BASILICATA (VI, p. 308; App. II, 1, p. 365; III, 1, p. 207)
Il numero dei comuni che costituiscono la regione si è elevato a 131 (100 in provincia di Potenza, per complessivi 6545 km2, e 31 in quella di Matera, per complessivi 3447 km2) dopo che, nel 1974, è stata accordata l'autonomia a Scanzano, già frazione di Montalbano Ionico. Il censimento del 1971 ha fatto segnare 603.064 residenti, con una densità media di 60 ab. per km2, la più bassa di tutta l'Italia meridionale. I valori di densità sono pressoché simili in ambedue le province (62 in quella di Potenza, che conta 408.435 ab.; 56 nel materano, che ha fatto registrare 194.639 ab.). La popolazione presente è comunque inferiore, in termini ufficiali, di oltre il 7% rispetto a quella residente; ed è molto probabile che la consistenza demografica effettiva sia ancora più ridotta. A dispetto di un ritmo di accrescimento naturale tra i più alti del paese, la B. ha perso nell'ultimo ventennio circa il 29% della sua popolazione. Specialmente il bacino dell'Ofanto a nord e quelli dell'Agri e del Sinni a sud hanno conosciuto uno spopolamento massiccio, che in taluni casi ha superato il 40% della consistenza demografica dell'inizio degli anni Cinquanta.
La destinazione di tale flusso di emigrazione è data, in parti pressoché uguali, dall'estero (con Germania e Svizzera in testa) e dall'area del triangolo industriale italiano. L'esodo, collegato alle gravi condizioni di disagio economico, che sono tra le peggiori riscontrabili in Italia, ha modificato anche la piramide delle età, provocando una marcata senilizzazione e incidendo sulla stessa capacità endogena di ricambio, giacché oggi il saldo naturale è inferiore del 20% rispetto a quello di un ventennio addietro. Le sole aree della regione che abbiano registrato saldi demografici positivi corrispondono ai due capoluoghi e al Metapontino.
Il reddito prodotto al 1972 è stato pari a 647.000 lire per ab., inferiore del 37% rispetto alla media nazionale. Esso è derivato per il 20% dal settore agricolo, per il 34% da quello industriale, per il 28% dai servizi e per il 18% dalla pubblica amministrazione. Rispetto al resto del paese vi è un netto prevalere dell'attività agricola e della presenza di apparati burocratici, il che testimonia della struttura ancora fortemente sottosviluppata dell'economia regionale. Nondimeno, negli ultimi anni, soprattutto nel corso del più recente decennio, il ruolo dell'industria si è molto accresciuto, mentre si è contratto in corrispondenza quello dell'agricoltura, che alla fine degli anni Cinquanta forniva ancora circa metà del prodotto lordo regionale.
La diminuita importanza delle attività agricole è confermata anche dal netto calo degli occupati del settore primario, passati dal 73% degli attivi nel 1951 al 40% del 1971; si può calcolare che nel corso dell'ultimo decennio, in particolare, siano stati espulsi dalla terra ogni anno oltre 7000 contadini, dei quali solo una minima quota ha trovato lavoro in B. in campi extra-agricoli. Il massiccio abbandono dell'agricoltura interessa principalmente le aree montane e collinari, per l'estrema modestia dei redditi agricoli, legati a livelli di mera sussistenza: in talune zone si sono avuti cali superiori ai 2/3 degli attivi del 1951.
Il paesaggio agrario si è, comunque, profondamente modificato nell'ultimo ventennio per effetto, da un canto, dell'esodo già segnalato, che ha fatto deperire non poche colture nelle terre marginali, e, dall'altro, delle grandiose opere di bonifica e irrigazione intraprese nella piana metapontina e nell'Ofantino, le quali hanno ammodernato in modo notevole indirizzi e tecniche agricole in questi territori, già peraltro interessati in maniera cospicua dalla Riforma agraria.
Al censimento settoriale del 1970 risultano ancora 448.000 ha di seminativi (circa il 47% della superficie agraria-forestale), per la più parte interessati dalla coltura del grano, che alimenta anche delle aziende pastarie locali (Matera). In notevole espansione appaiono le aree foraggere (27%) e soprattutto le coltivazioni legnose, che coprono quasi 47.000 ha. Queste ultime non sono più solo rappresentate dalle tradizionali colture viticole del Vùlture e dagli uliveti della collina materana; un ruolo vieppiù crescente vanno infatti assumendo i frutteti (soprattutto pescheti) e gli agrumeti dell'area metapontina, in cui la pratica irrigua ha consentito anche la diffusione di colture orticole di grande interesse (carciofi, cavoli e peperoni); anche i vigneti e gli oliveti hanno qui subìto un profondo rinnovamento con l'introduzione di metodi di coltura assai più razionali. Al Metapontino si può oggi attribuire un potenziale produttivo di circa 4 milioni di q annui di prodotti ortofrutticoli, per la cui commercializzazione e per il cui trattamento funzionano in loco, senza peraltro aver trovato ancora un adeguato inserimento nell'ambiente, vari impianti cooperativi (centrale ortofrutticola di Metaponto, oleificio di Scanzano, ecc.).
