SPANI, Bartolomeo
– Figlio dell’orafo Clemente, della famiglia cremonese degli Spani, e di Giacoma Scartocci, nacque nel 1468 a Reggio Emilia, dove il 7 marzo fu battezzato in Battistero (Artioli, 1964, p. 8; Artioli - Monducci, 1971, p. 13, n. I). Nei primi anni della sua vita abitò nella vicinia reggiana di S. Prospero di Castello, dove risulta all’età di cinque anni (p. 13, n. II).
Ebbe sei fratelli, due dei quali appresero come lui l’arte paterna: Elisabetta, Giovanni Francesco (sacerdote), Dorotea Giovanna, Francesco Vincenzo (orafo), Caterina Agnese, Giovanni Ludovico (orafo). Intorno al 1487 sposò Caterina Capponi, dalla quale ebbe cinque figli, di cui due continuarono il suo mestiere: Paola Pellegrina, Giovanni Andrea (orefice), Giovanna, Girolamo (scultore), Francesco Ludovico (Artioli, 1964, p. 10; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, p. 19; Artioli - Monducci, 1971, pp. 13, 15, 20, nn. III, IV, VI, XVI). È presumibile che sia stato maestro di suo nipote Prospero Sogari, detto il Clemente, figlio della sorella Caterina (Fontanesi, 1826; Bacchi, 2001, p. 25).
Benché nel corso della carriera Bartolomeo preferisse qualificarsi come orafo, fu anche scultore, interprete dei modelli e degli stilemi della scultura romana e di quella fiorentina affermatisi tra la metà del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento (specialmente di Andrea Bregno e di Andrea Sansovino), ma anche della scultura monumentale veneziana e di un gusto antiquario di matrice lombarda (Mussini, 2005, p. 185; Talignani, 2008, p. 286). Tra il 1488 e il 1491, e il 1506 e il 1507, dovette trascorrere periodi di studio a Roma, durante i quali sviluppò la conoscenza dei modelli scultorei antichi e moderni (Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, p. 19). Per questo motivo fu celebrato da Cesare Cesariano, il quale lo poneva tra i massimi esponenti della scultura del proprio tempo, assieme a Michelangelo, Giovan Cristoforo Romano, Cristoforo Solari, il Bambaia e Tullio Lombardo, tutti artisti che svolsero un apprendistato romano dal quale ritornarono «pasciuti di contenteza speculativa a le lor patrie» (Cesariano, 1521, c. XLVIIIv). Similmente, Giorgio Vasari e Giovanni Paolo Lomazzo ricordano Spani tra i maggiori artisti lombardi: «In Lombardia parimente sono stati eccellenti Bartolomeo Clemento da Reggio et Agostino Busto scultori» (Vasari, 1550, 1971, p. 625); «si arrecano vera fama ancora Marco da Algano, Andrea del Gobbo, Bartolomeo Clemento, Tullio Lombardo, Cristoforo Romano, Vincenzio Verchio, Francesco Turbido, Antonio Baltraffio» (Lomazzo, 1563, 1973, p. 104). Leopoldo Cicognara (1823), richiamando Giacomo Cavaccio (1696), lo menziona come «insigne statuario» ed «esimio fonditore ed orefice» (pp. 339 s.) di cui però a inizio Ottocento si era quasi perduta memoria.
Il 10 giugno 1494 i canonici della chiesa di S. Prospero a Reggio Emilia commissionarono a Bartolomeo un turibolo d’argento, oggi perduto, che doveva ripetere le forme dell’esemplare della chiesa di S. Pietro nella stessa città. Il fideiussore del contratto fu individuato nell’orologiaio Giovanni Paolo Raineri (Tiraboschi, 1786, p. 373; Artioli - Monducci, 1971, pp. 13-15, n. V), con il quale Spani, nello stesso periodo, dovette avviare una collaborazione per la realizzazione delle parti in rame sbalzato (compresi i dodici segni zodiacali) nei due quadranti della torre dell’Orologio di Venezia, rispettivamente affacciati su piazza S. Marco e sulle Mercerie (1496; comunicazione orale di Matteo Ceriana).
