BARI (VI, p. 177; App. I, p. 243)
Aggregato nel 1937 il piccolo comune di Loseto, al 31 dicembre la popolazione presente era di 206.676 ab. Fin verso la fine del 1942 essa cresceva di quasi 5000 unità per anno, sicché al 31 dicembre 1942 era calcolata di 230.867. ab. Però l'incremento naturale diminuiva dal massimo del 1939 (4662) al 1942 (2798), mentre quello migratorio, di qualche centinaio dal 1937 al 1939, saliva di oltre 2000 per anno nel triennio 1940-42. Nei due anni 1943 e 1944 gli effetti della guerra sul centro urbano (sfollamento per timore dell'offesa aerea, conseguenze delle requisizioni di stabili, ecc.), riducevano l'incremento totale a 2273 e 1790 presenti, anzi nel 1944 l'incremento naturale (2196) superava quello totale (1790), cioè trovava riscontro in una perdita per supero di emigrati su immigrati (406). Nei tre anni successivi, invece, la ripresa era vivace sia nell'incremento totale (5847-7801-7323) sia nel supero dei nati sui morti (3698-5162-5061) e degli immigrati o rientrati sugli emigrati (2149-2639-2262). Sicché la popolazione presente totale, salita dai 230.867 del 31 dicembre 1942 ad appena 234.930 del 31 dicembre 1944, balzava in tre anni ai 260.154 del 31 dicembre 1947 (si avverta, nondimeno, che i dati dal 1943 al 1947 sono provvisorî); alla stessa data la provincia di B. contava1.178.699 ab.
Anche l'espansione edilizia era continuata con una certa intensità fino al 1940; il numero complessivo dei vani di cui venne autorizzata la costruzione nel triennio 1937-39 fu di 1529 in media annua, di 711 nel 1940.
Tra le opere maggiori sono da segnalare i complessi dello stabilimento ANIC per l'idrogenazione dei petrolî con le attornianti abitazioni sulla via di Modugno, e dell'Ospedale militare, entrati in piena efficienza nel periodo di tempo compreso tra il 1938 e il 1940; numerose pure le case popolari e d'abitazione che sono sorte particolarmente oltre l'Estramurale, cioè verso l'entroterra.
Le offese belliche non hanno colpito gravemente la città, non ostante qualche incursione durante il conflitto con la Grecia. Più gravi furono i due episodî del 2 dicembre 1943 e del 9 aprile 1945. Nel primo, un'incursione aerea germanica danneggiò le opere portuali e fece crollare alcune case di Bari vecchia e qualche altra nei quartieri nuovi adiacenti. Nel secondo, l'esplosione di una nave determinò gravissimi danni ai moli, magazzini ed altre attrezzature del porto oltre che agli edifici circostanti, causando numerosissime vittime. Da queste offese il porto - ove restano numerosi relitti di navi - non si è ancora riavuto del tutto. Nella città, invece, i segni delle distruzioni sono quasi interamente obliterati. In complesso i vani distrutti per cause di guerra risultano, agli uffici comunali, circa 500, i danneggiati 6000.
La ripresa edilizia appare chiaramente, nella sua entità, dalle licenze di costruzione autorizzate dal Comune, che, quasi nulle dal 1941 al 1945, sono state per 1502 vani nel 1946 e per 2816 nel 1947. Complesso è stato il lavoro di restauro e riadattamento degli edifici pubblici e privati derequisiti dalle forze armate alleate. Tra le nuove costruzioni, iniziate o completate, sono da segnalare alcuni padiglioni del Policlinico e l'edificio della Facoltà d'agraria.
L'attività del porto si era enormemente sviluppata durante il breve periodo dell'unione italo-albanese (2088 navi entrate con 1.606.030 t. stazza, 349 mila t. merci sbarcate e 155 mila imbarcate nel 1938) ed ebbe di nuovo un'intensa ripresa durante la campagna d'Italia, costituendo una delle due basi alleate nella penisola. Dall'estate 1945, invece, il movimento della navigazione si è fatto minimo. Della funzione commerciale di Bari un sintomo significativo di ripresa è tuttavia costituito dalla Fiera del Levante che, sospesa dal 1939, ha riaperto i suoi battenti nel settembre 1947, con successo di espositori e visitatori nazionali e stranieri. Importante è anche notare la ripresa in pieno dell'attività dell'ANIC (con petrolî grezzi levantini), delle industrie conserviere e degli olî, ecc.
Notevole manifestazione della vitalità di questo centro è infine lo sviluppo della sua università: alle 4 facoltà esistenti nel 1936 si sono aggiunte quella d'agraria nel 1939, di lettere e di scienze (dal 1944 come corsi aggregati) e d'ingegneria nel 1947.
Dopo l'armistizio la città, sgombrata senza gravi conflitti dai pochi Tedeschi di presidio, divenne centro di notevole attività politica, cosicché fu scelta a sede del congresso dei delegati provinciali dei comitati di liberazione (28-29 gennaio 1944), che fu la prima assemblea nazionale dell'antifascismo. Fra le due tesi contrapposte, quella legalitaria della destra (liberali, democristiani, democratici del lavoro) e quella rivoluzionaria della sinistra (azionisti, socialisti, comunisti), che voleva istituire un governo straordinario, si raggiunse un compromesso nella mozione finale, con la quale si chiedeva l'immediata abdicazione del re, la formazione di un governo con pieni poteri e formato da tutti i partiti suddetti col compito di intensificare al massimo lo sforzo bellico, avviare a soluzione i problemi più urgenti della vita italiana, preparare la Costituente; e si formò una giunta permanente per predisporre il raggiungimento degli scopi suddetti.