Avanguardia cinematografica
La storia dell'a. c., o meglio del cinema d'avanguardia o sperimentale, è strettamente legata alla storia del cinema nella sua evoluzione tecnico-espressiva, nel senso che, una volta conquistata una propria autonomia artistica e un posto nell'ambito delle arti, il cinema si interrogò sui vari aspetti e caratteri del linguaggio filmico, sia in rapporto agli altri linguaggi artistici ‒ soprattutto il teatro all'inizio, e in seguito le arti figurative e la musica ‒ sia all'interno di una sua individuazione formale. Attorno agli anni Dieci del 20° sec., in concomitanza con la realizzazione e la diffusione dei film di lungometraggio e la conseguente affermazione dello spettacolo cinematografico come spettacolo borghese (con tanto di critica), cominciarono a diffondersi, sul piano teorico e su quello pratico, alcune idee e sperimentazioni che tendevano a liberare una volta per sempre il cinema dai suoi condizionamenti teatrali e letterari. Accanto all'uso della tecnica filmica come supporto alla rappresentazione di ambienti e personaggi e alla narrazione di fatti e situazioni, secondo alcune regole spettacolari e narrative che si rifacevano alla tradizione del teatro e del romanzo, si tentarono nuove strade per cercare di individuare quegli elementi del linguaggio cinematografico che potevano essere considerati del tutto originali, non dipendenti da forme linguistiche precedenti; e, una volta individuati, di utilizzarli in nuovi contesti espressivi (non necessariamente 'spettacolari').In questa prospettiva, si assiste a uno sviluppo parallelo delle prime teorie cinematografiche ‒ come le intuizioni teoriche di Ricciotto Canudo ‒ e dei primi esperimenti dell'a. c. ‒ come i brevi saggi dei fratelli Corradini (in arte il pittore Arnaldo Ginna e lo scrittore Bruno Corra). Due strade indipendenti, che tuttavia paiono convergere, laddove la sperimentazione tecnica si basa, direttamente o indirettamente, sulla speculazione filosofica, e quest'ultima non può non tenere conto degli aspetti tecnici del linguaggio filmico. Anche se, il più delle volte, artisti e teorici si mossero indipendentemente gli uni dagli altri. E mentre i primi si opposero decisamente al cinema come spettacolo popolare, con i suoi legami (come si è detto) con il teatro e la letteratura, i secondi lavorarono proprio in quell'ambito.
Furono appunto i Corradini, stando a quanto riferito da Corra in un suo testo del 1912 (Musica cromatica, in Il pastore, il gregge e la zampogna: divagazione sul libro del Thorez), a sperimentare per primi un cinema che faceva a meno della macchina da presa e della realtà fenomenica da essa riprodotta, utilizzando solo la pellicola, opportunamente disegnata e colorata secondo un progetto visivo-dinamico che si richiamava sostanzialmente alla musica come arte del tempo. I loro brevi film, andati purtroppo perduti, furono realizzati nel 1910 e tendevano a 'visualizzare' musica e poesia con immagini semoventi che avrebbero dovuto esprimere le stesse sensazioni estetiche prodotte dall'una e dall'altra. I risultati non si possono analizzare; ma, a differenza di quanto sarebbe avvenuto con gli esperimenti e le opere di alcuni artisti che negli anni seguenti avrebbero affrontato con maggior rigore i problemi connessi all'uso della tecnica cinematografica per comporre i loro film astratti, è probabile che il lavoro pionieristico dei Corradini rientri in quel generale interesse per il cinema come arte del futuro, onnicomprensiva dei linguaggi artistici tradizionali, che in quello stesso periodo andava teorizzando un letterato curioso e aperto alle tendenze dell'arte e della cultura contemporanee come il citato Canudo.In una direzione di ricerca simile, ma con intenzioni, anche teoriche, più chiare e determinate, si mosse il pittore Léopold Survage, che nel 1914 pubblicò, sulla rivista di Guillaume Apollinaire "Soirées de Paris" (26-27, pp. 426-29), un articolo intitolato Le rythme coloré, in cui precisa il suo concetto di un'arte autonoma, lontana sia dalla pittura sia dalla musica (e anche dal cinema come lo si praticava allora), basata su quella ch'egli chiama la "forma visiva colorata". Per ottenerla è indispensabile usare la tecnica cinematografica, che consente di avere gli effetti dinamici voluti: sicché colori e forme, linee e superficie si muoveranno, si intersecheranno, daranno vita a una specie di balletto puramente visivo, secondo un ritmo prestabilito che comporta la suddivisione del tempo filmico in unità minime.
