BARONE (fr. baron; sp. barón; ted. Baron, Freiherr; ingl. baron)
In origine barone significò genericamente maschio (Lex Ripuaria, LVIII, 12), quindi uomo libero, arimanno, suddito del re longobardo (Ed. Rhot., 14, 17); più tardi diventa titolo nobiliare (Pertz, II, 447 e 457 e Ordonnances Saint Louis, c. 203). Fu nell'ordinamento feudale il massimo grado, costituito da coloro che dal re avevano ricevuto direttamente il feudo e dai quali dipendevano i feudatarî minori. Si distinsero nell'ordinamento feudale germanico in baroni propriamente detti e in liberi barones, che solo dopo il sec. XIV fecero parte della curia generale. Erano questi ultimi i discendenti degli antichi ministeriali dell'Impero e costituirono la bassa nobiltà; non essendo riusciti a diventare stati dell'Impero vennero a costituire nei paesi meridionali della Germania, nel corso del sec. XVI, una classe distinta con organizzazione corporativa, la cosiddetta Reichsritterschaft libera et immediata imperii nobilitas. In Italia questa distinzione si sentì meno; poiché a tutti i baroni spettava la più ampia podestà di giurisdizione sui territorî loro concessi, nonché il diritto di guerra, di esigere tributi e anche di battere moneta. Arbitri nei giudizî, potevano infliggere anche l'estremo supplizio, ciò che si diceva ius gladii o merum imperium. Potevano tuttavia le parti appellare al principe, ma tale limitazione era più apparente che reale, anche per le difficoltà frapposte dagli stessi baroni, come affermano le Pramm. sic., 3, tit. 70 e i capitoli di Onorio; che se pure nell'appello si riusciva a ottenere giustizia, la sentenza regia non aveva così facilmente esecuzione. In Sicilia e in Sardegna, i baroni ebbero il diritto non soltanto di giudicare in prima istanza, ma anche di dirimere le cause in seconda e in terza appellazione. Secondo le norme feudali (Ètablissements Saint Louis, I, 26), il re non poteva emanare alcuna legge riguardo ai territorî baronali, e gli ordini dei baroni avevano una particolare sanzione o diritto di banno. In caso di guerra il re doveva chiamare il barone all'osservanza dei patti feudali, in modo che egli portasse i suoi soggetti in campo, ciò che il barone faceva trasmettendo lo stesso ordine ai vassalli minori a lui sottoposti. Tanta fu la potenza dei baroni nel Medioevo da muovere guerra perfino contro il re, quando questi avesse mancato ai patti o negato loro giustizia. Questo diritto venne riconosciuto fino dall'editto di Kiersy, quindi dalla Magna charta, dagli Ètablissements Saint Louis (I, 53) e dalle Consuetudini spagnole (Cibrario, Ist., II, 156, 209 e Porzio, Congiura dei baroni, 145). Avendo i baroni diritto di riscuotere le imposte, ne aumentarono il numero con le violenze (Winspeare, Abusi feudali, n. 154); dei redditi dovevano dare parte al re, per i bisogni dello stato, ma ciò avveniva in poche circostanze, detti casi regali: matrimonî, visite, nomina a cavaliere del principe ereditario. Ricchi quindi erano i baroni, quanto povero era lo stato; limitati infatti erano i censi pagati al principe dai baroni. Mentre talvolta il feudo si orienta verso il diritto privato, permane invece e si rafforza sempre più l'istituto baronale, specialmente in certe regioni come per esempio nelle terre meridionali e in Sardegna, legate al dominio spagnolo e nei territorî tedeschi. Qui la massima autorità risiedeva ormai nell'assemblea baronale, che si riuniva nelle occasioni più solenni, di solito due volte all'anno. Tale assemblea si chiamò anche Corte dei pari, poiché il re veniva considerato come il primus inter pares, e come tale egli veniva trattato, così che si discusse perfino se doveva il barone tenere coperto il capo, pronunciando il famoso giuramento collegiale, forse apocrifo: Noi, ciascuno dei quali vale quanto voi e uniti più di voi, giuriamo, ecc. Del resto tale ampio potere appare nelle sue origini fin dalle Assise di Gerusalemme (I, 201). Tra le riforme compiute dalla rivoluzione francese vi ha pure quella dell'abolizione dei privilegi e dei titoli baronali; anche in Italia i mutamenti avvenuti nelle assemblee legislative fecero a poco a poco tramontare i diritti dei baroni, che si ridussero, come ogni altro titolo feudale, durante il secolo scorso, in gran parte nell'ambito del diritto privato.