusto Filippo Nicola Olimpiade. La famiglia era dedita da generazioni agli studi giuridici, e il padre Sante era avvocato, nonché cultore delle lettere classiche e del francese.
Proprio con il francese Augusto prese dimestichezza sin dall’infanzia, imparandolo grazie a un frate agostiniano di nome Gnerri, che aveva vissuto a Parigi. Augusto iniziò gli studi regolari nel seminario di Amelia, dal quale passò in seguito al collegio di Spello, quindi a quello di Todi. Nel frattempo, si avviava allo studio della filosofia scolastica grazie a don Paolo Mattei, mentre da uno zio di nome Filippo imparava l’inglese. Per mezzo dello stesso zio ebbe l’opportunità di risiedere per qualche tempo presso la residenza estiva di un signore inglese, Gould Francis Leckie, proprietario di una villa a San Chimento, nei pressi di Siena. Interrotti bruscamente i rapporti a causa della sua intemperanza giovanile, Vera lasciò la villa e tornò nella città natale. Da qui il padre, stavolta, lo inviò a Roma, ove avrebbe dovuto studiare giurisprudenza e dove, invece, si dedicò con maggiore passione agli studi di archeologia, entrando a far parte della scuola di Antonio Nibby. Qui, inoltre, un suo parente anch’egli dedito a studi archeologici, Melchiade Fossati, che aveva vissuto in Francia, gli parlò di Parigi e della cultura francese. Fu così che il giovane Vera, affascinato da quei discorsi e intenzionato a trasferirsi Oltrape, lasciò l’Italia provvisto di alcune lettere di raccomandazione di Fossati (tra le quali una per il celebre scrittore Pierre-Simon Ballanche) e nell’inverno del 1835 si diresse a Parigi. Qui fece la conoscenza diretta di Ballanche, che lo presentò ad alcune influenti personalità parigine, tra cui madame Récamier, nel cui salotto Vera conobbe François-Auguste-René de Chateaubriand, Adrien de Montmorency e André-Marie Ampère.
Trascorsi due anni frequentando la Sorbona, grazie ad alcune conoscenze gli venne offerto un posto come professore di latino e letteratura francese all’istituto di Hofwyl presso Berna, in cui rimase un anno avendo modo di approfondire la conoscenza del tedesco e della filosofia, specialmente gli scritti di Immanuel Kant. Non si fermò di più in questo istituto poiché il suo direttore, Philipp Emanuel von Fellenberg, uomo di scienza di rigorosa fede protestante, chiese a Vera una professione di fede, che non lo lasciò soddisfatto. Pertanto, pur remunerato e con varie lettere di raccomandazione, lo licenziò. Da Hofwyl Vera passò quindi all’istituto di Champel, vicino a Ginevra, dove iniziò a insegnare anche filosofia e dove, grazie a un collega insegnante di filosofia, ebbe i primi reali contatti con l’opera di Georg Wilhelm Friedrich Hegel. Stretti contatti con l’alta società ginevrina e con molti esuli italiani, il giovane professore decise tuttavia di rientrare a Parigi.
Fu all’inizio di questo suo secondo soggiorno parigino che egli conobbe Victor Cousin, l’accademico più influente nella Francia del tempo. A seguito di un colloquio tra i due, nel quale Cousin chiese apertamente a Vera di ‘arruolarsi nel suo schieramento’, il 10 settembre 1839 Cousin gli procurò un diploma di professore di filosofia per il collegio comunale di Mont-de-Marsan, capoluogo del dipartimento delle Landes, sotto la condizione di ottenere entro sei mesi il grado di baccelliere. Arrivato a Mont-de-Marsan neanche da due mesi, Vera si recò pertanto a Pau, sede della facoltà di lettere. Qui, esaminato dal locale professore di filosofia, superò con pieni voti la prova istituita dalla medesima Accademia o facoltà di lettere. Nel 1840, essendo Cousin divenuto ministro dell’Istruzione nel gabinetto Thiers, Vera venne trasferito nella più prestigiosa sede di Tolone, ove si fermò tre anni. In questo lasso di tempo prese a Lione gli ulteriori diplomi di bachelier ès sciences e di licencié ès lettres. Ebbe qui tra gli altri allievi Jules d’Urville, figlio dell’ammiraglio Dumont d’Urville. Nel maggio del 1843 uscì sulla Revue du Lyonnais il primo scritto filosofico pubblicato da Vera, con il titolo di Philosophie allemande - Doctrine de Hegel. Si tratta di un breve compendio della filosofia tedesca da Kant a Hegel, in cui Vera sminuisce tra l’altro le più recenti dottrine di Friedrich Schelling, ritenendo Hegel il culmine del pensiero tedesco contemporaneo.