Il patrimonio zootecnico permane povero: è stazionario sui 70-75.000 capi il numero dei bovini, in contrazione (oggi 600.000) gli ovini e i caprini, aumentato è solo il numero dei suini (170.000). Nonostante i rimboschimenti la superficie forestale resta di poco superiore al 17% della complessiva.
I grandi progressi conseguiti nell'agricoltura metapontina sono il risultato di notevoli investimenti nel campo delle infrastrutture per il settore agricolo, anche se i risultati appaiono spazialmente troppo limitati e molte delle opere realizzate o in corso denunciano una redditività talmente differita da rivelarsi in gran parte inutili a fronte dell'urgenza dei bisogni. Così, per es., per una superficie di oltre 40.000 ha tecnicamente già attrezzati per l'irrigazione, solo poco più del 60% viene effettivamente servito. Ai grandi sbarramenti già realizzati sui fiumi lucani, concepiti negli anni Cinquanta essenzialmente al servizio dell'agricoltura, altri se ne sono aggiunti (Camastra, Basentello) e altri se ne vanno aggiungendo, il principale tra i quali è l'invaso di M. Cotugno sul fiume Sinni, in prossimità di Senise, con una capacità di oltre 560 milioni di m3. È oggi prevista la creazione di un sistema integrato di laghi artificiali che soddisferanno le nuove e molteplici esigenze idriche (agricole, industriali, potabili) non solo della B. ma anche della Puglia.
In campo industriale, dopo il ritrovamento di ingenti risorse metanifere tra Pisticci e Ferrandina, si è avuta una certa espansione delle attività. Il censimento industriale del 1971 dava circa 6300 unità locali con oltre 18.000 addetti. Le aziende permangono di dimensioni assai ridotte, con l'eccezione di alcune di quelle comprese nei tre nuclei (ora aree) d'industrializzazione di Potenza (dove prevalgono le meccaniche), di Valbasento (dove dominano due colossi della chimica: l'ANIC di Pisticci, che fabbrica filati sintetici e occupa circa 3000 dipendenti, e la Liquichimica-Ferrandina) e di Maratea-Golfo di Policastro (tessili). Fuori di queste ristrette zone s'incontra qualche più consistente iniziativa solo a Matera (pastifici, cementificio) e a Policoro (zuccherificio). In complesso, nonostante i 300 miliardi investiti nel settore secondario negli anni sessanta, la struttura delle attività industriali resta assai precaria, collegata essenzialmente a grosse iniziative dei maggiori monopoli pubblici e privati. Un certo sviluppo hanno avuto le attività turistiche sul litorale di Maratea e lungo l'arco ionico, ma il loro peso resta ancora assai modesto.
Assai carenti restano nella B. le dotazioni sociali (scuole, ospedali, rifornimenti idrici, viabilità, ecc.) e ciò ha accelerato la decadenza degli antichi insediamenti arroccati quasi sempre in posizione cacuminale. Benché tra le più recenti realizzazioni si annoverino due pregevoli superstrade (la Basentana e la fondovalle dell'Agri), ambedue in via di completamento, e altre se ne progettino, la B. vede, e vedrà ancora, per parecchio tempo, molte aree relegate in un eccessivo isolamento. La popolazione che non emigra fuori regione tende così a spostarsi verso i centri meglio serviti, in particolare verso i capoluoghi che hanno accresciuto del 23% i propri abitanti nell'ultimo decennio (Potenza, 56.600; Matera, 44.500); tra gli altri centri il solo Policoro, nodo di servizio della piana costiera, ha registrato una consistente espansione.
Il massiccio abbandono delle aree dell'interno ha anche contribuito all'ulteriore deterioramento dei termini fisici dell'ambiente, cui non si oppone più alcun presidio umano. La B. è stata così preda di ricorrenti e gravi episodi franosi: particolarmente disastrosi quelli che nell'aprile del 1973 devastarono vari centri e a fronte dei quali si richiese l'emanazione di speciali provvedimenti di legge.
Nel complesso, si può ritenere che l'ultimo ventennio abbia apportato al territorio lucano, con notevoli elementi di rinnovamento, una serie di squilibri interni piuttosto marcati, che hanno accentuato, invece di frenare, la tendenza all'esodo, compromettendo gravemente le prospettive di recupero della regione.
