GATTOLA (Gattalia, Gattoli, Gattula, de Gactulis), Bartolomeo
Nacque intorno agli anni Settanta-Ottanta del secolo XIV e appartenne a una nobile famiglia di Gaeta che aveva legato le proprie fortune alla conquista angioina del Regno nella seconda metà del secolo XIII. Sconosciuti i suoi genitori: il genealogista Girolamo Gattola, pur sottolineando l'importanza del personaggio, ignora il legame del G. con il ramo principale del casato, le cui scaturigini si fanno risalire a quel Giovanni che ebbe rapporti con Carlo I d'Angiò.
Intrapresa la carriera ecclesiastica, il G. si trovava a ricoprire la carica di arciprete della Chiesa gaetana tra la fine del Trecento e gli inizi del secolo successivo. L'innalzamento alla dignità arcivescovile, con la concessione della diocesi calabrese di Rossano, ottenuta nel 1405 da papa Innocenzo VII e mantenuta fino al 1421, costituì una tappa fondamentale della sua carriera, che alcuni anni dopo pervenne al prestigioso incarico di collettore generale delle decime della Calabria. Il G. fu il primo presule "Rosaniensis" che, in occasione dell'assenza del reggente titolare, tenne per un biennio la commenda del monastero di S. Maria del Patire, una delle abbazie più importanti della provincia, alla quale erano legati ingenti benefici, inaugurando una prassi di reggenza che, fruttuosissima, portò nella seconda metà del secolo a un ingerimento diretto della Corona nella gestione di quella carica ecclesiastica.
Trasferito dalla sede di Rossano a quella di Reggio Calabria nel 1422, il G. non risiedette nella nuova diocesi, che fu affidata a Paolo di Segni, vescovo di Gerace, il quale ne risulta amministratore nel 1424, e che passò poi a Gaspare Colonna; incarico, quello reggino, di responsabilità e non privo di pericoli, a causa delle gravi tensioni esistenti in quegli anni tra la potente e orgogliosa Comunità di Reggio e i casali, "motte", del suo contado. È verosimile, benché non sia possibile ricavarne evidente riscontro dalle fonti, che la causa della mancata residenza del G. nella sede reggina derivasse dall'acquisizione di un qualche incarico di rilievo presso la Cancelleria di Alfonso V d'Aragona il Magnanimo, i contatti con il quale da parte del G. cominciarono in quegli anni a farsi più intensi, divenendone, stando all'Ughelli, consigliere personale e segretario. Fu per l'interessamento dello stesso Alfonso comunque che nel 1426 il G., consacrato da Martino V, passò alla sede episcopale di Messina; la vicinanza del G. al Magnanimo comportò anche la concessione di privilegi al monastero di Montecassino, in cui era monaco il fratello, Giuliano, che divenne in seguito priore di Cetraro in Calabria. Nella veste di arcivescovo della grande città siciliana al G. fu affidato l'incarico di vergare le tavole pubbliche dei miracoli delle sante reliquie custodite nella chiesa di S. Giacomo di Capizzi, una delle principali mete di pellegrinaggio dell'isola, per la quale Alfonso e Maria di Castiglia avevano chiesto al papa speciali benefici; il 28 marzo 1435 presiedette, insieme con Sancio de Heredia, castellano di Capizzi, alla traslazione delle reliquie stesse nella cattedrale di Messina (le reliquie, veneratissime, comprendevano una scheggia della s. Croce, un dito di s. Giacomo apostolo, un braccio di s. Paolo apostolo e un braccio di s. Nicola vescovo). In quello stesso anno il G. ottenne importanti concessioni dalla Corona, tra le quali il diritto di eleggere il capitano della terra di Regalbuto - prerogativa di non scarso valore politico, considerata l'importanza strategica ricoperta da quel sito - e la giurisdizione dell'ospedale di S. Elisabetta di Malaspina. Il G. non fu tra i prelati scelti a rappresentare i territori della Corona aragonese al concilio di Basilea (dove venne inviato Niccolò Tedeschi, arcivescovo di Palermo e giurista di rinomata fama); fu invece chiamato a Gaeta presso Alfonso, impegnato a rivendicare il trono napoletano contro il pretendente angioino, Renato d'Angiò. Ignota risulta la funzione svolta a corte dal G., che probabilmente rimase a Gaeta anche dopo che il sovrano aragonese, chiamato dalle esigenze della guerra, si allontanò da quella che per alcun tempo era stata la sua capitale provvisoria.
Conservando il titolo di arcivescovo di Messina, il G. morì a Gaeta nel 1446, e il suo corpo fu seppellito nella locale chiesa di S. Francesco, estremo ricetto dei propri antenati.
Fonti e Bibl.: Tabularium Casinense, IV, Codex diplomaticus Cajetanus editus cura et studio monachorum S. Benedicti archicoenobii Montis Casini, II, Montis Casini 1840, p. 157; F. Russo, Regesto vaticano per la Calabria, II, Roma 1975, ad ind.; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra…, IX, Venetiis 1721, pp. 305, 331; R. Pirro, Sicilia sacra, disquisitionibus et notitiis illustrata…, I, Panormi 1733, pp. 420 s.; G. Gattola, Ragionamento istorico genealogico della famiglia Gattola con una memoria pubblicata nell'anno 1769…, Napoli 1788, pp. 99 s.; F. Russo, Storia della Chiesa di Reggio Calabria, I, Dalle origini al concilio di Trento, Napoli 1961, p. 339; A. Grandilone, Storia di Rossano, Cosenza 1967, pp. 193, 200; L. Renzo, Archidiocesi di Rossano-Cariati. Lineamenti di storia, Rossano Scalo 1990, pp. 63, 74; C. Eubel, Hierarchia catholica…, I, Monasterii 1898, pp. 353, 440, 446; II, ibid. 1914, p. 190.