AUSTRIA
(V, p. 458; App. I, p. 196; II, I, p. 311; III, I, p. 176; IV, I, p. 196)
Negli anni Settanta e Ottanta, lo sviluppo socioeconomico austriaco è stato simile, nei tratti essenziali, a quello dei paesi più avanzati del mondo e in particolare dell'Europa occidentale, con i quali l'A. è sempre più economicamente integrata. Se non è quindi stata esente dai profondi mutamenti in atto nel geosistema economico e politico mondiale, l'economia austriaca ha retto meglio l'impatto delle recessioni che sono seguite ai due shock petroliferi, cioè ai due rilevanti aumenti dei prezzi (fine 1973 e 1979) e ha potuto contenerne gli effetti negativi, almeno sino alla metà degli anni Ottanta. Questo si deve sia alle politiche praticate, sia ai caratteri strutturali dell'economia austriaca.
Determinante a questo riguardo è stata la presenza di una struttura industriale caratterizzata da un lato dalla prevalenza, in gran parte delle produzioni di beni di consumo, di piccole e medie imprese private, e da un altro lato dal predominio dell'impresa pubblica nell'industria estrattiva e nelle grandi industrie di beni di produzione di base (siderurgia, metallurgia, meccanica pesante e chimica primaria), cioè nei settori maggiormente colpiti dalla crisi-ristrutturazione del geosistema industriale a scala mondiale. Questa struttura ha permesso sia un migliore e più rapido adattamento, per la flessibilità propria della piccola impresa, alle nuove condizioni del mercato, sia di graduare il processo di ristrutturazione della grande industria e in particolare di contenere l'inevitabile riduzione dell'occupazione. Le imprese pubbliche − che nel 1984 rappresentavano ancora il 20% dell'occupazione e il 22% della produzione industriale − hanno così continuato a lavorare complessivamente in perdita e a gravare sul bilancio dello stato, il cui deficit (5% del PIL nel 1986), benché meno pesante che in altri paesi avanzati, andava aumentando rapidamente. Tale deficit era dovuto anche ad altre misure della politica espansiva sino allora adottata dal governo austriaco e, non ultimo, al crescente invecchiamento della popolazione austriaca che, unitamente alla politica di prepensionamento, ha determinato il deficit della cassa pensioni e costituisce un limite strutturale al contenimento della spesa pubblica. L'incidenza del debito federale sul PIL è cresciuta dal 10,3% del 1973 al 42,7% nel 1986. Seppur minori che altrove, queste difficoltà e, in particolare, la disoccupazione (salita al 5% nel 1985, un valore eccezionale per questo paese), hanno incrinato l'immagine mitica dell'A. felix. In tal senso hanno contribuito anche l'elezione di K. Waldheim a presidente della Repubblica austriaca (8 giugno 1986), la quale ha suscitato vivaci critiche e l'indignazione di molti per i suoi trascorsi nazisti, e la formazione di un nuovo governo in cui per la prima volta il Partito socialdemocratico coabita con il Partito popolare, il partito del nuovo presidente.
Tuttavia, favorita dalla ripresa economica che nel 1988 ha fatto registrare un nuovo boom industriale nei paesi occidentali, l'economia austriaca si è rafforzata e alla fine degli anni Ottanta si è collocata tra le più stabili, tanto da candidarsi a ''cassaforte'' di capitali esteri, come la vicina Svizzera. Tra le principali trasformazioni strutturali degli ultimi vent'anni vi sono innanzitutto quelle comuni a tutti i paesi avanzati: la riduzione del peso dell'industria (38% del PIL nel 1989), la continua contrazione dell'agricoltura (3%), cui fa riscontro la crescita dei servizi alle famiglie e soprattutto alle imprese. Notevoli trasformazioni si sono avute anche sul tessuto industriale, come l'urbanizzazione diffusa, vale a dire la maggiore crescita relativa delle piccole città rispetto alle grandi, che rappresenta uno dei riflessi della crisi della grande industria, la ridistribuzione spaziale delle produzioni industriali e dei servizi, ma anche una perdita di richiamo residenziale delle maggiori città.
In A. questo mutamento è evidenziato non tanto dalla contrazione della popolazione di Vienna, da tempo in via di ridimensionamento, quanto dalla sostanziale stazionarietà di città come Linz, Graz e persino Innsbruck e Salisburgo. Esso quindi non è imputabile solo alla crescita demografica complessiva del paese, che pure incide specialmente in A., ove è stata particolarmente scarsa (7.596.081 ab. nel 1988, cioè solo circa 120.000 in più rispetto al 1971 e in parte immigrati stranieri) e che negli anni Ottanta è a zero (nel 1988 la natalità e la mortalità erano di circa l'11ı). Permane, inoltre, la tendenza allo spostamento del baricentro demografico ed economico verso Ovest, dovuta alla crescente integrazione con l'economia della vicina Germania occidentale (che incide nelle importazioni per 200 miliardi di scellini su un totale di 451 miliardi e nelle esportazioni per 134 miliardi su un totale di 383 miliardi, nel 1988), alla vitalità dimostrata dalle piccole e medie industrie leggere dei Länder occidentali, alla decadenza e al ridimensionamento delle industrie pesanti dei Länder orientali.
Dal 1971 al 1988, l'A. Superiore, il Salisburgo, il Tirolo, il Vorarlberg e la Carinzia registrano un incremento di popolazione, mentre l'A. Inferiore resta stazionaria e Vienna, il Burgenland e la Stiria subiscono una diminuzione. Malgrado i notevoli progressi della viabilità alpina (trafori, autostrade), l'afflusso di turisti è rimasto a lungo sui 10 milioni di ospiti, portandosi sui 16 milioni con la ripresa dell'economia europea nella seconda metà degli anni Ottanta.
Bibl.: L'état du monde, Annuaire économique et géopolitique mondial, Parigi, dal 1981; S. Brisou, L'Autriche, plaque tournante des échanges Est-Ouest, in Le courrier des pays de l'Est, 330 (1988); OCDE, Etudes économiques: Autriche, Parigi 1989.
Storia. - Il governo presieduto da B. Kreisky, forte della maggioranza assoluta ottenuta nelle elezioni del 1975, proseguì nella sua politica riformista basata sull'espansione della spesa sociale e dell'occupazione, sul consolidamento degli elementi di ''democrazia economica'' nell'ambito della tradizionale concertazione sociale e sull'allargamento dei diritti civili. Le elezioni generali del maggio 1979 confermarono l'egemonia della Sozialistische Partei Österreichs (SPÖ), che incrementò ulteriormente i suoi voti, mentre il candidato della stessa SPÖ, R. Kirchschläger, venne rieletto alla presidenza della repubblica nel 1980. I socialisti dimostravano così di aver superato il momento di difficoltà attraversato nel 1978 quando un referendum popolare si era espresso, seppur di stretta misura, contro l'entrata in funzione della prima centrale nucleare costruita in A., a Zwentedorf vicino Vienna (nel 1986 è stata presa la decisione di smantellare il reattore rimasto inutilizzato). All'inizio degli anni Ottanta l'A. cominciò però a risentire del mutamento della congiuntura internazionale, i cui effetti recessivi si fecero avvertire soprattutto nelle grandi aziende nazionalizzate. Il governo riuscì comunque a contenere le conseguenze della crisi; il tasso di disoccupazione si mantenne entro limiti piuttosto bassi e anche la crescita dell'inflazione fu modesta (il tasso di disoccupazione passò dal 3% nel 1981 al 4,8% nel 1985 e l'inflazione raggiunse nello stesso anno il 3,5%).
