Vedi Bangladesh dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Il Bangladesh è una repubblica democratica indipendente del Commonwealth ed è il terzo paese a maggioranza musulmana più popoloso del mondo, dopo Indonesia e Pakistan. Regione orientale del Pakistan fino al 1971, ha raggiunto la piena indipendenza a seguito di una guerra di secessione combattuta con ilsostegno dell’India. Inserito nei complessi equilibri politici dell’Asia meridionale, il Bangladesh ha costruito la sua politica estera principalmente intorno alle relazioni con l’India e con la ex repubblica ‘gemella’ del Pakistan, inserendosi spesso nei varchi aperti dalla storica rivalità tra questi. All’iniziale vicinanza tra Bangladesh e India, sono seguiti rapporti più altalenanti, spesso in coincidenza dell’alternanza degli esecutivi che hanno guidato il Bangladesh: dei due principali partiti nazionali, infatti, la Awami League (Al) è tradizionalmente filo-indiana, mentre il Bangladesh Nationalist Party (Bnp) è fautore di una linea di maggiore autonomia dall’influente vicino.
Il Bangladesh condivide con l’India la quasi totalità dei suoi confini terrestri e da essi derivano i principali motivi di tensione tra i due paesi. Tali tensioni sono legate in primo luogo alla demarcazione dei confini e alla gestione delle risorse idriche comuni – prima tra tutte quella del fiume Gange. D’altra parte, problematiche legate alla sicurezza dei confini sono in cima alle preoccupazioni indiane rispetto ai rapporti con il proprio vicino. Fonte di apprensioni è anzitutto il rischio che il Bangladesh possa rappresentare un territorio franco per i gruppi separatisti attivi negli stati del nord-est dell’India. Su questa problematica negli ultimi anni si è tuttavia registrata una collaborazione più intensa rispetto al passato, che ha portato all’arresto e all’estradizione di alcuni membri della formazione dello United Liberation Front of Asom. Altra e collegata problematica è poi rappresentata dal controllo dei confini, attraversati da un elevato numero di immigrati clandestini e dai traffici dalle reti transfrontaliere della criminalità organizzata e di gruppi fondamentalisti. Per far fronte a tale situazione, Nuova Delhi ha costruito una recinzione fortificata lungo i 4000 km di confine con il Bangladesh.
I rapporti con il Pakistan sono stati caratterizzati da tensioni nella fase immediatamente successiva alla guerra di indipendenza – in particolare in relazione ai tentativi di Islamabad di ostacolare il riconoscimento internazionale del neonato stato, divenuto membro delle Nazioni Unite solo dal 1974. Le relazioni tra i due paesi sono andate tuttavia progressivamente migliorando, soprattutto dal punto di vista degli scambi commerciali e di quelli culturali. Da quest’ultima angolatura, la comune identità musulmana delle due popolazioni costituisce un elemento di rilevante vicinanza. Il lascito della guerra di secessione pesa tuttavia ancora molto sulle relazioni bilaterali: aperta rimane la questione del riconoscimento e dell’accertamento delle responsabilità delle violenze commesse durante la guerra – per giudicare le quali è attivo nel paese un apposito tribunale – così come la rivendicazione del Bangladesh su quote di risorse nazionali pakistane, rimaste nelle mani di Islamabad dopo la scissione del 1971.
Anche le relazioni con la Cina hanno tradizionalmente rivestito una rilevanza strategica per Dacca, specie in funzione di un bilanciamento rispetto alla naturale influenza indiana. Con Pechino, negli ultimi anni, va sviluppandosi una collaborazione sempre più intensa su diversi piani: dalle forniture militari agli intensi scambi commerciali, passando per la realizzazione congiunta di importanti opere infrastrutturali – quali lo sviluppo del porto di Chittagong e di quello sull’isola di Sonadia.