Il risultato di questo progetto, di non facile realizzazione e che si interruppe per lo scoppio della Prima guerra mondiale, sono alcune tavole colorate, che furono esposte nel 1917 in una mostra a Parigi in occasione della quale Apollinaire scrisse: "Fuori della pittura statica, fuori della rappresentazione cinematografica, avremo così un'arte alla quale ci abitueremo presto e che conterà i suoi dilettanti infinitamente sensibili ai movimenti dei colori, alla loro compenetrazione, ai loro mutamenti bruschi o lenti, al loro avvicinamento o alla loro fuga" (Peintures de Léopold Survage. Dessins et aquarelles de Irène Lagut, préface, Paris 1917).Su questa direzione di ricerca astratta, contemporanea alle tendenze pittoriche di quegli anni, si muoveranno, dopo la fine della guerra, alcuni pittori-cineasti che porteranno alle estreme conseguenze ‒ probabilmente senza conoscerle ‒ le intuizioni dei Corradini e di Survage. Ma intanto, con il Futurismo (v.), il cui manifesto fu pubblicato da Marinetti nel 1909, anche al cinema venne attribuito il compito di sovvertire i canoni artistici tradizionali, sebbene a tale conclusione i futuristi giunsero con molto ritardo rispetto alle altre arti, alla musica, al teatro e alla danza. Solo nel 1916, infatti, fu pubblicato il manifesto La cinematografia futurista, a dire il vero alquanto velleitario, in cui tuttavia c'erano affermazioni illuminanti, quali: "Il cinematografo, essendo essenzialmente visivo, deve compiere innanzi tutto l'evoluzione della pittura: distaccarsi dalla realtà, dalla fotografia, dal grazioso e dal solenne. Diventare anti-grazioso, deformatore, impressionista, sintetico, dinamico, parolibero". E si enunciavano poi le varie possibilità insite nella tecnica cinematografica per ottenere una serie di effetti visivo-dinamici che consentivano di "liberare il cinematografo come mezzo di espressione per farne lo strumento ideale di una nuova arte". I propositi dei futuristi rimasero in sostanza semplici affermazioni di principio (anche per la difficoltà di realizzarli tecnicamente), ma quel manifesto indica la tendenza alquanto diffusa negli ambienti artistici e intellettuali di quegli anni di considerare il cinema in una nuova luce, cercando di coglierne dall'interno le possibilità espressive, al di fuori di quello che era allora il film normale, di finzione, spettacolare. Il solo film veramente 'futurista', andato perduto, è Vita futurista, girato nel 1916, un mediometraggio in vari episodi di cui A. Ginna si assunse la funzione di coordinatore tecnico, ma che va considerato come opera collettiva del gruppo dei futuristi di Firenze. È rimasto invece Thaïs realizzato nel 1917 da Anton Giulio Bragaglia, che fu confuso per molti anni con Perfido incanto, un altro film di Bragaglia di cui si sono perse le tracce. Thaïs si avvaleva della collaborazione di Enrico Prampolini per le scenografie e i costumi e si basava a volte su trucchi fotografici ottenuti con particolari obiettivi. Non si dimentichi che Bragaglia aveva pubblicato, presumibilmente nel 1911 (mentre la seconda e la terza edizione uscirono nel 1913), il libro Fotodinamismo futurista, in cui illustrava e sperimentava un tipo di immagine fotografica ch'egli chiamò "fotodinamica", per la compresenza in essa di elementi visivi sovrapposti che ne mettevano in evidenza la dinamicità.