In politica estera l'A. continuò a qualificare la propria neutralità in senso particolarmente attivo soprattutto in relazione alla questione mediorientale, confermando l'apertura verso i paesi arabi e la resistenza palestinese, e alle iniziative per la pace e per il disarmo; Vienna fu infatti scelta come sede dei negoziati per la riduzione degli armamenti. Venne inoltre stipulato un accordo decennale di cooperazione economica con l'URSS nel 1981, mentre rapporti più articolati furono stabiliti con tutto l'Est europeo e, pur rimanendo l'Italia e la Repubblica Federale di Germania i maggiori partners economici, vennero avviate e sviluppate relazioni anche con gli altri paesi della CEE. Questo atteggiamento di apertura cominciò però a subire i contraccolpi e le conseguenze del peggioramento della situazione internazionale e la stessa Vienna nel 1981 fu teatro di azioni terroristiche connesse all'aggravarsi della situazione mediorientale. Un'ulteriore fonte di problemi fu rappresentata dall'afflusso di profughi dall'Est, soprattutto polacchi, che divenne sempre più consistente con il passare degli anni.
Le elezioni politiche dell'aprile 1983 segnarono per la SPÖ la perdita della maggioranza assoluta e misero fine, dopo tredici anni, ai governi monocolore socialisti. La SPÖ rimase il partito di maggioranza relativa mentre aumentarono i loro consensi la Österreichische Volks partei (ÖVP) e la Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ). I Verdi, presentatisi in due diverse formazioni, raccolsero il 3% dei voti, ma non riuscirono a ottenere il quorum necessario all'accesso in parlamento. Queste elezioni segnarono un'inversione di tendenza non congiunturale rispetto alla tradizionale concentrazione di voti a favore dei due maggiori partiti. Dopo le dimissioni di Kreisky, il socialista F. Sinowatz formò in maggio un governo di coalizione con la FPÖ, il primo del genere nella storia dell'Austria. Il nuovo gabinetto non apportò, apparentemente, significativi cambiamenti di impostazione in politica sia interna che estera, ma operò senza una forte convinzione e mostrò da subito segni di instabilità.
Nel 1986 le elezioni presidenziali richiamarono sull'A. l'attenzione internazionale e aprirono una fase molto delicata anche in politica interna. La campagna elettorale fu infatti dominata dalle accuse rivolte a K. Waldheim, ex segretario dell'ONU e candidato indipendente dell'ÖVP, di essere stato coinvolto, come ufficiale dell'esercito tedesco, in azioni criminali commesse nei Balcani durante la guerra. La sua elezione (giugno 1986), avvenuta in un clima di accesa polemica, arrecò un serio danno all'immagine internazionale dell'A. e ne deteriorò in particolare i rapporti con gli Stati Uniti e con Israele. Questa vicenda accrebbe il clima di instabilità e portò alle dimissioni di Sinowatz e alla formazione di un nuovo governo di coalizione tra SPÖ e FPÖ presieduto dal socialista F. Vranitzky in giugno. Il gabinetto social-liberale entrò però in crisi a settembre dopo la vittoria, nel congresso straordinario, dell'ala nazionalista di destra della FPÖ e l'avvento alla guida del partito del suo leader J. Haider. Le successive elezioni anticipate svoltesi nel novembre 1986 registrarono una flessione dei socialisti, che passarono da 90 a 80 seggi, e dei popolari, che persero 4 seggi, un netto incremento della FPÖ, che ottenne 18 seggi contro i precedenti 12, mentre i Verdi per la prima volta entrarono in parlamento conquistando 8 seggi. La tendenza alla diversificazione delle forze politiche, manifestatasi nella precedente prova elettorale e confermata da successive consultazioni locali, si consolidò con l'ingresso di un quarto partito nel Nationalrat.
Dopo lunghe trattative si giunse, nel gennaio 1987, alla formazione di un governo composto da SPÖ e ÖVP, che segnò dopo oltre venti anni il ritorno alla ''grande coalizione''. Il gabinetto, presieduto da Vranitzky, varò un programma incentrato sulla riduzione del deficit pubblico, sulla ristrutturazione del settore nazionalizzato attraverso l'introduzione di forme di parziale privatizzazione e sull'allargamento degli istituti di democrazia diretta. La coalizione ha manifestato fin dalla sua costituzione notevoli divisioni e una certa fragilità di insieme, nonostante che i due partiti che la compongono siano divenuti nel corso degli anni assai più omogenei di quanto non fossero in precedenza, tanto che le linee di conflitto passano all'interno di ciascuno, almeno su alcuni temi rilevanti come la questione ambientale o la politica sociale. Sul piano internazionale il nuovo governo sembra connotato da un minore attivismo, in parte almeno derivante dalla ancora aperta questione Waldheim, con l'isolamento e la perdita di prestigio che questa ha comportato. Unica iniziativa di rilievo è stata la richiesta di ammissione come membro a pieno titolo, inoltrata alla CEE nel 1989 e motivata dalla preoccupazione dei danni che potrebbero derivare all'A. dalla costituzione del mercato unico europeo nel 1992. Tale richiesta sembra condurre a una ridefinizione degli indirizzi neutralisti della politica estera austriaca. La coalizione governativa è stata confermata anche dopo le elezioni dell'ottobre 1990, che pure hanno registrato una secca sconfitta dell'ÖVP.
Bibl.: A. Pelinka, Modellfall Österreich. Möglichkeiten und Grenzen der Sozialpartnerschaft, Vienna 1981 (trad. it., Modello Austria. Quarant'anni di concertazione e pace sociale, Roma 1985); K. Steiner, Tradition and innovation in contemporary Austria, Palo Alto 1982; Zwischen Koalition und Konkurrenz. Österreichs Parteien seit 1945, a cura di P. Gerliche e W. C. Müller, Vienna 1983; Aussenpolitik und Demokratie in Österreich. Strukturen-Strategien-Stellungnahmen, a cura di R. Kicker, A. Khol e H. Neuhold, Salisburgo 1983; K. Gutkas, Die Zweite Republik Österreich, Monaco 1985; Das Österreichische Parteiensystem, a cura di F. Plasser, Vienna 1987; Die Kampagne. Kurt Waldheim Opfer oder Täter? Hintergründe und Szenen eines Falles von Medienjustiz, a cura di A. Khol, T. Faulhaber e O. Öfner, Monaco 1987; Il ''caso Austria'', a cura di R. Cazzola e G. E. Rusconi, Torino 1988.