Il 15 giugno 1496 l’artista è documentato con la propria famiglia nella vicinia dei Ss. Giacomo e Filippo di Reggio Emilia (Tacoli, 1748; Artioli - Monducci, 1971, p. 16, n. VII).
Il 9 febbraio 1505 fu incaricato dai canonici della cattedrale di Reggio Emilia della pesatura dell’argento destinato alla realizzazione di quattro candelabri, dei quali oggi non si ha più notizia (Artioli - Monducci, 1971, pp. 18 s., n. XIV).
Il 18 marzo 1508 s’impegnò a realizzare per Cristoforo Scopelli un Crocifisso, non pervenuto (p. 20, n. XVII). Il 5 aprile gli fu affidata la realizzazione del Crocifisso per l’altare maggiore della cattedrale di Reggio, i cui lavori si conclusero il 1° luglio 1509. L’opera fu in seguito dismessa dall’altare, per essere utilizzata, fino a oggi, come processionale (Malaguzzi Valeri, 1910, pp. 173 s.; Artioli, 1964, p. 99, doc. 1, pp. 100 s. docc. 3-5; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 30 s., n. 3; Artioli - Monducci, 1971, p. 21, n. XVIII, pp. 24 s., 27 s., nn. XXII, XXVI; Monducci - Nironi, 1984, pp. 115 s.). Il 9 luglio Bartolomeo fu incaricato di eseguire per la stessa cattedrale vari lavori destinati all’altare maggiore, così come due amboni di marmo (in cornu Epistulae e in cornu Evangelii), smantellati nel corso del XVII secolo. Le quattro formelle degli amboni, raffiguranti gli Evangelisti, furono in seguito reimpiegate nel pulpito che Francesco Fontanesi realizzò (1779) per la navata centrale del duomo, e che ancora oggi si conserva (Saccani, 1912a; Artioli, 1964, p. 99 doc. 2; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 28-30 n. 2; Artioli - Monducci, 1971, pp. 23 s., n. XXI; Monducci - Nironi, 1984, p. 116). Il 28 agosto 1508 Bartolomeo fu remunerato per le «insegne e armi» in argento dorato del cursore della Comunità di Reggio, oggi perdute (Artioli, 1964, p. 14; Artioli - Monducci, 1971, pp. 25 s., n. XXIII).
Nel corso del 1508 dovette realizzare la tomba del vescovo Bonfrancesco Arlotti nella cappella del Ss. Sacramento del duomo di Reggio. Per quanto noto, è il primo monumento funebre eseguito dallo scultore, nel quale il gisant appare aggiornato sui modelli tombali di Andrea Sansovino in S. Maria del Popolo. Bartolomeo appose la propria firma sul basamento, specificando la principale professione d’orafo (Tiraboschi, 1786, p. 373; Ferrari, 1895, pp. 44 s., 47; Artioli, 1964, pp. 14 s.; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 25-27 n. 1; Artioli - Monducci, 1971, p. 27, n. XXIV).
Nel 1512 dovette lavorare al palazzo Pio di Carpi (Tiraboschi, 1786, p. 610), e il 21 aprile dello stesso anno assunse Pier Giovanni da Sabbione come lavorante e garzone (Artioli - Monducci, 1971, p. 29, n. XXX). Il 14 agosto 1512 lo scultore promise a Giovanni Marco Baiardi di Parma e ai suoi fratelli di costruire la tomba del loro padre Andrea. Non è noto se l’opera fu eseguita (Affò, 1791; Artioli - Monducci, 1971, pp. 30-32, n. XXXI; Talignani, 2008, p. 285).
Il 29 luglio 1513 Bartolomeo assunse il milanese Bonaventura Castelli, abitante di Reggio, quale garzone e lapicida (Artioli - Monducci, 1971, pp. 32 s., n. XXXII). Nello stesso anno, il 10 dicembre, assunse Pietro Mangani da Taleggio come garzone marmista (pp. 33-35, n. XXXIII).
