BADAJOZ
(arabo Baṭalyaws)
Città della Spagna sudoccidentale, capoluogo della prov. omonima e centro principale dell'Estremadura, B. venne fondata in due riprese. La prima fondazione si colloca in epoca visigota, quando è attestato un vescovo suffraganeo dell'arcivescovado di Mérida. I rari marmi frammentari ritrovati entro la cinta della fortezza confermano la presenza di un insediamento visigoto anche se la modestia di queste importanti testimonianze può indicare il carattere precario della fondazione; essa comunque non resistette all'invasione araba, anche se è possibile che il declino del vescovado fosse iniziato in precedenza.Le prime menzioni di autori arabi risalgono alla fine del sec. 9° e riferiscono di un semplice villaggio, un fondo rustico, se non addirittura di rovine. È in quest'epoca che il ribelle Ibn Marwān al-Jillīqī fece di B. la capitale di un piccolo stato indipendente dal potere omayyade; con l'autorizzazione dell'emiro Muḥammad I e successivamente di 'Abd Allāh, che non poterono opporsi a causa dello stato di guerra civile dell'Andalus, egli popolò la città, soprattutto con muwalladūn (elementi autoctoni convertiti) e berberi provenienti dalla regione e, più in particolare, da Mérida, centro di cui si profilava allora il declino. Anche se la data di questa rifondazione da parte del signore muwallad non è sicura, essa può essere collocata tra l'887 e l'889.Nel sec. 10°, sotto la dinastia fondata da Ibn Marwān e durante il califfato omayyade, e poi nel sec. 11°, sotto il potere dei Mulūk al-Ṭawā'if, berberi aftasidi, la città araba ebbe una fioritura tanto rapida quanto significativa, divenendo in breve tempo il più grande centro dell'Occidente iberico dopo Siviglia. Alla città alta, insediamento primitivo definito appunto madīna (città), si aggiunse in breve, lungo la sponda sinistra del fiume, la città bassa, denominata rabāḍ (sobborgo). Al ruolo militare proprio della città alta veniva così ad aggiungersi l'attività commerciale, concentrata nel sobborgo e legata alla presenza del fiume.Attraverso i testi di al-Bakrī, Ibn Ḥayyān e al-Ḥimyarī possono essere individuate le varie fasi costruttive dei diversi edifici della città: dopo le mura in pisé, Ibn Marwān e i suoi discendenti, che ebbero il controllo del centro sino al 930, fecero costruire la Grande moschea, una o più moschee di quartiere e alcuni bagni. Gli Aftasidi, a partire dal 1022, fecero decorare il palazzo dell'Alcazaba (la fortezza) ed edificarono una munya (residenza suburbana) chiamata al-Badī. Di queste costruzioni non è rimasto nulla e occorre attendere la fine del sec. 12° e l'inizio del 13° per trovare testimonianze di architettura islamica. Gli assalti dei Portoghesi e dei Castigliani, che si susseguirono a partire dalla seconda metà del sec. 12° sino alla caduta della città nelle mani di Alfonso IX di León nel 1230, restituirono a B. il suo ruolo originario di fortezza a difesa dell'accesso all'Andalus. Gli Almohadi, che dominarono la regione dalla metà del sec. 12°, promossero il restauro delle mura della città alta e soprattutto dell'Alcazaba; secondo le fonti, questa venne ulteriormente fortificata, nel 1173, in seguito ai danni causati dalle offensive portoghesi, e successivamente soprattutto tra il 1203 e il 1204. Delle mura della città, distrutte nel sec. 17°, non rimangono tracce in grado di fornire indicazioni; una parte dell'Alcazaba ha invece resistito al tempo e alle guerre e, sebbene rimaneggiata in età cristiana, costituisce una delle più importanti testimonianze architettoniche almohadi dell'Occidente iberico.La fortezza, posta sulla riva sinistra del fiume Guadiana, su un'altura di m. 60, ha una irregolare forma ovale. L'ampiezza della sua cinta, che racchiude un'area di m. 400 ca. in direzione N-S e di m. 200 in direzione E-O - e al cui interno si trova gran parte delle costruzioni medievali cristiane - ne fa una delle più grandi fortezze della regione. I lati nord ed est, tra il Guadiana e il suo affluente Arroyo, sono assai ripidi; la pendenza si va alquanto accentuando a N-O, tanto da permettere, per una ventina di metri, l'interruzione delle mura. In corrispondenza dei lati ovest e sud, la cinta è in contatto con la madīna, le cui mura si collegavano all'Alcazaba nell'angolo N-O e, mediante una porta a gomito, a S-E. L'insieme dell'opera muraria è assai differenziato: i muri sono generalmente costituiti da pietre squadrate di dimensioni assai varie, ma disposte in corsi regolari mediante giunti molto spessi, rinforzati a tratti con piccole pietre o pezzi di mattoni così da ottenere sempre un andamento orizzontale. Alcune parti della cinta - in special modo le torri - sono in pisé, con un impasto molto compatto rinforzato con pietrisco. Le armature lignee misurano cm. 80-85; i mattoni sono usati soprattutto per le strutture di sostegno, come archi e volte, mentre gli stipiti delle porte sono rinforzati da blocchi di pietra apparecchiati. Il tipo e la disposizione dei materiali usati portano a due considerazioni: da una parte emerge con chiarezza - come è ben dimostrato dall'aspetto eterogeneo generale - che gli Almohadi procedettero a rifacimenti piuttosto che a una vera e propria ricostruzione; dall'altra si ritrova nella fortezza una tecnica costruttiva che privilegia il carattere pratico rispetto a quello estetico e che può dirsi, se non esclusiva, almeno tipica di questa epoca. Non si tratta peraltro