Letteratura. − Proprio agli inizi degli anni Ottanta, esattamente nel 1981, al viennese d'adozione E. Canetti (n. 1905) fu assegnato il premio Nobel, tardiva e in verità discussa consacrazione per un autore che aveva dato il meglio di sé (e per questo appunto veniva premiato) vari decenni prima, presentando in termini inconfondibili la follia dissociante dell'uomo mitteleuropeo negli anni confusi e minacciosi che preludevano alla catastrofe di un secondo conflitto mondiale. Ma da troppo tempo, in pratica da sempre, Canetti era un totale isolato, nel suo stabile esilio di Londra, perché un riconoscimento tanto ambito potesse risultare più che un fatto strettamente personale; e al di fuori di ogni contatto con correnti o movimenti di qualunque peso e natura promossi in ambito austriaco sono rimaste anche le più recenti pubblicazioni di Canetti, singolare e coerente nel suo rifiuto delle leggi del mondo che sono spietate e degradanti già nella loro naturalità, pubblicazioni di riflessioni e di memorie lucidamente rivissute (Die Fackel im Ohr, 1980; Das Augenspiel, 1985; Das Geheimherz der Uhr, 1987).
Più vincolati alle vicende letterarie austriache, pur se anch'essi operanti altrove, il sempre ribelle E. Fried (1921-1988), una specie di K. Kraus della sua generazione, narratore e soprattutto lirico di aspri contenuti (fra i molti titoli, le raccolte Zur Zeit und zur Unzeit, 1981; Das Nahe suchen, 1982; Es ist was es ist, 1983; Behunruigungen, 1984; Vorübungen für Wunder, 1987), e lo sperimentalista G. Rühm (n. 1930), a suo tempo esponente della cosidetta Wiener Gruppe e oggi ancora attivo a ridosso del dialetto in operazioni di montaggio non finalizzate a se stesse (Vernebelungen, 1980).
Ciò che in termini più vistosi accosta questi autori 'esuli' ad altri 'residenti' è la pretesa di travalicare con strumenti letterari l'ambito letterario o anche squisitamente culturale, con la mira di dilatarsi verso revisioni, anche radicali, di ben più ampio coinvolgimento. È una presa di posizione netta nella solita contesa fra tradizione e rinnovamento che, molto sentita, e vivamente e persino artificiosamente vissuta in A. forse più che altrove negli anni Sessanta e Settanta, prosegue negli anni Ottanta sia pure in parte sfibrata, avendo a protagonisti principali ancora gli autori che si riconoscono nelle iniziative legate alla città di Graz, divenuta così nuovo centro politico-culturale alternativo al centro di sempre, che è ovviamente Vienna. E se, rispetto ai decorsi decenni, quelli del pionierato, le sollecitazioni polemiche risultano ridotte, in pari misura il quadro si sfrangia e si articola, dando spazio a istanze integrative se non proprio alternative. Dapprima, tramite anche la rivista d'avanguardia manuskripte, da Graz veniva preponderantemente promossa e favorita la sperimentazione, specie se in sede lirica; ora invece si dà più spazio al realismo, sempre accanto a divagazioni formalistiche di vario genere, sullo sfondo di un impegno sociale che continua a essere proclamato però nella riduttività indotta dal progressivo avanzare, anche in A., di una letteratura interessata al soggetto, al punto da dare spazio alla confessione e alla testimonianza autobiografica. Tutto ciò mentre, come costante, da un lato rimane come polo polemico tutto ciò che viene ritenuto 'specifico' austriaco, cioè autocompiaciuta ristrettezza provincialistica e legame a un retaggio confessionale esteticamente estrinsecatosi lungo la linea secolare e mai spezzata del persistente richiamo al barocco, e d'altro lato continua a interessare e persino a tormentare il problema del linguaggio, anche se anch'esso è uno 'specifico' austriaco, inteso però sin dagli inizi come frattura.
Su tali direttive operano autori quasi tutti già in precedenza, e alcuni da lungo tempo, operanti, come il lirico E. Jandl (n.1925), aggressivo e poliedrico nella sua artificiosità mimetica (nelle liriche di der gelbe hund, 1980, e di selbstporträt des schachspielers als trinkende uhr, 1983, oltreché nella sfiziosa 'opera parlata' Aus der Fremde, 1980, giocata tutta sull'uso del congiuntivo); o come F. Mayröcker (n. 1924), che promuove una fenomenologia poetica che esalta la creatività verbale in un gioco stimolante di effetti (Gute Nacht, guten Morgen, 1982; Winterglück, 1986, e, in una prosa sempre poeticamente strutturata, Die Abschiede, 1980, nonché gli autobiografici Das Herzzerreissende der Dinge, 1985, e mein Herz, mein Zimmer, mein Name, 1988); o come A. Kollerisch (n. 1931), che chiaramente propende verso una poesia di memoria venata di malinconia e persino di rassegnazione (Im Vorfeld der Augen, 1982; Abstürz ins Glück, 1983; Augenlust, 1986); o come P. Turrini, di padre italiano (n. 1944), fautore di un realismo più fortemente che in altri segnato da stimolazioni politiche (Ein paar Schritte zurück, e In meinem Kopf schreit es, 1980); o come J. Schutting (n. 1937), le cui liriche (Liebesgedichte, 1982; Traumreden, 1987) ne riconfermano il serio carattere riflessivo sulle tematiche del linguaggio pur abilmente elaborato.
Su altre sponde si collocano altri autori, fra loro anche assai difformi, che pur in genere con minor clamore si fanno notare con accenti originali, come G. Amanshauser (n. 1928), parsimonioso anche nella lirica come negli altri generi (Gedichte, 1986), disincantato osservatore, anche in virtù di un insolito rigore formale, di una realtà che non lo gratifica ma da cui non riesce a prendere le distanze oltre il limite della saggezza ironica; o come B. Schwaiger (n. 1949), che dopo inizi assai promettenti come narratrice ha tentato in seguito, ancora con buon esito, la via della lirica intimizzata (Mit einem möcht' ich leben, 1987). E c'è inoltre un momentaneo ritorno alla lirica, sua sede iniziale, di Th. Bernhard (1931-1989), nell'inno a suo modo celebrativo Ave Vergil (1981) e nella sua sintomatica riproposta dell'apocalittico lamento lanciato nel breve ciclo giovanile in hora mortis (1987).