Buoni anche i rapporti diplomatici con il vicino Myanmar, così come quelli con gli Stati Uniti, interessati alla stabilità politica di un paese a maggioranza musulmana e con una posizione strategica dal punto di vista geografico. Con questi ultimi si registrano, in particolare, intensi scambi finanziari e commerciali, specie in relazione agli investimenti diretti nel settore energetico (gas naturale ed energia elettrica). Dacca beneficia inoltre di un importante programma statunitense di aiuti, che nel 2008 ha raggiunto una somma totale di circa 110 milioni di dollari. L’ambizioso obiettivo del programma di aiuti statunitense per il quinquennio 2011-15 è quello di favorire la transizione del Bangladesh a paese a reddito medio-basso entro il 2021.
I primi quarant’anni di politica interna sono stati caratterizzati tanto da periodi di stabilità quanto da fasi di forti tensioni, che hanno prodotto ripetuti tentativi di colpi di stato e l’assassinio di due presidenti in carica. Spartiacque per un deciso consolidamento democratico fu il 1991, anno in cui fu rovesciato il regime del dittatore Hussain Mohammad Ershad e ristabilito un governo costituzionale. Da allora la scena politica del paese è stata caratterizzata da una sostanziale alternanza di governo tra i due maggiori partiti nazionali e dalla contrapposizione tra le due donne che ne sono a capo: da una parte Khaleda Zia (Bnp), vedova del generale Ziaur Rahman, che ha diretto il governo dal 1991 al 1996 e dal 2001 al 2006; dall’altra Sheikh Hasina Wajed (Al), figlia dell’ex presidente Sheikh Mujibur Rahaman e attuale primo ministro, che aveva già guidato la legislatura dal 1996 al 2001.
Tra il 2006 e il 2008, invece, un governo provvisorio appoggiato dai militari ha guidato il paese, dichiarando lo stato di emergenza nazionale a seguito di un’ondata di attacchi terroristici di matrice fondamentalista (avvenuti soprattutto nel 2004-05) e di un’escalation di proteste violente, relative alla preparazione delle elezioni generali: un biennio che ha portato un giro di vite molto forte contro la corruzione e il nepotismo di un’intera élite politica.
Il Bangladesh è tra i primi paesi al mondo per densità demografica: il primo se si escludono le città-stato con elevata urbanizzazione come Monaco, Singapore, Hong Kong, o paesi a più alta densità ma con un territorio molto limitato, come Malta o le isole Bermuda.
Il tasso di crescita della popolazione dal 2002 in avanti si è attestato intorno al 1,3% annuo. Tale percentuale, oggi in lieve diminuzione, segnala un sostanziale rallentamento rispetto ai tassi dei primi anni Novanta. Il contenimento della crescita demografica è stata, e rimane tutt’oggi, una delle priorità dell’agenda politica dei governi bengalesi degli ultimi anni, realizzata, con l’ausilio di diversi programmi internazionali, tramite progetti di controllo e riduzione delle nascite.
La capitale del paese, Dacca, che nella sua area metropolitana raggiunge quasi 13 milioni di abitanti, è una delle città più popolose del mondo. Insieme agli altri centri urbani più importanti del paese – quali Chittagong, Khulna e Rajshahi – subisce un costante afflusso di persone che si spostano dalle aree rurali, determinando una crescita della popolazione urbana doppia rispetto a quella totale.
Il 90% della popolazione è di religione musulmana; il resto si suddivide tra un 9% di induisti e un 1% di buddisti e cristiani.
Il tasso di scolarizzazione è in aumento. Sebbene rimangano marcate disparità tra la popolazione rurale e quella urbana, oltre che disparità di genere, il Bangladesh è sulla buona strada per raggiungere il 100% di scolarizzazione a livello primario, uno degli Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite per il 2015.
L’economia del Bangladesh dipende in larga misura dal settore agricolo, che pesa all’incirca per il 18,4% sul totale del prodotto interno lordo ma dà lavoro alla metà della popolazione attiva.
Circa i due terzi del territorio nazionale sono adibiti a coltivazione: iuta, tè, riso e senape sono i principali prodotti agricoli bengalesi. Il settore agricolo sconta tuttavia due criticità: una marcata frammentazione della proprietà fondiaria e un regime delle acque particolarmente irregolare, caratterizzato da una forte siccità durante la stagione più calda e da precipitazioni rovinose che producono spesso devastanti inondazioni.