L'esperienza cinematografica futurista rimase quindi ai margini dei movimenti d'avanguardia che, di lì a poco, avrebbero dato al cinema come linguaggio autonomo una nuova dimensione formale. In altre parole, agli inizi degli anni Venti, alcuni artisti, in particolare pittori e poeti, utilizzarono la tecnica filmica per sviluppare o ampliare il loro campo d'indagine, superando i confini tradizionali delle arti, anche sulla base delle nuove tendenze artistiche che si erano allora manifestate sulla scia del Dadaismo e del Surrealismo. Al riguardo si possono usare le parole del pittore cubista Fernand Léger, che nel 1924 realizzò il film Le ballet mécanique e più tardi scrisse: "La storia del film d'avanguardia è molto semplice. È una reazione diretta contro i film basati su uno scenario e sul divo. È la fantasia e il gioco contro l'ordine commerciale degli altri. Ma non è tutto. È la rivincita dei pittori e dei poeti. In un'arte come questa in cui l'immagine deve essere tutto e dove essa è sacrificata a un aneddoto romanzesco, bisognava difendersi e provare che le arti dell'immaginazione, relegate alla funzione di accessorio, potevano, da sole, con i loro propri mezzi, costruire dei film senza scenario considerando l'immagine mobile come personaggio principale" (Autour du Ballet mécanique, in F. Léger, Fonctions de la peinture, 1965; trad. it. in Il cinema astratto: testi e documenti, 1977; i corsivi sono di Léger). Sebbene non tutto il cinema d'avanguardia possa essere compreso in questa formula, non v'è dubbio che furono proprio alcuni pittori e alcuni poeti che, più di altri, svilupparono una loro idea di cinema che di fatto si poneva contro il cinema spettacolare, più vicino quindi a una 'pittura dinamica' o a una 'poesia visiva'.Fra costoro un posto di primo piano occupano Viking Eggeling e Hans Richter, due pittori, il primo svedese e il secondo tedesco, che si mossero ai margini del Dadaismo, giungendo insieme, ma indipendentemente, a quello che essi chiamarono il superamento della pittura "da cavalletto": ossia, una forma d'arte nuova che consentisse la dinamica delle forme e che solo il cinema poteva realizzare con la sua tecnica. Dopo alcuni esperimenti di pittura virtualmente in movimento (i cosiddetti rotoli, in cui la forma grafica si sviluppava nella spazio e, per poterla seguire nelle sue evoluzioni, anche nel tempo) essi utilizzarono il cinema a partire dal 1921, realizzando Eggeling Horizontal-Vertical Orchestra (andato perduto) e Richter Rhythmus 21: due film astratti che costituirono la base per le loro ricerche seguenti. Poco prima della prematura morte, Eggeling riuscì a realizzare Diagonal Symphonie (1925), l'opera che lo rese famoso, in cui la linea acquista sullo schermo una sua dinamica interna che ne fa il multiforme personaggio della rappresentazione. Richter proseguì la sua ricerca con Rhythmus 23 (1923) e Rhythmus 25 (1925), composizioni astratte di forme geometriche che si muovono nello spazio, per dedicarsi poi, influenzato dal Surrealismo, a un cinema meno legato alla pittura, con un uso geniale della fotografia in tutte le sue forme, statiche e dinamiche. Si vedano, per es., Filmstudie (1926), Vormittagsspuk (1927; Gioco di cappelli), Inflation (1927), e successivamente, nel suo soggiorno statunitense dopo aver lasciato la Germania nazista, il film antologico Dreams that money can buy (1948), cui collaborarono Alexander Calder, Marcel Duchamp, Max Ernst, Léger e Man Ray, Dadascope (1956), una sorta di documentario sul Dadaismo, e 8x8 (1957), un film in otto