Più frequentato, secondo buona consuetudine austriaca, e anche per questo più variato, il terreno della narrativa, su cui parecchi degli autori legati a Graz si muovono ormai con tale reciproca autonomia da rendere solo orientativamente significativo il richiamo a quel comune denominatore. Sui residui della sperimentazione, d'altronde meno favorita in prosa, s'instaurano interessi d'altro genere, tematici anzitutto, come nel caso della già menzionata J. Schutting, che riprende il tema della disputa fra generazioni pregustando il declino della figura paterna (Der Vater, 1980); o di H. Eisendle (n. 1939), che aveva iniziato ostentativamente definendosi, accanto a G. Roth e G. Jonke, 'scientista letterario', e si è poi evoluto verso un più concreto realismo (Der Narr auf dem Hügel e Das schweigende Monster, 1981); o di B. Frischmuth (n. 1941), che a più riprese (Bindungen, 1980; Die Ferienfamilie, 1981; Die Frau im Mond, 1982; Kopftänzer e Herrin der Tiere, 1984; Über die Verhältnisse, 1987) si conferma osservatrice vigile e persino arguta di vicende sintomatiche di un generale malessere; o di Kl. Hoffer (n. 1942), che nel ciclico Bei den Bieresch (1979-83) ripropone, attento anche alla lezione di Kafka, il problema dell'identificazione dell'individuo, pertinace nei suoi proponimenti non ostante la confermata vanità dei suoi tentativi. E vale la pena di citare, fra quanti sono o sono stati più o meno saldamente vincolati al centro di Graz o ne sono transfughi, almeno il già ricordato G. Roth (n. 1942), che passa da una ricezione realistica della vita extracittadina a una preoccupazione etica sempre più palese e persino tormentante (Landläufiger Tod, 1984; Am Abgrund, 1986; Der Untersuchungsrichter, 1988); G. Jonke (n. 1946), anch'egli già nominato, che predilige insistere nel mantenere un contatto con la provincia come sede adatta per innovazioni linguistiche di struttura (Die erste Reise zum unerforschten Grund des stillen Horizonts, 1980; Die Hinterhältigkeit der Windmaschinen, 1981; Erwachen zum grossen Schlafkrieg, 1982; Entflieht auf leichten Kähnen, 1983); P. Rosei (n. 1946), che nell'episodicità trae vigore per il suo particolare realismo (Mann & Frau, 1984; 15.000 Seelen, 1985; Die Wolken, 1986; Der Aufstand, 1987; Unser Landschaftsbericht, 1988); J. Winkler (n. 1953), che si segnala per una scrittura fortemente immaginifica e lussureggiante, a contatto di una natura vista al di fuori di ogni ottica di falsificante idillio (Der Ackermann aus Kärnten, 1980; Die Verschleppung, 1983; Der Leibeigene, 1987).
All'estremo opposto, con riconoscimenti critici tardivi e ancora circospetti, continua come da lungo tempo a muoversi un campione della letteratura d'intrattenimento come J.M. Simmel (n.1924; fra i titoli più recenti Die im Dunkeln sieht man nicht, 1985; Doch mit den Clowns kamen die Tränen, 1987). Continua altresì a dare testimonianza del suo pensoso pessimismo J. Ebner (n. 1918; Erfrorene Rosen e Drei Flötentöne, 1981; Aktäon, 1983, accanto alle memorie Papierschiffchen treiben, 1987). Sulla linea della tradizione narrativa stravagante e fantasiosa si collocano, in reciproca autonomia, H. Rosendorfer (n. 1934; Ballmanns Leiden, 1981; Briefe in die chinesische Vergangenheit, 1985) e G. Brus (n. 1940; Die Geheimnisträger, 1984; Amor und Amok. 151 Geschischten, 1987, estrema prova di miniaturizzazione). Maestro di un umanesimo di salde radici, tramite i suoi moduli narrativi fra i più graditi, si conferma A. Brandstetter (n. 1938; Die Mühle, 1981; Über der grünen Klee der Kindheit, 1985; Die Burg, 1986; Kleine Menschenkunde, 1987). Ciò mentre da un lato si registrano opportuni recuperi, come quello di A. Drach (n. 1902), la cui autobiografica Unsentimentalische Reise (ristampa 1988) vale insieme come memoria ammonitrice di un tetro ancor recente passato e come lezione di rigore e di fervore compositivo insieme coniugati, e dall'altro lato, fra i più recenti, si fa notare per un suo robusto e insieme malinconico realismo Chr. Ransmayr (n. 1954; Die Schrecken des Eises und der Finsternis, 1984; Die letzte Welt, 1988).
Continua a rimanere in evidenza l'opera narrativa di P. Handke (n. 1942), che dagli ormai lontani inizi sperimentalistici e provocatori è più di recente giunto a una fase più riflessiva e più penetrante che conduce fino alle sfere della confessione e della nostalgia a-temporale, con ben marcate note egocentriche (Die Lehre der Sainte-Victorie, 1980; Kindergeschichte, 1981; Die Geschichte des Bleistifts, 1982; Die Wiederholung, 1986; Nachmittag eines Schriftstellers e Die Abweswenheit, 1987). Più compatta, nonostante alcune variazioni cui manca però vigore deviante, risulta l'opera di Th. Bernhard, l'autore austriaco più profilato e persino più invadente, tenace, fino alla ripetitività stereotipata, nella sua spietata geometricità tutta votata al negativo, in un mondo di uomini privi di rapporti e quindi reciprocamente impietosi (Die Billigesser, 1980; Die Kälte, 1981; Ein Kind e Wittgensteins Neffe, 1982; Der Untergeher, 1983; Holzfällen, 1984; Auslöschung, 1986).
Rispetto ad anni precedenti appare più sporadica l'attività drammaturgica di Handke (un solo testo, e di neppure gran rilievo, il 'poema drammatico' Über die Dörfer, 1981). Al contrario Bernhard è ben lungi dal rallentare la sua presa, anzi tanto più come drammaturgo insiste nell'interpretare il suo ruolo d'iconoclasta scomodo e irriguardoso fino allo scandalo, insofferente di un mondo meschino e falso cui non sa e non vuole però offrire correttivi o alternative, cui al più riesce a rivolgersi con non compromissoria ironia (Weltverbesserer, 1980; Am Ziel, 1981; Über allen Gipfeln ist Ruh, 1982; Der Teathermacher, 1985; Einfach Kompliziert, Heldenplatz, 1988). D'altronde, se pure in termini meno clamorosi, altrettanto poco rassicurante è il teatro di W. Bauer (n. 1941), legato a Graz non solo per motivi anagrafici, avverso alla tradizione o alla riedizione del teatro mimetico con la sua costante violazione di ogni vincolo spaziale e temporale, per un recupero di memorie venate da allucinazioni (Memory Hotel, 1980; Woher kommen wir? Was sind wir? Wohin gehen wir?, 1981; Batyschaphe 17-26 e Singapore Sping, 1982; Ein frölicher Morgen beim Friseur e Das kurze Leben der Schneewolken, 1983). Più prossimo al naturalismo del teatro popolare di antica radice, F. Mitterer (n. 1946) punta in pari tempo a travalicare l'ambito provinciale affrontando tematiche ben più largamente coinvolgenti (Stigma, 1984; Die Anderen, 1987). Sia pure quindi con strumenti propri di una tradizione tipicamente austriaca, Mitterer contribuisce ad arricchire il quadro di un teatro che vive soprattutto in termini di anticonformismo.
Bibl.: Kindlers Literaturgeschichte der Gegenwart: Die zeitgenössische Literatur Österreichs, a cura di H. Spiel, 2 voll., Francoforte sul Meno 1980; M. Holton, H. Kuhner, Austriac poetry today/Österreichische Lyrik heute, New York 1985; Der gemütliche Selbstmörder, a cura di L. Legge e W. Solms, Marburgo 1986; Zeit ohne Manifeste?, a cura di Fr. Aspetsberger e H. Lengauer, Vienna 1987; Major figures of contemporary austrian literature, a cura di D. G. Devian, New York-Berna-Francoforte sul Meno 1987; J. McVeigh, Kontinuität und Vergangenheitsbewältigung in der österreichischen Literatur nach 1945, Vienna 1988.