dell'unico elemento che attesti il carattere almohade della costruzione: in essa si trovano infatti torri pentagonali e ottagonali, torri albarranas, un barbacane, una coracha (corridoio protetto da due muri rinforzati da torri, che conduce dalla muraglia a una fonte d'acqua permanente), tutti elementi di architettura militare che, così come la planimetria delle porte, sono propri dell'epoca delle dinastie magrebino-almoravidi (1085-1147) e successivamente di quella almohade, sino alla metà del 13° secolo.Delle trentuno torri della cinta, alcune presentano caratteri particolari; sei sono torri albarranas, costruite davanti alle mura e a queste collegate tramite un muro - congiungente la sommità della torre al cammino di ronda - che poggia su un arco o su un tratto di muro, a seconda della maggiore o minore distanza che separa la torre albarrana dalla cinta. La torre di Espantaperros avanza di m. 23,85 a S-O, penetrando nel perimetro della città, mentre la torre albarrana situata immediatamente a N-O è appena sporgente rispetto al muro di cinta. Tale accorgimento, che impediva al nemico di avvicinarsi, comparve nei sistemi difensivi almohadi in Spagna nella seconda metà del sec. 12° e fu ampiamente utilizzato nel corso del 13° nella penisola iberica, sia dai musulmani sia dai cristiani, che se ne servirono a Cáceres, a Ecija, a Jerez de la Frontera e a Silves.Oltre a torri quadrangolari, ve ne sono di pentagonali (frequenti dal sec. 10°), ottagonali (particolarmente diffuse nel sec. 12°) e ad angoli smussati (che non appaiono prima del sec. 12°). La più importante tra le torri è quella di Espantaperros di pianta ottagonale, costruita in pisé, con la parte inferiore piena e i due piani superiori, precedenti la terrazza, costituiti da locali voltati disposti attorno a un ambiente centrale a pianta quadrata, anch'esso coperto a volta. Una disposizione simile si ritrova in alcune torri poligonali di Siviglia, Ecija, Cáceres, Évora.La coracha, anch'essa utilizzata nel periodo almohade, partendo dall'angolo nord-ovest, costeggiava il perimetro della città verso O fino ad arrivare al Guadiana. Tra le altre corachas scoperte, si possono menzionare quella di Siviglia, che termina con la famosa Torre del Oro, e quella di Silves, il cui corridoio protetto non sbocca in un fiume ma in un pozzo.L'accesso alla cinta muraria avviene attraverso cinque ingressi: quello settentrionale, piuttosto piccolo, si apre nelle stesse mura; la sua posizione, sovrastante l'Arrojo, così come le dimensioni ridotte, gli valgono il nome di 'porta del tradimento', un tipo di ingresso nascosto che si ritrova nelle fortezze arabe. Le altre quattro porte - due a E, altre due a O, una delle quali aperta sulla città - sono a gomito: un primo arco oltrepassato, fatto di blocchi di granito squadrati, immette in un passaggio a volta in mattoni che conduce a un patio sul quale si apre un altro passaggio anch'esso in mattoni, realizzato sul modello del primo, perpendicolare al muro di cinta e fiancheggiato da una torre di protezione.La porta principale - chiamata Puerta del Capitel - ha gli stipiti costituiti da fusti di colonne di recupero così come lo sono i frammenti di scultura decorativa a fogliami, di età visigota, reimpiegati nella faccia interna dell'arco di accesso.A partire dal sec. 11° porte a gomito sostituirono gli ingressi affiancati da torri del periodo omayyade.L'Alcazaba di B. presenta, in definitiva, i caratteri tipici delle fortezze almohadi, peraltro con non pochi apporti nuovi nel campo dell'architettura militare, ripresi in seguito dagli architetti mudejares nella stessa Badajoz. Nella parte meridionale della cinta muraria sorgeva una moschea, trasformata in chiesa dopo la Reconquista, che venne distrutta nel secolo scorso.Con i cristiani, la città tornò a essere sede vescovile conservando intatta la sua vitalità, come attestano gli edifici dell'epoca, peraltro profondamente e incessantemente rielaborati dal Tardo Medioevo all'età moderna. Oltre ai monumenti civili della città - il palazzo episcopale e, all'interno delle mura, il palazzo ducale De la Rocha -, va citata la cattedrale di San Juan, verosimilmente fondata su una chiesa mozarabica del sec. 10°, le cui uniche testimonianze superstiti sembrerebbero essere frammenti di fregi e ornati 'antichi' murati nel chiostro. La cattedrale, iniziata nel 1238 dal vescovo Pedro Pérez e terminata tra il 1273 e il 1280 dal suo successore, Lorenzo Suàrez, venne totalmente rimaneggiata a partire dall'età rinascimentale; solo il campanile all'angolo nord-ovest ha mantenuto l'aspetto originario. Analogamente, del palazzo medievale De la Rocha si sono conservate poche tracce dell'impianto, quattro grosse torri rettangolari tra loro comunicanti attraverso una galleria, con un'ampia corte centrale aperta.Le distruzioni dell'inizio del sec. 15° costrinsero il vescovo Diego ad abbandonare la cattedrale e a rifugiarsi nel castello, di cui alla fine del secolo si rese necessaria la ricostruzione o almeno il restauro, come è testimoniato dallo stemma del vescovo Suàrez de Figueroa (1480-1485), che decora la torre nord-est, e da quello del 1521, sovrastante la porta d'ingresso. Queste fasi architettoniche rispecchiano con molta esattezza il ruolo di B. nel corso del Medioevo cristiano: un vescovado e una piazzaforte fronteggianti il Portogallo.
Bibl.:
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