Tra il 1513 e il 1514 realizzò la perduta tomba del canonico Gasparino Lanzi per la cattedrale di Reggio, della quale rimangono alcuni frammenti e le figure marmoree dei ss. Crisanto e Daria (nella cripta) (Tiraboschi, 1786, p. 373; Artioli, 1964, p. 18; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 32 s., n. 4; Artioli - Monducci,1971, pp. 33-35, n. XXXIII; Monducci - Nironi, 1984, pp. 119 s.).
Il 23 maggio 1514 pattuì con i canonici Taddeo Manfredi e Girolamo Fossa di costruire nel duomo di Reggio (cappella Malaguzzi, o di S. Giovanni Battista) la tomba del canonico Guido Manfredi, della quale oggi rimane il sarcofago con il gisant (Artioli, 1964, pp. 101 s., doc. 6; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 34 s., n. 5; Artioli - Monducci, 1971, pp. 35-37, n. XXXV).
Entro il 1515 realizzò la tomba di P(ublio?) Valerio Malaguzzi nel duomo di Reggio (cappella Malaguzzi o di S. Giovanni Battista).
Come per la tomba Arlotti, lo scultore appose la propria firma (lato sinistro) specificando l’attività d’orafo. Oltre che per la fama del defunto, l’opera ha un posto di rilievo nella produzione di Spani in virtù del ricco apparato ornamentale e del dinamismo delle figure, che nella produzione successiva andranno gradualmente ridimensionandosi in favore di modi più controllati e classicisti (Tiraboschi, 1786, p. 373; Ferrari, 1895, p. 48; Artioli, 1964, pp. 19 s.; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 36-38; Artioli - Monducci, 1971, p. 43, n. XXXVIII; Cesare Cesariano..., 2008).
Nel 1516 Bartolomeo eresse il sepolcro di Francesco Molza nel duomo di Modena (navata destra), sul quale appose la consueta firma e la data d’esecuzione (Artioli, 1964, pp. 20 s.; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 39-42 n. 7; Artioli - Monducci, 1971, p. 43, n. XL). L’opera è uno dei progetti meglio riusciti e condotti dello scultore, e costituisce l’avvio di una produzione maggiormente attenta ai rapporti proporzionali dei partiti architettonici, in direzione di un misurato classicismo.
Il 4 agosto 1518 l’artista s’impegnò con il priore Ludovico Tacoli a progettare e a costruire entro diciassette mesi la facciata della chiesa di S. Giacomo Maggiore a Reggio, la quale doveva essere di marmi veronesi policromi e decorata con le figure marmoree di Dio Padre (in bassorilievo) e della Vergine con l’Angelo a tutto tondo, raffiguranti un’Annunciazione. La facciata della chiesa è andata distrutta nel 1915; sono sopravvissuti l’Annunciazione e un fregio in terracotta, oggi conservati ai Musei civici di Reggio Emilia (Artioli, 1964, pp. 22 s., 102 doc. 7; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, p. 43 n. 8). Nel dicembre del 1518 Spani ricevette il pagamento per il rifacimento dell’arca di S. Prospero, opera in seguito andata distrutta (Artioli-Monducci, 1971, pp. 51 s., n. LVIII). Il 4 dello stesso mese fu retribuito per lavori imprecisati nella cappella di S. Sebastiano del duomo di Reggio (p. 52, n. LIX).
Il 15 febbraio 1519 concordò con il priore Ludovico Tacoli il proseguimento degli interventi nella chiesa di S. Giacomo Maggiore a Reggio, prevedendo opere strutturali e di arredo lapideo (Venturi, 1883, pp. 10 s.; Artioli - Monducci, 1971, pp. 53-55, n. LXI). Il 24 dello stesso mese fu testimone al rogito solenne della riposizione dei corpi dei Ss. Venerio e Gioconda all’interno dei nuovi sepolcri costruiti in S. Prospero a Reggio (p. 56, nn. LXII-LXIII).