Archeologia. - In A. l'attività archeologica dell'ultimo decennio si è concentrata in una serie di ricerche sul limes romano. Mentre sono proseguiti gli studi di tipo tradizionale, volti in particolare all'esame del materiale ceramico emerso dagli scavi precedenti, nuovi sistemi d'indagine (quali, per es., la paleobotanica) sono stati introdotti soprattutto per le fasi pre-romane degli insediamenti. Le indagini sul campo hanno consentito d'individuare due presidi di truppe ausiliarie, Schwechat e Petronell presso Carnuntum. Di quest'ultimo sono state identificate le due fasi edilizie principali: nella prima, databile all'età flavia, gli edifici furono costruiti in legno, mentre nella successiva, da porre in età traianea, furono interamente sostituiti da costruzioni con muratura in pietra.
Particolarmente significativa, per un'analisi sulla diffusione dei culti da Oriente e Occidente, è risultata la presenza di numerosi edifici cultuali dedicati alle divinità orientali, oggetto, com'è noto, di particolare venerazione tra i militari, sia legionari che ausiliari. In questo ambito vanno ricordati il piccolo santuario mitriaco presso Mülthall e soprattutto il grande complesso cultuale di Bad Deutsch-Altenburg, edificato in pietra attorno alla metà del 2° sec. d.C. Costituito da un recinto che racchiudeva all'interno sacelli dedicati a Mitra, Cibele e Giove Eliopolitano, un impianto termale e delle latrine, il santuario fu distrutto da un terremoto nella metà del 4° sec. d.C. Le ricerche ancora in corso in questa stessa area interessano attualmente anche la zona delle canabae, vale a dire l'insediamento civile che si sviluppava ai margini del castrum e seguiva la legione nei suoi spostamenti. Nel caso di Carnuntum, la prima fase risulta esattamente coeva alla prima fase del castrum (50-150 d.C.) con costruzioni in legno. Sempre per quanto riguarda Carnuntum, importanti chiarimenti vengono dall'area di Pfaffenberg dove sono stati individuati due templi, uno dedicato a Giove e l'altro alla triade capitolina, a dimostrazione della presenza dei culti ufficiali romani. Va segnalato a tale proposito il rinvenimento di un'iscrizione con dedica a Giove Ottimo Massimo Carnuntino. La presenza di un teatro nelle vicinanze dei due santuari va pertanto posta in relazione non già con i culti celtici, com'era stato ipotizzato in precedenza, ma con la iuventus e con lo svolgimento di giochi cultuali come il Troiae lusus; si tratta di un'ulteriore dimostrazione dell'importanza e continuità dei culti tradizionali romani nella zona del limes.
Bibl.: W. Jobst, Provinzhaupstadt Carnuntum, Vienna 1983; K. Genser, Der Österreichische Donaulimes in der Römerzeit, ivi 1986; P. Pleyel, Das Römische Österreich, ivi 1987.
Arte. - Dopo il 1945, anche se la seconda repubblica non ha saputo riconciliarsi con i più famosi artisti emigrati all'estero, quali O. Kokoschka, R. Neutra o F. Kiesler, si riscontra non di meno una spiccata continuità nell'arte austriaca. Mentre il dibattito sul realismo nelle sue diverse varianti agita gli ambienti artistici austriaci, non si dà seguito affatto alla tradizione costruttiva, al concetto, alla minimalizzazione (A. Loos), e tranne poche eccezioni di rilievo, manca anche l'astrattismo puro. Molti artisti, anche dopo il 1945, dovettero lasciare il paese, perché perseguiti dalla giustizia: a Berlino si formò una sorta di governo artistico in esilio, di cui facevano parte O. Wiener, H. Nitsch, G. Brus, G. Rühm, lo scrittore H. C. Artmann e altri. Fu solo dopo il 1955 (anno della firma del Trattato di stato con cui era posta fine al regime di occupazione dietro impegno dell'A. di mantenere la neutralità) che l'arte nel paese poté finalmente esplodere e si poté formare un'avanguardia artistica. Prima di allora, ad aver séguito come maestri furono artisti come H. Boeckl (1894-1966), un espressionista attivo a lungo, e A. P. Gütersloh (1887-1973), accanto al grande scultore F. Wotruba (1907-1975), che rientrò dall'esilio svizzero all'Accademia di Vienna.
Nella scultura, Wotruba creò segni cubici di impronta figurativa; le sue idee furono sviluppate ulteriormente da numerosi allievi, come per es. J. Avramides (n. 1922), R. Hoflehner (n. 1916) e A. Urteil (1913-1963). Si trattava pur sempre o di astrazione della figura umana o di un interesse volto verso un nuovo realismo, come nel caso, per es., di A. Hrdlicka (n. 1928), O. Bottoli (n. 1921) e altri, in cui l'astrazione rimane solo un'intenzione e la realizzazione dell'opera è ancora legata alla realtà.
Nella pittura i primi a imporsi sono i membri della Scuola viennese del realismo fantastico (Wiener Schule des phantastischen Realismus), che si impongono, tuttavia, ''giocherellando'' con il surrealismo. Ciò che si ricerca è in realtà una continua trasformazione dei modelli iconografici della tradizione e non la rottura con quest'ultima. I dipinti di R. Hausner (n. 1914), E. Brauer (n. 1929), E. Fuchs (n. 1930), W. Hutter (n. 1928) e dello stesso F. Hundertwasser sono opere pervase dal fantastico, visualizzazioni di idee freudiane.
Nel 1964, con l'"azione'' Blutorgerl nasce l'"azionismo viennese'' (Wiener Aktionismus) che − come il realismo fantastico − non intendeva considerarsi una scuola. La pittura viene tramutata in ''azione'': al posto della staticità del dipinto si ricerca la temporalità, l'evento. O. Mühl (n. 1925), A. Frohner (n. 1934), H. Nitsch (n. 1938), G. Brus (n. 1938), O. Schilling e, più tardi, R. Schwarzkogler (1940-1969) morto prematuramente, rappresentano il pendant del gruppo Zero in Germania e del movimento Fluxus negli Stati Uniti, pur conservando un marcato individualismo. Molti di loro o abbandonarono assai presto l'attività artistica o si suicidarono. Brus riprese a fare disegni, mentre Nitsch perseguì, con perseveranza, l'idea del suo teatro misterico-orgiastico (Mysterien-Orgien-Theater).
Fu tra questi due poli che si mossero i grandi della pittura e dell'architettura austriaca, attratti ora dall'uno ora dall'altro, ma, in definitiva, seguendo ognuno la propria strada. La figura di maggior rilievo è quella di A. Rainer (n. 1929) che ha portato avanti, tenacemente, una vasta attività di ''sovrapposizioni'' di segni. Egli lavorò inizialmente nella Galerie Nächst St. Stephan, insieme ad astrattisti, ma ancora legati all'oggetto, come J. Mikl (n. 1928), M. Prachensky (n. 1932), M. Weiler e W. Hollegha (n. 1929). Accanto a Rainer, M. Lassnig, grande signora della pittura austriaca, ha prodotto "figure di corpi" (Körperbilder) profondamente sentiti: opere di grande espressività e di notevole veemenza.