Nello stesso 1843 Vera venne trasferito da Tolone a Lille, in un collegio ancora più prestigioso del precedente. In questa città tenne alcuni cicli di conferenze al circolo letterario e iniziò a collaborare con l’Echo du Nord, giornale in cui pubblicò vari articoli su Stato, religione, filosofia e i legami tra questi ambiti. A Lille, tra le altre personalità, strinse amicizia con Adolphe Thiers, che passava in città molti mesi ogni anno. Nel 1844 passò l’esame d’agrégation, e nel 1845, a Parigi e precisamente alla Sorbona, quello di dottorato, mediante il quale acquistava il diritto di insegnare nelle università. Se quest’ultimo esame fu importante nella carriera di Vera, fu anche tuttavia la motivazione ufficiale della sua rottura con Cousin, che non apprezzò affatto la professione di fede hegeliana contenuta nelle due tesi (una scritta in francese e una in latino) da lui presentate, rispettivamente intitolate Problème de la certitude e Platonis, Aristotelis et Hegelii de medio termino doctrina. Tuttavia, nonostante le numerose obiezioni di Cousin, presente nella commissione giudicatrice, gli altri membri della medesima (Victor Leclerc, Adolphe Garnier, Antoine-Frederic Ozanam e Saint-Marc Girardin) valutarono in modo tanto positivo la prova di Vera che egli venne promosso all’unanimità.
Subito dopo il dottorato, nel novembre del 1845, venne traferito nel liceo reale di Limoges, città in cui strinse tra gli altri legami quello con lo storico della filosofia e politico liberale François-Marie-Charles de Rémusat. Tra il 1847 e il 1848 chiese poi un congedo di un anno, recandosi a Parigi, per lavorare a due scritti sul pensiero hegeliano: la Introduction à la philosophie de Hegel e la Logique de Hegel. Nel febbraio del 1848 assistette direttamente allo scoppio della rivoluzione. Nel frattempo, si era resa vacante la cattedra di filosofia al liceo Charlemagne di Parigi. Fu così che l’incarico venne temporaneamente assegnato a Vera, che in quel periodo, tra il 1848 e il 1849, pubblicò anche alcuni scritti sulla rivista Liberté de penser. Si trattava di La Religion e l’État, di Philosophie de la Religion de Hegel (première partie) e di Un mot sur la philosophie, mentre dalla stessa rivista gli venne rifiutato, in virtù della sua scarsa adesione alle dottrine democratiche, uno scritto su La souveraineté du peuple. A causa di un ulteriore provvedimento varato da Cousin, si rese necessario nello stesso 1848 un nuovo concorso per le cattedre universitarie, al quale Vera partecipò insieme all’altro filosofo italiano Giuseppe Ferrari: entrambi, stante l’ostilità dello stesso Cousin, fallirono in questa prova. Ripresosi dalla malattia il professore che aveva lasciato vacante il posto al Charlemagne, Vera dovette rientrare a Limoges alla fine del 1848. Il 4 aprile 1849 si trasferì quindi a Rouen, ove arrivò anche a un passo dallo sposarsi, fallendo il matrimonio all’ultimo momento a causa della disparità di condizioni sociali fra lui e la donna amata. Nel settembre del 1850 passò poi a Strasburgo, dove trascorse due anni.
Dopo tredici anni di carriera in Francia decise di trasferirsi in Inghilterra, essendo ormai per lui la situazione in Francia divenuta difficile sia a causa delle ostilità dell’ambiente accademico sia per le condizioni politiche a lui sfavorevoli dopo il 1848. La scelta dell’Inghilterra è da imputarsi sia allo spirito politico anglosassone, da Vera ritenuto affine alla propria sensibilità, sia all’ottima padronanza della lingua da lui maturata fin dall’adolescenza. La prima conoscenza importante che egli fece sul suolo inglese fu quella di Sylvain Van de Weyer, uno dei fautori della rivoluzione belga nonché ambasciatore del Belgio in Gran Bretagna. Una lettera di raccomandazione gli era stata a questo proposito provvista da Rémusat. Van de Weyer introdusse Vera in alcuni ambienti della buona società londinese, e gli affidò l’educazione di due sue nipoti. Inoltre, accettò la dedica premessa dal filosofo all’ancora inedita Introduction à la philosophie de Hegel e si fece carico delle spese di pubblicazione, ricorrendo all’editore Silbermann di Strasburgo, presso il quale il testo uscì nel 1855. Il libro, forse per intercessione dello stesso Van de Weyer, molto vicino alla casa reale inglese, venne apprezzato dal principe consorte Albert, che invitò Vera nel castello di Windsor per conoscerlo personalmente. Ciò nonostante, a tale conoscenza non seguirono incarichi ufficiali, e Vera