Il 5 maggio 1519 pattuì con l’abate di S. Giustina a Padova di realizzare entro un anno una statua d’argento di S. Giustina (Cavaccio, 1696; Cicognara, 1823; Artioli - Monducci, 1971, pp. 56-63, nn. LXIV-LV; Sartori, 1970, pp. 435 s.). Del busto sopravvivono le otto placchette che ne ornavano il basamento, che sono collocate all’interno dei reliquiari di S. Giustina e di S. Prosdocimo dello stesso convento benedettino (Mariacher, 1980, pp. 393-395, nn. 322-323). Da un elenco di opere redatto alla fine del Seicento da un monaco di S. Giustina, risulta che per lo stesso monastero Bartolomeo realizzò anche alcune guarnizioni figurate d’argento dorato per tre messali miniati da Benedetto Bordon (Sartori, 1970, p. 459).
Il 12 ottobre, in armonia con le direttive del priore Ludovico Tacoli, concordò nuovi progetti decorativi e d’arredo della chiesa di S. Giacomo Maggiore a Reggio, tra cui una porta ornata con i ritratti clipeati dei santi Prospero, Crisanto, Daria, Gioconda, Massimo e Venerio, i cui frammenti si conservano presso i Musei civici di Reggio Emilia (Saccani, 1915a; Artioli, 1964, p. 23; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 50 s., n. 13; Artioli - Monducci, 1971, pp. 64-66, n. LXIX; Artioli, 1996, pp. 10-13).
L’8 dicembre 1520 accettò l’incarico da parte dei canonici della chiesa di S. Prospero di Reggio di eseguire il sepolcro di Ruffino Gabbioneta. Il monumento, collocato nel transetto settentrionale della chiesa, è firmato (Tiraboschi, 1786, p. 373; Ferrari, 1895, p. 47; Saccani, 1912c; Artioli, 1964, pp. 23 s., 103 s. doc. 9; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 52-55 n. 14; Artioli - Monducci, 1971, pp. 74, 76, nn. LXXVII, LXXXIII).
Il 22 settembre 1522 Bartolomeo concordò con Matteo Maria Tacoli, massaro della fabbrica Girolda della cattedrale di Reggio, di realizzare una Madonna col Bambino in rame dorato dell’altezza di otto braccia e mezza, con ai lati le figure di Antonio e Giroldo Fiordibelli. L’opera, che può essere considerata uno dei vertici della produzione di Bartolomeo (anche in virtù del materiale lavorato, particolarmente congeniale alla sua formazione da orafo), fu sistemata in una nicchia del tiburio del duomo reggiano, dove ancora permane (Tiraboschi, 1786, p. 373; Ferrari, 1895, pp. 50 s.; Saccani, 1912b; Artioli, 1964, pp. 24 s., 104 doc. 10; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 56-58 n. 15; Artioli - Monducci, 1971, pp. 78-80, n. XC). Tra il 30 novembre e il 1° dicembre 1522, alla presenza del vescovo Ugo Rangone, lo scultore sovrintese all’apertura e alla richiusura dell’arca dei Ss. Crisanto e Daria nel duomo reggiano, in occasione della ricognizione pubblica delle loro reliquie (Artioli - Monducci, 1971, pp. 80-84, nn. XCI-XCII; Monducci - Nironi, 1984, p. 121). Il 6 giugno 1524, assieme ai sacerdoti della cattedrale di Reggio, accertò le dimensioni delle reliquie (Saccani, 1926a, p. 41; Artioli - Monducci, 1971, pp. 85-87, n. XCVI; Monducci - Nironi, 1984, p. 121). L’8 dicembre fu definita la realizzazione di teche d’oro e d’argento per contenere le reliquie, i cui lavori si protrassero, a più riprese, fino al 1538 (Saccani, 1926a, p. 41; Artioli, 1964, p. 106 doc. 13; Artioli - Monducci, 1971, pp. 129-131, appendice I-V, pp. 110-112, n. CXXVI, 112 s., n. CXXVIII, 125 s., n. CXLV).