episodi, ai quali presero parte Duchamp, Yves Tanguy, Hans Arp e altri.Sempre nell'ambito del cinema astratto un posto di rilievo occupa Walter Ruttmann, che, negli stessi anni in cui operarono Eggeling e Richter, compose i suoi primi film, Opus I, Opus II, Opus III e Opus IV, dedicandosi in seguito, con ottimi risultati, al documentarismo d'avanguardia. Si vedano i lungometraggi Berlin, Sinfonie einer Grossstadt (1927) e Melodie der Welt (1929; La melodia del mondo), in cui gli elementi realistici sono in larga parte manipolati attraverso un montaggio di immagini che ne mette in luce gli aspetti formali: una sorta di razionalizzazione e di astrazione della realtà fenomenica che si richiama ai movimenti dell'avanguardia storica, ponendosi fra Cubismo e Astrattismo. Anche Oskar Fischinger si mosse nella medesima direzione, sia pure in un'ottica più liricheggiante e poetica, realizzando una serie di dodici Studien (1927-1932), nei quali la musica serviva da supporto sonoro a una composizione visiva di forme e linee semoventi nello spazio. Un grande rigore estetico che Fischinger mantenne anche nei film seguenti, realizzati negli Stati Uniti, fra cui una segnalazione merita il suo ultimo Motion painting no. 1 (1947), su musica di J.S. Bach.Questi rapporti, espliciti o impliciti, fra il cinema e la musica, che diedero origine in quegli anni a un nutrito gruppo di film nei cui titoli compaiono termini musicali (sinfonia, opus, studio, ritmo, melodia ecc.) trovarono un'eco nell'opera della regista Germaine Dulac e in alcune formulazioni teoriche del musicologo Émile Vuillermoz, il quale parlava di "composizione cinegrafica" come di una "composizione musicale", sviluppando in seguito il suo pensiero estetico nell'ampio saggio La musique des images (in L'art cinématographique, 3° vol., 1927, pp. 39-66). Dal canto suo la Dulac pubblicò alcuni saggi in cui si indicava nella musica e nelle sue leggi la base estetica per un cinema finalmente libero dal teatro e dalla letteratura, che chiamò cinematografia integrale. E ne indicò praticamente le linee in tre film realizzati fra il 1928 e il 1929: Thème et variations, Disque 927, Étude cinématographique sur une arabesque. Su un piano un poco distante, ma vicino al clima del momento e alle sperimentazioni formali conseguenti, si posso- no porre un film come L'idée (1929-1932) di Berthold Bartosch, basato sulle incisioni di Franz Masereel, e l'intera opera cinematografica di Alexandre Alexeieff, da Une nuit sur le Mont Chauve (1933), su musica di M.P. Musorgskij, a Le nez (1963), tratto dal racconto di N.V. Gogol′, a Tableaux d'une exposition (1972), ancora su musica di Musorgskij, per tacer d'altro.Lontano da queste tendenze, si mossero quegli artisti che più sentirono l'influsso del Dadaismo (v.) e del Surrealismo (v.); a parte si pone il citato Léger, il cui Ballet mécanique rientra a pieno titolo nell'ambito del Cubismo. In particolare Man Ray nei suoi film Retour à la raison (1923), Emak Bakia (1926), L'étoile de mer (1929, su una poesia di Robert Desnos) e Le mystère du château de dés (1929), sviluppò quello spirito anarchico, rivoltoso, iconoclasta e provocatorio che ritroviamo nei manifesti del Dadaismo e nelle opere dei suoi seguaci. Ciò vale per l'esercitazione di Duchamp in Anémic cinéma (1925), basato sulle sue ricerche e sperimentazioni sulla cinetica delle forme, dai dischi ai 'rotorilievi'; e soprattutto per Entr'acte (1924) di René Clair, su un abbozzo di scenario di Francis Picabia, presentato come 'intervallo' del balletto dadaista Relâche.