Una spinta decisiva in direzione di una più netta avanguardia è poi venuta dai pittori ''tirolesi'', tra i quali è da menzionare soprattutto O. Oberhuber (n. 1931), artista in continuo mutamento che ha oscillato tra vari stili, dal realismo all'arte informale e di nuovo al realismo. Egli, anche se insegnante alla Hochschule für angewandte Kunst, è divenuto il principale ispiratore della generazione più giovane, soprattutto Ch. L. Attersee (n. 1940), Kappa (K. Kocherscheidt, n. 1943), S. Anzinger (n. 1953) e H. Schmalix. Oberhuber è il trasformatore, l'uomo positivo dell'avanguardia, tra l'altro, insomma il principale fattore di disturbo della scena artistica austriaca.
Una scena che, soprattutto negli ultimi dieci anni, si è dimostrata particolarmente fertile. Rockenschaub, Werkner, M. Wakolbinger (n. 1952), Brandl e Jürgensen hanno posto l'accento su nuove possibilità in direzione della trans-avanguardia. L'arte austriaca opera avendo per matrice ideale il postmoderno dell'imperial-regia monarchia. Le opere di R. Adrian X., canadese di nascita ma viennese di adozione, le hanno conferito una nota più marcatamente concettuale, così come quelle di G. Bechtold, E. Caramelle, V. Export (n. 1940), H. Gappmair, C. Kolig, M. Peitner, P. Weibel e L. Kriesche (n. 1940) che ampliano il contesto mediale delle arti figurative con nuovi mezzi.
Scultori, come per es. B. Gironcoli (n. 1936), W. Pichler (n. 1936) e K. Prantl (n. 1923), ricercano nuove possibilità d'ampliamento per la scultura: environments che riprendono, in fin dei conti, costruzioni immaginate e realizzate dall'architettura austriaca.
Va aggiunto inoltre che l'arte austriaca è impensabile senza la fotografia: vanno menzionate la fotografia narrativa di H. Cibulka e quella, più concettuale, sviluppatasi attorno al Fotoforum di Graz.
Considerata nel suo complesso l'arte austriaca della seconda metà del 20° secolo conserva, in modo più che mai determinante, elementi tradizionali, sotto il profilo sia formale che iconografico. Legame con la tradizione che è costantemente riconoscibile, soprattutto con quella dell'arte cattolica e in cui domina l'elemento espressivo e barocco di derivazione gesuitica. Vedi tav. f. t.
Bibl.: J. Muschik, Österreichische Plastik seit 1945, Baden bei Wien 1966; Situation Concepts, Galerie Nächst St. Stephan, Vienna 1971; O. Breicha, A. Schmeller, Anfänge des Informel in Österreich, 1949-1953, Museum des 20. Jahrhunderts, ivi 1971; R. Waissenberg, Phantastischer Realismus: Malerei und Graphik aus dem Besitz der Stadt Wien, Tiroler Landesmuseum Ferdinandeum, Innsbruck 1972; B. Hein, Return to reason: on experimental film in West Germania and Austria, in Studio International, novembre-dicembre 1975; P. Weibel, V. Export, Wien: Bildkompendium Wiener Aktionismus und Film, Francoforte 1976; G. F. Schwarzhauser, Einbruche unreflektierter Wirklichkeit: Wiener Aktionismus in Amsterdam, in Kunstmagazin, 17 (1977), 1; J. Schilling, Aktionskunst, Lucerna-Francoforte 1978; J. Willink, Wiener Aktionismus, in Museum Journaal, aprile 1979; Arnulf Rainer: Retrospektive (testi di D. Honisch e H. Kern), Nationalgalerie, Berlino 1980.
Architettura. - Nell'ultimo decennio l'A. ha dimostrato una notevole ricchezza di fermenti innovativi nel settore dell'architettura, con la presenza di alcune personalità, anche di rilievo internazionale, solo parzialmente classificabili in correnti. Questo variegato sviluppo trae la sua origine da alcune significative esperienze dei periodi precedenti, a partire dalla svolta iniziata nel 1950, con la riscoperta critica della Secessione a opera dell'Arbeitsgruppe 4 (W. Holzbauer, F. Kurrent, J. Spalt). All'inizio degli anni Sessanta H. Hollein e W. Pichler lanciano un attacco contro il Funzionalismo presentando proposte tese ad ampliare il campo dei valori della disciplina architettonica. Nel clima inquieto di quel momento si formano anche gruppi dalle connotazioni utopistiche quali Haus-Rucker-Co e Coop Himmelblau, mentre dalla Technische Hochschule di Graz prende avvio, soprattutto con G. Domenig e poi con K. Kowalski e M. Szyszkowitz, una nuova stagione del linguaggio moderno. Negli anni Settanta si approfondisce il collegamento con la storia viennese − da A. Loos a J. Frank − nel contesto, questa volta, post-modernista: vengono così invitati alla Biennale veneziana del 1980, vetrina internazionale di tale corrente, H. Czech, H. Tesar e B. Podrecca, rappresentativi esponenti di un'architettura d'impostazione scenografica, carica di suggestioni e rimandi alla tradizione locale, che si esprime al meglio nei piccoli interventi − quali arredamenti, ville, allestimenti di mostre − attraverso una raffinata scelta dei materiali e dei rapporti dimensionali.
Per H. Hollein (Pritzker Prize 1985), che pure prende parte alla citata mostra veneziana, risulta tuttavia non esaustivo l'inquadramento fra i post-moderni: il suo superamento del Funzionalismo ortodosso tende a esprimere ciò che l'architetto stesso definisce ''psicoanalitico'', ricollegandosi a un filone culturale austriaco incentrato sul tema dell'ambiguità. Il suo linguaggio, dichiaratamente eclettico, si fonda sull'assemblaggio di frammenti, dedotti dalla variegata eredità dei maestri del movimento moderno, che esprimono nei nuovi rapporti significati del tutto diversificati da quelli originali.
Tra le sue opere più recenti, nell'ambito viennese, la sede dell'ufficio del Turismo Austriaco (1976-79), la seconda gioielleria Schullin (1981-82); in corso di realizzazione il Museo ebraico e un edificio nella piazza della Cattedrale. Punta dell'iceberg di una diversa ''organicità'', G. Domenig è il singolare protagonista di un rinnovamento del gusto e delle idee che ha nell'A. uno dei suoi centri: la sua sede della Cassa di Risparmio centrale di Vienna (1975-80) è una spettacolare versione neoespressionista di un edificio in crollo; nell'atrio una mano gigantesca sostiene il groviglio tecnologico delle condutture; altre sue significative realizzazioni sono la scuola a Graz-Eggenberg e la ''casa di pietra'' a Steindorf. Alla stessa volontà ideativa, sia pure con una poetica differenziata, si può ricollegare la Coop Himmelblau (W. D. Prix, H. Swiczinski) che sperimenta valenze non esplorate del moderno attraverso un apparente smembramento del linguaggio architettonico (decostruttivismo), attuato con geometrie complesse e tecnologie d'avanguardia (progetto per un edificio di 50 appartamenti a basso costo, 1983, e studio Bauman a Vienna, 1985). Morfologie organiche sono invece presenti nelle opere di K. Kowalski e M. Szyszkowitz (complesso di 43 alloggi a Graz, 1985).