si diede all’insegnamento privato della filosofia, tenendo tra l’altro una serie di conferenze sulla filosofia della politica ed educando discepoli di rango elevato, tra cui Arthur Russell, nipote di lord John Russell, e i due figli di Constantine (‘Costai’) Musurus Pasha, ambasciatore turco a Londra. Preparò questi ultimi all’esame di baccalaureato da tenersi alla Sorbona di Parigi, sede presso la quale li accompagnò a sostenere la prova, che venne superata a pieni voti. Negli anni trascorsi in Inghilterra, dal 1852 al 1860, collaborò con la rivista Athenaeum, diretta dallo scrittore suo amico William Hepworth Dixon. Inoltre, acquistò il Literarium, giornale specializzato in pedagogia e su desiderio di Van de Weyer tradusse dal tedesco all’inglese il Manual of religion di Karl Gottlieb Bretschneider. Nel 1855 compose uno scritto, pubblicato l’anno successivo, An inquiry into speculative and experimental science, che venne poi tradotto in italiano nel 1864 da Stanislao Gatti. Tale pubblicazione fece scalpore perché Vera, da una prospettiva hegeliana, criticava direttamente il pensiero empiristico derivante da Francis Bacon e John Locke, tanto diffuso in area anglosassone. Collegata a tale scritto e composta nello stesso periodo di tempo fu una Introduction to speculative logic and philosophy, la quale venne tuttavia pubblicata soltanto nel 1873 a Saint Louis negli Stati Uniti. Una terza rivista alla quale collaborò, assumendone persino la direzione, fu poi l’Emporio italiano, emanazione di un’istituzione dallo stesso nome che si occupava di diffondere la cultura italiana in Inghilterra. Vera vi pubblicò, fra gli altri, gli articoli intitolati Bacone, Gli alchimisti moderni, L’esegesi, Sullo studio della filosofia, Sulla conservazione della forza, Sulle diverse forme di governo. Fu, inoltre, corrispondente di due giornali pubblicati a Torino: il Parlamento e il Giornale delle industrie. Nel 1859, approfittando del viaggio a Parigi in compagnia dei Musurus, diede alla luce la Logique de Hegel, per la quale, dopo il successo della Introduction à la philosophie de Hegel, trovò facilmente un editore a Parigi nella Librairie philosophique de Ladrange.
Ritornato a Londra sul finire del 1859, informato delle novità politiche italiane e della rivoluzione in corso, Vera decise di partire proprio per l’Italia, rifiutando peraltro la proposta di riprendere i propri incarichi di alcuni anni prima avanzata dal ministro francese dell’Istruzione. Giunse pertanto a Torino il 29 dicembre 1859, dopo essere passato ancora una volta da Parigi, dove Laurent Cerise, valente medico originario della Valle d’Aosta, lo fornì di lettere di raccomandazione per Camillo Benso di Cavour e per Cesare Baralis, direttore della Zecca. Proprio Cavour ricevette Vera a Torino, in modo cordiale ma anche piuttosto freddo, rinviandolo al ministro della Pubblica Istruzione, Gabrio Casati. Anche dall’incontro con Casati, tuttavia, Vera non poté attendersi alcun incarico ufficiale. Per questo dovette aspettare l’intercessione di Terenzio Mamiani della Rovere, divenuto ministro dell’Istruzione al posto di Casati quando al gabinetto di Urbano Rattazzi era nuovamente subentrato quello di Cavour nel 1860. Con Mamiani i rapporti di Vera si potevano datare alla giovinezza parigina di entrambi. L’offerta del ministro al filosofo fu quella della cattedra di storia della filosofia all’Accademia scientifico-letteraria che il governo stava per istituire a Milano. L’Accademia venne inaugurata il 2 febbraio 1861, e due giorni dopo Vera vi tenne la prima lezione. Il 17 febbraio vi lesse una prolusione sulla filosofia della storia, avendo ricevuto un incarico anche per questa disciplina. A Milano frequentò il circolo di casa Maffei, conoscendo tra gli altri il generale Alfonso Ferrero della Marmora, il prefetto Giuseppe Pasolini, il sindaco Antonio Beretta. Strinse inoltre amicizia con il critico letterario Eugenio Camerini. In villeggiatura estiva sul lago Maggiore incontrò invece lo scrittore e rivoluzionario tedesco Ferdinand Lassalle. Nel suo periodo milanese Vera scrisse articoli per la Rivista contemporanea e pubblicò in francese L’Hégélianisme et la philosophie, dedicato a Mamiani, il quale, in una lettera del 16 maggio 1861, ne apprezzò molto la forma stilistica. Brillante e infarcita di citazioni letterarie fu anche la prolusione dell’11 novembre 1861 su Amore e filosofia con la quale Vera inaugurò il suo secondo anno accademico.