Un film che risulta costruito sull'irrazionalismo delle situazioni e dei personaggi, sull'assoluta autonomia delle sequenze, isolate in una loro singolarità incomprensibile, sia sul piano narrativo sia su quello drammaturgico. E la forza delle immagini deriva proprio da questa carica di irrazionalità che contraddice la sostanziale 'normalità' delle riprese e rifiuta le tecniche d'avanguardia (sovrapposizioni, trucchi, ritmi composti, dissolvenze) per accostarsi a quella sorta di trasfigurazione della realtà fenomenica operata dal Surrealismo, a cui Picabia avrebbe aderito, sia pure su posizioni contrastanti.Proprio nella cerchia surrealista sarebbero stati realizzati i film più famosi e significativi dell'a. c., sebbene il termine stesso di avanguardia non rientrasse nella terminologia dei surrealisti, come aveva scritto Robert Desnos allora e come avrebbe ribadito Ado Kyrou nel suo libro Le surréalisme au cinéma (1953). D'altronde furono proprio i surrealisti a usare il cinema come materiale per le loro costruzioni oniriche: per essi i film erano di fatto "surrealtà" e la frequentazione delle sale cinematografiche diventava automaticamente un'esaltante esperienza surrealista. Di qui la predilezione per i comici americani, i serial, i film avventurosi, romanzeschi, popolari. Di qui anche il disprezzo per la 'bella forma' e ogni altro espediente estetico per abbellire la realtà. Da una prospettiva di tal genere, anche i film che sono stati definiti a pieno titolo surrealisti, come La coquille et le clergyman (1928) della Dulac, su scenario di Antonin Artaud, Un chien andalou (1929) e L'âge d'or (1930) di Luis Buñuel e Salvador Dalí (cui si può aggiungere il documentario Las Hurdes ‒ Tierra sin pan, 1932, di Buñuel), costituiscono una risposta polemica e provocatoria nei confronti non soltanto del cinema commerciale, ma anche del cosiddetto cinema d'avanguardia. Se si esclude infatti il film della Dulac, debitore della sua concezione estetica e criticato severamente dal gruppo dei surrealisti, non v'è dubbio che i film di Buñuel sono a tutti gli effetti i migliori esempi di un cinema di 'rottura' contenutistica e formale che lo stesso Buñuel, da surrealista genuino, avrebbe sviluppato nella sua opera.
Parallelamente a quanto stava accadendo in alcuni Paesi dell'Europa Occidentale, ma in una direzione di ricerca tecnica ed estetica profondamente influenzata dalla nuova realtà politica e sociale nata dalla Rivoluzione di Ottobre, anche in Unione Sovietica si sviluppò negli anni Venti un'a. c. (per la quale v. avanguardia sovietica) di cui vi sono tracce nei film di Lev V. Kulešov, Dziga Vertov, Sergej M. Ejzenštejn e altri.Un ultimo capitolo dell'avanguardia storica comprende tutte quelle ricerche nel campo della visualità che László Moholy-Nagy e molti altri (da Ludwig Hirschfeld-Mack, membro del Bauhaus e autore di studi sulle combinazioni dinamiche di luci e ombre, a Rudolf Pfenniger, che per primo esplorò le dimensioni sonore della musica incisa sulla pellicola) compirono negli anni Venti e nei primi Trenta, con risultati interessanti per la tecnica e l'estetica di un cinema libero da condizionamenti narrativi e drammaturgici. Ma è un capitolo che si sarebbe riaperto molti anni dopo, negli Stati Uniti e altrove, con le nuove tecnologie elettroniche e digitali e gli sviluppi della computer art. Così come la grande stagione avanguardistica sarebbe stata rinverdita e ulteriormente sviluppata, sia negli Stati Uniti sia in Europa, durante e dopo la Seconda guerra mondiale, con l'apporto di un folto gruppo di artisti-cineasti (da Maya Deren a Isidore Isou a Peter Kabelka) che avrebbero dato il loro contributo a una serie di nuove tendenze sperimentali (v. sperimentale, cinema), fra cui, in primo luogo, il cinema underground americano, di cui non è difficile rintracciare i germi nei movimenti che composero l'avanguardia storica. La quale, con l'avvento del sonoro, si andò a poco a poco spegnendo per una serie di ragioni che concernono in pari misura l'economia e la politica, e anche l'esaurirsi stesso di una rivolta estetica che aveva in larga misura fatto il suo tempo. Da questo punto di vista si possono considerare conclusivi i due Congressi internazionali del cinema indipendente (CICI) che si tennero a La Sarraz, in Svizzera, nel 1929 e a Bruxelles nel 1930, ai quali parteciparono alcuni dei rappresentanti più noti del cinema d'avanguardia, ma che non ebbero seguito alcuno. Essi segnarono in tal modo la fine di un'esperienza di grande rilievo propositivo, ma di scarsa influenza sulla produzione cinematografica.
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