In questo giro di anni, Bartolomeo realizzò il monumentale portale in arenaria proveniente da palazzo Fontanelli, conservato ai Musei civici di Reggio Emilia. Nonostante il cattivo stato di conservazione, è ancora leggibile il ricco apparato ornamentale, che coniuga elementi figurativi e grotteschi realizzati a basso e alto rilievo, raggiungendo volumi quasi a tutto tondo (Tiraboschi, 1786, pp. 375 s.; Ferrari, 1895, pp. 48 s.; Artioli, 1964, p. 22; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 44-46 n. 9).
Il 15 giugno 1524 Gian Andrea, figlio di Bartolomeo, attestò la ricezione da parte del padre del compenso dato da Franceschino Calcagni per la costruzione di un portale, che la critica ha tentato di identificare con quello di palazzo Fontanelli (Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 44-46 n. 9; Artioli - Monducci, 1971, pp. 87 s., n. XCVII). Il 15 luglio seguente Bartolomeo concordò di realizzare e installare 48 colonne per il chiostro piccolo della chiesa di S. Pietro a Reggio (Tiraboschi, 1786, p. 373; Ferrari, 1895, p. 48; Monducci, 1969; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 59-61 n. 16; Artioli - Monducci, 1971, pp. 88 s., n. XCVIII).
Nel 1525 eseguì una lastra epigrafica oggi conservata ai Musei civici di Reggio Emilia, e già nel cimitero della chiesa di S. Marco della stessa città. L’iscrizione ricorda Bartolomeo quale autore delle teche dei Ss. Crisanto e Daria, attestandone per la prima volta il mestiere di scultore parallelamente a quello di orafo (Tiraboschi, 1786, p. 375; Saccani, 1926a, p. 41; Artioli, 1964, p. 11; Artioli - Monducci, 1971, p. 91 n. CII). Tra il luglio 1526 e il novembre 1527 Spani realizzò la tomba di Andrea Zoboli per la chiesa di S. Marco a Reggio, della quale oggi resta il ritratto funebre conservato nella chiesa di S. Giorgio (Artioli, 1964, pp. 25 s., 105 doc. 11; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 62 s., n. 17; Artioli - Monducci, 1971, pp. 92-96, n. CVI).
Tra il 14 agosto 1527 e il 23 dicembre 1530 fu coinvolto in operazioni economiche e pagamenti di vario tipo. Fra le transazioni relative alla sua professione, ve ne sono per un rilievo di S. Lazzaro (oggi perduto), per un tabernacolo eucaristico di marmo (identificabile con l’esemplare conservato ai Musei civici di Reggio Emilia: cfr. Marchesini, 2006, pp. 73-77), per un lavabo e per colonne (perduti). In questi anni l’abitazione e la bottega dello scultore risultano nella vicinia di S. Pietro a Reggio (Artioli - Monducci, 1971, pp. 96-106, nn. CVII-CXXI).
Il 26 maggio 1529 Bartolomeo risulta sposato in seconde nozze con Giulia da Felina (Artioli, 1964, p. 10; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, p. 22).
Tra il 1531 e il 1536 eseguì il monumento di Beltrando Rossi nella chiesa di S. Maria della Steccata a Parma (Saccani, 1926b, pp. 149-151; Artioli, 1964, pp. 107 s. doc. 14; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 64-66; Artioli - Monducci, 1971, pp. 106-108, n. CXXII; pp. 120-122, n. CXL; Coliva, 1982, pp. 225 s.; Talignani, 2008, pp. 283-287). Il 27 aprile 1531 mise in opera lavori per la cellereria del monastero di S. Prospero a Reggio, mentre il 9 maggio fu pagato per una lapide destinata al sepolcro di Gian Battista Martelli nella chiesa dello stesso complesso (Artioli - Monducci, 1971, pp. 108 s., nn. CXXIII-CXXIV). Il 2 luglio 1532 sposò in terze nozze Caterina Marchetti di Reggio Emilia (p. 112, n. CXXVII).
Tra il 21 febbraio e il 7 marzo 1534, riparò la croce grande della chiesa di S. Prospero a Reggio (p. 113, n. CXXX). Tra il settembre del 1535 e il luglio del 1536 s’impegnò in vari lavori per la stessa chiesa reggiana, tra cui quattro candelieri d’argento e un’acquasantiera (pp. 117-120, nn. CXXXVII-CXXXIX).