Nel frattempo, nel nuovo governo dell’Italia unita, a Mamiani era succeduto Francesco De Sanctis al ministero dell’Istruzione. Vera lo conobbe a Torino nel 1861, e De Sanctis gli propose un trasferimento all’Università di Napoli, promettendogli la cattedra di storia della filosofia. Vera fu così trasferito nella città partenopea con un decreto del 24 ottobre 1861, recandovisi ai primi di dicembre e venendo eletto, nel maggio del 1862, tra i membri costituenti della neonata Accademia reale di scienze morali e politiche. Il 16 dicembre 1861 inaugurò con una prolusione il corso di storia della filosofia, e nei primi tre anni della sua permanenza napoletana tenne anche il corso di filosofia della storia, le cui lezioni vennero pubblicate a Firenze da Le Monnier nel 1869 a cura di Raffaele Mariano, con il titolo di Introduzione alla filosofia della storia.
La biografia napoletana di Vera fu priva di grandi avvenimenti esteriori, dedicata integralmente all’insegnamento e alla ricerca. Nel 1862 apparvero a Parigi e a Napoli i Mélanges philosophiques, nei quali raccolse una serie di articoli usciti su riviste; nel 1863 pubblicò sempre a Parigi e Napoli il lavoro dal titolo La pena di morte, nel quale da un punto di vista hegeliano ‘ortodosso’ difendeva la necessità di tale provvedimento a livello morale e legale (celebri le obiezioni di Bertrando Spaventa su questo punto). Nello stesso 1863 fu anche pubblicato il primo volume della traduzione francese della Filosofia della natura di Hegel, secondo e terzo volume della quale apparvero tra il 1864 e il 1866. Fra il 1867 e il 1870 uscì invece la traduzione francese della Filosofia dello spirito. Nel 1871 Vera diede alle stampe a Napoli Il Cavour e libera Chiesa in libero Stato, nel quale compendiava le proprie posizioni sul nesso tra Stato e religione, a suo modo di vedere fondamentali entrambi per il consorzio umano (anche se le posizioni religiose di Vera non sconfinarono mai nell’ortodossia cattolica, ma mantennero delle sfumature razionalistiche). Nel 1873 fu pubblicato Strauss. L’ancienne et la nouvelle foi, sempre sul nesso tra razionalità e religione; nel 1875 Introduction to speculative logic and philosophy, mentre tra il 1876 e il 1878 videro la luce i primi due volumi della traduzione francese della hegeliana Filosofia della religione.
Dal giugno del 1878 era divenuto socio corrispondente dell’Accademia dei Lincei; ne divenne socio ordinario il 12 novembre 1883. Il 15 febbraio 1880, dopo le perorazioni da vari anni condotte, tra gli altri, da De Sanctis, ricevette la nomina a senatore del Regno d’Italia. Ultime sue pubblicazioni furono: uno scritto del 1881 su Platone e l’immortalità dell’anima; il Problema dell’Assoluto, diviso in quattro parti pubblicate sino al 1882; infine, nel 1884, la prima parte di una memoria dal titolo Il Nome Italia, la cui seconda parte rimase inedita.
Morì, infatti, di malattia il 13 luglio 1885 a San Giorgio a Cremano nei pressi di Napoli.
Augusto Vera è tradizionalmente ascritto dalla critica alla corrente ‘ortodossa’ degli hegeliani di Napoli, che vedrebbero invece in Bertrando Spaventa l’esponente più ‘originale’ in senso teoretico. Di fatto, tale lettura presenta molti elementi di veridicità, anche se la funzione di Vera resta fondamentale in quanto diffusore del pensiero hegeliano, e in genere di quello idealistico classico tedesco in Italia, nonché come punto di raccordo tra elementi della cultura italiana ed élites intellettuali di Paesi quali Germania e, soprattutto, Francia e Inghilterra. I numerosi riconoscimenti, italiani ed esteri, raccolti da Vera nelle varie fasi della sua attività certificano la fama di cui godette come divulgatore e come pensatore agli occhi dei suoi contemporanei.
Fonti e Bibl.: R. Mariano, Necrologie. A. V., in Annuario della Regia Università degli studi di Napoli per l’anno scolastico 1885-86, Napoli 1886, pp. 213-217; Id., A. V. Saggio biografico, Napoli 1887; G. Gentile, Le origini della filosofia contemporanea in Italia, I-III, Messina 1917-1923, ad indices; D. Cantimori, V., A., in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, XXXV, Roma 1937, s.v.; A. Plebe, Spaventa e V., Torino 1954; G. Oldrini, Gli hegeliani di Napoli. A. V. e la corrente ortodossa, Milano 1964; Id., L’idealismo italiano tra Napoli e l’Europa, Milano 1998, ad ind.; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, II, Senatori dell’Italia liberale, s.v., http://notes9.senato.it/web/senregno.nsf/ V_l2?OpenPage.