Tra i numerosi architetti che esprimono la continuità di una qualificata metodologia moderna si possono citare G. Peichl, autore della sede della televisione austriaca a Eisenstadt (1984) e di un programma urbanistico per Vienna denominato La città verde (1985), e W. Holzbauer, che ha guidato il gruppo dei progettisti della facoltà di Scienze dell'università di Salisburgo. Lo stesso architetto, insieme con H. Marschalek, G. Laustätter e B. Gauter, ha redatto il piano del nuovo sistema di metropolitane di Vienna che, tra l'altro, ha comportato il restauro delle antiche stazioni costruite da O. Wagner e un'accurata risistemazione, con ampie zone pedonali, di alcune aree centrali della città. Vedi tav. f. t.
Bibl.: P. M. Bode, G. Peichl, Architektur aus Österreich seit 1960, Salisburgo 1980; F. Achleitner, Österreichische Architektur im 20 Jahrhundert, ivi 1980-85; L'Architecture d'Aujourd'hui, 241 (ottobre 1985); Casabella, 523 (aprile 1986); Architectural Review, 1074 (agosto 1986).
Musica. - Nel secondo dopoguerra la musica ha costituito un fattore decisivo nel processo di riorganizzazione culturale e sociale avvenuto con la nuova Repubblica. Mentre le autorità di governo statali e provinciali si assumevano il compito di promuovere e tutelare la vita musicale, un particolare interesse per lo sviluppo di questo tradizionale settore della cultura austriaca si manifestò da parte dell'opinione pubblica.
Nel 1947 il compositore G. von Einem (n. 1918) riscosse un significativo successo al festival di Salisburgo con l'opera Dantons Tod (libretto di B. Blacher e proprio, da Büchner; nuova versione, Colonia 1953), successo ripetuto tre anni dopo con l'opera Der Prozess (libretto di B. Blacher e H. von Cramer, da Kafka; Colonia 1953). Al concorso pianistico di Ginevra del 1948 ben 51 candidati su 526 erano austriaci, mentre si affacciava all'attività concertistica internazionale un grande pianista della nuova generazione come F. Gulda (n. 1930), già vincitore (1946) del primo premio di quello stesso concorso.
Nel lungo dibattito, sviluppatosi fra il 1945 e il 1962, sulla politica educativa e scolastica, del resto, una crescente attenzione veniva prestata ai problemi della diffusione dell'educazione musicale e dell'organizzazione dell'insegnamento della musica a livello scolastico, nel disegno di un'"assistenza musicale'' rivolta alla società austriaca nel suo complesso.
Particolare diffusione hanno avuto nel dopoguerra i festival musicali. I già prestigiosi Salzburger Festspiele, inaugurati nel 1920, hanno assunto un deciso rilievo internazionale sotto la direzione (1956-60) di H. von Ka rajan. Tutte posteriori al 1945 sono le altre più note manifestazioni, tra le quali i Begrenzen Festspiele (1946), le Wiener Festwochen (1951) e lo Stei rischer Herbst (1968).
Importanti conservatori e Hochschulen für Musik und darstellende Kunst sono sorti a Vienna, Salisburgo e Graz. Inoltre dopo il 1945 sorgono numerose società per la diffusione della musica austriaca e per le relazioni culturali con altri paesi (così nel 1956 l'Österreichische Musikrat). Le biblioteche musicali fanno attualmente parte dell'Unione internazionale delle Biblioteche musicali (collezioni complete di musica antica sono raccolte a Vienna, Salisburgo, Graz e Innsbruck).
Nel settore musicologico occorre ricordare la ricostruzione (1945) dell'importante Gesellschaft zur Herausgabe von Denkmäler der Tonkunst in Österreich (DTÖ), che pubblica Studien zur Musikwissenschaft, e la fondazione (1973) della Österreichische Gesellschaft für Musikwissenschaft cui si deve, a partire dal 1977, l'edizione dell'annuario Musicologia Austriaca.
Intorno agli anni Sessanta, nell'ambito dell'avanguardia musicale si rivelano tre compositori la cui importanza è andata crescendo negli anni oltre i confini nazionali: F. Cerha (n. 1926), G. Ligeti (n. 1923) e R. Haubenstock-Ramati (n. 1919).
F. Cerha, che nel 1958 ha fondato con altri il complesso Die Reihe di cui è direttore, ha acquisito fama internazionale con l'esecuzione dell'opera Relazioni fragili per clavicembalo e orchestra da camera (1956-57). Tra le composizioni più recenti si ricordino le opere Baal (da B. Brecht, Salisburgo 1981) e Netzwerk (1981), un Concerto per flauto, fagotto e archi (1983) e il Requiem für Hollenstein (da T. Bernhard, 1984).
G. Ligeti, di origine ungherese, si è trasferito a Vienna nel 1956 e naturalizzato austriaco nel 1967; dopo una prima formazione bartokiana nel suo paese, è venuto in contatto con la neo-avanguardia, cui deve l'evoluzione del suo stile. Notorietà internazionale ebbe nel 1960-61 con l'esecuzione di Apparitions (1959) e Atmosphères (1961), entrambe per orchestra. Tra i lavori maggiori vanno ricordati: Volumina, per organo (1962); le azioni drammatico-musicali Aventures (1962) e Nouvelles Aventures (1965), entrambe per 3 voci e 7 strumenti; il Requiem, per soprano, 2 cori e orchestra (1963-65); Lux Aeterna, per coro a 16 voci o 16 voci soliste (1966). Più recentemente ha composto la musica per l'opera Le grand macabre di M. de Ghelderoe (Stoccolma 1978), i tre Magyar etüdök ("Studi Ungheresi", 1983), il concerto per pianoforte e orchestra (1985-88) e gli Etudes pour piano (1985).
R. Haunbenstock-Ramati, di origine polacca, risiede a Vienna dal 1957. Dal 1973 è professore di composizione alla Hochschule für Musik. Dopo l'esperienza dodecafonica ha aderito a un indirizzo di avanguardia, sperimentando l'uso di tecniche compositive avanzate (esempi di procedimento aleatorio in Mobile for Shakespeare, Sonnets 53 and 54, per voce e 6 strumenti, 1959; Tableaux I-III, 1968, 1968, 1971). Tra gli ultimi lavori: Nocturnes (1981-85), Miroirs, per pianoforte (1984), e il Trio per archi (1985).
Intorno agli stessi anni Sessanta si è formato un gruppo di giovani compositori (detti Ausbrechern) che si riallacciano all'esperienza compositiva di K. Schiske (1916-1969). Si ricordano K. Schwertsik (n. 1935) che, dopo un soggiorno in California nel 1966, ha coltivato un interesse particolare per le nuove forme della musica popolare, assieme a H. K. Gruber (n. 1943), allievo di G. von Einem, e O. M. Zykan (1935), con i quali ha fondato nel 1968 il gruppo MOB art & tone ART. La sperimentazione di nuove tecniche e mezzi compositivi (come l'elettroacustica e gli elaboratori elettronici) è stata portata avanti negli stessi anni da D. Kaufmann (n. 1941), insegnante alla Wiener Musikhochschule, oltre che da I. Radauer (n. 1928), K. Ager (n. 1946) e G. A. Dobrowolski (n. 1921), attivi a Salisburgo. In questi ultimi anni, infine, si è venuto affermando un gruppo di compositori della generazione degli anni Cinquanta, come P. Engel (n. 1949), B. Liberda (n. 1953), Th. D. Schlee (n. 1954), U.-D. Soyka (n. 1954), H. Lauermann (n. 1955) e G. Schedl (n. 1957).
