BIANCO, Bartolomeo
Architetto comasco nato nella seconda metà del '500, morto a Genova circa il 1651. Venuto a Genova con suo padre Cipriano, che alla fine del '500 lavorava per gli agostiniani scalzi di carbonara, Bartolomeo B. è tipico esempio degli architetti capi d'opera, impresarî dell'esecuzione dei loro progetti. Per la famiglia patrizia dei Balbi aperse, tra il 1606 e il 1618, la strada che prese il loro nome. In questa strada innalzò per loro quattro palazzi, attualmente Durazzo-Pallavicini (1618), Balbi (prima del 1622), Raggio e l'università (ex-collegio dei gesuiti, costruito a spese di Paolo Balbi, 1634-38). Di essi soltanto l'università è sostanzialmente intatta. Dal 1620 al'25 il B. fu architetto camerale, cioè del governo, con l'aiuto di suo figlio, Pietro Antonio Maria. In questo periodo fu molto occupato nelle fortificazioni, da Gavi a Savona, e nella cinta nuova di Genova, lavorando sotto la direzione di Ansaldo De Mari e di P. Vincenzo Maculano. Più tardi nel 1637, diede i disegni delle casse per formare il Molo Nuovo. Prima del 1622 costruiva in Piazza Campetto il palazzo Casaretto (già Sauli); nel 1623 il palazzo Cattaneo Della Volta in Piazza Cattaneo; nel 1629 progettava la chiesa di S. Carlo vicino alla quale possedette una casa. A Chiavari lavorò per i francescani, riformò il coro di S. Giovanni e innalzò il palazzo Rocca (già Costaguta).
Bartolomeo B. segue da presso Rocco Lurago nell'arte di scalare i pendii del terreno. La pianta del palazzo dell'università è sostanzialmente un'imitazione di quella del palazzo Tursi. Ma essa è fatta ancora più organica nel suo svolgimento, perché il peristilio del cortile si protende intero nell'atrio e lo sfondo del cortile è ancora più scenografico. La costruzione doveva essere anche più ardita: sopra il secondo ordine di logge, al piano del terrazzo che le corona, dietro il cortile eseguito doveva sorgerne un secondo, di grandezza eguale, e cinto esso pure da un porticato a colonne. La maestria di Bartolomeo B. si vede pure nella chiesa di S. Carlo, dove con due rampe correnti lungo la facciata egli superò abilmente un forte dislivello, realizzando un raro esempio di decorazione stradale.
Le più belle facciate di Bartolomeo B. sono lisce e nude, semplicemente intonacate di calce. Già nel '500 se n'erano costruite ma il B. ne determinò il carattere monumentale valendosi abilmente di pochi elementi: un forte dado corrente che dà alla facciata un alto zoccolo, il portale, i balaustri delle finestre, un cornicione a grandi mensole; creando così un nuovo e maestoso tipo di palazzo genovese, quello del Seicento. Mirabile è il palazzo Pallavicini, riformato nel 1780 da Andrea Tagliafichi nell'atrio e nello scalone, dove alla massa centrale egli poté aggiungere due logge aperte sulla strada e sul giardino. Una certa mancanza di risorse ornamentali, comprensibile nel costruttore capo d'opera, lo aiutò forse a dimostrare in Genova che l'architettura secentesca non si risolve necessariamente in sovrabbondanza di decorazione. Di questa architettura egli visse i problemi più vivi, la fusione ambientale, la scenografia delle prospettive e l'imponenza dei volumi, anche dando all'esterno dei suoi palazzi forme nude, fatte monumentali dalle sole proporzioni.
Bibl.: R. Soprani, Vite, ecc., Genova 1674, 2ª ed., Genova 1768; F. Alizeri, Not. dei prof. del disegno in Liguria, dalla fondazione dell'Accademia Ligustica, I, Genova 1864; id., Guida artistica di Genova, Genova 1875; Podestà, Il porto di Genova, Genova 1913; M. Labò, Il palazzo dell'università di Genova, in Atti della R. Università, XXV (1923); id., Notizie della chiesa di S. Carlo, in Atti della Soc. Ligure di St. Patria, LIII (1926).