CARAFA, Bartolomeo
Nacque, in data ignota, da Andrea, capostipite del ramo dei Carafa della Spina, che durante i regni di Giovanna I e Carlo III faceva parte della corte reale; nel luglio del 1378 divenne magister hospitii del papa Urbano VI (il quale, essendo figlio di una Brancaccio, era in qualche modo imparentato col Carafa), e poi rettore pontificio del ducato di Spoleto. Andrea e la sua famiglia appartennero dunque sin dagli inizi del pontificato di Urbano VI alla sua cerchia più ristretta.
Il C. stesso offre un ottimo esempio del rimprovero mosso a Urbano VI dai cardinali ribelli, che il pontefice "consanguineos suos numquam religione imbutos priores simul et religiosos facit". Egli infatti diventò, già dieci mesi dopo il suo ingresso nell'Ordine di S. Giovanni di Gerusalenune - e non dopo dodici com'era la consuetudine -, priore di Cipro intorno al 1380 (Vat. lat. 6330, f. 62r; databile tra il 1378 e il 1383, anche se si tratta di un formulario senza data); nel giugno del 1382 è già priore della provincia di Roma, e, secondo la sua iscrizione sepolcrale, alla fine era anche priore di Ungheria. Il gran maestro dell'Ordine, Juan Fernández de Heredia, che stava dalla parte del papa avignonese Clemente VII, il 13 apr. 1383 lo nominò luogotenente del priorato di Roma, carica che gli fu confermata anche dal successore dell'Heredia il 18 ag. 1402. Questo lascia pensare che si tentasse allora di indurlo a passare dalla parte di Clemente VII, ma sappiamo con sicurezza che egli non fece mai questo passo: partecipò infatti il 28 marzo 1384 al primo capitolo generale convocato a Napoli dal gran maestro Riccardo Caracciolo, seguace di Urbano VI, con il quale il C. era probabilmente imparentato. Anche Urbano VI in quel momento si trovava a Napoli, e sembra che il C. abbia accompagnato il pontefice anche in seguito nei suoi viaggi avventurosi: è ricordato infatti al seguito di Urbano il 5 dic. 1385 a Genova, dove il pontefice prese alloggio nel palazzo dell'Ordine di S. Giovanni (Arch. Segr. Vat., Instr. misc. 3362, f. 10v), e quando il papa si trasferì a Perugia e poi a Roma, il C. fu nominato podestà nella vicina Amelia e poi a Terni (novembre 1387 e dicembre 1388).
Ma il C. ottenne gli incarichi più importanti durante il pontificato del successore di Urbano VI, Bonifacio IX (1389-1404), allorquando la cricca delle famiglie napoletane raggiunse il culmine del potere. Nel settembre 1390 il C. fu preso prigioniero a Spoleto, la prima conquista del nuovo pontefice, quando la città venne rioccupata dai ghibellini esiliati. Nel 1392-93, risiedendo il papa a Perugia, al C. fu affidata la difesa del contado come castellano della cittadella di Castiglione presso Chiusi, come podestà di Gualdo Tadino, oppure, più genericamente, con il conferimento di funzioni militari, come nel giugno del 1394. Nel gennaio del 1394 partecipò alle trattative con Biordo Michelotti di Perugia relative alla liberazione dalla prigionia del fratello del papa. Dopo la morte del gran maestro di ubbidienza romana Riccardo Caracciolo avvenuta nel 1395, Bonifacio IX nominò a succedergli il C., ma, probabilmente in considerazione dello scisma che divideva anche l'Ordine, soltanto con la qualifica di locumtenens, senza la facoltà di poter dare ordini al tesoriere generale dell'Ordine e con ulteriori limitazioni. Da allora il C. si stabilì probabilmente a Roma, dove aveva una casa "in platea sive via Sancte Katerine" nei pressi di piazza S. Pietro; fu nominato senatore di Roma (marzo 1400-marzo 1401 circa) poco tempo dopo la distruzione del libero Comune nel 1398. Nel gennaio del 1401 trattò la capitolazione degli ultimi avversari del pontefice nel Lazio, i Colonna di Palestrina. Nell'aprile del 1401 gli fu affidata la reformatio di Velletri, nel giugno del 1403 condusse trattative con i baroni Adenolfo e Ildebrando Conti e con la ribelle Ferentino; allora svolse anche le funzioni di governatore generale di Ferentino in rappresentanza del rettore della provincia. Questa sua fimiliarità con la situazione nel Lazio meridionale indusse probabibnente Innocenzo VII ad affidargli, nell'aprile del 1405, la mediazione tra il Comune di Roma e gli Annibaldi della Molara. Dopo l'assedio di Molara e di Rocca di Papa, i Romani però lo sospettarono di intesa con gli avversari e lo giustiziarono il 25 apr. 1405. Fu sepolto prima a S. Pietro, poi nella chiesa di S. Maria del Priorato sull'Aventino, dove si può vedere ancora oggi il suo sepolcro.
La figura del C. desta interesse, a prescindere dagli alti uffici ricoperti in seno all'Ordine di S. Giovanni, soprattutto per la sua appartenenza a quella cricca di famiglie napoletane che sostenne i pontificati romani durante il grande scisma.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vat., Reg. Vat. 310, f. 256v; 311, ff. 110v, 242v; Bibl. Ap. Vat., Vat. lat. 2664, f. 209r; 6330, f. 62r; [S. Paoli], Cod. diplom. del Sacro milit. Ordine Gerosol., II, Lucca 1737, p. 106; J. Delaville le Roulx, Mélanges sur l'Ordre de St.-Jean de Jérusalem, Paris 1910, pp. XIX, 13; Il Diario romano di Antonio di Pietro dello Schiavo..., in Rer. Ital. Script., 2 ed., XXIV, 5, a cura di F. Isoldi, p. 7; B. Aldimari, Historta genealogica della famiglia Carafa, I, Napoli 1691, pp. 139-146; A. Luttrell, Intrigue,schism,and violonce among the Hospitallers of Rhodes 1377-1384, in Speculum, XLI (1966), p. 41; V. Golzio-G. Zander, L'arte in Roma nel secolo XV, Bologna 1968, tav. 194; A. Esch, Bonifaz IX. und der Kirchenstaat, Tübingen 1969, ad Indicem; Id., Das Papsttum unter der Herrschaft der Neapolitaner, in Festschrift für HermannHeimpel, II, Göttingen 1971, pp. 713-800; P. Litta, Le famiglie celebri italiane,sub voce Carafa di Napoli, tav. III.