Il comparto manifatturiero è marcatamente dominato dalla produzione di abbigliamento. È questo un settore in crescita costante, che negli ultimi vent’anni ha visto la proliferazione di numerose piccole e medie imprese, impegnate nell’esportazione di quei prodotti tessili (soprattutto capi preconfezionati) che rappresentano la prima voce nell’export del paese, specie verso i mercati europei e statunitensi.
La crescita del pil del Bangladesh è in costante aumento, intorno al 6% negli ultimi anni: un tasso positivo in linea, perlopiù, con quello degli altri principali paesi della regione e che è stimato possa proseguire inalterato nel prossimo quinquennio.
Ancora rilevante è la percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di sussistenza: la capacità di armonizzare e diffondere gli effetti della crescita dell’economia nazionale resta una delle principali sfide con cui il governo di Dacca dovrà confrontarsi nel prossimo futuro.
Fondamentale per la stabilità macroeconomica del paese è infine la questione delle rimesse. Il numero di cittadini bengalesi che lavora all’estero ha registrato infatti, negli ultimi due decenni, una crescita vertiginosa, passando dai 70.000 della metà degli anni Ottanta ai più di 4 milioni attuali. Un numero importante che genera ogni anno un afflusso costante di rimesse, arrivate a contare nel 2011 circa 11 miliardi di dollari – superiori al 10% del pil bengalese. Tali rimesse provengono principalmente dai paesi del Medio Oriente (in primis dall’Arabia Saudita), dagli Stati Uniti e da alcuni paesi europei.
Il Bangladesh intrattiene rapporti commerciali molto stretti con l’Unione Europea (Eu), in particolare con Germania, Francia e Regno Unito: se si aggregano i volumi di scambi dei 27 paesi membri, l’Eu si attesta come il primo partner commerciale del Bangladesh, assorbendo la metà circa delle sue esportazioni. Il 20% circa delle esportazioni sono invece destinate agli Stati Uniti.
Dal punto di vista delle importazioni, i primi due partner sono la Cina e l’India; negli ultimi tre anni la Cina ha infatti sorpassato l’India, passando da una percentuale del 13% ad una del 18% sul totale delle merci importate dal Bangladesh, a fronte di una diminuzione di circa sei punti percentuali dei volumi di importazioni in arrivo dall’India.
Il Bangladesh è membro della Organizzazione mondiale del commercio (Wto) sin dalla sua fondazione, ed è stato uno dei principali fautori dell’Associazione per la cooperazione regionale dell’Asia meridionale (Saarc).
La spesa militare in rapporto al pil è stata pari all’1,2% per l’anno fiscale 2010: una spesa dunque relativamente bassa, specie se paragonata con quelle sostenute dai principali paesi della regione dell’Asia meridionale, come India (3%), Pakistan (2,8%), Cina (2,1%) e Myanmar (2,1%, dato del 2006).
Il comparto armato del Bangladesh conta circa 157.000 unità effettive, tra cui circa 126.000 impiegate nell’Esercito, 17.000 nella Marina e 14.000 nell’Aeronautica. Vi sono inoltre circa 64.000 paramilitari, di cui circa un terzo fa parte del Bangladesh Ansar, un corpo impegnato a sostegno dell’esercito e della polizia nella funzione di controllo del territorio; 38.000 paramilitari sono invece impiegati nella Guardia di frontiera, responsabile del controllo dei confini, mentre 5000 prestano servizio nella Polizia armata.
Con un contributo di circa 9000 soldati dispiegati, nel 2012 il Bangladesh risultava il secondo paese al mondo, dopo il Pakistan, in termini di numero di truppe impiegate nelle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite: un coinvolgimento che ha conferito al Bangladesh un importante ruolo nella sicurezza multilaterale internazionale e che rappresenta un’ingente forma di entrata, pari a circa 200 milioni di dollari all’anno, per il settore della difesa bengalese. Attualmente la gran parte dei soldati impegnati in missioni delle Nazioni Unite si trova in Congo, Costa d’Avorio, Sudan, Liberia, Ciad, e Libano.