Pinelli, Bartolomeo
Incisore (Roma 1781-ivi 1835), noto soprattutto come illustratore dei costumi del popolo romano, ereditò in parte il gusto preromantico e l'enfasi di F. Giani, del quale fu collaboratore negli affreschi del palazzo di Spagna a Roma.
Che poi egli compisse una più o meno consapevole riduzione del classicismo aulico, di stampo winckelmanniano, in una sorta di epos popolaresco demitizzante (la cui linea, partendo dal Giani, finisce subito nella modesta e convenzionale ricerca di caratteri e di costumi del P.) è supposizione che non pare resistere a un esame obbiettivo della sua arte, per lo più modestamente illustrativa, oltreché minata dalla fretta, malgrado l'abilità del segno continuo e duro, quale ci mostrano, immutabilmente, gl'innumerevoli rami. Una certa vigoria di umori, non svincolata dalle memorie dell'Arcadia settecentesca, si coglie invece nelle terrecotte con soggetti di vita popolare e brigantesca, oltreché nei disegni dal vero, spontaneamente delineati e macchiati, ai quali è stato elargito però l'insostenibile attributo di ‛ goyeschi '. Delle origini del P., dei casi non di rado ameni e bizzarri della sua vita, delle sue amicizie, delle sue letture, della sua versatilità e perfino delle sue sregolatezze, le quali ultime gli procurarono l'incisivo e sicuramente non benevolo ritratto del Belli, ci rende conto la nota biografica del contemporaneo Oreste Raggi che rimane ancor oggi la fonte principale di notizie sull'artista.
Più che alla conoscenza della statuaria antica (evidente la derivazione dal Laocoonte della tavola per il c. XXIV dell'Inferno) le illustrazioni del P. molto debbono a quelle del Flaxmann, pur rimanendo generalmente scialbe traduzioni contenutistiche. Precedute da una nutrita serie di disegni e di studi (oggi appartenenti alle raccolte comunali di Genova, mentre i rami si conservano nella Calcografia Nazionale), le incisioni dantesche (1824-1826), edite in Roma da Giovanni Scudellari, sono complessivamente 144, così suddivise: 65 per l'Inferno, 42 per il Purgatorio, 34 per il Paradiso, oltre a 3 frontespizi, uno per ogni cantica, i quali sono altrettanti autoritratti del P. raffiguratosi, rispettivamente, in atto di essersi addormentato sulla seggiola mentre disegnava D. e Virgilio (gli fanno corona otto demoni); di essere tirato per le lunghe ciocche dei capelli e per i piedi da tre diavolesse ricacciate da quattro angeli (il P. tiene abbracciata al petto una carta, sulla quale è scritto: " Fede Speranza Carità "); in veste classica mentre volge il viso di profilo a un'erma di D. (nello sfondo, Caronte batte col remo i dannati).
Altri autoritratti del P. si riconoscono nelle tavole 8 e 21 dell'Inferno (nella barca di Caronte e nel gruppo dei prodighi), nella 4 del Purgatorio tra le anime del vasello snelletto e leggero, nella 6 del Paradiso tra gli spiriti attivi. Tutte le incisioni sono dedicate " Al merito eccelso / di Alessio Francesco Artaud / ...Ch.mo autore della celebre traduzione in idioma francese dell'intera ‛ Divina Commedia ' di Dante ".
Bibl. - O. Raggi, Cenni intorno alla vita ed alle opere principali di B.P., Roma 1835; C. Falconieri, Memoria intorno alla vita ed alle opere di B.P., Napoli 1835; F. Gerardi, Biografia di B.P., Roma 1835; F. Ranalli, Vita di B.P., Firenze 1840; V. Mariani, B.P., Roma-Bergamo 1931; U. Thieme-F. Becker, Kunstler Lexicon, XXVII, Lipsia 1933; Mostra delle opere di B.P., catalogo a c. di A. Muñoz, Roma 1935; E. Lavagnino, L'Arte moderna dai neoclassici ai contemporanei, I, Torino 1956; C. Maltese, Storia dell'arte in Italia 1785-1943, ibid. 1960; B.P., a c. di G. Incisa della Rocchetta, pref. di V. Mariani, Roma 1961; F. Bellonzi, La pittura di storia dell'Ottocento Italiano, Milano 1967.