Di P. Engel va ricordata la Sinfonia da Camera Ein Sommernachttraum (1986), eseguita al festival di Salisburgo nel dicembre 1987. B. Liberda, allievo di Haubenstock-Ramati, ha composto nel 1981 l'opera Das Ende der Kreises, rappresentata all'Ulmer Theater di Vienna. Th. D. Schlee è stato allievo di composizione di O. Messiaen (Parigi 1977-78) e più tardi di F. Burt (1982-85). Nel 1979-80 ha composto l'Erstes Streichquartett eseguito al Carintischer Sommer nel 1983. U.-D. Soyka ha studiato composizione con F. Cerha; nel 1982 ha composto una Sonate für Violine und Klavier (op. 2/16), nel 1983 la Romanze für Violoncello und Klavier (op. 2/19). H. Lauermann è stato allievo di E. Urbanner; del 1982 è uno Streichquartett. G. Schedl, autore nel 1980 di un Concerto per violino e 9 strumenti ad arco, si è dedicato particolarmente alla musica teatrale: così l'oratorio scenico Der Grossinquisitor, op. 20 (da Dostoevskij) e l'opera Der Schweinehirt, op. 15 (da Andersen). Di rilievo anche la sua produzione da camera.
Da ricordare, ancora, i nomi di G. Rabl (n. 1953), M. Schwarzenlander (n. 1955), Th. Pernes (n. 1956), M. Sierek (n. 1958) e K. Karlbauer (n. 1960).
Bibl.: Musik in Österreich, Vienna 1971; R. Schollum, Das österreichische Lied der 20 Jahrhundert, Tutzing 1977; AA.VV., Zur Bestandtsaufnahme der österreichischen Musiklebens, in Österreichische Musikzeitschrift, 5 (1978), pp. 637-74; R. Flotzinger, G. Gruber, Musikgeschichte Österreichs, Graz 1979 ( in part.: W. Pass, Musikleben seit 1945, vol. ii, pp. 481-532); P. H. Hauser, Bemerkungen zur Situation der zeitgenössischen Musik in Österreich, in Österreichische Musikzeitschrift, 3 (1983), pp. 148-53; H. Haeusserman, Herbert von Karajan: eine Biographie, Monaco 1983; M. Rubin, Zur Lage der österreichische Komponisten, in Österreichische Musikzeitschrift, 10 (1983), pp. 541-69; Id., 50 Jahre danach, ibid., 14, (1988), pp. 171-205; D. Bouliane, Geronnene Zeit und Narration: Györg Ligeti im Gespräch, in Neue Zeitschrift für Musik, 5 (1988), pp. 19-25.
Cinema. - Il cinema austriaco conosce un discreto sviluppo commerciale dal primo dopoguerra fino alla metà degli anni Trenta. Dal 1918 al 1930 si realizzano infatti più di 700 lungometraggi, di generi e soggetti molto vari. Sono attive soprattutto due case di produzione, la Wiener-Kunstfilm di A. e L. Kolm, cui si deve il primo lungometraggio nazionale (Von Stufe zu Stufe, 1908) e la Sascha Film. Con la crisi economica si ha la prima grande emigrazione di talenti verso Hollywood, già iniziata negli anni Dieci (E. von Stroheim e J. von Sternberg), destinata a ripetersi con l'avvento del nazismo (B. Wilder, E. G. Ulmer, F. Zinnemann) e anche in seguito, fino a costituire un tratto permanente della storia austriaca.
Durante il decennio precedente l'invasione tedesca domina il cosiddetto Wiener film, un genere musicale in cui eccelle il regista W. Forst, autore di Maskerade (1934). Dal 1938 al 1943 il cinema austriaco praticamente scompare, assorbito da quello tedesco: la Wien Film, casa di produzione fondata nel 1938 dal Terzo Reich, rappresenta un chiaro strumento di propaganda indiretta del regime con la promozione di un cinema consolatorio, fatto di sogni e illusioni piccolo-borghesi.
Con il dopoguerra e l'avvento della Seconda Repubblica continua la dipendenza cinematografica dalla Germania e la ripresa produttiva non si accompagna a un vero e proprio rinnovamento culturale. Nonostante alcuni film di grande impegno politico come Die letzte Brücke (1954) di H. Käutner, o le opere sugli ebrei e su Hitler realizzate da G. W. Pabst al suo rientro in A., il mercato è dominato dai remake del Wiener film (in cui si segnala F. Antel), che tocca il suo apice con la trilogia di Sissi (1955-57).
Mentre la Wien Film rimane di proprietà tedesca fino al 1955, il governo si dimostra incapace di attuare qualsiasi politica cinematografica di pianificazione e sviluppo. Così, terminata la congiuntura favorevole del dopoguerra, il cinema austriaco entra in una profonda crisi che dalla fine degli anni Cinquanta si protrarrà per oltre un decennio, rischiando addirittura l'estinzione. Mentre la paralisi dell'industria non concede spazi ai giovani cineasti, fiorisce, dai primi anni Cinquanta, una pratica di cinema sperimentale in cui si distinguono P. Kubelka e K. Kren. L'avvio di un nuovo corso si avrà, tuttavia, soltanto a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, con la ripresa, anche se debole, dell'assistenza statale alla produzione. Nel 1981 entra finalmente in vigore la tanto attesa legge sulla cinematografia, che definisce in particolare il sistema delle sovvenzioni governative. Fondi statali e televisione del resto costituiscono le uniche possibilità produttive in un paese caratterizzato dall'assenza di un'industria cinematografica privata e dallo scarto, endemico, tra risorse creative e loro utilizzazione economica. Oltre a queste difficoltà strutturali, i nuovi cineasti austriaci devono misurarsi con la mancanza di una effettiva tradizione cinematografica e di una precisa identità nazionale.
A tali carenze alcuni dei film più recenti cercano di rispondere rivisitando vecchi capitoli della storia austriaca (Wien Retour, 1983, di J. Aichholzer e R. Beckerman; Heindenlöcher, 1986, di W. Paulus; Welcome in Vienna, 1986, di A. Corti) o raccontando la contemporaneità e le sue contraddizioni (Kassbach, 1979, di P. Patzak; Die Augesperrten, 1982, di F. Novotny; Kopfstand, 1981, di E. J. Lauscher). Altro terreno privilegiato è la ripresa e la parodia del cinema di genere, come mostrano le opere di P. Patzak (Den tüchtigen gehört die Welt, 1981, e Strawanzer, 1983), di N. List (Muller Büro, 1986) e di X. Schwarzenberger (Donau-walzer, 1984).
Tra i nuovi autori segnalatisi in campo internazionale a partire dalla metà degli anni Settanta si possono inoltre citare W. Bannert, A. Lepeniotos, R. Dornhelm, K. Kino, T. Leber.
Bibl.: Aria di Vienna, a cura di L. Quaresima e A. M. Percavassi, Firenze 1986.