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Archeologia. - La parte sud-orientale dell'antica Lucania è caratterizzata da pianure a nord e ad est, dall'Appennino al centro e sul lato occidentale, nonché dalle larghe e profonde vallate dei fiumi Bradano, Basento, Cavone, Agri e Sinni. I dati archeologici risalgono al Paleolitico venusino, continuano con il Neolitico, con la fase dell'età del Bronzo a Latronico, Policoro, San Marco, Santa Maria d'Anglona, Timmari, per confluire infine nell'età del Ferro, unitaria, nella prima fase, con facies culturali diversificate per vallate e per aree più o meno vaste, nella seconda età del Ferro, allorquando si fa sentire il contatto degli Enotri, dei Choni e dei Lucani con il mondo greco della costa. Durante il 5° e il 4° secolo a. C. si matura il fenomeno d'ellenizzazione con potenti azioni di pressione lucana sulla costa greca, specialmente, nell'ultima fase, su quella ionica. Già dall'inizio del 3° secolo a. C. la presenza romana si fa sentire nella fondazione di Venusia, nel foedus prope singulare con Heraclea, con la creazione della colonia di Grumentum e l'istituzione di un castrum o praesidium a Metaponto. Le grandi arterie romane, Appia e Popilia, appena la sfiorano, mentre tra Venusia, Potentia, Anxia e Grumentum sorge, troppo tardi perché la B. possa trarre vantaggi da essa, una nuova arteria: la B. rimane, in un certo modo, isolata e forse già nel 1° secolo d. C., al posto delle centuriazioni sorge il latifondo di Erode Attico nella parte nord-est e quello dei Licinî sulla costa ionica. In queste due estremità sorgono ora le grandi villae cum vicis, come ad Albero in Piano nel Melfese o come al Cugno dei Vagni nella zona di Heraclea. Verso il centro, questi insediamenti sono rari e più piccoli, come a Malvaccaro, a Potentia, Sansaniello nell'agro venusino o a San Giovanni di San Cataldo. Dopo la guerra sociale il nome dei Lucani quasi sparisce dalla storia mentre nelle zone greche della costa sorge il saltus metapontinus, terra da pascolo, che si sostituisce alle ben ordinate divisioni di terre metapontine e alle altre menzionate dalle Tavole di Heraclea. L'Altomedioevo e il Medioevo trovano prive di popolazioni queste ultime terre e al posto dei grandi centri greci restano i piccoli centri di Torre a Mare a Metaponto o di Polychorium al posto di Heraclea. Continuano a vivere, anche se non con lo stesso splendore di prima, Grumentum e Venusia, ma già da tempo i Basiliani e Bisanzio avevano cambiato il nome della zona in Basilicata.
I periodi più importanti della B. s'identificano nel periodo arcaico e nel 4° secolo a. Cristo. Dopo la fase di coagulazione dei primi centri, sulle terrazze che dominano lo Ionio, si assiste, sul finire del 7° e per tutto il 6° secolo a. C., a un vivace dialogo tra questi centri enotri o choni, ora moltiplicati e sistemati a guardia delle vallate dei fiumi; in molti casi, come a Chiaromonte, Roccanova, Aliano, Santa Maria d'Anglona, Pisticci, Montescaglioso, Garaguso, Timmari, Oppido Lucano, Torre di Satriano o Melfi e Lavello, si tratta di ingenti importazioni di oggetti d'arte dalla costa greca e quindi di scambi non soltanto materiali ma anche culturali che incidono sulle produzioni locali dell'interno. In altri casi, come a Serra di Vaglio, si assiste all'appropriarsi da parte degl'indigeni di piani urbanistici e di decorazioni degli edifici sacri tipicamente greci. Il 6° secolo è il momento della maggiore lievitazione del mondo interno della B., riscontrabile fino ai limiti settentrionali, come nell'area melfese. È il momento in cui gl'indigeni cominciano l'imitazione dei prodotti greci, aggiungendovi, come avviene nel Melfese, qualche ispirazione proveniente dal mondo etrusco.
Il secondo momento della massima importanza cade nella seconda metà del 5° secolo a. C., quando quasi tutti i centri, specialmente del Potentino, prima d'iniziare la pressione su Heraclea, Metaponto e Taranto, si fortificano con opere di difesa tipicamente greche, come a Serra di Vaglio, Crocia Cognato, Torre di Satriano, Torretta di Pietragalla, Civita di Tricarico ecc., e stabiliscono il loro centro religioso a Rossano di Vaglio. Intorno alla metà del 4° secolo a. C., i Lucani raggiungono la massima potenza, ma sono stroncati già nel secolo seguente: i grandi centri fortificati sono generalmente abbandonati, e la popolazione si trasforma in turmae agrestium.
Vedi tav. f. t.
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