Nel 1536, in occasione della visita a Reggio del duca Ercole II, Bartolomeo realizzò una macchina teatrale raffigurante un’idra ignivoma, da collocare sull’arco trionfale costruito a porta S. Pietro (Malaguzzi Valeri, 1892, pp. 43, 48).
Il 16 luglio 1537 i responsabili del restauro dell’orologio pubblico di Reggio deliberarono di ascoltare il suo parere circa la scelta dei marmi per il quadrante (Siliprandi, 1915; Artioli - Monducci, 1971, p. 124 n. CXLIV). Il 1° agosto 1538 Bartolomeo e suo figlio Gian Andrea completarono i busti d’argento dei ss. Crisanto e Daria destinati al duomo di Reggio, sui quali apposero la loro firma e la data di esecuzione (Tiraboschi, 1786, p. 373; Artioli, 1964, pp. 27 s.; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, pp. 67-69 n. 19; Artioli - Monducci, 1971, pp. 125 s., n. CXLV).
Bartolomeo morì nel 1539, verosimilmente a Reggio Emilia, in una data compresa tra il 30 aprile e il 22 ottobre (Artioli - Monducci, 1971, p. 127, nn. CXLVII-CXLVIII).
Sulla base delle evidenze dello stile, la storiografia artistica gli attribuisce le seguenti opere non documentate: S. Barbara di marmo nella chiesa parrocchiale di Coviolo (Reggio Emilia) (Artioli, in Bartolomeo Spani 1468-1539, 1970, pp. 312 s.); S. Michele Arcangelo di terracotta nella chiesa parrocchiale di Pieve Modolena (Reggio Emilia; Artioli, 1964, p. 28; Mostra di Bartolomeo Spani..., 1968, p. 47 n. 10); fregio con girali e deità marine di marmo nei Musei civici di Reggio Emilia (p. 49 n. 12); monumento funebre di Siro Aghinolfi nella cripta del duomo di Parma (1539; Testi, 1934; Bacchi, 2001, p. 223 n. 8; Talignani, 2008, p. 286); statuetta in marmo di giovane vestito all’antica nel duomo di Parma (p. 286).
Si è anche ipotizzato che Bartolomeo svolgesse l’attività di architetto, traendo insegnamento dal reggiano Antonio Casotti. Ma pare più fondato che egli si limitasse a lavori di arredo architettonico, per i quali risulta ampiamente documentato (Ferrari, 1895, pp. 51-53; Mussini, 2005, p. 182).
Fonti e Bibl.: C. Cesariano, Di Lucio Vitruvio Pollione de architectura libri dece, per magistro Gotardo da Ponte citadino milanese, Como 1521, c. XLVIIIv; G. Vasari, Le vite (1550 e 1568), a cura di R. Bettarini - P. Barocchi, IV, Firenze 1971, p. 625; G.P. Lomazzo, Libro de’ sogni (1563 circa), in Scritti sulle arti, a cura di R.P. Ciaroli, I, Firenze 1973, p. 104; G. Cavaccio, Historiarum coenobii d. Justinae Patavinae libri sex, Padova 1696, p. 267; N. Tacoli, Memorie storiche di Reggio, I, Reggio Emilia 1742, pp. 78 s., II, 1748, p. 373; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, VI, Modena 1786, pp. 372-376, 610; I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, Parma 1791, pp. 101 s.; L. Cicognara, Storia della scultura dal suo risorgimento in Italia fino al secolo di Canova, IV, Prato 1823, pp. 339 s.; F. Fontanesi, Di Prospero Spani detto il Clemente, scultore reggiano del secolo XVI, Reggio Emilia 1826, p. 2; G.B. Venturi, Notizie di artisti reggiani non ricordati dal Tiraboschi nella sua biblioteca modenese, ed in gran parte ignoti, Modena 1883, pp. 10 s.;F. Malaguzzi Valeri, I Parolari da Reggio e una medaglia di Pastorino da Siena (e Nuovi documenti), in Archivio storico dell’arte, V (1892), pp. 34-50; G. Ferrari, Ricerche e note, Reggio Emilia 1895, pp. 44 s., 47 s., 50-53; F. Malaguzzi Valeri, L’oreficeria reggiana, in Rassegna d’arte, X (1910), pp. 163-174, 183-195;G. Saccani, Un’opera scomparsa di B. S., in Rassegna d’arte, XII (1912a), 8-9, p. IV; Id., Un’opera autenticata di B. S., XII,(1912b), 12, pp. III-IV; Id., Altri documenti inediti su opere di B. S., in Bollettino della diocesi di Reggio Emilia, I (1912c), 11, p. 245; G. Saccani, Lavori di B. S. in S. Giacomino, in Atti e memorie della R. deputazione di storia patria per le provincie modenesi, V (1915a), 9, p. XXVI; Id., Nuovi documenti su B. e Prospero Spani, V (1915b), 9, p. XXIX; O. Siliprandi, Gli orologi pubblici di Reggio, Reggio Emilia 1915, pp. 22 s.; G. Saccani, Per una lapide, in Cronache d’arte, III (1926a), pp. 39-41; Id., Una sepoltura di B. S., ibid. (1926b), pp. 148-151; L. Testi, La cattedrale di Parma, Bergamo 1934, p. 120; S., B., in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexicon, XXXI, Leipzig 1937, p. 329; N. Artioli, B. S. orafo e scultore, 1468-1539, Reggio Emilia 1964; Mostra di B. S. e della sua bottega (catal.), a cura di N. Artioli, Reggio Emilia 1968; E. Monducci, Il chiostro piccolo del monastero di S. Pietro, in Bollettino storico reggiano, II (1969), pp. 16-26; A. Sartori, Regesto di S. Giustina, in La basilica di Santa Giustina. Arte e storia, a cura di A. Tosello, Padova 1970, pp. 431-462; B. S. 1468-1539. Atti e memorie del Convegno... 1968, Modena 1970 (in partic. N. Artioli, Opere discusse e di bottega di B. S., pp. 303-347); N. Artioli - E. Monducci, Regesto di B. S. (1468-1539) con diplomatico relativo all’attività artistica e albero genealogico degli Spani Clementi (secc. XV-XVII), seconda edizione, Reggio Emilia 1971; G. Mariacher, in I benedettini a Padova e nel territorio padovano attraverso i secoli, a cura di A. De Nicolò Salmazo - F.G. Trolese, Padova 1980, pp. 393-395, nn. 322-323; A. Coliva, Le sculture tombali, in Santa Maria della Steccata a Parma, a cura di B. Adorni, Parma 1982, pp. 221-233; E. Monducci - V. Nironi, Il duomo di Reggio Emilia, Reggio Emilia 1984, pp. 115 s., 119 s., 121; N. Artioli, B. S. e un possibile inedito, in Reggio Storia, XIX (1996), 4, pp. 8-16; A. Bacchi, Prospero Clemente. Uno scultore manierista nella Reggio del ’500, Milano 2001, pp. 25, 223 n. 8; M. Mussini, Le sculture e le suppellettili liturgiche, in San Prospero, la basilica del patrono di Reggio Emilia, a cura di M. Mussini, Milano 2005, pp. 180-199; A. Marchesini, Una proposta per B. S.: un tabernacolo proveniente dalla chiesa di San Lazzaro, in Taccuini d’arte, I (2006), pp. 73-77; A. Talignani, La scultura, in Santa Maria della Steccata a Parma. Da chiesa ‘civica’ a basilica magistrale dell’Ordine costantiniano, a cura di B. Adorni, Milano 2008, pp. 279-303; Cesare Cesariano e il Rinascimento a Reggio Emilia, a cura di A. Rovetta - E. Monducci - C. Caselli, Cinisello Balsamo 2008, pp. 169-171; M. Mussini, La cattedrale in età moderna: mutamenti e protagonisti, in La cattedrale di Reggio Emilia, a cura di C. Morisco, Reggio Emilia 2014, pp. 275-319.